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5. ombre

«Mi scusi, la toilette?»

Il suo francese era come sempre perfetto. Imparare le lingue europee era stato uno scherzo per lei all'epoca e ogni volta che le serviva fare un po' di pratica o tradurre al volo una frase, chiedeva l'intervento di Budha. Avere un'enciclopedia vivente nel cervello tornava comodo, almeno.

«Esca da questa sala e vada a destra, la troverà sul lato sinistro del corridoio, signorina».

La guardia le sorrise, la stanchezza che fino a un attimo prima segnava il suo volto ora sparita. Lei annuì graziosamente con il capo e si diresse verso il bagno come le aveva indicato l'uomo, il passo lento e sensuale come quello di una pantera. Tick, tac, facevano i suoi tacchi sul pavimento del museo.

È un trucco un po' banale, però,” commentò Chandra, ben sapendo che l'idea della sciamana era semplicemente di nascondersi fino alla chiusura ufficiale del museo.

Vero. Ma funziona sempre,” rispose mentalmente lei, entrando nell'elegante bagno senza fretta. Si diresse verso i lavandini a passo tranquillo per osservarsi accuratamente allo specchio. Si sistemò la coda, si lisciò la gonna dell'abito, si controllò il trucco.

Ovviamente, stava solo prendendo tempo. Sapeva dove era il punto cieco della telecamera che dava su quel corridoio. Le era bastato gironzolare per il Louvre durante la sua visita per accertarsene, i suoi Dei sempre all'erta per verificare ogni minimo dettaglio del piano. L'unico problema sarebbe stato—

«Signorina?»

Oh, diavolo.

«Signorina, mi scusi, ma devo chiederle di fare in fretta. Il museo sta chiudendo».

Non immaginava che le guardie lì fossero così zelanti. Schioccò la lingua con disappunto, ma ricompose in fretta la sua maschera impassibile prima di aprire la porta del bagno.

«Ah! Mi scusi, ha ragione. Esco subito!» Sorrise amabilmente all'uomo, inclinando appena la testa di lato e affrettandosi a uscire.

Lui la guardò un po' rigido, scostandosi per farla passare. «Aspetti, la accompagno».

Ma non vuole proprio lasciarci in pace!?

Il fastidio crescente di Shukra era condiviso da tutti, ma Kiriyo mantenne la calma. Rallentò il passo e si fece affiancare dalla guardia, rivolgendogli uno sguardo colmo di gratitudine.

«Grazie mille, è davvero gentile».

«Si figuri. È il mio lavoro».

L'uomo era alto, abbastanza ben piazzato. Portava i capelli castani leggermente ondulati, il taglio corto a evidenziare i tratti un po' duri del suo volto. Parlava in modo ruvido, la famosa musicalità del francese del tutto rovinata da quel suo modo di fare militare.

Kiriyo immaginava fosse in parte una maschera. L'aveva beccato a guardarla con sguardo curioso più di una volta, mentre visitava il museo: anche se non lo dava a vedere, era sicuramente interessato a lei. Forse avrebbe potuto sedurlo?

Scommetto che ci sta anche senza usare i miei poteri.

Con i tuoi sarei più sicura di riuscirci, Shukra.

Dovresti dare più credito al tuo fascino, mia cara.

Lei ridacchiò nella sua mente. “Diciamo che non è il momento più adatto per pensare a queste cose.

Si stavano avvicinando pericolosamente all'uscita del museo. Se fossero usciti, il suo piano sarebbe finito in fumo. Doveva agire subito.

«Ahi!» esclamò, fingendo di inciampare. Si aggrappò al braccio forte della guardia per non cadere e borbottò qualche verso di dolore sottovoce, roteando piano la caviglia infortunata. Tutta quella scena rendeva la situazione più credibile per il pover'uomo, che l'aveva presa al volo e le stava offrendo sostegno con aria un pelino preoccupata.

Era decisamente una brava attrice.

Te l'avevo detto che ci stava.

Kiriyo ignorò il Dio dell'amore, concentrata sulla sua recita. Si voltò verso la guardia per parlare, ma lui fu più veloce di lei. «Sta bene?»

«Io... sì, ho preso una piccola storta. Mi scusi, non volevo caderle addosso in questo modo...» Abbassò lo sguardo, cercando di rimettersi in piedi e di proseguire da sola. A ogni passo, però, lasciò che la sua espressione trasmettesse dolore e fatica, cosa che la guardia non mancò di notare.

L'affiancò prontamente, seguendola nei suoi piccoli passi e offrendole di nuovo il suo braccio. «Lasci che l'aiuti».

Il lungo corridoio costellato di opere d'arte e videocamere aveva un che di inquietante con tutte quelle ombre sinistre che iniziavano ad apparire sul pavimento e sui muri. Ognuna di loro apparteneva a un'opera diversa, tanto bella alla luce del sole quanto spaventosa al buio. Kiriyo accettò il braccio dell'uomo con gratitudine e dovette davvero contenersi dal sorridere con soddisfazione: aveva abboccato.

Si lasciò guidare da lui lungo il corridoio, ben sapendo che una volta girato l'angolo sarebbero stati per un breve attimo in un angolo cieco. Aveva tutta l'intenzione di sfruttare quel momento a suo favore.

«Immagino che, quando è diventato guardia di sicurezza del museo, non si sarebbe immaginato di certo di fare da accompagnatore alle visitatrici doloranti» ridacchiò lanciandogli un'occhiata di sbieco. Ondeggiava a ogni passo, caricando spesso il suo peso sull'uomo per farlo sentire importante e necessario. Il poveretto non poteva assolutamente immaginare che lei stesse fingendo di avere una storta.

Lui sbuffò divertito, rompendo la sua maschera dura per un breve istante. Ricambiò l'occhiata della bionda e lei poté notare come il suo petto si fosse fatto leggermente più in fuori.

«Non si preoccupi. Succede più spesso di quanto immagina».

«Oh? Quindi accompagnare le visitatrici ferite all'uscita fa parte delle sue mansioni?»

«Solo quando si tratta di visitatrici particolarmente carine» aggiunse lui facendole un piccolo occhiolino.

Ci sta decisamente provando con te, Kiri.

Non credo le ssserva qualcuno che glielo faccia notare, Ssssshukra. È cosssssì palesssse…

Mancavano solo cinque passi alla fine del corridoio. Doveva fare in fretta.

«In quel caso, immagino che le sue mansioni si estendano anche all'accompagnarle fuori, allora. Tutte quelle scale...»

Quattro passi.

«Non solo: ho il dovere di accompagnarla fino al bistrot più vicino e offrirle da bere».

Tre passi. L'uomo la guardò, indugiando per un momento fin troppo lungo sulle labbra carnose di lei, dipinte con un rossetto di un bel rosa antico. «Il mio turno finisce tra pochissimo» aggiunse. «Se le va, potremmo...»

Kiriyo si fermò, un sorrisetto vittorioso stampato in faccia. «Lo sa...» disse, mentre un piccolo ed evanescente tentacolo di fumo prendeva vita attorno a lei, a malapena visibile. L'intenso odore di magia le solleticò le narici: chissà perché quando imbeveva il suo fumo incantato con i poteri di Shukra le sembrava di sentire chiaramente odore di feromoni. «Non è affatto una brutta idea».

Il fumo incantato avvolse l'uomo con delicatezza, abbracciandolo nel suo calore e profumo. Lo inebriò e la luce nei suoi occhi si attenuò, sostituita da una del tutto diversa: sembrava addormentato, seppur lucido abbastanza da comprendere ciò che gli si veniva detto. Una marionetta perfetta. E non aveva nemmeno dovuto baciarlo.

Per questa volta passi, giusto perché siamo di fretta. Ma la prossima…

La donna roteò gli occhi al cielo, lasciando la presa sul braccio del suo nuovo burattino e smettendo così quella pietosa farsa. Di solito, quando Shukra le permetteva di convincere le sue vittime lo faceva obbligandola ad affondare in una trance. Lasciare il proprio corpo al Dio dell'amore significava solitamente andare a letto con la vittima dei suoi schemi; il che spesso era una bella esperienza, per carità, ma la maggior parte del divertimento se la godeva tutta Shukra. A lei toccava assistere: sentire tutto ciò che il suo corpo sentiva, pensare tutto ciò che il Dio pensava. Distante, come un'osservatrice. Ogni tanto le sarebbe piaciuto poter prendere lei l'iniziativa in quel genere di pratiche, invece di far fare tutto al suo Dio.

Kiriyo non gli rispose, sapendo perfettamente a cosa stesse alludendo lui. Invece, diede una bella pacca sul sedere al suo nuovo schiavo e gli rivolse un sorriso malizioso.

«Adesso fai come se niente fosse, torna a lavoro e finisci il turno. Se farai il bravo...» Gli si avvicinò a un soffio dal viso, quasi sfiorando le sue labbra con le proprie. «Magari ti verrò a cercare quando avrò finito».

Gli rivolse un ultimo sorriso da strega prima di sprofondare nell'abisso oscuro della trance. Come un'onda di tenebra, i suoi capelli divennero neri dapprima sulle punte e poi su, fino alle radici. Un sottile manto d'ombra ricoprì la sua pelle altrimenti pallida, trasformandola in un essere raccapricciante. Il Dominio di Shani, che aveva appena aperto gli occhi in quelli di lei, era sull'oscurità. La stessa che ora la ricopriva.

E così, non vista dalle telecamere, Kiriyo sprofondò nelle ombre del corridoio, il suo corpo liquefatto come un soffio di fumo.

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