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Se ti muovi, rovescerai la barca


Vedere le persone voltarti le spalle o essere in collera con te non è poi così terribile quando se ne conosce il motivo, potrebbero anche trovarsi nel torto; in questo caso la consapevolezza di una coscienza pulita ti impedirebbe di essere troppo severo con te stesso. Anzi, in alcune occasioni si potrebbe addirittura andare incontro ad una sensazione di sollievo per la fine di una situazione negativa. Quando la colpa è tua, invece, è molto più difficile, tuttavia se la ragione del contrasto risulta ben chiara, si può sempre tentare di rimediare gli errori. Se l'impegno e l'umiltà usati nel fare questo sono sinceri e costanti, molto probabilmente l'altra persona arriverà a perdonarci. La situazione più atroce di tutte, no, non è questa. Accade quando si delude qualcuno senza capirne la causa, la nostra sola presenza sembra disturbarlo, il solo fatto che esistiamo infastidirlo. Qualunque tentativo di renderlo felice non fa che peggiorare le cose, non sai più dove mettere le mani e per questo ti siedi in silenzio, più lontano possibile per evitare di dare fastidio. Se la persona ad essere frustrata da noi è quella che amiamo, fa capolino addirittura il desiderio si scomparire se ciò bastasse per vederla finalmente sorridere.

Kakuzu ormai era giunto a questo, era convinto di essere lui a rendere Madara costantemente afflitto.

Non sono invadente, ti ho permesso di vedere la tua famiglia e gli amici ogni volta che hai desiderato. Ti aiuto sul lavoro. E, anche se non te lo dico mai, ti amo e ti ammiro.

Ogni parola, ormai, poteva trasformarsi in errore, persino esternare i sentimenti. Questo, in realtà, Kakuzu aveva dovuto metterlo da parte da un sacco di tempo. Più o meno da quando era nato.

Era il maggiore di quattro fratelli, due maschi e due femmine, venuti al mondo in una povera famiglia di pastori. La seconda sorella era nata sei anni dopo di lui, da lì in poi gli altri tre avevano solo un anno di differenza tra loro. Abitavano un un piccolo borgo in mezzo al nulla e a campi sconfinati, gli unici vicini due coppie di anziani. Non erano raggiunti dalla rete internet, persino radio e televisore sarebbero stati completamente inutili in quel posto, per non parlare del cellulare. Le comunicazioni della famiglia avvenivano tramite telefono fisso attraverso una linea sgangherata e sfrigolante. Le mulattiere di terra polverosa che partivano dalle tre case si immettevano su una stretta strada asfaltata piena di crepe su cui non si incontrava anima viva per chilometri, solo un piccolo distributore di benzina.

Andare a scuola gli piaceva. Ogni giorno, a partire dalla prima elementare, Kakuzu si era fatto due ore di autobus all'andata e due al ritorno, per raggiungere la città più vicina a quel piccolo borgo fatiscente in cui viveva con la famiglia. Si sforzava di ignorare gli sbeffeggiamenti ricevuti quotidianamente dai compagni di classe a causa dei vestiti rattoppati e lisi. In inverno nevicava, tuttavia era costretto ad uscire sempre in pantaloni corti: non c'era mai stoffa abbastanza da permettere alla madre di cucirne di lunghi. Le gambe gli diventavano blu per il freddo, nonostante la sua pelle scura, la sfumatura si notava comunque. Siccome era il figlio maggiore, i genitori avevano preteso che iniziasse pesto a dare una mano nel duro mestiere che svolgevano. Si era destreggiato tra studio e lavoro fino alla terza media, la mattina in classe e, dopo pranzo, portava i libri sul pascolo quando era il suo turno di badare al gregge. Kakuzu era sempre stato certo che, una volta cresciuti, i fratelli sarebbero venuti dargli un mano. Ma la seconda figlia stava diventando incantevole, i capelli biondi e mossi, gli occhi azzurri e la pelle bianchissima, non sembrava nemmeno fare parte della famiglia. La madre faceva attenzione affinché non prendesse il sole tenendola addirittura lontana dalle finestre. Avevano deciso che, a vent'anni compiuti, sarebbe stata data in sposa a un ricco cugino di secondo grado. L'altra ragazza, sebbene bruna, con la pelle olivastra e magra come un'acciuga, prometteva comunque un futuro da bella donna; il marito scelto non sarebbe stato tra i più facoltosi, comunque rappresentava sempre un aiuto per quella povera famiglia. Questo Kakuzu poteva ancora capirlo, tuttavia la cosa veramente incomprensibile era il motivo per cui il figlio più piccolo venisse considerato un genio. Tutto era messo in modo da agevolare il suo studio, andava a scuola con vestiti e libri sempre nuovi.

"Kakuzu, tutto ciò che serve per la scuola di tuo fratello costa. Io vorrei che potesse arrivare fino alla laurea, so che ha tutte le carte in regola per poterlo fare, Non c'è dubbio che sia il più intelligente." Con quella frase il padre gli aveva fatto intendere che tutti contavano sul suo indispensabile aiuto.

Sono certo che avrei potuto arrivare anche io alla laurea, se solo me ne aveste dato la possibilità.

Aveva dovuto interrompere appena dopo l'esame di terza media. In qualità di figlio maggiore, Kakuzu era stato educato a non muoversi per non rischiare di rovesciare la barca su cui la famiglia navigava. Consapevole che non si trattava sicuramente di acque tranquille, lui quella barca aveva paura persino di farla rollare leggermente.

I formaggi e il latte che la famiglia produceva non bastarono più quando il minore fece il suo ingresso alle scuole superiori, per questo Kakuzu aveva deciso di trasferirsi nella città in cui poi sarebbe rimasto a vivere, per tentare di avere qualcosa di meglio. Non erano persone avvezze ad avere molti contatti con la gente e con il mondo, per questo nessuno di loro aveva idea di quanto fosse difficile trovare un lavoro per uno che ha solo la terza media. Kakuzu non aveva il coraggio di dirlo alla madre che gli telefonava ogni sera nella sua casa popolare, le riferiva di stare tranquilla dal momento che aveva trovato un posto in una pizzeria ma che i primi stipendi gli sarebbero serviti per pagarsi la caparra dell'affitto. Non era vero niente, ancora una volta aveva paura di rovesciare la barca, timore di increspare la superficie dell'acqua. Quello era stato il periodo più brutto della sua vita; l'impatto con il mondo, se viene fatto in modo improvviso e solo ad una certa età, potrebbe risultare persino insormontabile per qualcuno. Kakuzu non ebbe il coraggio di fiatare accettando quel lavoro al Susanoo. Sapeva che sarebbe stato odiato da tutti, dai clienti esclusi dalle aste i quali, inevitabilmente, ogni sera sarebbero stati la maggioranza, nonché dai ballerini di lap dance dati via come semplici pezzi di carne. Kakuzu non lo dava a vedere ma il suo cuore sanguinava ogni volta. Era additato come un avaro da gente che non aveva la minima idea delle ragioni che stavano dietro a questo suo modo di fare.

Come sempre, si fermano tutti alla sola apparenza.

Non poteva far rovesciare la barca su cui lui e la sua famiglia navigavano. Prima che la gestione del Susanoo passasse a Obito, Yahiko e Shisui facevano già pare dello staff.

Oppure anche voi avete la vostra barca da mantenere dritta?

Se su loro due, almeno per i primi tempi, Kakuzu poteva nutrire ancora qualche dubbio, era certo di non averne avuto alcuno su coloro che vennero dopo. Quelli di Obito, furono i primi occhi colmi di disperazione che incrociò; gestiva quella catapecchia, insieme alla moglie, come ultimo tentativo di poter ritrovare Madara.

All'epoca Kakuzu conosceva Madara solo attraverso i racconti del cugino, tuttavia le parole di Obito gli avevano dato modo di capire quanto fosse speciale e di quanto avesse sofferto nella vita, così come gran parte della famiglia Uchiha.

Obito dilaniato dai sensi di colpa.

Itachi, che fece il suo ingresso poco dopo, talmente fragile da rischiare di lasciarci la pelle ogni sera; sarebbe potuto accadere sotto gli occhi di Sasuke, seduto in sala praticamente ogni giorno straziato da dubbi e dolore. Sia lui che Obito avevano cercato di convincere Itachi a parlare sia con il fratello che con Nagato, a dire loro la verità su quale mestiere era costretto a fare prima che succedesse un disastro, ma tutti avevano la loro barca da non rovesciare.

Kakuzu, con quel lavoro, guadagnava abbastanza da poter essersi permesso di aiutare la famiglia e di comprare la casa che era poi servita per ingrandire la palestra di Kisame. Aveva resistito tacendo fino a che, già provato da quanto accaduto a Nagato, non era stato costretto a vedere il povero Neji ridotto ad esibirsi imbarazzatissimo e conciato da gatto, e Shisui arrivare addirittura a sbattere fuori un cliente troppo zelante dal privè. Quella sera Kakuzu aveva deciso di dire basta, barca rovesciata o no. Lo aveva fatto per quei ragazzi e per sé stesso, per non doversi più costringere ad avere davanti delle scene del genere.

Rammentava spesso la gioia provata ascoltando le parole rivolte da Kisame a Itachi nel privè. Senza ancora conoscere né il suo viso e né il suo nome, si era impegnato al massimo per fargli capire come non fosse fatto per stare lì ad indossare tacchi a spillo sprecando il suo notevole talento di acrobata. A Kakuzu erano venute le lacrime a gli occhi udendo Kisame spiegare a Itachi come fosse assolutamente meritevole di tutto il bene che gli volevano gli altri non essendo riprovevole come credeva, Kisame si era riferito innegabilmente a Sasuke, seduto da solo a quel tavolo. Anche tutti gli altri potevano trovare quella fortuna uscendo di lì.

Ho fatto la cosa più giusta del mondo stasera, Kisame, concedendoti di entrare. So che aiuterai Itachi a scendere dalla sua barca senza rovesciarla.

Era andata esattamente così. Non aveva la più pallida idea di cosa sarebbe successo a lui dopo la vendita della casa e l'abbandono del lavoro. Non l'aveva saputo finché, durante il rinfresco alla palestra di Kisame, non aveva incontrato quell'angelo tanto cercato da Obito. Forse la barca si era rovesciata sul serio, lui era caduto in acqua ma solo momentaneamente prima di poter salire su una vera nave.

Kakuzu aveva capito cosa significasse avere degli amici, fare qualcosa per loro; adesso che aveva trovato anche l'amore, comprendeva quanto il sorriso della persona amata fosse più importante del tuo. A lui non era mancato più niente da quando Madara gli aveva concesso di poter toccare la sua mano elegante per la prima volta. Per lui era tutto perdersi in quegli occhi malinconici sperando, un giorno, di riuscire a farli sorridere. Crescere in una famiglia povera gli aveva fatto credere, per tanti anni, che fosse sufficiente guadagnare il più possibile per avere la felicità. L'inganno più subdolo in cui fosse mai scivolato, la vera ricchezza l'aveva trovata adesso. Era iniziata quando aveva fatto qualcosa per i suoi amici per avere il suo culmine alla villa di Tsunade, il giorno in cui cinque coppie si erano sposate. Non gli sembrava vero di poter toccare Madara, Kakuzu tremava accarezzando il suo corpo statuario e ammirando il bellissimo viso, non aveva mai pensato che fosse possibile avere così tanti capelli.

Hai la forma migliore di ogni cosa, quella più assoluta.

Aveva avuto l'impressione di scoprire la vita per la prima volta facendo l'amore con Madara durante la vacanza regalata da Kisame e Itachi. Era venuto a conoscenza della sua storia, dei dolori che aveva avuto nella vita, di quell'amore incondizionato che, spesso, era stato non ricambiato o tradito. Madara non riusciva a perdonarsi l'errore di essere scomparso per anni gettando la famiglia nell'angoscia ma, soprattutto, non riusciva a perdonarsi di aver perso Kisame. Kakuzu aveva sperato di potergliele far dimenticare quelle colpe, appartenevano ad una persona che era poco più di un ragazzo; adesso era un uomo adulto che poteva assolvere quel giovane con un sorriso. Il futuro era lì davanti a loro, lui riusciva a vederlo chiaramente imparando a gestire l'azienda vitivinicola, ma Madara no.

Kakuzu desiderava trasmettere al compagno come fosse reale il suo entusiasmo, in ogni più piccola sfaccettatura dei loro giorni. Ammirava il suo essere un uomo intelligente e colto, aveva scritto un libro pubblicato addirittura al primo tentativo, non si trattava certo di una cosa da poco. Kakuzu amava imparare di tutto da lui, dal Taekwondo, alla letteratura fino ad arrivare a come si fa un ottimo vino; gli era grato ogni giorno della sua vita. Sebbene si trattasse di un bellissimo dono, non gli interessava di poter usufruire gratuitamente della palestra di Kisame, trovava che gli insegnamenti e la compagnia di Madara lo arricchissero molto di più. Sì, avrebbe desiderato sposarlo il giorno in cui lo fecero anche Kisame e Itachi insieme alle altre due coppie, sarebbe stato assolutamente perfetto. Tuttavia Madara sembrava aver preso coma una gravissima offesa il fatto che lui avesse completamente dimenticato la data.

Cosa ci posso fare, io? A volte sembri dimenticare che ho solo la terza media, eppure la conosci la sofferenza che questo mi provoca, lo conosci il senso di inadeguatezza che provo ogni giorno.

Madara sapeva tutto, si erano raccontati tutto. Era stato sempre assolutamente comprensivo, fino a quando, evidentemente, era iniziato a mancargli qualcosa. Kakuzu sperava di non essere lui la causa del malessere del compagno, per questo cercava di essere il meno invadente possibile e di lasciargli la libertà di fare tutto ciò che voleva. Tuttavia quella casa, immersa nel verde e nel sole, pareva essere diventata una prigione per Madara.


Questo mondo è pieno di cose che non vanno come vorremmo. Più a lungo vivi, più ti accorgi di come, ovunque ci sia una luce, c'è anche un'ombra. Nonostante io avessi pensato per anni di averlo gettato nel dolore più nero, Kisame era riuscito finalmente a trovare la sua felicità. Tuttavia questa aveva gettato un'ombra sulla mia. Io ora dovevo lavorare duro per comprendere ed elaborare i miei errori, primo tra tutti quello che mi aveva indotto a credere che avrei trovato lui ancora lì ad aspettarmi a braccia aperte. Lo ha fatto, lui è stato uno dei tanti a chiedersi incessantemente dove fossi finito e se stessi bene. Tuttavia, ad un certo punto si è ripreso in mano la sua vita, come è giusto che sia. La mia famiglia intera mi aveva accolto a braccia aperte, compreso Sasuke nonostante non mi avesse mai praticamente conosciuto. Il mio comportamento era finito anche col danneggiare indirettamente mio fratello Izuna, tenendolo lontano da tutti gli altri fino a quella meravigliosa cena organizzata da Sasuke. Una bellissima idea. Nonostante fosse il più giovane, dimostrava intelligenza e maturità da vendere. Nessuno potrà mai plasmarlo il mondo ideale. Forse, per comprendere in pieno la gioia, c'è bisogno anche del dolore. A volte è necessario cercare la felicità in mezzo all'immenso pagliaio dei compromessi, tuttavia questa rappresenta l'unica via per raggiungerla. Iniziai ad aprire gli occhi durante una giornata iniziata nella malinconia più nera. Kisame aveva organizzato un bellissimo rinfresco nel giardino della sua palestra per cinque coppie che si dovevano sposare. Fino all'ultimo non sapevo se accettare o no l'invito, quel giardino sarebbe stato il trionfo dell'amore; non solo le cinque coppie coppie in questione, ma anche le altre. In pratica, tutti tranne me. Gli occhi di Obito, così pieni di luce dopo avermi ritrovato, e l'immensa gioia di Kisame mi indussero ad accettare nonostante sentissi ancora qualche coltello nel cuore. Avrei mai potuto guardare lui e Itachi senza sentire i miei occhi diventare gonfi di lacrime? Furono entrambi squisiti quel pomeriggio cercando di sfiorarsi il meno possibile in mia presenza. La risposta era arrivata da una voce graffiante e da due occhi verdi come lo smeraldo, ammirava già tutto di me anche senza conoscermi. Forse, a volte, la felicità si pesca in quel mare dove non l'avresti mai aspettata. L'amore ti cattura così, all'improvviso e alle spalle, come aveva fatto lui iniziando a parlarmi. Forse, per amare incondizionatamente qualcuno, a volte bisogna accettare di essere amati allo stesso modo.

"Tra le pagine della nostra vita" di Madara Uchiha.


Kakuzu leggeva quel libro perché gli piaceva, lo sapeva a memoria ormai. Tuttavia adesso i suoi occhi cercavano qualcosa di diverso tra quelle parole, si sforzava di capire cosa si fosse rotto nel cuore di Madara e quando. Leggeva e rileggeva certo che ancora esistesse qualcosa che magari gli era sfuggito. Kakuzu sapeva benissimo che ogni opera, autobiografica o di fantasia, nasconde tra le righe il cuore di chi l'ha scritta; i segreti di Madara magari messi in un modo o in una forma diversa da come li aveva raccontati a lui, una virgola, un cavillo, un qualcosa che lo tradisse. Tuttavia quelle pagine erano intrise di una gioia ritrovata dopo tanto soffrire, di errori capiti e risolti. Sembrava che lui lo avesse salvato, Madara, la sua ammirazione gli era arrivata subito, già dai primi minuti di conversazione. Addirittura Madara affermava che, da quel giorno, aveva ricominciato ad aprire gli occhi. Aveva visto l'amore nel verde del suo sguardo, persino nella sua voce. Kakuzu gli aveva permesso di considerare finalmente Kisame solo come un buon amico. E allora? La chiave era nascosta in quell'ultima frase? Madara magari non si sentiva degno di essere amato.

Già da diverso tempo Kakuzu non sapeva più che pesci prendere con lui, come comportarsi, cosa dire. Era sprofondato di nuovo nel vecchio terrore di far rovesciare la barca, ecco perché, molto spesso rimaneva in disparte o in silenzio. Temeva che le sue opinioni e i suoi bisogni, potessero essere di intralcio o disturbo a Madara. Kakuzu non voleva che si sentisse limitato in qualcosa, conosceva benissimo il suo bisogno di compagnia da parte della famiglia e degli amici.

Persino i rapporti intimi erano passati in secondo piano, Kakuzu ne sentiva una dolorosa mancanza, Madara gli era sempre piaciuto molto anche fisicamente, tuttavia non se la sentiva di rischiare che un suo approccio potesse infastidire il compagno dato il suo cattivo umore. Kakuzu non desiderava altro che vederlo sorridere felice, se lo meritava dopo la vita difficile che aveva avuto.

Cosa devo fare? Dimmelo tu.

Aveva rivolto quel pensiero alla semplice copertina gialla del libro prima di rimetterlo al suo posto sospirando. Eppure la risposta era là, tra quelle pagine, forse Madara non gradiva mostrare il suo cuore in modo diretto.

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