L'interrogatoio
«Inizia pure quando vuoi. Non c'è bisogno che urli per farsi sentire, ma è importante che lei dia la scossa in caso lui menta» afferma la voce misteriosa.
Non voglio prestarmi a questa specie di interrogatoio, specie non con lui.
Io e Nathan non siamo mai andati d'accordo. A essere sincero non so bene neanche il perché. Non ricordo nulla di specifico su di lui e perciò mi riesce difficile pensare a una domnada da fargli.
«Nick, ti prego, fai una domanda qualsiasi. Voglio andarmene da questo posto di merda!» urla Nathan.
Con il viso nascosto nelle mie mani rifletto su cosa chiedere.
«Ti muovi?» mi incalza.
Sbuffo e scuoto la testa per poi chiedergli:
«Perché medicina?»
Nathan accigliato e silenzioso, aspetta che io riformuli meglio la domanda.
«Perché hai scelto medicina come facoltà?»
Nathan sorride e abbassa di poco la testa.
«Nick, figlio di puttana! Sapevo di poter contare su di te! L'ho scelta perché voglio salvare vite» afferma entusiasta.
«Bene. Contento ora?» domando a gran voce con la testa rivolta in alto.
«Congratulazioni. Ora restano solo altre quattro domande a cui rispondere in modo corretto» irrompe subito dopo la voce.
Mi prendo un po' di tempo prima di fare un'altra domanda, cosa che manda Nathan fuori di testa.
«Nick, ci sei? Dai, fammi un'altra domanda, non posso resistere a lungo!»
«Non è facile!» sbotto battendo i pugni sul tavolo.
Nathan immobile per qualche secondo con un espressione sorpresa non ci mette molto per tornare alla carica.
«Non sei tu quello che rischia di morire! Lo sai da quanto ti sto aspettando qui legato?»
A quel punto mi alzo in piedi e inizio a camminare avanti e indietro mentre mi gratto la nuca.
«Allora?» domanda Nathan.
«Ti chiami Nathan?» chiedo a braccia aperte.
Nathan con un sorriso a trentadue denti urla:
«Certo! È il mio nome!»
Attendo qualche secondo in silenzio durante i quali Nathan esulta.
«Congratulazioni. Ora restano solo tre domande a cui rispondere» tuona di nuovo la voce per poi aggiungere:
«Mi permetto di suggerirle un argomento per la prossima domanda. Gli chieda di Amanda.»
Rimasi sbigottito da quella affermazione e anche Nathan sembrava essere stupito.
«Che... che significa? Nathan, perché la voce mi ha suggerito di chiederti di Amanda?»
Nathan, riamane muto.
«Nathan, ti ho fatto una domanda!» lo incalzo.
Lui si lascia andare a un pianto disperato.
«Nathan... Dimmi che non è quello che penso» dico mentre metto una mano sulla fronte e torno a sedermi.
«È stata solo una sbandata! Lei era brilla. Mi dispiace!» urla tra un singhiozzo e l'altro.
Un suono simile a una sirena d'allarme irrompe nella sala.
«Signor Olivarez, è pregato di aprire la scatola nera e di premere il pulsante.»
«Merda! No! Ti prego... No!» sbraita Nathan.
Io rimango immobile e con lo sguardo rivolto verso la scatola nera.
«Non ci credo» commento scuotendo la testa.
Sono sconvolto e infuriato! Come è potuto accadere? Mi sento tradito.
«Signor Olivarez, cosa sta aspettando?» domanda la voce.
«Che succede se... se io no-»
«Prema il pulsante se non vuole rimanere a marcire in quella stanza» mi interruppe celere la voce.
Aspettai pochi istanti, prima di muovere il mio braccio destro verso la scatola nera.
Al tatto mi resi conto che era di metallo e che era molto fredda.
Apro la scatola e trovo un enorme pulsante rosso con un triangolo giallo e un punto esclamativo al centro.
Mi trema la mano, ma alla fine riesco a premerlo.
Il tutto dura un istante.
Non appena lo premo, sento Nathan urlare.
«Ora, Signor Olivarez, le consiglio di pensare con la massima attenzione a quali domande porgere. Bastano due risponde sbaglia-»
«Lo so! Cazzo, lo so!» sbotto a pugni chiusi.
