Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

9. mercato

L'intenso profumo di burro solleticò le narici della bionda, intenta a osservare rapita il disegno sulla superficie del suo cappuccino. Non le era chiaro perché gli umani avevano iniziato a essere ossessionati da quella latte art, disegni a volte complicatissimi eseguiti con il latte del cappuccino sullo strato di crema di caffè. Certo, erano meravigliosi da vedere, ma non cambiavano molto il gusto della bevanda, a volte non così ottimo.

Il suono insistente delle sirene della polizia, proveniente dal piccolo schermo televisivo del bar, attirava l'attenzione dei clienti seduti ai tavolini. Tutti gli occhi erano puntati sulle auto che sfrecciavano e giravano l'angolo, dirette verso quello che lei sapeva essere l'Hotel Ritz. Tutti tranne gli occhi della sciamana, diretti invece sul cornetto caldo che le era appena stato posato davanti da una cameriera distratta.

"Quindi hanno scoperto il furto."

"Era questione di tempo, Budha. Anzi, mi sorprende abbiano diramato l'avviso solo stamattina."

Kiriyo portò lentamente la tazza alle labbra e prese un sorso, distruggendo il meraviglioso disegno di un giglio francese che adornava la superficie cremosa del cappuccino. Era buono, doveva ammetterlo: non troppo dolce, con la giusta spolverata di cacao che gli dava quel retrogusto amarognolo. Si sposava perfettamente con il sapore del caffè.

Lanciò uno sguardo di sottecchi al pacco rettangolare appoggiato per terra a fianco a lei tra la sedia e la parete alla sua sinistra, ricoperto con carta da regalo blu decorata da adorabili paperelle gialle. Aveva fatto la saggia mossa di comprare una piccola valigia con le ruote quella stessa mattina, alla quale aveva legato il contenitore del quadro come fosse parte integrante del bagaglio.

"L'avevo detto che non ti avrebbero mai beccata, così," disse Kalindi con malcelato orgoglio. Le aveva consigliato un piano geniale, in effetti: impacchettare il quadro e spacciarlo per un regalo un po' ingombrante. Se non avesse tentato di lasciare la città, difficilmente avrebbe sollevato la curiosità dei parigini in quel modo, perlomeno per un po'. Il necessario a cercare un acquirente, insomma, e sembrava star funzionando brillantemente.

"Non ci metteranno molto a collegare tutti i puntini. Anche trattenendo... come si chiamava?"

"Oh, non gliel'ho chiesto. Non era importante."

Gli Dei ridacchiarono mentre Shani sospirava esasperato. Riprese il suo discorso un momento dopo, appena le risate cessarono nella mente della sciamana. Se avesse avuto un corpo fisico, Kiriyo avrebbe scommesso di vederlo roteare gli occhi al cielo in quel frangente.

"Come dicevo... anche trattenendo il nostro 'amico', capiranno presto che la camera era originariamente tua. Senza contare che troveranno perlomeno un po' sospetto che una intera settimana di registrazioni delle videocamere di sicurezza sia sparita…"

La donna rimase in silenzio, pensierosa, sbocconcellando il cornetto. Shani aveva ragione, come al solito: anche se aveva fatto in modo di convincere il receptionist a cambiare la prenotazione della camera per far credere a tutti che la guardia ne fosse il vero proprietario, non poteva rimuovere la sua esistenza né dalla memoria di chiunque l'avesse vista né dalle registrazioni dell'Hotel. E per fortuna aveva usato un'identità falsa! Sì, sarebbe senza dubbio sembrato un po' strano alla polizia scoprire che le riprese di tutta la settimana erano scomparse, ma era scappata troppo di corsa per fare un lavoro pulito.

Tutta colpa di Shukra che aveva voluto godersi la serata, che si era conclusa - tra un salto sudaticcio e l'altro - praticamente all'alba.

Beh, non che le dispiacesse così tanto, in fondo.

"Sì, è vero. Dovremmo sbrigarci a venderlo."

"DOVREMMO? SEI TU QUELLA LENTA, QUI. SONO LE DIECI, ARIS SARÀ SICURAMENTE GIÀ AL MERCATO."

Kiriyo inarcò appena un sopracciglio, trattenendo uno sbuffo che soffocò con l'ultimo sorso di cappuccino. Aris era un suo amico di vecchia data che bazzicava il Mercato degli Spiriti. Gli informatori come lui erano particolarmente utili, soprattutto considerato che gli Spiriti avevano una vita molto lunga: quando vivi per duemila anni, finisci col racimolare parecchie informazioni.

Anche se di malavoglia - detestava fare le cose di fretta - la sciamana si sbrigò a terminare il suo cornetto, divorandolo in piccoli bocconi uno dietro l'altro. Per niente da signora, ma non aveva scelta: non voleva girare Parigi con un trolley al seguito e l'altra mano impegnata a reggere un dolce con la quale si sarebbe sicuramente sporcata tutta. Senza contare che la marmellata le avrebbe reso le dita appiccicose, un'altra cosa che detestava profondamente.

Uscita dal bar qualche attimo dopo, Kiriyo si diresse a passo sicuro verso il Palazzo del Lussemburgo, un imponente parco a sud della Senna che ospitava una splendida costruzione del milleseicento.

"Siete sicuri che sia qui, la porta?" chiese entrando nei giardini. L'abito lilla del giorno prima ondeggiava a ogni suo passo, la sottoveste di pizzo nero a impreziosirne l'altrimenti semplice linea. Le larghe maniche svasate quasi nascondevano le sue belle mani, saldamente ancorate alla maniglia della valigia che le saltellava al seguito.

"Sta qui, sta qui. Fidati di me, tesoro. Vai alla statua di Anna di Bretagna."

Kiriyo seguì docilmente il consiglio di Prithvi, orientandosi nel parco grazie alle indicazioni che trovava lungo il percorso. L'ape sul suo seno lasciato mezzo scoperto dall'abito attirava diverse occhiate da parte degli altri turisti, che si affrettavano a distogliere lo sguardo da lei appena il loro riflesso appariva negli occhiali verdi a specchio che indossava. In effetti, lo spettacolare boa piumato di un bianco abbacinante che teneva avvolto attorno al collo la faceva risaltare come sotto a un riflettore persino in mezzo a una massa di stranieri come quella.

Ma a lei non importava, anzi, essere strana giocava a suo vantaggio. Era convinta che, saltando all'occhio così tanto, difficilmente le persone l'avrebbero ritenuta una persona sospetta. E poi, il suo abbigliamento stravagante rendeva meno assurda la presenza del grosso pacco regalo che si portava appresso, legato al trolley come un qualsiasi bagaglio.

Raggiunta la statua, la sciamana si lasciò andare a un piccolo sorriso: era invisibile agli occhi di chiunque non fosse un membro del mondo spiritico, ma proprio dietro alla statua si apriva uno squarcio verticale, alto almeno tre metri. I suoi bordi frastagliati e irregolari lasciavano intravedere una strana massa color quarzo, luminosa come la superficie appena increspata di un lago baciato dal sole.

Quando Kiriyo varcò la porta camminandoci semplicemente attraverso, si ritrovò all'improvviso in un altro mondo. Il chiacchiericcio degli Spiriti che affollavano il Mercato la investì come un'onda: lingue diverse che si mescolavano insieme, alcune moderne, alcune antiche, altre conosciute solo alle orecchie di esseri magici come loro. Riconobbe la lingua aspra delle creature demoniache, il parlare crudo degli antichi aztechi, la musicalità del portoghese. Sentì persino la sua lingua madre, il giapponese antico: quant'era che non lo parlava!

"Sei nata in Giappone, è vero. Me lo dimentico sempre… ci abbiamo vissuto poco," commentò Chandra ricordando i primi anni di convivenza nella mente della donna.

"Ti ssssembrano davvero cossssssì pochi trecento anni?"

Kiriyo semplicemente fece spallucce, muovendosi come un'anguilla in mezzo al mare di creature magiche che si agitavano come pesci in diverse direzioni.

"Non fa niente. Non mi manca particolarmente… sono figlia dell'immaginazione, io, una viaggiatrice!"

"Ti manca la vecchia Maeko, però," disse Prithvi con tono materno. Kiriyo non rispose, ma non poté evitare di correre col pensiero all'anziano Spirito che l'aveva cresciuta fino alla sua morte.

Gli Spiriti erano creature strane. Alcuni nascevano dall'accoppiamento di altri Spiriti, altri prendevano vita dopo la morte di qualche essere umano, come l'incarnazione della loro anima in una forma sovrannaturale. E infine c'erano quelli come lei: nati dall'immaginazione collettiva delle persone, da un forte desiderio comune che era cresciuto come una cosa viva fino ad assumere un corpo fisico. Era passato così tanto tempo che lei nemmeno ricordava più quale fosse quel desiderio, all'epoca, ma sospettava si trattasse della curiosità. In fondo, era un suo tratto caratteristico l'essere curiosa: magari era nata dalla sua personificazione.

Così come erano nati, un volta raggiunta la loro fine anche loro morivano, scomparendo in un turbinio di polvere luccicante che pareva uno sciame di lucciole. Per Maeko era stato lo stesso e quel giorno non era mai piacevole da ricordare, per lei.

Decisa a non pensarci, Kiriyo continuò il suo cammino nel marasma di gente che affollava la lunga via del Mercato degli Spiriti, gli occhiali da sole poggiati sul capo come un cerchietto. Lì poteva smettere di fingere di essere solo una patetica umana: lasciò che il suo fumo incantato avviluppasse il suo bagaglio come uno scudo nero, dal quale si diramò una corda scura che si agganciò come un bracciale al suo polso. La sfera solida contenente il trolley e il quadro si librò a mezz'aria, seguendo la sciamana come un fedele cagnolino attraverso il viavai di esseri incantati.

Sapeva bene dove andare. Aris era un mezzo demone e, come tutti i mezzi demoni, bazzicava la zona più a sud-ovest del Mercato. Il suo banchetto di solito aveva in mostra una serie di ninnoli stravaganti, spesso oggetti incantati o maledetti: chi si fermava da lui voleva acquistare la morte o diritti che non gli spettavano. Ricordava chiaramente quella volta in cui l'aveva visto vendere gli occhi di un morto a uno Spirito del bosco, capaci di garantirgli la vista sul passato. O quella volta che aveva venduto un tomo di incantesimi maledetto che non la smetteva di parlare, animato dalla volontà del mago che l'aveva scritto con il suo sangue.

Anche quel giorno, attorno al banchetto del mezzo demone si era accumulata una certa folla. Spiriti, demoni, persino qualche mago - umani dotati di spiccate doti spirituali che avevano dedicato la loro vita allo studio delle arti occulte - facevano la fila per accaparrarsi gli oggetti venduti da Aris. Ma erano in pochi a fare la fila per ciò che realmente l'essere con corna di toro vendeva: informazioni.

Quando la vide tra la gente che si accalcava attorno al suo tavolo delle meraviglie le rivolse un sorriso fatto di zanne. I suoi denti bianchi erano perfetti e affilati, umani in tutto se non per i lunghi incisivi dell'arcata superiore, che scendevano dritti come artigli e sbucavano dalle sue labbra piene. Gli occhi, color dell'oro e con la pupilla verticale come quelli di un gatto, parlavano più di tutto il resto. La donna non mancò di notare la sua curiosità, celata dal moto di gioia che l'aveva colto nel riconoscerla al primo sguardo.

«L'Incantatrice!» la salutò muovendosi verso di lei e porgendole una mano con galanteria.

«Ciao, Aris. Era da un po' che non ci vedevamo».

«Con mio grande rammarico» le rispose lui con un sospiro esagerato prima di chinarsi per baciarle la mano. Le sue zanne le sfiorarono la pelle morbida con inaspettata gentilezza e la sciamana sorrise. «Credo che l'ultima volta sia stata quando cercavi di nasconderti dai nazisti».

«Ah, sì. Erano convinti fossi una spia russa, ti ricordi?»

I due risero insieme, muovendosi verso il lato interno del banchetto di Aris. Alle sue spalle si apriva la bocca di una tenda verso la quale il mezzo demone la stava conducendo per parlare in privato. Un suo attendente, un ragazzetto alto circa un metro e mezzo e vestito con un paio di jeans strappati e una maglietta a maniche corte dei Nirvana, era intento a portare avanti le vendite al posto del suo maestro. A giudicare dalla sua coda che terminava con un piccolo tridente, nera come il resto della sua pelle leggermente squamata, doveva essere un mezzo demone anche lui.

«Come posso aiutarti? Devo ancora ringraziarti per il tuo ultimo tatuaggio, sai...»

«Oh, non preoccuparti. Te lo dovevo. E poi, ti dona» rispose lei con un piccolo cenno del capo. Nell'entrare nella tenda, si assicurò con un rapido sguardo che la sfera galleggiante che conteneva il suo prezioso bagaglio la seguisse.

Circa un secolo prima aveva fatto un tatuaggio incantato ad Aris, uno splendido disegno di un fiore di loto che gli adornava l'interno del polso sinistro, dettagliato e vivido al pari di una foto incisa sulla sua pelle color cappuccino. Per molto tempo le sue attività di ladra e incantatrice nel mondo umano si erano alternate a quelle di tatuatrice nel mondo Spiritico: grazie ai suoi strumenti magici, che aveva ereditato da quella che per secoli aveva considerato come una madre, Kiriyo poteva infondere nei disegni che incideva sulla pelle dei suoi clienti un incantesimo.

Molti le richiedevano di sigillare alcune loro capacità o di fornirgliene altre, come l'abilità di sputare fuoco o di vedere con la precisione di un falco. Aris, invece, le aveva semplicemente chiesto un modo per trovare la pace interiore. Come tutti i mezzi demoni, anche lui soffriva di una implacabile rabbia che non sapeva mai come sfogare, così aveva chiesto il suo aiuto.

Era arrivato il momento di restituirle quel favore.

«Però, un aiuto puoi darmelo» gli disse sorridendo sorniona. Sciolse l'incanto che avviluppava il suo carico e la sfera nera si dissolse in uno sbuffo, liberando valigia e quadro morbidamente a terra. Mani di fumo si mossero come dotate di volontà propria e spacchettarono il regalo che aveva così accuratamente realizzato, mostrando ad Aris la vera faccia di quell'enorme contenitore rettangolare. Gli occhi del mezzo demone si illuminarono di comprensione quando videro il marchio del Louvre inciso su di esso e, senza nemmeno bisogno di aprirlo, seppe cosa si trovava al suo interno.

«Voglio vendere la Mona Lisa».

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro