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Impalpabile


"Nagato!"

La voce che lo chiamava gli arrivava talmente distorta che era impossibile capire chi lo stesse cercando. Lo sciabordio delle onde era sempre presente, la notte fresca e la luna avevano lasciato spazio al sole bollente che ora sembrava perdersi nel cielo limpido, tuttavia il mare non aveva mai smesso di cullarlo. Nagato si rammaricò di avere aperto gli occhi, non avrebbe desiderato vedere un nuovo giorno ma andarsene con il bellissimo quadro della serata precedente a fargli compagnia.

"Nagato, ti amo e non desidero altro che stare con te. Per questo sto attraversando il mare!"

Lo riconobbe adesso, era Naruto. La voce gracchiante e innaturale, forse stava parlando attraverso un microfono. Sembrava allarmato. Nagato ebbe appena la forza di leccarsi le labbra screpolate con la punta della lingua. Può darsi che il suo scopo lo avesse raggiunto, era probabile che il Paradiso prevedesse quell'amore e quell'attenzione desiderati invano per tutta la vita. Il suo sogno di sempre si era avverato, vivere finalmente senza dolore. Sorrise sentendo avvicinarsi il motore di un'altra imbarcazione, le onde che lo scossero in modo più violento gli diedero conferma di questo. Nagato chiuse di nuovo gli occhi arrendendosi al torpore, non avrebbe avuto comunque la forza di fare altro, nemmeno quella di parlare.


"Kisame, non confondere la mia sincerità con durezza, lo faccio perché tu e Itachi siete degli amici a cui tengo e mi sento in dovere di usare ogni mezzo a mia a disposizione affinché tutto si sistemi nel migliore del modi."

Il bel viso di Tsunade adesso si era addolcito ma l' estrema serietà non l'aveva mai abbandonata durante tutto il quarto d'ora più brutto della vita di Kisame. La dottoressa non perse comunque la sua posa composta alla scrivania che aveva occupato per tanti anni prima di essere assunta stabilmente nella palestra di Kisame. Sembrava sempre uscita da un dipinto, qualunque espressione facesse. Nonostante la donna avesse le sembianze di un angelo, Kisame non riuscì più a guardare i bellissimi occhi nocciola da cui aveva avuto tutte quelle pessime notizie. Si accasciò con la faccia sulle mani, non riusciva più nemmeno a piangere. Pochi secondi dopo avvertì la dottoressa accarezzargli i capelli sfatti che gli ricadevano sul viso appiccicati dal sudore.

I medici che seguivano Itachi avevano voluto Tsunade al loro fianco non potendo rinunciare alla sua esperienza ampia e completa. Aveva detto la verità a tutti, non avrebbe avuto senso nasconderla adesso. La situazione sia fisica che psicologica di Itachi era al limite. Malnutrito ormai da mesi, per cercare di placare il tormento si era alimentato esclusivamente con dolciumi e bibite energetiche sviluppando una forma subdola di diabete. La cataratta e l'abbassamento della vista conseguenze dirette di questo. A questo punto Tsunade si era sentita morire andando fino in fondo, aveva davanti quel viso distrutto dai sensi colpa eppure avrebbe dovuto dargli la bastonata finale. Non solo l'insufficienza cardiaca avrebbe potuto uccidere Itachi da un momento all'altro, ma, nel caso fosse sopravvissuto, era improbabile che tornasse a vedere come prima. Itachi aveva taciuto con tutti, persino con il fratello e il marito, di avere un'insufficienza aortica congenita adesso portata agli estremi da stress e malnutrizione. Forse nemmeno lui stesso era al corrente di quanto la valvola principale del suo cuore fosse danneggiata, da quando era rimasto senza la famiglia non si era sottoposto più a nessun tipo di controllo ingoiando pillole prescritte senza approfondire il problema come avrebbe meritato.

"L'ho ucciso io!" Kisame disperato, accartocciato su sé stesso, adesso soffocava i singhiozzi nelle grosse mani. Nonostante la sua mole in quella situazione sembrava piccolo come un uccellino impaurito.

"Non lo devi dire neanche per scherzo, tu lo ami alla follia e si vede. Ricordo il primo giorno in cui Itachi venne in palestra con Nagato, conoscevi a malapena il suo nome ma già ti brillavano gli occhi e vedevi solo lui. " Tsunade gli strinse le spalle cercando, invano, di fargli riassumere una posizione eretta sulla sedia " Come rammento benissimo la volta in cui lo trovasti svenuto nello spogliatoio, sembrava che la tua stessa vita ti avesse abbandonato. E poi non mi sembra che Itachi sia morto."

"Non l'ho compreso come avrei dovuto, ho sottovalutato i suoi problemi. Era in ansia per Sasuke e lottava in silenzio per aiutarlo. Ha subito una violenza rifiutando qualunque sostegno e io cosa ho fatto? L'ho lasciato andare via un mese come se fosse tutto normale quando avrei dovuto stargli vicino. Era mia responsabilità accertarmi che mangiasse e si curasse in modo corretto. E poi hai detto tu che il suo cuore è molto compromesso."

L'ho lasciato andare. Ho ucciso l'amore della mia vita per delle sciocche incomprensioni.

"È vero, sta molto male al momento, ma è in buone mani. Ti fidi di me, Kisame?" la dottoressa sospirò prima di aggiungere le parole che sembravano aver letto nel pensiero di Kisame "Non sentirti in colpa per aver fatto un piccolo scivolone, è servito a farti capire meglio il bene che vi volete. Purtroppo la vita difficile che Itachi ha dovuto affrontare è finita col lasciare in lui degli strascichi che lo portano sempre a nascondere i problemi. Nel timore di fare male a chi vuole bene ne fa a sé stesso. Non è colpa di nessuno, tantomeno tua. Non è facile stare vicino a una persona come lui e questo ti può solo fare onore."

Kisame finalmente riuscì a sollevare il viso sfatto dalle mani, gli occhi arrossati, una maschera di lacrime sulla pelle abbronzata.

"Salvalo, non posso stare senza di lui" Kisame implorò Tsunade abbracciandola "Non ha importanza se non potrà più vedermi, mi basta stare insieme."

"Mi sto facendo in quattro per trovare le migliori figure professionali, domani a quest'ora già avremo chiaro come muoverci." Tsunade lo afferrò per le spalle scostandolo gentilmente per poterlo guardare nel viso "Va' da lui, parlagli, stringigli la mano. È sedato ma sono certa che può sentirti."


"Staremo sempre insieme da ora in poi, il solo scopo della mia vita è vederti felice."

Naruto spostò con le dita una ciocca rosso vinaccia, ma lo sguardo che si nascondeva sotto rimaneva fisso dentro la finestra alle spalle del biondo.

Nagato era deluso. Amareggiato perché quel giorno era iniziato e si stava concludendo ancora in quella vita per cui lui non si era mai sentito adatto.

"Ho già annunciato le mie dimissioni, l'ho fatto ieri chiudendo l'ultima serata. Domani firmerò per renderle ufficiali." Naruto non aveva mai smesso di stare con il busto proteso verso il marito per afferrargli le mani da quello sgabello, gli occhi di oceano arrossati dall'insonnia e dalle lacrime sempre concentrati a cercare invano di incrociare quello sguardo dai riflessi viola "Mi sentivo morire pronunciando quelle parole, Shisui mi aveva appena chiamato per dirmi che tu eri sparito, ho sentito il mio cuore fermarsi. Ho dato ordine di usare qualunque mezzo possibile per ritrovarti. Nagato, ho passato la peggiore notte della mia vita, lo sai perché? Perché la mia vita sei tu e pensavo di averti perduto."

Il biondo abbassò la testa, due lacrime colpirono il pavimento. Si trovavano nella stanza di fronte a quella di Itachi, a parte una forte disidratazione Nagato non aveva riportato danni fisici gravi. Tuttavia dentro aveva l'inferno, avevano dovuto toglierli la flebo per evitare che se la strappasse autonomamente; rifiutava persino di bere, Naruto era il solo che riusciva a convincerlo a fare un sorso ogni tanto. Nagato sembrava voler gettare via la vita come se fosse spazzatura.

"Nagato, non sai che gioia quando ho visto che c'eri ancora. Dopo la notte più brutta della mia vita, il giorno migliore che io abbia mai conosciuto." Naruto sorrise stingendo con entrambe le mani le altre terribilmente smagrite.

Però per riportare a casa Itachi sei scattato subito mentre, nonostante tu sapessi della mia scomparsa, hai dovuto portare a termine il tuo discorso prima di tornare.

Nagato non aveva fatto caso che Naruto, nonostante Itachi stesse al momento rischiando di morire ogni secondo che passava, non si era mai alzato da quello sgabello per fargli visita o per informarsi con i medici circa le sue condizioni. Il rosso non aveva dato importanza neanche alla telefonata di Sasuke che aveva raggiunto Naruto mentre stava per salire sul palco per parlare, in quel momento il biondo era già al corrente della disperata corsa in macchina che stavano facendo dopo aver visto Itachi schiantarsi sul pavimento. Nagato sapeva ogni cosa, Naruto glielo aveva raccontato visto che non lo aveva lasciato un attimo. Ma il rosso era accecato da quel dolore che c'era ancora e non lo avrebbe mai abbandonato. Ai suoi occhi, Naruto stava facendo un sacco di promesse che non avrebbero avuto un seguito, dette sul momento con il solo fine di tranquillizzarlo. Era proprio questo a generare dolore, adesso.

Non te ne rendi conto, Naruto. Non mi capisci, nessuno lo ha mai fatto.

Naruto sentiva una voragine di vuoto aprirglisi sotto i piedi. Percepiva la realtà, compreso il suo corpo, impalpabile. Ma Nagato non era vuoto anche se lo sembrava, la meravigliosa anima di cui si era innamorato era lì sepolta da qualche parte e lui aveva deciso che non si sarebbe fermato finché non l'avesse vista uscire fuori di nuovo.

"Ora vado a mettere qualcosa sotto i denti, va bene? Torno subito." Malgrado il tumulto che sentiva dentro, Naruto sorrise concedendo un'ultima stretta incoraggiante alle mani di Nagato.

Il rosso lo seguì con gli occhi finché non ebbe oltrepassato l'uscita, quello sguardo che Naruto stava elemosinando da ore adesso era posato sulle sue spalle. Nagato si alzò dal letto subito dopo aver udito lo scatto della porta che si chiudeva, Naruto aveva detto di voler andare mangiare ma la stanza di Itachi era subito di fronte. Nagato si affacciò silenziosamente tenendo l'entrata socchiusa.


"Sei il mio eroe, sei l'eroe di tutti!"

L'esclamazione di gioia investì Sai appena uscito dalla stanza in cui si era medicato il piede. Un uragano castano lo aveva costretto a fermarsi prima che la stampella gli perforasse un occhio. Kiba gli si era inginocchiato ai piedi, Sai non arrossì solo perché la carnagione completamente bianca impediva a qualunque colore di trasparire.

"Io l'ho sempre detto che sei una forza della natura, Itachi è salvo grazie a te. Ho capito che eri speciale dalla prima volta che ti ho visto. Non mi sono dato per vinto e oggi sono orgoglioso che tu sia al mio fianco a rendere meravigliosa la mia vita. Una vita che prima non conoscevo e che mi faceva addirittura paura."

Sai mandò un impercettibile mugolio di imbarazzo. Akamaru, a cui nessuno si sognava di impedire l'acceso da qualche parte, si mise seduto al fianco del padrone che adesso aveva chinato la testa per cercarsi qualcosa in tasca.

"Sai, vuoi sposarmi?"

Gli occhi neri del moro si posarono sulla piccola fede d'argento confezionata alla perfezione in una scatolina blu. Il calore che sentiva salirgli dal collo lo immaginava trasformare il suo bianco e nero in un arcobaleno, così sarebbe stata la vita con Kiba, piena di colori. Nonostante gli occhi scuri brillassero, il viso dolce ma impassibile mandò in crisi Kiba ancora prostrato sul pavimento. Il panico che iniziava a trasparirgli nell'espressione fece incurvare le labbra di Sai in un sorriso, tese una mano al castano tirandolo in piedi. Dopo averlo guardato per qualche secondo lo tirò a sé iniziando a soffocarlo con un bacio.

"Ti va bene come risposta, Kiba?" la domanda arrivò giusto in tempo prima che il castano finisse asfissiato.

Malgrado tutto, Naruto non poté fare a meno di sentirsi sollevato guardando questa scena. Se Kiba era riuscito finalmente a prendere in mano la sua vita era anche grazie a lui.

Uno sguardo dal bellissimi riflessi viola seguì tutto nascosto in silenzio dietro una posta socchiusa. Nagato sentì rompersi qualcosa dentro, uno strappo che rilasciò calore. Una piccola e piacevole violenza liberatoria.

Sai ha soccorso Itachi e Kiba ne è orgoglioso.

Lo ama ancora di più per questo, ha deciso di sposarlo.

Kiba si sente onorato e appagato avendo al suo fianco una persona così.

Kiba considera Sai un eroe, non un terribile traditore.

Nagato scorse Yahiko e Karin avanzare in direzione della sua stanza, venivano a fargli visita. A lui. Rientrò per prepararsi ad accoglierli.


Se Nagato poteva ricevere tutte le visite che desiderava, non era lo stesso per Itachi. Da lui poteva entrare una sola persona per volta per trattenersi non più di dieci minuti. Viste le sue delicate condizioni, non si poteva rischiare che si stancasse o emozionasse, pur essendo incosciente poteva sempre sentire qualcosa. Tsunade aveva tassativamente vietato a chiunque entrasse di lasciarsi sfuggire parole sulla perdita della vista o sul concreto rischio rappresentato dalla vita appesa a un filo.

Uscito dallo studio di Tsunade, Kisame si sforzava di darsi un contegno. Per quanto possibile per uno che rischia di perdere da un momento all'altro la persona che ama. Avanzava sulle gambe tremanti sentendo dilatarsi davanti un'immensa sensazione di vuoto, attraversando il corridoio per andare da Itachi, Kisame aveva la sensazione di stare sospeso nell'aria. Per quanto il suo corpo fosse imponente, Kisame lo percepiva scollegato da quella realtà che la sua mente al momento rifiutava. Impalpabile, così come gli arrivava evanescente l'immagine di Sasuke seduto con la faccia affondata nel grembo di Sakura. Le vene che gli si erano gonfiate sul collo e i sussulti delle spalle tradivano il suo pianto. La ragazza gli accarezzava i capelli, lo sguardo verde smeraldo si sollevò su Kisame. L'uomo si fermò un attimo con la tentazione di dire loro qualcosa, ma non lo fece. Ogni parola da evocare sarebbe stata troppo dolorosa.

Vigliacco, Kisame.

La stanza di Itachi era provvista di una vetrata in modo da poterlo tenere sotto costante osservazione anche senza entrare. Al momento all'interno c'era Deidara, Kisame avrebbe dovuto aspettare che uscisse per poter fare il suo ingresso. Il biondo, seduto accanto al letto, stava dicendo qualcosa a Itachi con l'espressione dolce tenendogli una mano tra le sue. A tratti sorrideva, staccò una mano per accarezzare la testa corvina, non distoglieva mai lo sguardo da lui. Gli occhi azzurri si sollevarono intercettando Kisame in attesa dietro al vetro, Deidara si alzò congedandosi da Itachi con un bacio sulla fronte. Il fiato che appannava il vetro costrinse Kisame a soprassedere. Era il momento, si avviò verso la porta incrociando Deidara proprio sull'uscita. Si fermarono entrambi fronteggiandosi per qualche secondo, tra loro il ricordo della festa di Obito e Rin aveva innalzato un muro invisibile ma spesso. Il sorriso del biondo e la mano che si sollevò per posarsi su una spalla di Kisame ruppero il ghiaccio.

"Hai capito che lo ami, Kisame. Adesso ne siamo sicuri entrambi."

Detto questo, Deidara uscì per lasciare spazio a chi ne aveva più diritto.

Il momento è ora.

Kisame inspirò profondamente e si trattenne, iniziò a fare qualche passo; gli venne in mente che stare in apnea in alcuni momenti è sbagliato, come durante un allenamento. Espirò sforzandosi di respirare regolarmente.

Lentamente prese posto sulla sedia dove era stato seduto Deidara fino a pochi minuti prima. Vedere Itachi in quello stato faceva male. Il petto colmo di elettrodi, circondato da monitor per controllare Dio solo sa cosa. L'ago della flebo sul dorso della mano, d'altronde le sue mani da sportivo, pur essendo molto curate, avevano le vene molto evidenti. Gli avevano rimosso lo smalto viola ma questo non rendeva le dita meno eleganti. Un grosso tubo infilato in bocca, sotto le labbra vellutate si scorgevano appena i denti appoggiati sulla plastica. Se non fosse stato per tutto quell'armamento Itachi sembrava semplicemente dormire. Kisame allungò le dita per accarezzargli delicatamente una guancia scavata notando che tremavano, sfiorò le folte ciglia abbassate.

Ho paura di non vederla più l'ossidiana del tuo sguardo, e mi dispiace perché non l'ho guardata abbastanza.

Gli veniva da piangere però il ricordo delle direttive di Tsunade lo frenò in tempo. Avrebbe voluto essere come Deidara, sorridente e incoraggiante, ma non ci riusciva. Il petto di Itachi si alzava e si abbassava, Kisame aveva sempre adorato osservarlo respirare, tuttavia ora quel movimento aiutato dalle macchine gli faceva male. Era lì eppure così impalpabile e irraggiungibile. Avrebbe potuto andarsene da un momento all'altro.

"Ehi" la voce di Kisame tremò mentre racimolava il coraggio di accarezzare i capelli di Itachi.

Non puoi lasciarmi. Non ce la faccio senza di te.

"È tutto a posto, sono qui con te."

Ti prego, non morire!

Kisame si sforzò di sorridere, aveva sempre notato come questa espressione si sentiva nella voce: "Ti aspetto amore mio, ti aspettiamo tutti. Sii forte come sai fare tu e vedrai che andrà tutto bene."

Non te ne andare!

Kisame strinse le mani di Itachi facendo attenzione all'ago, si chinò per sfiorarle con le labbra. Due lacrime colpirono la pelle candida del moro, Kisame le asciugò con la punta del dito sperando che questo non fosse tra le cose che Tsunade era certa che Itachi percepisse. Baciò delicatamente l'angolo della bocca di Itachi facendo attenzione al tubo.

"Siamo tutti qui a fare il tifo per te ancora una volta." Kisame sussurrò accarezzando i capelli del marito.

Non lasciarmi o io ti seguirò dopo pochi minuti.

Un'altra persona si era avvicinata al vetro in attesa di entrare. Sasuke si era sforzato di resistere per qualche secondo ma poi aveva ricominciato di nuovo a piangere. Il viso ridotto a una maschera di disperazione, gli occhi strizzati, le lacrime gocciolavano di continuo dal mento, Sakura si alzò dalle scomoda sedia di plastica per abbracciarlo. Kisame si sentì mancare l'aria, prima di alzarsi baciò la fronte di Itachi.

"Ti amo."

Ti amo, e per carpirlo sono dovuto arrivare a vederti rischiare la morte.

Sasuke non poteva certo entrare in quello stato, Kisame si chiuse la porta alle spalle mettendocisi davanti.

"Kisame, mi dispiace è tutta colpa mia." Sasuke era in preda a degli spasmi talmente violenti che riuscivano a fermargli il respiro a momenti "Itachi ha fatto tutto per me anche dopo essere stato aggredito. Fa tutto per me da quando sono nato. E io cosa ho fatto? Sono solo stato capace di tartassarlo di telefonate angoscianti invece di andare ad applaudirlo dal vivo. Sono talmente infantile che non so vivere senza i suoi consigli. Quello che ho fatto con Madara... Temari che è tornata alla carica... Mi dispiace, se dovesse morire io..."

Le parole affrante di Sasuke si interruppero nell'abbraccio stretto di Kisame.

"Sasuke, io devo solo ringraziarti, invece, hai difeso il nostro amore con tutti mezzi che avevi a disposizione. Cercare i consigli di un fratello maggiore non significa essere infantili, vuol dire volersi bene."

Il viso del moro affondò nella spalla di Kisame che iniziò a cullarlo leggermente. Sakura si unì all'abbraccio, nessuno dei tre avrebbe saputo dire per quanto tempo rimasero così.

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