Nathan dall'altra sala si lamenta e piange.
«Nathan, io... Ho dovuto farlo!»
«Vai avanti» bisbigliò lui in maniera appena udibile.
Mi prendo qualche attimo per pensare a una domanda facile, poi ho un'illuminazione.
«Quanti anni hai?»
«Ne ho ventiquattro.»
Riamango sorpreso da quella ammissione. Ho sempre pensato che avessimo la stessa età, ma prima che possa dire qualsiasi altra cosa la voce si palesa di nuovo.
«Complimenti signor Olivarez, mi aspettavo avrebbe insistito su Amanda. A quanto pare l'ho sottovalutata. Proceda pure.»
Rimango irritato da quell'affermazione, una parte di me vuole saperne di più, ma decido di fare una domanda più personale.
«Come mai non ti sopporto?»
Nathan, a fatica, apre la bocca e con molta lentezza afferma:
«Credo sia... perché la prima volta che ci siamo visti ho fatto i complimenti a tua madre.»
All'improvviso mi ricordo un'episodio che ci riguarda.
È successo il primo giorno in cui sono arrivato al campus. La mamma mi stava aiutando a sistemare la mia roba e... Nathan ci ha visto ed è corso subito da lei a presentarsi e a farle battute e complimenti.
«Che stronzo!» sbotto per poi aggiungere: «Hai continuato a parlare di mia madre per settimane e solo per rompermi i coglioni!»
«Mi dispiace! Giuro che con lei non ho fatto niente! Non lo avrei mai fatto!» ribattè Nathan disperato.
La voce, subito dopo, spezzò quel litigio.
«Complimenti, signor Olivarez, le resta solo una domanda. Non molli proprio ora.»
«Grazie per l'incoraggiamento!» sbraito subito dopo.
A braccia conserte rifletto su quale domanda fare, poi mi ricordo una cosa che mi ha sempre fatto storcere il naso.
Nathan, ha sempre con se un bel po' di quattrini che spende per far colpo sulle ragazze, eppure i suoi non sono ricchi .
«Che lavoro fai per mantenerti?»
Nathan, prende tempo e balbetta.
«Ho bisogno di una risposta. Sii sincero»
Lui, subito dopo a testa bassa urla: «Esco con della gente! Tutto qui.»
Rimango perplesso da quell'affermazione, ma prima che possa chiedere di spiegarsi meglio, il suono che avevo già udito alla prima risposta sbagliata mi fa rabbrividire.
«Signor Olivarez, è pregato di aprire la scatola nera e di premere il pulsante.»
Batto più volte le mani sul tavolo per poi mettermi le mani tra i capelli.
«Nathan sei un cretino! Perché non sei stato onesto? Saremmo usciti!»
Nathan dall'altra parte, piagnucola e scuote più volte il capo.
Mi mordo il labbro inferiore e guardo in alto per un paio di secondi, dopodiché a gran velocità premo di nuovo quel bottone.
Le urla di Nathan mi fanno chiudere gli occhi.
Attendo un po', prima di riaprirli.
«Signor Olivarez, faccia una domanda.»
Col cuore che galoppa e la gola secca, fisso il mio sguardo su Nathan.
«Faccio il gigolò... Mi dispiace, sono un coglione, avrei dovuto dirlo subito» confessa Nathan tra le lacrime.
Sono al limite.
«Sono stanco» ripeto più volte.
«Nick, fammi tutte le domande che vuoi, ma sbrigati. Ti prego!»
Batto con forza una mano sul tavolo, poi mi alzo e prendo la sedia per rompere quel dannato vetro.
Il vetro non si rompe nonostante ci metta tutta la mia forza.
«Signor Olivarez, non faccia sforzi inutili. Si limiti a fare una domanda» irrompe la voce.
«Una domanda... » farfuglio per poi sorridere.
«Ti accontento subito! Nathan ti stai divertendo?»
Pochi istanti dopo Nathan risponde:
«Cosa? No!»
Scoppio a ridere, poi urlo:
«Abbiamo vinto! Mi hai sentito, maniaco del cazzo? Abbiamo vinto!»
Un rumore metallico interrompe la mia euforia.
Il muro che separa me e Nathan scende con lentezza nel pavimento e subito dopo mi dirigo verso lui.
«È finita!» mi dice entusiasta.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro