10. Loveless, heartless, shameless
Nella foto: Tian
Amor odit inertes.
(L'amore odia gli inerti)
CALLUM
Il sole era alto e caldo nel cielo, la spiaggia assolata e riuscivo a sentire la sabbia morbida sotto i piedi, le risate intorno a me erano quasi assordanti. Ma poi ero in quelle acque e il mio corpo diventava sempre più pesante, la superficie cristallina del mare era sempre più scura e sentivo il corpo andare a fondo.
Mi trascinai letteralmente fuori dall'acqua mentre sentivo che quella morsa gelida non lasciva il mio petto, la sabbia era dura e caddi sbattendo il viso contro quella superficie quasi tagliente. I miei occhi si mossero, osservai quella folla con grande dolore senza che potessi impedire al mio viso di farlo. Le urla mi sommersero, la gente che si ammassava verso la riva e il suo corpo che ancora una volta veniva strappato al mare quando ormai era troppo tardi.
L'inferno, è questo che l'acqua mi ha dato.
Aprii gli occhi atterrito e con il respiro affannoso, mi sollevai a sedere sul letto e il terrore si impossessò di me. Non riconoscevo quella stanza, dove mi trovavo? Spostai lo sguardo verso quelle pareti anonime e l'armadio stretto, non era casa mia né camera di Alencar.
- E' il mio nuovo appartamento
Quella voce, stranamente sentirla mi calmò, qualcosa di familiare in quel risveglio così violento e destabilizzante. Voltai la testa e vidi che accanto a me, nel letto, c'era Alencar. Era disteso e mi fissava con un braccio dietro la nuca a reggersi la testa, entrambi eravamo evidentemente nudi.
L'inferno non è solo quando chiudo gli occhi.
Contrariamente al solito non andai nel panico, non perché non lo fossi, ma semplicemente non avevo abbastanza energie per farlo. Mi sentivo stremato, combattevo quella battaglia da troppi anni, mi lasciai ricadere sul materasso producendo un tonfo sordo, sentii le molle vibrare, era sempre lo stesso circolo di dolore, disperazione e amarezza. Un'overdose di biasimo quotidiano, quello era solo l'ennesimo smacco, l'ennesimo dolore che Celia voleva infliggermi.
- Mi alzo e vado via – dissi alla fine fissando il soffitto bianco sopra la mia testa – solo un momento
- Puoi fare la doccia se vuoi – replicò lui e questo mi sorprese, non percepii la solita intonazione astiosa, anzi, sembrava drammaticamente simile al mio quel tono.
- No, va bene. Sono già in ritardo per la mia visita di controllo
- Una ragione in più per farti una doccia. Oppure quando ti spoglierai preferisci che il dottore noti come hai passato la serata? – notai persino una punta di divertimento, come se stesse cercando di fare dell'ironia.
Non avevo mai sentito quel tono, anzi probabilmente io conoscevo solo l'uno per cento del carattere di Alencar, il lato peggiore. Qualcosa mi spinse a voltarmi e girarmi su un fianco a guardarlo, notai che anche il suo viso era rivolto verso di me. Restammo così, in silenzio a guardarci.
Stai davvero vedendo me?
- Mi dispiace che lei abbia iniziato a punire anche te – mormorai.
Lui restò ancora in silenzio, quegli occhi ambrati per la prima volta mi sembrarono caldi e confortanti, eravamo come due naufraghi in quel momento, entrambi vittime delle circostanze. Forse persino lui stava prendendo consapevolezza di quanto Celia fosse impegnativa, di quanto fosse tremendamente egoista, di quanto fosse quella parte di me che non accettava alcuno sbaglio. Lei voleva tutto a qualsiasi costo.
- Vai a farti la doccia e andiamo, ti accompagno io dal dottore
Trovai la forza di mettermi nuovamente seduto e iniziai a recuperare i miei indumenti sparsi per la stanza, per la prima volta non mi sentii a disagio, ero nudo ma oltrepassai la stanza fino a chiudermi in bagno. Lasciai che l'acqua fresca lavasse via i segni della sera prima e l'odore di Alencar dalla mia pelle, poi mi rivestii e attesi che anche lui facesse lo stesso.
In auto il tragitto fu silenzioso, le mie mani stringevano il sacchetto che conteneva la parrucca e mi preparavo a quell'ennesimo confronto con la realtà. Quando l'auto si fermò ad uno dei parcheggi dell'ospedale restai stupito nel sentire il motore spegnersi. Mi voltai a guardare Alencar ma il suo volto non tradiva emozione o spiegazione alcuna per quel gesto.
- Ti accompagno dentro – fu tutto quello che disse e io non replicai.
L'ambulatorio del Dottor Fisher era in fondo al corridoio del seminterrato, era una zona piuttosto angusta ma tranquilla e forse quell'ala era l'unico punto in cui non sentivo l'aria opprimente dell'ospedale. Lui era stato il medico che mi aveva visitato durante il mio primo attacco di panico, non vivevo ancora a Brooklyn ma una casualità aveva portato entrambi a trasferirci qui, in quella nuova realtà dove le vecchie abitudini sembravano non cambiare.
Bussai e attesi pochi istanti prima che venisse ad aprirmi la porta con il solito sorriso preoccupato, quella volta spostò lo sguardo anche alle mie spalle e dedicò un sorriso ad Alencar.
- Oh, questa volta in compagnia. Devi attendere un momento fuori, Callum entra
Mi accomodai nell'ufficio dove c'era una grande scrivania piena di cartelle, sulla destra c'era il separé con il lettino e la bilancia, mi diressi in quella direzione senza nemmeno che mi dicesse una parola.
Mi spogliai, restando in mutande e poi salii sulla bilancia, quella emise un lieve scricchiolio e la barra si spostò leggermente di lato. Il dottore era già lì accanto a me, con la cartella in mano e il dito spostato sul peso, la sua espressione era sempre più crucciata mentre lo muoveva, io decisi di non guardare su che numero si sarebbe fermato. Puntai gli occhi dritti davanti a me e fissai con ostinazione la crepa nel muro bianco, sentii il dottore toccare le ossa che facevano capolino dalla mia schiena nuda. Poi scesi dalla bilancia e sentii lo stetoscopio freddo lungo il mio petto, due respiri veloci, uno lento, poi mi chinai toccandomi le punte dei pedi e alla fine il turno della pressione. Mi rivestii e prese qualche campione di sangue per delle analisi e ci ritrovammo seduti ai due opposti della scrivania.
- Non ci siamo Callum – disse con tono grave – non sta andando bene per niente. Hai persino perso 100 grammi dall'ultima volta che ti ho visto, la tua pressione è bassa e quando avrò i risultati di questo campione di sangue ... non mi piaceranno neanche queste
Si aspettava una reazione da parte mia ma io continuai a fissarlo in silenzio, cosa potevo dire? Conosceva ormai a memoria ognuna delle mie scuse.
- Hai scelto di non vedere altri specialisti e sei maggiorenne quindi non posso obbligarti a farlo. Ti rifiuti di rivolgerti ad uno psichiatra per una cura farmacologica dei tuoi attacchi di panico o uno psicologo per un percorso terapeutico. Le cose sono molto serie Callum, non stai seguendo la dieta che ti ho fatto avere e non prendi peso. Stai cercando di ucciderti?
- No. Mi dispiace se continuo a fallire, mi impegnerò di più -mormorai.
Mi dispiace dottore, mi dispiace davvero.
Riuscivo a vederla la delusione nei suoi occhi al suono dell'ennesima sterile frase di scuse, doveva avermi davvero preso a cuore, si comportava quasi come un padre nei miei confronti. Era per quello che cercavo sempre di saltare i suoi appuntamenti, non volevo mettere anche il suo nome nella lista delle persone che avevo deluso.
- Appena avrò i risultati ti chiamerò e vedremo se è il caso di prendere degli integratori
Mi sollevai dalla sedia alla fine e mi diressi nuovamente in corridoio, vidi Alencar sollevarsi ma prima che potessimo andare via il dottore fece qualcosa che non mi aspettavo.
- Alencar, ti dispiace entrare un momento?
Prima che potessi oppormi lui varco quella soglia e la porta mi si chiuse davanti, il mio corpo iniziò a rabbrividire. Cosa voleva dirgli? Perché adesso?
Non restarono dentro a lungo, alla fine uscirono entrambi come se nulla fosse successo e io seguii Alencar in silenzio fino al parcheggio, lui mise in moto e io sperai che il dottore non avesse rivelato qualcosa di troppo.
- Dove andiamo? – chiesi alla fine raccogliendo le mie forze.
- Ti accompagno a casa
Inspirai mentre davo voce alla mia vera paura – cosa voleva da te il dottore?
Fu inutile anche solo provarci, non ottenni alcuna risposta, i miei timori restarono ad aleggiare nel silenzio dell'abitacolo mentre l'auto procedeva senza esitazione fino al vialetto dalla casa. Vidi l'auto di mia madre parcheggiata e un sussulto mi scosse le viscere, cercai di non apparire troppo terrorizzato e richiusi lo sportello.
- Grazie per oggi – mormorai prima di sentire il motore accendersi.
Continuai la mia avanzata conscio che quell'ennesimo incontro fosse inevitabile, sperai che decidesse di ignorarmi e varcai la soglia con l'intenzione di chiudermi in camera.
Non era quel genere di serata, lo capii immediatamente quando dopo pochi passi mi ritrovai la sua figura che torreggiava su di me, il suo viso era piegato in un'espressione disgustata.
- Eccolo qui! Il nostro eroe – sbottò tagliandomi la strada con furia – dove sei stato, eh? Ti diverti vedo
Io fissai i suoi occhi pieni di rabbia, non provai nemmeno a replicare mentre la vedevo avanzare verso di me.
- Sono passata davanti alla tua camera ieri notte, è questo che fai? Scappi in punta di piedi per andare a divertirti? – poi tirò fuori dalla tasca la vera bomba, la foto che tenevo in camera mia.
Mi assicuravo sempre di toglierla quando lei tornava, non doveva rendersi conto che avevo tenuto un ricordo di Celia anche se era l'ultimo frammento di un momento felice della mia vita.
- Dove l'hai presa questa? Come osi tenere qualcosa di suo, credi forse di meritarlo? – il suo alito puzzava di alcol, doveva aver bevuto parecchio alla vista della sua bella bambina.
- Volevo ... solo un suo ricordo – tentai di spiegare ma fu una pessima idea.
Non vidi il suo schiaffo finchè non lo sentii sulla mia guancia, la pelle prese a bruciare e lei sembrava ogni istante più furiosa.
- Come ti permetti? Sei un tale parassita egoista, continui a pretendere! Come se il mondo ti dovesse qualcosa a dispetto di tutto quello che gli hai sottratto! – ringhiò – hai rubato la mia bambina, l'hai strappata via la sua vita dalle mie braccia e hai fatto lo stesso con tuo padre! –
No, ti prego, non anche lui adesso.
Ma non c'era traccia di pietà nei suoi occhi, non mi avrebbe risparmiato alcuna sofferenza, era lei in tutto il suo brutale sadismo.
- Cos'è quello sguardo sorpreso? Non dirmi che non ti ritieni responsabile anche per la sua morte! – l'odio che fuori usciva dalle sue parole continuava ad investirmi come una bufera – perché credi che stesse correndo in quel modo in auto? Con quel tempo di merda! Per chi credi stesse percorrendo l'autostrada nel cuore della notte? Per te! – sbottò – perché tu non la smettevi di piangere e lamentarti, perché non potevi passare un'altra sera a casa con tua madre che era così cattiva con te! E lui ha corso, più che poteva solo per accontentarti e quel camion gli ha tagliato la strada! Lo ha travolto e fatto a pezzi!
Le lacrime bagnavano il mio viso senza che riuscissi a controllarle, non ero nemmeno triste, non consciamente almeno, me ne stavo lì impietrito davanti a lei con il volto rigato di lacrime.
Lei ha ragione, sei solo un mostro.
Non so cosa mi spinse muovermi forse qualche rimasuglio di istinto di sopravvivenza, non avrei più avuto ricordi felici di mia sorella, quell'unica foto di lei mi era stata strappata via, ormai avevo solo il ricordo del suo cadavere. Non avevo più ricordi felici di mio padre, perché sentivo che se non gli avessi fatto quella telefonata lui adesso sarebbe ancora vivo.
Sei senza amore, senza cuore e senza vergogna. Per cosa vivi? Per cosa un essere come te si muove ancora?
Non sapevo rispondere, potevo solo scappare via mente sentivo ancora le urla di mia madre, mentre prendevo le distanze, almeno quelle fisiche perché le sue parole alla fine non mi lasciavano mai andare. Erano come delle ferite infette con ancora le lame innestate nella carne, potevo sentirle lacerarmi la pelle e piegarmi l'anima.
Non sapevo quanto avevo corso, mi sentivo solo affaticato e confuso mentre sulla mia testa il cielo era diventato cupo e c'era aria di tempesta. Fu allora che lanciai lo sguardo davanti a me, ero quasi arrivato alla spiaggia, non la parte sfarzosa e turistica di Coney Island ma una zona appartata e solitaria. Pensai che fosse l'epilogo perfetto, una spieggia e una tempesta, potevo sparire in una notte e forse il mio dolore sarebbe stato annientato con me.
Continuai a camminare barcollando lungo la strada e quando affondai i piedi nella sabbia quella sensazione fu quasi familiare, nonostante non andassi a mare da quel giorno. I tuoni producevano un rumore spaventoso e le prime gocce d'acqua mi bagnarono il viso mentre mi sdraiavo lì, sperando di dissolvermi nella tempesta.
ALENCAR
- Dio, che tempo di merda – brontolò Miles mentre veniva a ripararsi nella tettoia accanto a me.
- Qualche nuovo ordine? – chiesi con tono neutro.
- Un lavoro di riscossione – disse passandomi un pezzo di carta – qui c'è l'indirizzo anche se il tipo non si fa vedere da un po' a casa sua. Deve a Kurt un bel po' di grana, a quanto pare invece di spacciare la roba se la sparava in vena
- Tossici del cazzo – mormorai mentre infilavo il biglietto in tasca – me ne occupo in settimana, stanerò quel pezzo di merda
Miles continuava a fissarmi, sembrava leggermente preoccupato anche se faticava a dar voce ai suoi pensieri, lo fece solo dopo un lungo silenzio – va tutto bene?
- Benissimo
- Mi sembri strano, persino per i tuoi standard di sguardi cupi e poche parole, mi sembri peggio del solito – tentò di spiegare – cazzo, è Tian quello dei discorsi, io non sono bravo con queste cose ma se c'è qualcosa che ti preoccupa dovresti dirmelo. Noi ci pariamo il culo a vicenda, lo sai ...
Sorrisi, non un vero sorriso, mi limitai a tendere le labbra mentre la mia mente tentava di smettere di pensare a quello che aveva detto il dottore qualche ora prima.
- Tian è in ritardo – mormorai – non succede mai, dove diavolo è finito?
Miles si accese una sigaretta, aveva capito che non avevo intenzione di parlare di quello che mi stava passando per la testa e lui non era il tipo che si perdeva in inutili convenevoli. Restammo in silenzio ad ascoltare lo scosciare della pioggia e i tuoni che irrompevano nel silenzio.
Ad un tratto una figura apparve all'orizzonte, stava correndo sotto la pioggia, arrivava nella nostra direzione a tutta velocità ed era bagnato fradicio. Scattai in avanti appena riconobbi il volto di Tian, le sue mani si aggrapparono alle mie spalle e le strinsero forte.
- Ho visto Callum – disse ancora con il fiatone – sta sdraiato nella spieggia con questo tempo infernale, non mi sembra nemmeno cosciente. Alencar dobbiamo chiamare un'ambulanza ...
Vai a prenderlo.
Non attesi che Tian dicesse altro, iniziai a correre verso la spiaggia, non sentivo nemmeno la pioggia bagnarmi, avevo lo sguardo puntato in avanti e la mente piena di tutte le parole che il dottore mi aveva detto e che non riuscivo più a ignorare:
- Conosco quel ragazzo da molto tempo e questa solitudine che prova lo sta uccidendo. Nonostante le sue parole e il suo sorriso tentino sempre di rassicurarmi, il suo intero corpo sta urlando aiuto. Non può farcela, non finchè continuerà a sentirsi odiato e disprezzato. Non ho mai visto sua madre qui e posso percepire il suo disinteresse nei suoi confronti quando la chiamo al telefono. Non conosco il vostro rapporto Alencar, ma sei l'unico familiare che io abbia visto due volte. Ricordo quando lo hai portato in braccio qui dopo un attacco e chiedo a te di non abbandonarlo, perché sento che si sta arrendendo
Lampi, tuoni, pioggia battente e un corpo steso sulla sabbia, eccolo lì, era impossibile non notarlo, lasciai la strada e scesi le scale che portavano alla spiaggia. In un attimo mi ritrovai accanto al suo corpo inerte, avvicinai i nostri volti, stava respirando anche se sembrava privo di conoscenza. Era tremendamente pallido ancora più del solito e la sua pelle era gelida, passai una mano sul suo viso.
- Callum, mi senti? Callum! – chiamai ma non ottenni risposta.
Decisi di sollevarlo e portalo al mio appartamento, passai le braccia dietro le sue gambe e la sua schiena, lo sollevai senza fatica, era così leggero.
Fu faticoso ma riuscii a portarlo dentro e stenderlo sul letto, era ancora bagnato così presi un asciugamano e iniziai a passargliela fra i capelli e sul viso. Recuperai dei vestiti puliti e glieli misi, liberandolo dai suoi indumenti fradici, alla fine lo coprii con una coperta, non restava che aspettare che si svegliasse.
E se non si sveglia? Se anche questa volta sei arrivato troppo tardi?
- Callum ...- mormorai spostando una ciocca di capelli umidi dal suo viso.
Fu in quel momento che vidi la sua fronte corrugarsi e gli occhi grigi aprirsi leggermente, sembrava confuso e spaventato, indietreggio leggermente.
- Dove sono? Perché sono qui? – mormorò, la sua voce sembrava lontana.
- Eri svenuto in spiaggia, cosa diavolo ti dice il cervello? – replicai.
Lui portò le mani a coprirsi le orecchie – non dovevi portarmi qui, io non ce la faccio. Sono maledetto, non capisci? Qualsiasi persona si avvicini a me muore ... mia sorella ... mio padre ...
- Cosa diavolo blateri?
- Zitto! Tu non lo sai! Non c'eri mentre facevo a pezzi la mia famiglia ... e ora ... se ora resti con me anche tu soffrirai e morirai – disse disperato.
Mi vennero i brividi per l'assoluta convinzione nel suo tono – non esistono le maledizioni Callum – e poi dissi qualcosa che neanche io mi aspettavo di riuscire a dire – niente di quello che è successo è colpa tua
Lui mi guardò come se fossi pazzo – perché dici questo? Ti faccio pena? O magari è stato il Dottor Fisher a chiederti di farlo, oppure si tratta ancora di Celia! Ma certo, pur di salvaguardare lei diresti qualsiasi cosa
Si sta arrendendo.
Stirai una mano verso di lui e lo afferrai per il colletto della maglietta costringendolo ad avvicinarsi a me con la forza e poi unii le nostre labbra in un bacio violento. Non riuscivo nemmeno a capire perché lo stessi facendo, forse perché volevo che smettesse con quei discorsi deliranti, perché per la prima volta non stavo pensando a lei e volevo che Callum lo capisse. Era lui che stavo baciando, la sua bocca e la sua lingua danzavano avidamente con la mia, sentivo che se pur timidamente anche lui si stava impegnando in quel bacio. Quando ci staccammo mi dedicò un'occhiata disorientata, riuscii a vedere l'espressione stupita e leggermente intimidita del solito Callum mentre si passava una mano sulle labbra umide.
- Non puoi arrenderti – dissi con tono serio che catturò la sua attenzione – ti proibisco di farlo. Finchè sei vivo e hai due gambe puoi metterti in piedi e camminare, non ti serve aggrapparti ad un bel niente. Trova la forza di continuare a muoverti e lottare, non cedere la tua vita stupidamente – mossi nuovamente una mano ad accarezzargli il viso sei pallido – non sei solo. Se non riesci più ad andare avanti per te stesso, allora fallo per me. Non farmi sentire di nuovo inutile, non essere un'altra persona che non sono riuscito a salvare, un'altra persona importante che ho dovuto seppellire. Sei ancora qui Callum, quindi resta
Lo vidi gettarsi su di me e mi strinse in un abbraccio serrato, come se avesse paura che sparissi. Sentii le sue mani accarezzarmi il viso, i suoi occhi non lasciavano i miei, sembrava uno di quegli animaletti abbandonati in cerca costante di calore umano. Era proprio questo che cercava fra le mie braccia, Callum era un bambino affamato d'amore.
Decisi che quel giorno avrei potuto concederglielo, che avrei potuto fare qualsiasi cosa lo facesse stare meglio e tornai ad impossessarmi delle sue labbra. Le nostre lingue danzavano, le mie mani si muovevano lentamente e accarezzavano la sua pelle, potevo sentirlo fremere.
Così dannatamente delicato e innocente.
La sua pelle si tendeva sotto le mie dita, cadde con la schiena contro il materasso quando il mio corpo si fece più vicino, adesso lo sovrastavo mentre lui continuava ad accarezzarmi la gola e il mento.
- Punge un po' ...- mormorò mentre passava un dito lungo la mia mandibola dove i primi segni della ricrescita della barba facevano capolino – sei davvero tu, vero?
- Perché? Pensi che non sia reale questo? - sussurrai ad un soffio dalle sue labbra mentre infilavo una mano dentro il suo intimo.
Lo sentii sussultare e gemere forte quando sentì la mia mano sfiorare la sua erezione, sembrava un ragazzino immaturo alle prese con la sua prima eccitazione.
- Hai mai fatto sesso Callum? – chiesi mentre mi allungavo e leccavo dietro il suo orecchio.
Quello fu scosso dall'ennesimo gemito – no ...
Ci fu un attimo di esitazione da parte mia, mi chiesi per un momento se fosse davvero giusto così, poi sentii la sua mano stringermi il braccio in modo che non scostassi la mia mano dal suo sesso.
Senza pudore.
Continuai il mio massaggio e sentii la sua schiena inarcarsi mentre faticava a trattenere l'eccitazione, poi l'ennesimo brivido e il suo seme venne fuori bagnando le mie dita.
Il suo volto arrossì leggermente – mi dispiace, io ...
Mi spostai in avanti nuovamente, baciandolo ancora mentre lo liberavo dall'intimo, poi spostai la bocca sul suo petto e ricominciai a sfiorare la sua pelle con la lingua lungo l'addome fino al basso ventre. Quando accolsi il suo sesso fra le labbra mi resi conto che quella era la prima volta anche per me, Celia non mi aveva mai permesso di farlo mentre lui sembrava non aspettare altro.
- Alencar – ansimò.
Io mi sollevai, ammirai il suo corpo magro sotto il mio, le gambe aperte, la bocca umida e gli occhi traboccanti di eccitazione. Allungai un braccio e recuperai un preservativo dal cassetto del comodino e ricoprii la mia erezione già tremendamente pronta. Bagnai le mie dita di saliva e cominciai a stuzzicare la sua apertura per prepararlo.
- Non ti farò male – dissi mentre mi distendevo su di lui.
Conoscevo bene quel corpo, lo avevo preso infinite volte, eppure quando affondai dentro di lui mi sentii pervaso da una sensazione totalmente diversa. Lui si strinse a me come se ne valesse la sua vita, il suo bacino compiva piccoli movimenti, leggermente impacciati ma volti ad avvicinarsi di più. Non era lei, non lo era per niente, Callum aveva un modo tutto suo di concedersi, non c'era traccia di marcata seduzione o sfida, era come se si consegnasse, come se mettesse la sua vita nelle mie mani.
- Va tutto bene? - chiesi mentre aumentavo l'intensità delle spinte.
Lo vidi annuire, poi iniziò a baciarmi dalla base del collo fino alla mascella, sentivo le sue dita lunghe fra i miei capelli e il suo respiro che si intrecciava con il mio quando le nostre labbra si sfioravano.
- E' ... - ansimò – così bello...
I suoi occhi sembravano leggermente distanti, come se fosse dentro un sogno, spostai una mano ad accarezzargli il fianco destro mentre affondavo ancora di più dentro il suo corpo. Tornai a sfiorare la sua erezione, questo lo portò a stringersi ancora di più a me, nascondendo il viso contro il mio petto.
- Alencar ... se mi tocchi così non riesco ... a trattenermi. Ti prego, non farlo – mugolò.
- Nessuno ha detto che devi trattenerti – replicai mentre colpivo un punto che sapevo lo avrebbe portato al tracollo.
Fu così, lo sentì gemere forte e riversare il suo seme su entrambi, ancora poche spinte e anche io raggiunsi l'orgasmo poco dopo. Non ci separammo, il corpo di Callum restò attaccato al mio, adesso era caldo, aveva smesso di tremare e la sua pelle aveva preso un leggero rossore. Passai una mano fra i suoi capelli umidi mentre lo sentivo assopirsi accanto a me.
Cosa mi hai fatto?
A farmi riaprire gli occhi fu il ronzare del telefono, diedi un'occhiata in giro per la stanza e notai che si trovava a terra a pochi passi dal letto, lo raccolsi.
- Ehi amico, sei sparito – si trattava di Tian – come va, lo hai trovato? Si sente bene?
- Credo di sì – mormorai, spostai lo sguardo.
Callum stava dormendo, il suo viso sembrava sereno mentre teneva le mani stretta al mio braccio, come se temesse di perdermi, quella pausa insospettì il mio interlocutore.
- Alencar? – lo sentii ridere – che diavolo succede? Cos'era quel tono?
- Ho fatto un casino Tian, la cosa peggiore che potessi fare – mormorai – ho complicato tutto
Ci fu una leggera pausa, il mio amico stava elaborando molto seriamente quella frase.
- Ci sei finito a letto? – chiese deducendo che quella poteva effettivamente essere una dannata catastrofe.
Perspicace come sempre, dovetti ammettere a malincuore.
- Non avrei dovuto farlo, finirò per incasinare anche lui
- Penso che siate già un casino bello e pronto, fidati potete solo migliorare – scherzò per tentare di lenire il disagio che proveniva dalle mie parole.
Sentivo che sarebbero piovuti infiniti casini se avessi assecondato quel momento di debolezza e decisi che avrei messo in chiaro le cose, io e lui non potevamo avere quel genere di rapporto. Se fossi stato un essere umano meno egoista, non avrei avuto contatti con nessuno ma per una notte decisi che potevo godermi quella serenità.
AIDEN
Avevo stentato a prendere sonno quella notte, l'ansia sul mio futuro mi attanagliava ogni volta che tentavo di chiudere gli occhi e addormentarmi. Pensai che ben presto sarebbero arrivati anche i sensi di colpa per quello che avevo fatto, ma fino a quel momento non stava succedendo. Mi sentivo bene tutto sommato, come se avessi finalmente il controllo su qualcosa, forse era ancora troppo presto per cantare vittoria; di certo non volevo preoccuparmene. Così mi misi in piedi prima che la sveglia avesse potuto suonare, talmente presto che anche mia madre era ancora in cucina, intenta a finire il suo terzo caffè della giornata o giù di lì.
Il suo sguardo preoccupato la diceva lunga ed io odiavo essere guardato in quel modo
- Sei mattiniero oggi. Caffè? –
- Vuoi giocartela così? Facendo finta che tutto vada come sempre? Come se non mi avessi spinto ad andare a vivere con lui!– feci spallucce, nessuno aveva idea di quanto odiassi vivere in quella dannata menzogna che stava diventando la mia vita.
- Aiden, tesoro ... mettiti nei miei panni per un solo istante. Non vorrei lasciarti qui per niente al mondo, se solo potessi prendere in considerazione l'idea di venire via con me - si era fatta più vicina, potevo vedere i suoi occhi stanchi cercare un briciolo di compassione in me
- Non ce l'ho con te. So che non puoi farci niente, so che non riusciamo a cavarcela soltanto con le nostre forze, ma non verrò con te, mamma
- E cosa vorresti fare? – era affranta, non riuscire a mantenermi doveva essere fonte di preoccupazioni orribili anche per lei ed io volevo soltanto rendere le cose più semplici
- Troverò un lavoro come si deve. Ieri notte ho contattato parecchie agenzie di moda qui in zona ... se riuscissi ad entrarci sarebbe diverso. I miei guadagni mi permetterebbero di cavarmela da solo anche qui. Prenderei casa con altri ragazzi
La vidi tremare, per poco non lasciò scivolare la sua tazza nel lavabo, ma si ricompose in fretta
- C-c'è ancora tempo, tesoro ... parlerò con tuo padre. Magari se iniziasse a versare qualcosa anche per te ...
- No! Non chiedergli niente. Non voglio niente da quel bastardo – il mio tono era perentorio, bastava sentire il suo nome per mandare in tilt quel poco di buona volontà che possedevo – me la caverò, ok? Non hai idea di quanto paghino certe agenzie. Sono già nel giro ... posso farcela
Quell'idea era venuta a Levin prima ancora che avesse potuto sfiorare me; all'inizio ne avevo riso, mi sembrava assurdo pensare che qualcuno avesse potuto sborsare una grossa somma per vedermi sculettare con dei vestiti firmati addosso, ma ad una seconda riflessione avevo capito che forse anch'io avevo delle possibilità. Ad ogni modo non c'erano poi molte alternative, quindi valeva la pena provarci. Avrei potuto iniziare vendendo la mia amata Mustang ... dovevo solo trovare il coraggio di andare fino in fondo.
- Devo andare al lavoro adesso, sono già in ritardo. Vuoi uno strappo fino a scuola? Passiamo così poco tempo insieme ... mi dispiace, vorrei che le cose andassero diversamente
Non era possibile, non da quando Alan aveva deciso di mollare la sua vecchia famiglia per quella nuova. Una ventenne con un neonato e mio padre se l'era filata nel giro di qualche mese ... pensarci continuava a farmi venire la nausea.
- Tranquilla, prendo la mia auto. Ci vediamo stasera. Ci penso io alla cena
Forse, se avessi iniziato a guadagnare abbastanza, avrei potuto occuparmi io di mia madre. Impedirle di massacrarsi con quei doppi turni in ospedale e tornare ad avere una vita decente. Soltanto in quel momento mi resi conto che Andrew non sapeva nulla di quanto fosse successo nel giro di quella settimana, era come se avessi smesso perfino di reputarlo degno di sapere quanta merda avessi iniziato a spalare. Che senso avrebbe avuto parlarne con lui, d'altronde? Era il primo a raggirarmi su qualsiasi cosa gli stesse capitando. Non potevo sentirmi in colpa per quello.
E poi sarebbe partito a giorni ormai, lui ed Alec, ancora insieme per una nuova missione che il mio ragazzo aveva deciso di affrontare, pur dicendomi che non aveva potuto far nulla per sottrarvisi. Perché continuavo a starci insieme? Non sarebbe stato più semplice chiudere quella storia una volta per tutte? Ma trovare il coraggio non era semplice.
Adesso c'era anche Levin a cui pensare, non ci eravamo più visti dopo la nostra notte brava in piscina, ma avevamo iniziato a sentirci e quella mattina lo avrei incrociato tra i corridoi della Tech, dove in qualche modo si sarebbe deciso sul da farsi. Pensare a lui era l'unica cosa piacevole che mi fosse rimasta ... era così che iniziava una storia decente? Dal tradimento e dalla disperazione? Suonava sbagliato, ma lui mi faceva impazzire in un modo che potevo anche trovare giusto.
I miei pensieri vennero interrotti dagli schiamazzi di Shannon e James, erano già in strada ad attendermi accanto alla mia auto. Per un attimo pensai che quelli come loro fossero in qualche modo delle persone benedette, sempre così superficiali ... proprio come ogni diciottenne dovrebbe essere. Per fortuna il tasso di idiozia generale andò a scemare nel momento in cui Keno ci raggiunse all'entrata della Tech. Il suo viso era tirato, neanche lui doveva passarsela bene.
- Eccoti, pensavo fossi stato rapito dagli alieni
Il mio amico sghignazzò appena – Sempre più interessante che starmene in questo schifo di Tech, circondato da questa mediocrità. Comunque da che pulpito viene la predica ... non mi pare che tu abbia risposto ai miei messaggi nel fine settimana. Dov'eri? A fingere che tutto andasse bene con il tuo bel pilota ipocrita?
Non me la presi neanche, Keno aveva ragione da vendere
- A dire il vero ti sbagli. Non so che cazzo di fine abbia fatto Andrew, mi ha chiamato qualche volta, ma l'ho sempre evitato. Che vada pure a farsi fottere
- Oh mio Dio, cosa sentono le mie orecchie. Che hai combinato? C'è qualcosa che devo sapere? Tutta questa risolutezza ti fa onore, ma mi spaventa allo stesso tempo
Anch'io avevo iniziato a provare un certo senso di orrore per quello che stavo facendo. Avrei voluto trovare il modo per parlare con Keno apertamente, ma sia Shannon che James si erano messi in ascolto. Fu chiaro ad entrambi che avremmo dovuto rimandare quella chiacchierata.
E poi c'era Levin, ero in uno stato di attesa febbrile quel giorno, volevo vederlo ed assicurarmi che la sua paura di mettersi in gioco con me non l'aveva ancora costretto a tirarsi indietro. Era frenato Levin, in un modo che soltanto le persone che hanno avuto il suo vissuto possono esserlo; sarebbe stato complicato fargli abbassare la guardia, ma anche terribilmente intrigante provarci.
Era in ritardo, lo vidi entrare in aula di Inglese quando ormai temevo che non si sarebbe presentato. Il mio cuore perse qualche battito quando sentii il profumo del suo giubbotto di cuoio infrangere l'aria accanto a me, si stava dirigendo in fretta al suo solito posto, ad uno dei banchi in fondo all'aula, dove i miei occhi non avrebbero più potuto raggiungerlo.
Provai a calmarmi, tutto ciò che volevo era mandare a puttane quella giornata di lezioni inconcludenti e chiudermi da qualche parte con lui. C'era ancora così tanta roba che avrei voluto fare con lui ... pensare a Levin in quel momento non era il massimo, mi impediva di concentrarmi su tutto il resto.
- Bene, bene ... qualcuno qui non mi ha illuminato su alcuni risvolti inaspettati – Keno parlò sottovoce, i suoi occhi chiari brillavano di divertimento – cazzo, non dirmi che sei andato al sodo con lui. Questo spiegherebbe quella preoccupante espressione arrapata che ti si è dipinta in faccia non appena l'hai visto entrare. Dimmi, è entrato anche da qualche altra parte di recente?
- Non ancora, ma ci sto lavorando ... diavolo, ci lavorerò eccome.
- Ehm, per quanto questa situazione mi alletti parecchio ... dovrei forse ricordarti che sulle carte stai ancora con un altro?
- Questo non ha mai fermato te dal farti chiunque – gli feci notare
- Io non sto con nessuno – precisò Keno, adesso lievemente alterato
- Vuoi fingere che Noah non esista?
- Non è il mio ragazzo, non è nessuno – continuò a ripetere imperterrito il mio amico
- Davvero? Da quanto lo frequenti? Un anno e mezzo? Lasciamo perdere, ognuno vede ciò che vuole vedere, anche tu non sei diverso. Non preoccuparti per me, al momento voglio soltanto vivere ... alle conseguenze ci penserò dopo. Ammesso che ce ne siano
La lezione era iniziata ed il silenzio cadde sull'intera classe, noi compresi. Andrew aveva provato a contattarmi anche quella mattina, forse avrei anche potuto rispondere più avanti, non volevo che pensasse che potessi avercela con lui. Quello era il mio gioco e lo avrei giocato seguendo le mie regole; non era un problema mio, adesso Andrew si trovava in un terreno inesplorato, era rimasto invischiato nelle sue stesse manovre sovversive atte a tenermi lontano da lui con le menzogne. Ci era riuscito, mi stavo allontanando sempre di più. Forse sarebbe stato felice alla fine.
Non ci eravamo messi d'accordo io e Levin, ma sapevo dove avrei potuto trovarlo tra una pausa dalle lezioni e un'altra. Era il suo posto preferito, quello in cui poteva farsi una sigaretta in santa pace e ascoltare un po' di musica, lì dove le occhiate dei nostri compagni non potevano raggiungerlo con la stessa violenza di sempre. Anche quel giorno lo trovai sul retro della scuola, bello e irraggiungibile come sempre, con quell'aria di perenne mistero che sembrava avvolgerlo in qualsiasi momento. Eppure io lo avevo raggiunto, in qualche modo ero riuscito a coinvolgerlo fino a far crollare parte delle sue difese.
- Sono terribilmente prevedibile se sai già dove trovarmi – commentò lui non appena mi ebbe notato
- Chi ti dice che sono qui per te? – lo provocai, ma allo stesso tempo mi stavo già avvicinando
- Non tirartela troppo, Aiden. Non sei neanche un modello famoso al momento – scherzò lui e su quel viso solitamente serio apparve qualcosa simile ad un sorrisetto.
- Dici bene, al momento. Alla fine ho deciso di seguire il tuo consiglio ... ieri ho contattato un paio di agenzie interessanti, adesso aspetto le loro risposte
- Davvero? Hai fatto benissimo. Vedrai che potrai rimanere qui, non avrai problemi a trovare qualcuno che decida di prenderti nella sua agenzia. Stai già lavorando parecchio, no?
Levin sembrava genuinamente felice per me in un modo che ad Andrew sarebbe sempre sfuggito. Odiava quello che facevo, niente di tutto ciò in cui ero impegnato era abbastanza importante per uno come lui. Soltanto le sue ambizioni sembravano avere senso.
Feci spallucce, non volevo illudermi troppo ... dopotutto quello era un mondo crudele. Mi concentrai totalmente su Levin, sulla bellezza dei suoi occhi allungati e profondi, di un grigio metallizzato che però continuavano a sembrare due grosse pozze nere a confronto con la pelle pallida e i capelli ossigenati. Mi fissava di rimando, appoggiato al muro di pietra della Tech, ogni centimetro del suo corpo ispirava pericolo.
- A cosa stai pensando?
- Non riesci a capirlo? – gli chiesi di rimando. Il mio sguardo non era mai stato così diretto mentre lo spogliavo letteralmente di quegli indumenti superflui e lo immaginavo altrove, in situazioni diverse e molto più stimolanti di quel dannato cortile scolastico.
Levin si portò lentamente la sigaretta alla bocca, poi leccò la parte esterna della cartina e la richiuse. Ogni dannato gesto era stato accompagnato dai suoi occhi che perforavano i miei, un gesto provocatorio che ebbe l'effetto sperato.
- Lo fai di proposito? Dio Eickam, non ti facevo così ...
Aveva assunto un'aria lievemente sorpresa adesso – di cosa stai parlando?
- Ah, non prendermi per il culo. So che anche tu non hai fatto altro che pensarci per tutto questo tempo
Colpito e affondato. Eravamo ancora a distanza di sicurezza e nessuno dei due intendeva commettere un passo falso, non a scuola.
- Quindi? Anche se fosse così? – stirò le labbra in un sorrisetto provocatorio – se vuoi andare fino in fondo dobbiamo stabilire un dove e un quando, ma sappi che siamo ancora in tempo per tirarci indietro
- Perché dovremmo? Non è quello che vuoi anche tu?
Levin si morse le labbra, sembrava davvero molto umano in certi momenti, era raro ma succedeva.
- Sai che ti dico? Non siamo bravi a parole noi due, ce la caviamo molto meglio con i fatti. A tal proposito sono libero stasera dopo cena ...
Una proposta lasciata cadere lì quasi a caso, Levin stava ancora soppesando le mie parole, qualcosa in lui gli impediva di lasciarsi andare come qualsiasi altro diciannovenne lì intorno.
- Non ho mai pregato nessuno per venire a letto con me, ma se vuoi posso anche adeguarmi – mi lasciai sfuggire, quella situazione stava diventando paradossale.
- Forse voglio sentirti pregare con un po' più di convinzione – stava ancora sorridendo, mi passò accanto e con lui venni avvolto da un'ondata di fumo. Gli impedì di proseguire, parandomi davanti al suo corpo, pronto a fronteggiarlo. Lasciai che le sue mani scivolassero intorno ai miei fianchi mentre i suoi occhi erano puntati alle mie spalle, guardinghi.
- Non complicare la mia vita, Aiden. L'ultima cosa di cui ho bisogno è una relazione di merda con un ragazzo instabile
- Sarei instabile? – mi venne da ridere. Forse Levin aveva la vista più lunga di quanto avessi immaginato in un primo momento – o forse sei tu che diventi instabile quando sei con me
- Non lo escluderei – ammise. Mi fissava davvero adesso, vidi il suo sguardo scivolare lungo le mie labbra e rimanere lì per parecchio tempo. Voleva farlo, glielo leggevo negli occhi, ma non si azzardava, non a pochi metri dai nostri compagni di scuola.
- Stasera quindi? – era stato lui ad interrompere quel silenzio carico di eccitazione
- Ti va bene la mia auto?
- Mi va bene ovunque – commentò con un filo di voce, resa ancora più roca dal desiderio. Mi lasciò andare qualche attimo dopo, non prima di avermi sfiorato la guancia con il dorso della mano. Un gesto veloce, ma che mi fece rabbrividire da cima a fondo. Non aveva aggiunto altro, era andato via subito dopo, lasciandomi lì con così tanta voglia che riprendermi fu difficile.
Quando attraversai il cortile della Tech ero nuovamente in me, abbastanza Aiden da poter affrontare le chiacchiere vuote degli altri ragazzi. Il mio corpo era lì, ma la mia mente continuava a vagare su percorsi che non riuscivo a togliermi dalla testa. Avevo tradito Andrew, ma non ero ancora andato a letto con Levin ... quel passo avrebbe decretato un vero e proprio non ritorno. E nonostante tutto volevo farlo.
Era una forma di vendetta? Una rivalsa per tutto quello che avevo dovuto sopportare nella mia relazione con Andrew? Non poteva essere solo quello ... doveva esserci dell'altro lì in mezzo. Riconoscevo il desiderio, di un tipo bruciante, pari a quello che avevo provato soltanto per Andrew ... nessun altro prima di lui era riuscito a farmi sentire in quel modo. Forse con Levin sarebbe stato diverso, forse era tutto quello che mi serviva per staccarmi da quell'arrogante figlio di puttana una volta per tutte. Dopotutto non dovevo niente a nessuno.
Con quella apparente risolutezza mi decisi a rispondere ai messaggi dei Andrew. Lo avrei affrontato quella sera, poco prima di raggiungere Levin. Ero stanco di scappare, adesso il mio gioco richiedeva l'azione.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro