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Ricominciare


Il giorno in cui Kisame sarebbe dovuto andare a prendere Itachi per riportarlo finalmente a casa, attraversò un contrasto di emozioni mai sperimentato in precedenza. Era al settimo cielo perché lo avrebbe riavuto con sé dopo più di un mese, adesso quelle stanze sarebbero state piene del loro amore e non più di incomprensioni, dubbi e sguardi sfuggenti. Amore non più messo in discussione da niente e nessuno, Itachi poteva smettere di vivere nel terrore perché lui sarebbe stato al suo fianco in qualunque momento accompagnandolo e sostenendolo con gioia in tutti i percorsi che avrebbe dovuto affrontare. La sua salute sarebbe rimasta stabile per sempre adesso. I problemi di Sasuke erano tutti risolti, sia lui che Madara avevano raggiunto la felicità dopo tanto lottare. La famiglia si stava ingrandendo, Naruto era sempre il loro sindaco e aveva un marito che lo considerava un eroe. Kiba finalmente aveva accettato di diventare grande, qualunque persona incontrava il loro gruppo arrivava sempre per restare. Dopo tanti cambiamenti, tutto sembrava essere finalmente perfetto. Avevano avuto tutti in dono una vita ricca e meravigliosa.

Sono l'uomo più fortunato del mondo.

Tuttavia mentre si sistemava i capelli tornati al loro consueto splendore, davanti allo specchio, Kisame avvertiva una sorta di ansia da prestazione. Inutile negarlo, non avrebbe potuto riavere lo stesso Itachi che era uscito dalla porta di casa l'ultima volta. Il moro non si sarebbe più girato per guardarlo, Kisame non avrebbe più avuto quel bellissimo sguardo di ossidiana tutto per sé. Itachi era uno sportivo talentuoso e appassionato che ora avrebbe dovuto rinunciare alle cose che amava di più.

Riuscirai a vivere così? E io ce la farò a vedertelo fare per tutta la vita?

Per tutta la vita. Forse Kisame avrebbe dovuto fare a meno delle prelibatezze che era capace di preparare il marito, non lo avrebbe più visto truccato. Itachi lo sapeva fare così bene e in modo che sembrasse assolutamente naturale. Sarebbero invecchiati, il loro aspetto cambiato negli anni, ma l'immagine che Itachi avrebbe avuto di Kisame impressa nella memoria sarebbe rimasta un fermo immagine non veritiero per sempre. Non avrebbero più potuto passare la notte sull'amaca in giardino ammirando le stelle o una serata sulla spiaggia guardando il tramonto. Itachi non avrebbe più potuto comunicare attraverso lo sguardo, lui che aveva sempre parlato, addirittura gridato, più con gli occhi che con le parole.

Non vorrei finire con il perdermi la maggior parte dei tuoi pensieri e sentimenti. Io ti capivo così, solo a me era stato concesso di imparare il tuo linguaggio speciale. Come farò adesso senza tutto questo?

E Kisame, dal canto suo, non avrebbe più potuto rivolgerli quelle espressioni cariche di ammirazione, non poteva credere che da ora in poi sarebbero cadute nel vuoto. Aveva sempre ritenuto importante che Itachi capisse ciò che provava per lui. Sarebbe stato difficile, forse molto di più di quello che adesso Kisame poteva immaginare.

Tornato in camera da letto per prendere le ultime cose prima di uscire per riportare a casa Itachi, Kisame cercò di concentrarsi su quello che avrebbe riavuto piuttosto che su quello che non ci sarebbe stato più. Itachi avrebbe potuto imparare ad esprimersi di più con le parole almeno con lui, poteva anche farlo quando erano soli tra l'intimità di quelle mura se per lui restava complicato in presenza di altre persone. Kisame avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutare Itachi a raggiungere quell'obiettivo, una delle tante stimolanti sfide che avrebbero affrontato insieme, mano nella mano.

Kisame sorrise con ritrovato ottimismo abbottonandosi la camicia davanti alla specchiera dell'armadio. Un piccolo oggetto posato sul comò accanto al portagioie in cui aveva riposto il bracciale distrutto e il quarzo opalino al momento senza un cordino a cui poter essere appeso, attirò la sua attenzione. Rifletteva la luce del mattino che filtrava attraverso la finestra, quella attraverso cui ammirava, ad ogni suo risveglio, la grande quercia che stava nel giardino. Kisame mandò giù l'ennesimo groppo di lacrime, quell'oggetto era sempre stato là solo che lui era come se non ci avesse fatto caso fino a quel giorno. Fino a che non aveva avuto la certezza che non sarebbe servito più, e cioè adesso.

Si avvicinò a quelli che erano gli occhiali da lettura di Itachi, li aveva riportati Naruto insieme a tutti gli effetti personali che il moro aveva lasciato nell'ultimo albergo della trasferta, Kisame li aveva posati lì, insieme al cellulare e alla fede con il rubino in attesa del ritorno del loro proprietario. Se li rigirò tra le mani modificando il riflesso della luce, la montatura era sottile, metallica e blu scuro, le lenti strette e rettangolari. Itachi aveva sempre adorato leggere, era una delle sue più grandi passioni.

Potrò leggere per te tutta la notte se tu lo vorrai, amore mio.

A quel pensiero Kisame sorrise di malinconia. Ripose gli occhiali nel portagioie per prendere, invece, la fede. Gli era venuta un'idea.


Kisame trovò Itachi seduto sul letto e vestito di tutto punto con gli abiti che gli aveva portato la sera prima. Non vedeva l'ora di tornare a casa. Jeans, camicia rossa, stivaletti di pelle nera e lucida. Una giacchetta sempre di jeans nel caso in cui il suo freddoloso mascalzone accusasse già la fine dell'estate. Itachi aveva indossato anche quella. Tutto perfetto, nessun errore nei bottoni, nel colletto e nella fibbia della cintura marrone, i capelli legati con uno dei suoi adorati elastici rossi. Erano uno di fronte all'altro, Itachi sorridente, Kisame con lo sguardo basso.

Dal momento che Kisame rimaneva silenzioso senza decidersi a muoversi, Itachi si alzò per andargli incontro senza perdere il sorriso.

"Ehi" sussurrò il moro afferrandogli le manone "Io sono contento di tornare finalmente a casa in tua compagnia, tu?"

"Ma certo, che domande sono razza di mascalzone? Mi sei mancato da morire."

Avevo paura di non rivederti più.

Visto che Kisame non si decideva a fare niente, Itachi lo abbracciò appoggiandosi al suo ampio petto, avvertì le mani di Kisame posarglisi lievemente sulle spalle, sembrava che avesse paura di toccarlo, probabilmente era frenato dal timore di fargli male. Una di esse si mosse sfilandogli l'elastico dai capelli, a Kisame non piaceva vederli legati. Gli posò un bacio sulla testa corvina.

"Itachi, la sera in cui ti sei sentito male..."

"Non ha importanza, Kisame. Non ce l'ha mai avuta."

Itachi gli si strinse ancora di più addosso. Sapeva dove sarebbero andate a parare le parole che aveva così dolcemente interrotto, molto probabilmente alla spiegazione sul perché la borsa di Madara era lì. Anche se suo cugino si era cambiato, lavato e aveva dormito nella loro casa, Itachi aveva avvertito che l'amore del marito era sempre presente, addirittura ancora più intenso di prima. La sua energia lo aveva trascinato fuori da quel limbo in cui era rimasto intrappolato per giorni. Itachi non avrebbe mai raccontato la disperazione e il terrore provati in quei momenti, non sarebbe stato necessario, già li avrebbe fatti soffrire abbastanza la perdita della vista. Aveva sempre udito chiaramente le loro voci, le loro emozioni e lacrime. Itachi avrebbe voluto rincuorarli spiegando a tutti che lui era lì, ma non riusciva a farlo prigioniero del suo stesso corpo. La sua mente, sebbene intatta, non riusciva a infrangere quella barriera per entrare in contatto con la realtà iniziando ad interagire. Aveva annaspato ininterrottamente nelle tenebre cercando una strada per uscirne fino a che non aveva capito che l'unica possibile era seguire le persone che aveva intorno. Le loro parole, le carezze, il bene che gli volevano. E così, a furia di provare, quelle palpebre che parevano fatte di pietra si erano sollevate. Sul momento Itachi non aveva compreso il vero motivo per cui continuasse a vedere tutto nero, così dagli occhi era passato a muovere i muscoli di quella mano che si era tesa verso Kisame, poi era riuscito a riorganizzare le parole da rivolgere a Sasuke, ogni evento era servito a farlo riemergere sempre di più.

Dal momento che ormai gli avevano spiegato che quel buio sarebbe stata una condizione permanente, non aveva senso arroccarsi nella non accettazione. La cosa più saggia da fare adesso per sé stesso e per tutti coloro che gli volevano bene, sarebbe stato riuscire a tirare fuori il meglio che quella nuova vita poteva offrire. Non sarebbe stato facile, ma Itachi sentiva che avrebbe dovuto impegnarsi al massimo come riconoscenza verso la famiglia e gli amici che gli erano stati vicino per tutto il tempo.

Quanto amore ho intorno, devo fare di tutto per esserne degno fino in fondo.

Le spiegazioni che gli stava per dare Kisame sulla borsa di Madara avrebbero inflitto dolore inutilmente, e poi la realtà è davvero fragile come una bolla di sapone, se quella sera lui fosse stato già cieco il problema non sarebbe nemmeno sorto.

"Nii – san, allora dillo che in realtà ci stai bene qua dentro."

Itachi si staccò dal petto di Kisame per sorridere verso la direzione da cui era arrivata la voce di Sasuke.

"Hai ragione, Otouto, andiamo a casa."

Il minore si appropriò letteralmente di lui trascinandolo fuori dalla porta.

"Cugi, bentornato, lo sai che io aspetto ancora di fare una bella serata come quelle che facevamo quando Sasuke era piccolo."

L'allegra voce di Shisui lo investì, il lieve grugnito infastidito di Sasuke gli fece capire che l'altro aveva allungato una mano per spettinargli i capelli.

"Itachi!"

Si ritrovò stritolato tra Tsunade e Samui. Non poté non rivolgere le migliori parole di ringraziamento a quella dottoressa che lo aveva vegliato giorno e notte salvandogli la vita e alla sua compagna che l'aveva attesa con pazienza.

Sasuke, continuando a trascinarlo nel corridoio, lo fece ritrovare al cospetto di Madara e al suo inconfondibile profumo di Acqua di Colonia. L'abbraccio del cugino fu avvolgente, protettivo e pieno di calore. Qualunque fosse stato il suo motivo per entrare in casa loro a quanto pare era diventato irrilevante anche per lui.

Fu il turno di tutto il gruppo di artisti che era stato con lui in trasferta, un'ondata di allegria saltellante. Presumibilmente Deidara non avrebbe mai ammesso con quanta dolcezza lo aveva sfiorato e gli aveva parlato quando ancora era privo di sensi, molto probabilmente si vergognava ad ammetterlo persino con Karin. Itachi aveva avvertito l'apprensione del biondo sia in quel momento che quando lo aveva visto portato in spalla da Naruto scendendo quella scalinata. Quella sera Itachi aveva sperimentato il suo primo vero blackout.

Grazie, Deidara.

"Ehi, Itachi, se vuoi ti posso prestare Akamaru ogni volta che hai voglia di farti una passeggiata, lo sai come è educato e conosce tutte le strade."

Kiba si interruppe bruscamente e con un lieve grugnito, probabilmente qualcuno gli aveva rifilato una gomitata nelle costole.

"Itachi, non vedo l'ora di tornare ad allenarmi con te." Le mani di Sai erano state fulminee a sollevarsi dal costato del compagno per posarsi sulle sue spalle.

"Bentornato." La voce di Nagato fu un soffio leggero mentre gli stringeva le mani, il rosso era sincero. Abbracciandolo, Itachi, incontrò anche Naruto. Nessuno dei due si irrigidì per quel contatto reso possibile da una profonda e sincera amicizia..

"Itachi, è un maschio, WAAAA!!" Rin gli piombò addosso buttandolo quasi a terra.

"Piano, tesoro, ricordati che Itachi ha una ferita aperta." Il rimprovero di Obito fu dolce come un ti amo.

"Congratulazioni, sono così felice da stentare a crederci." Itachi se li strinse entrambi al petto.

Eccola la nuova vita, era così splendida da non avere neanche bisogno di farsi vedere. Sasuke lo condusse fuori dalla porta, Itachi avvertì il tepore del sole sulla pelle chiara, era obliquo, tipico di un mattino autunnale. Sentiva chiaramente la presenza di Kisame dietro di lui e quella di Sakura che veniva correndo gioiosa incontro al fratello. Tutto perfetto.

"Itachi..."

Conosceva quella voce, solo che adesso era talmente cambiata che stentava a riconoscerla. L'aveva sempre sentita fiera, infiammata, orgogliosa. Mentre adesso un fiume gentile l'aveva addolcita sfondando la diga con garbo. Itachi sentì dei tacchi avvicinarsi lentamente, ebbe la certezza che gli occhi di Temari fossero lucidi.

"Grazie." Lo strinse affondandogli la faccia nella spalla destra.

Il moro aveva avuto ragione, Temari piangeva ma di gioia, quella felicità ritrovata dopo tanto soffrire. Le accarezzò la testa bionda e le spalle tremanti era contento di aver contribuito a migliorarle la vita.

"Perdonami, Sasuke." mormorò la donna.

Il sorriso del suo Otouto, sebbene silenzioso, non avrebbe mai potuto essere nascosto da niente al mondo.

"Itachi, non ci posso credere. Allora è vero che non tutto il male viene per nuocere se finalmente ti rivedo."

Il moro rimase un attimo spiazzato circondato da un paio di braccia forti che lo sollevarono da terra, poi lo riconobbe anche dopo anni: "Choji, ma che sorpresa."

"Adesso non ti azzardare a scapparmi più, vi voglio tutti a bere in mia compagnia."

"Appena finisco la convalescenza, l'ho già promesso a Shisui e questo funge da assicurazione."

"C'è anche lui?" Il ragazzone appariva sempre più felice e meravigliato.

"Ma certo, anche Yahiko e Obito. Dovrebbero uscire a momenti."

Itachi si sentì circondare dalle braccia di Kisame: "Ragazzi, mi dispiace ma per adesso questa canaglia fila a casa a riposare."

Le voci festose continuarono a raggiungerli anche quando furono in macchina, Itachi si sporse dal finestrino per salutarli con la mano.


Kisame gli aveva parlato tanto mentre era ancora incosciente, gli aveva confessato di non vedere l'ora che lui gli raccontasse degli spettacoli in trasferta ma adesso restava stranamente silenzioso. Non che non fosse contento di tornare a casa insieme, Itachi lo aveva sentito mentre assorbiva tutta la gioia che li aveva circondati, tuttavia Kisame restava taciturno. Senza dire niente, Itachi gli posò una mano sulla coscia muscolosa, il moro non aveva mai smesso di sorridere, Kisame ricambiò istintivamente l'espressione mettendo la grossa mano sulla sua.

"Ti amo, Kisame."

"Ti amo anche io."

Itachi si rilassò sul fruscio morbido e sommesso dell'asfalto finché non giunsero a casa, conosceva talmente bene quella strada che non aveva bisogno di vederla per capire in che punto si trovassero metro dopo metro. Nonostante fosse stremato, Itachi per la prima volta sentiva che il suo benessere poteva sul serio migliorare con quel riposo che ultimamente era sempre stato inutile.

La via di casa.

Arrivati a destinazione, gli venne naturale scendere per aprire il cancello.

"Lascia, faccio io." lo avrebbe voluto fermare prontamente Kisame.

"Ti ringrazio, Kisame, ma credo di saper aprire almeno un cancello."

Itachi sorrise pur comprendendo sempre di più quanto fosse in salita la strada che li attendeva, ora avrebbe dovuto far comprendere a Kisame, senza ferirlo, che l'iperprotezione non era necessaria.

Forse stai confondendo questo con l'amore o ti senti in colpa per qualcosa. Ora sta a me aiutarti senza farti vedere che lo sto facendo.

Itachi raggiunse a piedi la porta di casa nonostante sentisse Kisame passargli lentamente accanto con la macchina nel caso volesse salire.

"Aspetta, non aprire." lo fermò ancora Kisame mentre stava per inserire le chiavi nella toppa.

Itachi fece finta di non sentire credendo che gli volesse ancora fare scudo da qualcosa.

"Aspetta..."

Kisame gli sfiorò dolcemente le mani tirandogliele via dalla porta, mentre gli toglieva il mazzo delle chiavi dalle dita qualcosa scivolò al suo anulare destro. Itachi sorrise ritrovando la sua fede, che credeva di aver perduto, con una così bella sorpresa. Si ritrovò caricato in braccio al marito.

"Sono felice di sposarti ogni giorno della mia vita."

Al colmo della gioia, Itachi allungò le mani per accarezzare il viso di Kisame, sorrideva guardandolo con ammirazione proprio come lo ricordava. Il moro posò la bocca sulle labbra carnose dell'altro, il baciò continuò anche mentre Kisame oltrepassava il portone per richiuderlo con un piede come aveva fatto la prima volta che avevano fatto l'amore in preda all'eccitazione. Kisame si fermò un attimo per permettere a Itachi di riporre le chiavi in quella scatolina che non aveva più avuto il coraggio di guardare, il moro prese il gancetto al primo tentativo. Itachi sapeva che Kisame lo stava guardando intensamente, si beava di stare tra le sue braccia e questo gli infiammava il bassoventre di desiderio.

Kisame percorse il corridoio portandolo in camera. Lo posò a terra davanti al letto.

"Itachi, se non te la senti dimmelo che mi fermo all'istante." Kisame pronunciò queste parole sollevandogli lievemente il mento e sfiorandogli le labbra con le sue.

Come risposta il moro si sfilò la giacchetta di jeans lasciandosela scivolare lentamente lungo il corpo, fino in terra. Poi rimase immobile con il respiro accelerato aspettando le mani di Kisame su di sé. Kisame, divorato dalle fiamme del desiderio, allungò piano piano le dita. I polpastrelli si arrestarono appena entrati in contatto con il primo bottone della camicia rossa di Itachi, indugiarono immobili ancora qualche secondo prima di toglierli, uno dopo l'altro, dalle loro asole. Kisame liberò le spalle candide del moro e poi tolse la camicia da dentro la cintura dei jeans per lasciarla cadere sul pavimento. Il petto di Itachi era ancora fasciato, Kisame ci posò in lieve bacio con le labbra carnose per poi spostarsi sulla clavicola sporgente, il moro chiuse gli occhi reclinando indietro la testa. Kisame passò al collo candido del marito facendogli emettere un lieve gemito. Le bocche ricominciarono a divorarsi a vicenda, mentre le mani di Itachi si aggrappavano alle spalle possenti dell'altro, le mani di Kisame scesero seguendo la linea dei suoi fianchi stretti per riempirsi subito dopo delle natiche perfette ancora fasciate dai jeans. I loro respiri affannosi crescevano di intensità, Itachi attaccò il corpo a quello di Kisame facendolo gemere dentro la sua bocca. Il moro inarcò la schiena assumendo una delle sue irresistibili pose sinuose. Questo era avere tutto. Senza avere il coraggio di interrompere il bacio, le mani di Kisame si spostarono sulla cintura di Itachi per sganciarla, i jeans scivolarono lungo le gambe slanciate. Kisame si fermò qualche istante per guardarlo con venerazione, il dolore di non poter avere quell'ossidiana lucida tutta per sé lo colpì come una pugnalata.

"Non angustiarti per niente, Kisame." Il moro sorrideva conciliante, sembrava aver captato al volo i suoi pensieri.

Kisame era in attesa e Itachi colse anche questo.

"Io ti vedo meglio di prima adesso, di occhi ne ho ben venti." Itachi sorrideva più intensamente.

"Cosa?"

"Uno per dito. Vieni qua, lasciati guardare."

I polpastrelli soffici e candidi percorsero il viso di Kisame con una delicatezza disarmante. Lo spogliò così, sfiorando ogni centimetro della sua pelle levigata e tutte le forme dei muscoli. Gli occhi che finirono su Kisame furono ben quindici, Itachi aveva sollevato un piede elegante per accarezzare il sesso teso allo spasimo del marito. Kisame gemette forte con la mente annebbiata, non aveva mai provato niente del genere in vita sua, incredibile come i suoi muscoli d'acciaio si sciogliessero sotto quel tocco lieve. Tornò a stringersi Itachi contro il corpo possente, gli venne improvvisamente un'intensa voglia di provare a guardare come lui. Chiuse gli occhi decidendo di usare le labbra invece delle mani. Gli era sempre piaciuto ricoprire Itachi di baci, adesso, mentre il moro gli insinuava le dita affusolare tra i capelli blu, Kisame godeva di quella pelle bianca ma bollente scendendo sul ventre che si alzava e abbassava al ritmo accelerato del respiro. Kisame continuò ad andare in basso fin ad inginocchiarsi, il profumo inebriante di Itachi lo guidò fino al suo inguine. Kisame gli afferrò i fianchi continuando a baciarlo con un ritmo regolare, seguì la lunghezza del sesso gonfio, anche se non al massimo, del moro. Anche se probabilmente la convalescenza non gli avrebbe permesso di più, Kisame desiderava dargli comunque un po' di piacere. Le labbra scesero sulla pelle di bambagia del moro fino ad arrivare sulla punta dove Kisame lasciò diversi baci con una dolcezza disarmante, Itachi tremò inarcando la schiena. Sempre senza aprire gli occhi, Kisame fece girare Itachi su stesso guidandolo dal fianchi, accompagnò una delle sue gambe a flettersi sulla sponda del letto. Sempre perso in tutti i sapori e profumi del moro, Kisame gli baciò le natiche seguendole fino a tuffarci il viso nel mezzo. La lingua passò sulle increspature dell'entrata, più e più volte, in un ritmo perfetto che fece gemere Itachi così acuto come non aveva mai fatto. Le lappate si trasformarono in baci di fuoco, insinuando una mano tra le gambe di Itachi, Kisame ora avvertì il suo sesso perfettamente teso. Aprì gli occhi tirandosi in piedi; posizionandosi Itachi di nuovo frontalmente, Kisame lo fece stendere sul letto con una specie di casque mentre scivolava lieve sul quel corpo sottile. Gli entrò dentro senza poter fare a meno di guardarlo, con una mano gli sosteneva le natiche mentre con l'altra la vita. Itachi gli stringeva le spalle in modo da far aderire forte i corpi, una delle sue gambe si alzò per avvinghiarsi al busto di Kisame. Gli strofinò il sesso sugli addominali mentre lo faceva affondare ancora di più dentro il suo corpo.

"Itachi, ti amo. Sei tutta la mia vita" ansimò Kisame nell'incavo del suo collo aspirando quel profumo che gli era tanto mancato.

Itachi si muoveva sinuosamente mantenendolo dentro di sé mentre affondava e sollevava ritmicamente i glutei, si lasciò andare non appena sentì Kisame raggiungere l'orgasmo, non lo aveva mai fatto così, dolcezza e passione erano state sempre fuse insieme ma questa volta era subentrata la forza dirompente di quel legame indissolubile aprendo una breccia gentile nelle loro anime.

Mentre crollavano su un fianco abbracciati, ebbero entrambi la certezza che non avrebbero mai più avuto paura. Rimasero lì a coccolarsi, baciarsi e accarezzarsi. Kisame, per la prima volta, accolse senza timore l'ossidiana dello sguardo di Itachi essendo certo che, se anche fosse stata privata della luce per altre cento, mille vite dopo di quella, sarebbe stato solo per aggiungere splendore al cuore che c'era dietro a cui nessuno avrebbe mai potuto strappare niente. Il sole di cui Kisame aveva bisogno era là e non aveva bisogno di clamore e fastidioso chiasso per farsi notare.

"Ti amo, Kisame."

Non era scontato. Non era banale. Solo le parole non dette e il dolore nascosto possono infliggere sofferenza. Solo il silenzio e la conseguente incomprensione possono distruggere la vita che sognavi da sempre. Concedersi di perdere il controllo e scivolare non porta per forza a qualcosa di negativo, anzi, a volte ce n'è persino bisogno.

Il loro nuovo avvenire li sorprese così, addormentati l'uno nelle braccia dell'altro.

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