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Innocenti proposte accettate


La felicità, quella vera, arriva sempre quando meno te lo aspetti. Quando non l'avevi programmata. Te la trovi davanti all'improvviso mentre ormai ti eri rassegnato, o addirittura abituato, alla tua nuova normalità. Ti balza in mezzo alla strada il giorno in cui avevi smesso di combattere contro i tuoi mulini a vento. Viene per sconvolgerti di nuovo nel momento preciso in cui ricominciavi a rialzarti in seguito al passaggio di uno schiacciasassi. Cercarla non serve a niente, si decide a raggiungerti solo dopo che le hai voltato le spalle. Può assumere le forme più inaspettate, compresa quella di un tremendo scivolone. Perdere la presa sul terreno non deve essere per forza qualcosa di negativo. A volte devi scivolare via dalle tue abitudini e dai condizionamenti mentali per capire che oltre c'è qualcosa di meglio. Cadere fa paura, tuttavia il terrore dura solo un attimo, quello in cui inizia il vuoto della caduta libera. Mentre ormai stai slittando, il peggio è già passato.

"Tra le pagine della nostra vita" di Madara Uchiha.


"Itachi?"

Kisame, seduto sulla sponda del letto, stava scuotendo il marito piano dalle spalle.

Lui si era alzato da mezz'ora, vestito, sistemato i capelli, preparato la colazione per entrambi. Poi era stato costretto a tornare indietro vedendo che il moro non arrivava.

"Itachi?"

Lo scosse più forte, stavolta il moro mugolò senza aprire gli occhi. Kisame non aveva potuto fare a meno di notare che, nonostante fosse giugno e facesse decisamente caldo, Itachi aveva ricominciato a infilarsi felpe a maniche lunghe per dormire, persino pantaloni, infagottandosi nelle coperte come un involtino. Già da diversi giorni Itachi crollava addormentato dopo avergli dato appena un bacio. La naturale carnagione bianca nascondeva il pallore che si era impadronito del suo viso alla maggior parte delle persone, tuttavia a Kisame non era sfuggita quella malsana sfumatura grigiastra. A lui non era scappato mai niente che riguardasse Itachi, già dalla prima volta in cui lo aveva visto quando ancora non aveva un volto.

Gli occhi di ossidiana sempre gonfi e arrossati. Kisame adorava baciargli le straordinarie ciglia, ma la sera prima si era accorto di come fossero appiccicate e incrostate di lacrime rapprese. Attribuendo tutto questo all'eccessiva stanchezza dovuta allo sport, lo aveva lasciato riposare proponendogli di staccare per qualche giorno dagli allenamenti ai nastri per seguire solo i corsisti di danza. Itachi aveva accettato e questo lo aveva tranquillizzato.

"Itachi, se non ti alzi facciamo tardi sul serio" Kisame pronunciò quelle parole dolcemente accarezzandogli la testa e i lunghi capelli.

"Kisame, chiedi a Sai se per oggi potrebbe sostituirmi, io sono davvero molto stanco."

La voce del moro non era stata nient'altro che un debole mormorio. Kisame rimase qualche istante in silenzio ad osservarlo, sembrava che respirare gli costasse un'immensa fatica e di aprire gli occhi non se ne parlava proprio.

"D'accordo, però promettimi di mangiare un poco e di non esitare a chiamarmi se ti serve qualcosa."

Itachi aveva annuito mentre Kisame lo baciava sulla fronte e gli sistemava le coperte sul petto. Il moro attese che il marito uscisse per lasciar andare un lamento. Era accaduto troppe volte, ormai, il riposo a letto non serviva a niente quando lo strazio era dentro. L'infanzia e la giovinezza di Sasuke erano state segnate dai suoi errori e ora che suo fratello sembrava aver trovato finalmente la gioia, si ricominciava daccapo. Quello che era accaduto con Neji era la prova del suo equilibrio di nuovo precario. Non era giusto che quel ragazzo fosse nato per avere una vita piena di ostacoli. Itachi aveva assicurato sia a Sasuke che a Kisame che a Neji serviva solo un po' di tempo, poi si sarebbe risolto tutto per il meglio, di questo era stata certa anche Konan. Tuttavia Itachi era consapevole che per Neji era stato uno smacco troppo grosso sentire Sasuke dare dell'incapace alla cugina di fronte ad un sacco di gente.

Itachi si era sforzato di sorridere davanti a Sasuke, non aveva raccontato niente a Kisame, nemmeno del maniaco che lo aveva aggredito per la strada, ricominciando a sostenere tutta la baracca dei guai unicamente da solo. Obito e Shisui erano finalmente felici, Madara un altro che nella vita aveva sofferto abbastanza, non se la sentiva di rompere la loro armonia. Per quanto riguardava Kisame era talmente focoso e protettivo nei suoi confronti da agire sempre con troppa veemenza. Stavolta era necessario essere cauti.

Kisame non è stupido, si accorgerà che sto male e nascondo qualcosa se non mi do una mossa. Non è giusto che Sasuke passi la sua vita nello sconforto. Purtroppo non sono per niente certo che abbia la forza di tirarsi fuori da questo, se si dovesse lasciare travolgere dalla tristezza per lui sarebbe la fine. Devo alzarmi. Devo combattere.

Finora aveva evitato di aumentare il dosaggio delle sue pillole, gli davano una sonnolenza tale che questo avrebbe significato barcollare per diverse ore. Ma purtroppo Itachi aveva ricominciato ad avere strette al petto e a respirare così faticosamente da non farcela più. Allungò la mano sinistra verso il comodino, dal momento che quel giorno sarebbe rimasto a casa poteva fare anche un'eccezione. Valeva la pena provare, magari domani avrebbe potuto rimettersi in piedi. L'effetto delle pillole iniziò ad arrivare lentamente dieci minuti più tardi, Itachi sentì i muscoli rilassarsi, il dolore attenuarsi e l'aria entragli dentro con più facilità. Emise un sospiro lasciandosi trascinare dalla stanza che pareva ondeggiare. Il suono del cellulare gli giunse distorto.

Buongiorno Itachi, siamo sempre entrambi così impegnati che non abbiamo avuto più occasione di parlare. Quando sono io in palestra hai da fare tu, quando sei libero il mio dovere di sindaco mi chiama. Spero tu abbia avuto occasione di pensarci. Se ti va possiamo chiacchierare con calma davanti a un caffè, anche a casa mia. Io naturalmente spero in un sì, lo sai, non solo perché desidero farmi perdonare. Ti meriti di volare come sai fare solo tu.

Naruto.

Ma certo. La tournée di spettacoli che il biondo aveva in mente per lui e Sai. Dopo la tempesta di avvenimenti che aveva travolto Sasuke, Itachi si era completamente dimenticato di parlarne con Kisame. Si sarebbe svolta in agosto e, di sicuro, per quell'epoca avrebbe trovato delle soluzioni sia per stabilizzare le sue condizioni di salute, sia per suo fratello. A patto che si fosse riguardato. Kisame sarebbe stato senza dubbio entusiasta per un'occasione come quella, Itachi aveva già l'impressione di vedere il suo inconfondibile sorriso. Siccome adesso non aveva la forza necessaria per formulare frasi, Itachi prese la decisione di rispondere a Naruto solo dopo il ritorno di Kisame durante la pausa pranzo, in questo modo avrebbe avuto anche occasione di dirglielo. Si limitò a inviare a Naruto il simbolo del pollice in su e un faccina sorridente. Chiuse gli occhi preparandosi a godersi un minimo di sonno. Non aveva idea di aver digitato tutt'altro per errore.

Kisame aveva sbuffato per l'ennesima volta guidando verso la sua palestra, erano solo cinque minuti di macchina ma, ogni volta, non poteva fare a meno di ascoltare Floe. Si sentiva scivolare senza rimedio in ogni aspetto della vita, ormai. Anche Itachi gli sfuggiva via dalle mani sgusciandogli tra le dita senza che lui riuscisse a trattenerlo. Gli occhi di ghiaccio divennero lucidi, l'amore della sua vita, nonostante fosse tra le sue braccia, cadeva in un baratro senza che lui riuscisse ad afferrarlo, come fosse cosparso di sapone. Scivolava, tutti scivolavano, sempre più in basso e sempre più veloce. Il meraviglioso ghiaccio scintillante correva rapido davanti ai suoi occhi. Kisame non riusciva proprio a capire perché Itachi fosse così distaccato. Non era ostile con lui, sempre gentile, sorridente, tranquillizzante e amorevole, tuttavia gli teneva qualcosa nascosto. Una sensazione impercettibile ma che si faceva sempre più strada, Kisame lo conosceva troppo bene ormai per non rendersi conto di qualunque cosa lo riguardasse. Non era nemmeno sicuro che fosse in preda a della semplice stanchezza, trovava troppo strano che non si risolvesse con il riposo. Itachi dormiva tanto negli ultimi giorni, crollava subito dopo aver toccato il letto o il divano, addirittura si assopiva sul sedile della macchina in soli cinque minuti di viaggio. E poi aveva ricominciato ad avere l'affanno e a non mangiare praticamente niente.

Sono tuo marito ma mi tieni fuori dalla tua vita. Cosa diavolo ti passa in quella testa, Itachi?

Anche Kisame pensava che i guai di Sasuke fossero risolvibili. Neji avrebbe certamente ritirato la denuncia una volta smaltita la rabbia, e lui era talmente bello e brillante da potersi rifare facilmente una vita, magari anche migliore di prima. Niente che la maggior parte delle persone non affronti normalmente, insomma. Kisame afferrò il quarzo opalino con la grossa mano in un gesto quasi inconsapevole; adesso, dopo più di due anni, tornò a chiedergli di far cambiare le cose.


Era strano usare il lavoro come distrazione quando, normalmente, la maggior parte della gente fa esattamente il contrario. Tuttavia Kisame aveva la fortuna di svolgere un mestiere che contemporaneamente era la sua passione, quel giorno pensò che la cosa migliore fosse dedicarsi al suo di allenamento. Una bella sudata pensando alle gare di culturismo che aveva sempre a fine estate, gli avrebbe certamente schiarito le idee. Già subito dopo essere arrivato, aveva mandato un paio di messaggi a Itachi senza ottenere risposta, ma forse non era il caso di preoccuparsi per ogni sciocchezza, magari stava solo riposando. Questo aveva detto a chiunque gli avesse chiesto dove fosse, Sai lo sostituì senza problemi per seguire i corsisti di danza acrobatica. Finendo la serie dei glutei, Kisame si era voltato casualmente in direzione del piccolo ufficio in cui si trovava Karin, sorprese la rossa ad osservarlo da sopra gli occhiali, gesto che faceva sempre per mettere a fuoco qualcosa che stava lontano.

Eh già, quando gli amici sono veri sei un libro aperto per ognuno di loro.

Kisame si massaggiò gli occhi e la fronte sudata senza alzarsi dalla panca.

Cugi, ma che sorpresa!

Madara, non ci posso credere, ecco il nostro scrittore.

Le allegre voci di Shisui e Yahiko. Kisame si sentì pietrificato e sollevato allo stesso tempo. Una volta non avrebbe mai creduto possibile poter provare due emozioni contrapposte allo stesso tempo. Da ragazzino avrebbe addirittura riso sentendo qualcuno affermare ciò. Eppure la vita gli aveva insegnato che non solo accadeva, ma era anche più frequente di quanto si potesse immaginare. Madara, a quanto pare, era entrato prima nell'altra sala facendo il giro del giardino, ma ora eccolo lì, in piedi sulla porta che divideva le due ali della palestra. Lo salutarono tutti, chi abbracciandolo e chi complimentandosi con lui, il moro sorrideva tranquillo rispondendo a tutte le loro domande. Quando finalmente Kisame si decise ad alzarsi dalla panca per raggiungerlo, si accorse che le sue possenti gambe tremavano come gelatina. Madara sorrise vedendolo arrivare, il suo viso sempre bellissimo, le palpebre inferiori leggermente rigonfie che seguivano l'espressione. Gli occhi neri anche se non lucidi come quelli di Itachi, i suoi sembravano di marmo. Abbracciò Kisame ancora prima che l'altro ne fosse consapevole. Kisame affondò il viso in quella straordinaria capigliatura, aveva sempre lo stesso profumo e la medesima consistenza di quando, in prima superiore, lo aveva conosciuto. La pelle sempre candida ma calda.

Kisame si sentì scivolare di nuovo, lo splendore del sole sul ghiaccio era troppo bello per essere ignorato, gridava per essere ammirato e toccato; un delizioso dèjà vu lo stava attirando. Anche volendo, Kisame non avrebbe avuto la forza di sottrarsene, tanto valeva non iniziare nemmeno a lottare.

"Kisame, so che è passato un po' di tempo da quando ho ricevuto la tua proposta di diventare un istruttore di Taekwondo. Spero non sia troppo tardi per accettare." Madara ora appariva pacato e sereno, non più malinconico come lo aveva visto durante il rinfresco nel giardino due anni prima.

"Certo che no, sediamoci un attimo fuori così ti spiego tutto con calma."

Mai, come quel giorno, Kisame era stato sicuro di quale buona idea fosse stata dotare la palestra di un giardino. Come non era mai stato così felice che Madara non fosse tornato a seppellirsi nella totale solitudine. I ricordi affioravano nella mente di Kisame senza che lui potesse farci niente, le braccia forti di Madara che lo stringevano, le sue labbra piene. Tutto questo gli aveva fatto perdere le parole per diversi minuti mentre offriva un tè fresco al moro sedendosi di fronte a lui. Il gentile ringraziamento di Madara gli aveva fatto correre un brivido lungo la schiena.

"Le persone che mi hanno chiesto di poter fare dei corsi di Taekwondo sono diverse, dammi il tempo di contrattarli tutti e poi ti faccio iniziare."

"Ma è fantastico, Kisame, non vedo l'ora." l'entusiasmo del moro era sincero, tuttavia posato e tranquillo.

Forse tu non hai paura di scivolare, Madara, ne senti addirittura il bisogno.

"Madara, mi dispiace non aver più visto Kakuzu, per lui le porte sono sempre aperte, lo sai."

Madara lasciò andare un piccolo sospiro abbassando gli occhi, Kisame notò un lieve pallore farsi strada sulle guance. I membri della famiglia Uchiha avevano dei modi simili di reagire alle emozioni intense, pur avendo caratteri diversi. Madara e Kisame conoscevano i più profondi segreti l'uno dell'altro, avevano condiviso i periodi più difficili delle loro vite per diversi anni. Kisame questo non lo aveva mai dimenticato ma neanche Madara. Infatti fu stupito della naturalezza con cui il moro iniziò a raccontargli della sua insoddisfazione e dello strazio che gli provocava il non conoscerne l'esatta origine. Meravigliato ma anche dispiaciuto. Madara non aveva raggiunto quella soddisfazione e felicità di cui Kisame, e anche gli altri, erano stati certi fono a quel momento. Tuttavia il moro, tra tutti gli amici e la famiglia, aveva scelto proprio lui per condividere il suo dolore. Nonostante tutto Kisame se ne sentì lusingato. Terminato di parlare, Madara ingoiò un singhiozzo senza sollevare lo sguardo da terra, Kisame si allungò sul tavolo per afferrargli una mano.

"Madara, non ti abbattere, io sono certo che si tratta di una incomprensione momentanea. Quello che hai scritto nel tuo libro è meraviglioso, si sente con quanto amore parli di Kakuzu e quanto lui ti ammiri e ci tenga a te. Forse non è tanto avvezzo ad esternare i suoi sentimenti, ma sono grandi. Guardati intorno, ha reso possibile tutto questo per aiutarci."

Madara aveva sollevato gli occhi per guardarlo, Kisame strinse dolcemente la sua mano.

"E anche il tuo cuore è grande e sensibile, Madara, altrimenti non avresti potuto scrivere parole come quelle. Ti consiglio di parlare con Kakuzu di tutto, così come stai facendo ora con me, evita di partire prevenuto pensando che non ti capisca."

"Hai ragione, Kisame, su ogni cosa. Forse non ho nemmeno provato ad iniziarci un discorso come si deve con lui, preso dal dolore." Madara ora si sforzava di nuovo di sorridere "Nel frattempo che ne dici se andiamo a pranzo insieme io e te? È quasi ora."

"Verrei volentieri ma preferisco tornare a casa. Itachi non si sente molto bene ed è tutta la mattina che non risponde al telefono."

Madara impallidì di nuovo anche se non come prima: "Va bene, Kisame. Allora fammi sapere quando posso iniziare con le lezioni."

Il moro si era alzato dal tavolo per andarsene senza dare a Kisame la possibilità di replicare.


Era strano. Tornando verso casa Kisame pensava a come fosse stato insolito il dispiacere provato declinando l'invito di Madara. Aveva avvertito un coltello girarsi nel petto. Non era certo accaduta la stessa cosa durante l'incontro a sorpresa con Madara in seguito al suo ritorno, quando lo aveva fermato pensando a Itachi. Quella volta Kisame fu orgoglioso di non essere scivolato ammaliato dallo scintillio del sole. Ma forse stavolta quella banchisa si era ripresentata più bella di prima. Scosse la testa per scacciare quei fastidiosi pensieri, non era certo colpa di Itachi se era nato con un corpo così fragile su cui i tormenti della vita avevano fatto il resto. Non si era forse innamorato di lui anche per questo? Perché adesso era lui a desiderare di essere sostenuto?

Sospirò rumorosamente quando, entrato in casa, si era accorto che Itachi non aveva toccato nulla di quanto gli aveva preparato sul tavolo. Il modo in cui attraversò il corridoio aveva qualcosa di seccato, Itachi gli aveva promesso di sforzarsi per mandare giù qualcosa e, invece, a quanto pare non era mai uscito dalla camera. Kisame si rabbonì immediatamente vedendolo sdraiato nel letto, probabilmente non si era nemmeno mai alzato. Kisame si sedette accanto a lui, il moro non si mosse. Sembrava respirare tranquillo adesso, mentre Kisame gli scostava piano i capelli dalla faccia. Itachi aprì gli occhi sorridendogli subito dopo.

"Ti senti meglio?" Kisame si era chinato per baciargli delicatamente le labbra.

Itachi annuì stiracchiandosi, Kisame si era sentito invadere dalla tenerezza e dalla voglia di prendersi cura di lui. Itachi era da sempre il sole della sua vita, per quello aveva scelto il topazio da mettere nel suo anello, adesso non voleva che quella luce si spegnesse.

"Dai, allora fila a mangiare qualcosa."

Il moro lo aveva baciato scompigliandogli i capelli prima di incamminarsi silenzioso lungo il corridoio. Era vestito abbastanza pesante, sotto la felpa grigia invernale con il cappuccio, indossava dei pantaloni neri felpati. Nell'attimo in cui si stava alzando per seguirlo, gli occhi di Kisame caddero sul cellulare di Itachi posato sul comodino. Lo sbloccò spinto dalla voglia di sapere se i suoi messaggi fossero stati ignorati di proposito o non visti davvero.

"Itachi, io adesso esigo delle spiegazioni!"

Il modo in cui Kisame era piombato in cucina aveva fatto quasi sfuggire al moro un bicchiere di succo d'arancia di mano. Tuttavia la sua faccia era rimasta impassibile pur vedendo che il marito brandiva il suo telefono.

"Non capisco, Kisame." La calma con cui Itachi aveva risposto continuando a sorseggiare il succo, fece infiammare l'altro ancora di più.

"Io capisco benissimo, invece. Tu e Naruto volevate finire quanto iniziato nel privè del Susanoo anni fa."

Lo sguardo di Itachi si rabbuiò: "Kisame, avevo intenzione di parlartene oggi stesso. Sta organizzando una tournée per me e Sai."

"Già, e intanto vi scambiate cuoricini. Bella scusa ad orologeria, è chiaro che in realtà ti ha invitato ad uscire."

"Smettila, Kisame." Itachi si alzò con calma flemmatica dalla sedia passando accanto a Kisame senza nemmeno guardarlo.

"Dove credi andare?"

"In bagno" Itachi non perdeva la quiete mentre l'altro lo strattonava per un braccio per costringerlo a fermarsi.

La dose elevata di medicine che aveva dovuto assumere gli fece avvertire un capogiro. Kisame lo tirava per farlo voltare, nonostante la forza usata non fosse eccessiva, Itachi perse l'equilibrio sbattendo la fronte su uno spigolo del tavolo. Era andato giù come un sacco di patate e anche il rumore era stato abbastanza inquietante. Non era normale in un tipo agile come lui. Kisame si sentì mancare il respiro vedendo una macchia rossa allargarsi sul pavimento. Gli si inginocchiò accanto sollevandolo a sedere.

"Tesoro mio, mi dispiace."

Kisame si mise in piedi un attimo per prendere un asciugamano dalla cucina alle sue spalle, lo usò per tamponare il sangue dalla fronte di Itachi mentre se lo stringeva al petto.

"Si può sapere che ti è preso? Lo vedo che non sei te stesso da un po'."

Kisame controllò che il sangue si fosse fermato prima di dirigersi bagno a prendere l'occorrente per medicarlo. Tornato in cucina, l'unica cosa rimasta di Itachi era la macchia rossa sul pavimento. Bende, cerotti e alcol rovinarono in terra mentre Kisame si sentiva fermare il cuore.

"Itachi!"

Il sole intenso e l'angoscia gli facevano girare la testa, non aveva importanza se ora i vicini lo avessero preso per pazzo sentendolo urlare. La bicicletta nera del moro non era più al suo posto accanto al Land Rover Defender di Kisame.

"Itachi, maledizione!"

Girò inutilmente per un'ora cercandolo per le strade, Itachi sembrava essersi dileguato nel nulla in pochi secondi. Kisame decise di tornare a casa con le guance bagnate di lacrime e distrutto dall'angoscia, non gli restava che chiamare tutti gli amici per sapere se lo avessero visto o se fosse da loro. Nel caso avrebbero potuto dargli una mano a cercarlo. Questo era uno di quei casi in cui l'aiuto e il sostegno degli altri sono fondamentali.

Tu perché non riesci a capirlo, Itachi? Io ci sono, puoi contare su di me anche se vuoi solo gridare o piangere sulla mia spalla strappandomi la maglietta. Ti stai assumendo di nuovo tutte le colpe del mondo senza condividerle con nessuno, nemmeno con me.

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