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7. I PREMI SPECIALI - PT.2



«Sei sicuro di stare bene?»

Ren si ritrovò a mugugnare quella che doveva essere una risposta affermativa. Alzò lo sguardo verso Francis che, dopo averlo accompagnato al suo posto, era rimasto a controllarlo con un'espressione degna di una crocerossina. Chiamatela pure solidarietà maschile o quello che era. Persino i guerrieri seduti nella fila di fronte erano girati nella sua direzione, cercando di capire il suo stato con l'unico risultato di metterlo ancora più a disagio.

Era strano ritrovarsi al centro dell'attenzione per qualcosa che non fosse considerato come atti osceni in luogo pubblico. Se non si contava quel bacio... ovviamente. Tuttavia, nonostante la borsa del ghiaccio premuta contro la testa e il cerotto colorato appiccicato vicino l'attaccatura dei capelli, se la cavava; era il suo ego quello rimasto accoppato.

«Per l'ennesima volta: sì, sto bene» sbottò in tono più umano.

«Ringraziamo la tua testaccia dura allora.» Amos sogghignò divertito, per poi rifilargli una pacca sulla spalla così forte da farlo gemere.

«Ormai ci ha fatto il callo» commentò Gregory con un lieve sorriso nell'assistere a quella scena. Facendo una rapida stima, era stato uno dei pochi a non aver mosso un dito per aiutarlo. Così come il resto della banda di idioti. Non che gliene importasse qualcosa, sebbene un minimo sforzo di mascherare il proprio compiacimento sarebbe stato gradito.

«Già. Dopotutto non è la prima volta che capita una cosa simile» infierì Sarah, in quel momento impegnata a controllare il cellulare.

«Ah sì?» Improvvisamente, Francis apparve interessato alla conversazione, così come Keiran.

«Diciamo che il loro amore è scoppiato come la beuta che Alex gli ha sfracellato in testa durante il loro primo incontro.» Emily sospirò con aria sognante, come se tale avvenimento avesse una connotazione del tutto romantica. Ren, invece, sbuffò ancor più sonoramente. I suoi lineamenti si trasformarono in un broncio assai esilarante.

«Grazie di condividere certi momenti... privati.»

«Quando vuoi» ridacchiò lei, facendogli l'occhiolino.

Ciò lasciò Francis abbastanza basito. O meglio, lo sarebbe stato in un altro contesto, dato che al momento era troppo impegnato a non scoppiare a ridere come un ossesso. «Beh, avete dei rituali d'accoppiamento piuttosto interessanti, ma preferisco quelli all'antica. Li trovo, come dire... appaganti» sentenziò infine con un ghigno divertito. Si stiracchiò e con la coda dell'occhio si accorse che Aron e le ragazze lo stavano chiamando. Scrollò le spalle e porse il pugno a Ren. «Ora devo andare. Ci vediamo al bar?»

«Sì, grazie» sospirò Ren, ricambiando il saluto mascolino con un attimo di esitazione.

«Vado anch'io» s'intromise Amos. Lanciò un'occhiata in direzione di Marlene, per poi abbassarsi in modo da sussurrare qualcosa al giovane. «Se non dovessi vincere nulla, ricordati di portare i miei resti in Michigan.»

Ren lo scrutò confuso, ma prima che potesse rispondergli, Amos ritornò a sedersi accanto alla sua dolce, quanto arrabbiata, metà. E non era di certo l'unica a emanare vibrazioni negative.

Voltandosi d'istinto, Ren sorprese Eleanor a fissarlo per l'ennesima volta. Se il resto della banda aveva dimostrato preoccupazione –o ilarità– per le sue condizioni, la ragazzina era stata di tutt'altra opinione, dato che non aveva fatto altro che squadrarlo con uno sguardo glaciale. Come se non fosse abbastanza, le sue intenzioni si concretarono quando si passò un dito lungo la gola.

Qualcosa gli diceva che forse era meglio starle lontano per il resto della serata.

«Molto bene gentili ospiti. Vi ringraziamo per la pazienza» esclamò all'improvviso Ale, richiamando l'attenzione del pubblico. Al suo fianco, Laby sorrise solare. A giudicare dal loro aspetto rinfrescato e il trucco ripassato, avevano approfittato di quella pausa non prevista per concedersi una veloce sistemata.

«Visto che non c'è stata alcuna denuncia e tanto meno un cadavere, abbiamo ricevuto il via libera per continuare la premiazione. Tenetevi forte, perché se prima abbiamo dato spazio all'amo...» Laby si bloccò, aggrottando la fronte come se non fosse sicura di ciò che stava per dire. A causa di quella titubanza, Ale la osservò incuriosita, ma la giovane continuò il discorso come se nulla fosse accaduto. «...Ora passeremo al lato piccante della serata.»

Ale recuperò il microfono. «Ebbene sì, siamo liete di consegnare il premio Migliori Scene Hot a...» Pausa d'effetto. «Artigli – Bacio Rubato!»

Non si udì alcun applauso.

Né fischi d'esaltazione.

L'unico suono che echeggiò nella sala inghiottendo tutti gli altri, fu un ruggito così potente da far tremare i muri. E spaventare diversi personaggi.

«Sì, porca troia!»

Amos scattò in piedi come una molla, lanciando un altro urlo vittorioso. Al suo fianco, Marlene passava dallo sconvolto al preoccupato a ogni battito di ciglia.

«Tesoro, che cosa... STAI FACENDO? AMOS!»

Ma l'uomo era troppo euforico per ascoltare la moglie. Con mosse celeri, incominciò a sbarazzarsi dei vestiti, gli occhi che brillavano ferini nella penombra e che annunciavano la presenza della bestia in superficie. Eppure, nonostante gli sguardi preoccupati delle presentatrici e degli ospiti seduti nelle vicinanze, Amos non si trasformò.

Purtroppo.

Perché fece qualcosa di peggio. A seconda dei punti di vista, ovvio.

In tutto il suo glorioso e nudo splendore, mosse il suo deretano cesellato e liscio come quello di un pupo verso il palco, continuando a sorridere come il perfetto maniaco amante della ceretta integrale qual era. Non si curò delle occhiate stralunate che ricevette e nemmeno dei gemiti soffocati che riscosse. Tutta la sua attenzione era calamitata dal premio che Laby reggeva tra le mani, così come quella delle due ragazze era richiamata da un punto focale non indifferente. Per non dire notevole.

Ancora seduta al suo posto, Marlene si prese il volto tra le mani e incominciò a pregare qualsiasi divinità conoscesse di farla scomparire all'istante.

«Grazie, grazie, troppo gentili!» esclamò ilare Amos una volta salito sul palco e aver raggiunto le giovani, ancora paralizzate dallo shock. A quella vista, il mannaro rivolse loro uno sguardo di rimprovero prima di scoppiare a ridere. «Mi avete fatto preoccupare per un attimo, sapete? Ma in fondo il risultato era scontato: come potevo non vincere nulla? Insomma, mi avete visto?» E detto questo spalancò le braccia e fece una piroletta. Dalla platea si levarono altri ansiti.

Ale emise una risata nervosa. Approfittò della distrazione dell'uomo, che si stava ancora mettendo in mostra davanti al pubblico, per potersi avvicinarsi di sottecchi a Laby. «Secondo te la regia ha abbastanza fondi per censurare la diretta?»

«Ne dubito fortemente» sospirò Laby, la sua attenzione ancora fissa su un punto.

Nel notare che giovane non la stava badando, Ale la pungolò, affondandole il gomito su un fianco. «Allora, toccherai anche il suo culo o questa volta farai un'eccezione?»

A quel punto, Laby si limitò a scoccarle un'occhiataccia. «Per chi mi hai preso? Ovvio che glielo palperò!» Si voltò verso Amos. «D'altronde come potrei non farlo? Migliaia di ragazze vorrebbero avere la mia stessa opportunità. Non posso certo deluderle.»

Ale ridacchiò. «Sei proprio una maniaca!»

«Senti chi parla!» sentenziò Laby. Senza darle il tempo di replicare, le mise la targa in mano. «Forza, fa il tuo lavoro e distrailo.»

Per tutta risposta, Ale le fece la linguaccia, ma si avvicinò ad Amos imperturbabile. O meglio, ci provò, dato che il suo sguardo continuava a scivolare verso il basso.

Dal canto suo, lui non si fece pregare. Non appena la vide arrivare col premio, l'abbraccio senza alcun riserbo, lasciandola letteralmente esterrefatta e rossa come un peperone, data l'enorme presenza che incombeva su di lei. Alla fine, Amos si distaccò, accettando con gioia il riconoscimento. Ma non lo tenne in mano mentre si apprestava a proclamare il suo discorso.

Nossignore, aveva trovato un appoggio più comodo.

«Grazie, siete meravigliosi» esordì, alzando le braccia per esortare la platea a smettere di applaudire, anche se in realtà lo scrosciare degli applausi era lieve e incerto. «Lo ammetto, per un attimo ho temuto il peggio. Sarebbe stato un guaio se Artigli, la serie di cui sono l'unico e vero protagonista, non avesse vinto alcunché. Ma questa possibilità è stata eliminata dalla vincita di questo premio. Premio del tutto meritato, come potete ben vedere.» Con sorriso luminoso, Amos fece dondolare la targhetta. Altri gemiti. «A dire il vero, nonostante sia principalmente per merito del sottoscritto e della mia prestanza mascolina, avrei molte persone da ringraziare.» Prima di proseguire fece una pausa e sospirò. «Ma la lista sarebbe troppo lunga, per cui mi limiterò a citare la sola davvero importante: mia moglie, Marlene, unica padrona del mio corpo e del mio cuore. Senza di te non sarei l'uomo che sono ora e per questo ti ringrazio. Ti amo, piccola.»

Quando si sporse a mandarle un bacio, il pubblico emise un altro sospiro, questa volta addolcito dalla toccante scena. Ma poi Amos decide di continuare.

«Tuttavia, ci tengo a dedicare questa vincita a quello stronzo di Duba e alla banda di deficienti che ha scommesso sulla mia disfatta. E, anche se non è stato citato... HAI VISTO YOGHI?!! SONO MEGLIO DI TE AHAHAHAHAHA!» Detto questo, Amos ruggì vittorioso, sventolando la propria virilità manco fosse una bandiera. Metà pubblicò andò in visibilio, l'altra metà invece... un po' meno. Marlene ormai si era rassegnata a ritornare dai suoi genitori nella speranza di smaltire l'imbarazzo prodotto da cotanta stupidità.

L'intervento della security non sorprese nessuno. Prima che gli uomini vestiti di nero allontanassero Amos dal palco per costringerlo a rivestirsi, Laby si avvicinò di soppiatto e diede uno scopo alla serata. Ritornò da Ale con un sorriso da maniaca stampato in faccia.




Nel frattempo, in un piccolo bar del Michigan, Amarok stava cercando di strapparsi l'unico occhio rimasto in suo possesso con un ombrellino da cocktail. E ci sarebbe riuscito, se ogni suo tentativo di adempire a quell'intento non fosse stato stroncato dai tre mannari che lo stavano trattenendo con la forza, appiccicati a lui come gomme da masticare.

«Non va via... Quell'immagine non va via!» ruggì l'orso.

Duba, impegnato a bloccargli il braccio in possesso "dell'arma", dovette reprimere l'impulso di dargli qualche buffetto consolatore.

«Lo so, lo so. Quando Marlene sarà tornata, le chiederemo di consigliarti un bravo psicologo.»

«Aspetta e spera» sbuffò piano Logan, ritrovandosi il gomito di Amarok impiantato nello stomaco.

«Beh, per lo meno tutta questa storia della scommessa è finita.» Con un sospiro stanco, Damian sorrise rincuorato.

E fu un grave sbaglio.

Nell'udire tale constatazione, Amarok si bloccò di colpo. «Giusto... la scommessa. Avete perso...»

Il tono con il quale pronunciò quelle parole fu così glaciale che gli altri mannari s'irrigidirono. Scambiandosi un'occhiata colma di terrore, avvertirono il potere dell'Ursid riempire l'ambiente.

«E questo vuol dire...» continuò Amarok, le zanne ormai bene in vista. «...Che mi avete fatto venire qui per niente.»

«Duba.» Damian deglutì. «Se fossi in te chiamerei subito King.»

Ciò che accadde in seguito venne brutalmente censurato dallo storia, ma fonti attendibili hanno rivelato che nessun mannaro è deceduto durante quella notte.





«Bene signori! Non perdiamo altro tempo e continuiamo con lo show!» esclamò Laby, con un'espressione gioiosa stampata in faccia. «La lista dei premi è ancora lunga e, con vostra grande fortuna, i vincitori sono più che numerosi.»

«Esattamente» convenne Ale. «E ora che possiamo lasciarci alle spalle il romanticismo e tutto ciò che ne consegue, sono dolente di informarvi che la serata non prevederà altri nudi integrali. Per cui siete pregati di tenervelo nei pantaloni, dato che siamo ancora in fascia protetta e le multe sono assai salate, intesi?»

Come una marea, un'ondata di sollievo si propagò per la sala, soprattutto da parte degli uomini presenti che annuirono soddisfatti. Amos fu di tutt'altro avviso, dato che sbuffò stizzito. Si girò verso la moglie ancora adirata, massaggiandosi il punto in cui l'aveva colpito con sorprendente violenza. Forse l'idea del bar non era poi una cattiva idea...

«Veniamo subito alla prossima premiazione» ridacchiò Ale, per poi passare il microfono a Laby che lo accettò volentieri.

«Ebbene, preparatevi a essere catturati da atmosfere tetre e scenari scabrosi, perché il vincitore del premio Dark è... Folie à Duex! Complimenti!»

Subito si levarono numerosi applausi concitati ma, quando Alistair si voltò verso Eleanor, la trovò pensosa e cupa. Non mosse un muscolo, né ricambiò il suo sguardo. Rimase semplicemente in silenzio, gli occhi puntati davanti a sé in contemplazione del vuoto e dei pensieri che vi si agitavano al suo interno.

Dato che non accennava a muoversi, l'uomo scosse il capo esasperato. «Eleanor, andiamo.»

«Puoi ritirarlo anche da solo, non c'è bisogno che ti faccia compagnia» sbottò lei, incrociando le braccia al petto. Per evidenziare le sue intenzioni, si schiacciò ancora di più contro la poltroncina.

A quel punto, Alistair si stropicciò il setto nasale con le dita per dar sfogo alla frustrazione che cresceva in lui. Lanciò una rapida occhiata alle due presentatrici in attesa e poi ritornò a scrutare la sua compagna di disavventure. «Lo so che sei preoccupata per Alex, ma non puoi fare i capricci solo perché non ti ha voluta con sé. Hai dei doveri presso la storia che rappresenti, per cui non comportarti in modo infantile.»

Nell'udire quella constatazione, Eleanor non riuscì a trattenere un sussulto. Con gli occhi azzurri sgranati in un'espressione incredula, si girò verso Alistair esterrefatta. «Dopo quello che è accaduto mi definisci ancora infantile? Poi non stupirti se le donne scappano da te invece di gettarsi tra le tue braccia.»

Quella frecciatina avvelenata andò a segno.

«Tutto bene?» domandò Ale, visibilmente preoccupata nel vederli ancora ai loro posti.

«Certo» esclamò Alistair. Si allontanò da Eleanor senza degnarla di uno sguardo e si avviò verso il palco, sorridendo in maniera così fasulla da apparire... naturale agli occhi dei meno esperti. Ma non poteva certo scappare all'abilità di una certa persona.

Ricurvo sulla poltrona, Ethan tratteneva a stento le imprecazioni provocate da quel massacrante bombardamento emotivo che lo schiaffeggiava fin dall'inizio della serata. Fece per posare una mano sul braccio del suo compagno, ma si ricompose non appena si ricordò che sarebbe stato del tutto inutile. Sasha, dal canto suo, lo stava ignorando piuttosto bene. Se solo Jane fosse stata presente...

Gemette, passandosi una mano sul viso. «Perché nessuno di voi riesce a godersi questa cerimonia senza troppi drammi?» bofonchiò a nessuno in particolare.

Da ottima amica qual era, Oktober si prodigò a stroncare sul nascere le battutine di Sette, dandogli una pugno in testa ancor prima che l'albino riuscisse ad aprir bocca. Poi si voltò verso Ethan, gettandogli senza troppi complimenti quella pallina di adorabilità e cucciolosità di M82 sulle gambe.

«Ecco, usalo come anti depressivo» sentenziò la giovane, scrollandosi del pelo dall'abito.

Ethan osservò prima il gatto, poi l'amica, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso. Ritornò a concentrarsi sulla premiazione mentre M82 provava a mangiargli le dita seduto sul suo grembo.

Nel frattempo, Alistair si avvicinò al microfono, stringendo il premio tra le mani fino a sbiancarsi le nocche.

«Vi ringrazio di cuore. Mentirei se ammettessi che vincere questa categoria è una sorpresa. Come detto in precedenza, la nostra opera si dimostra cruda ma... Eleanor? Torna qui! Che stai...»

Colti alla sprovvista da quella uscita, sia il pubblico che le presentatrici si voltarono giusto in tempo per scorgere la figura della giovane sparire oltre le porte della sala. Vi fu un momento di silenzio carico di tensione, dove nessuno sapeva come comportarsi. Fu proprio Alistair a riprende la parola.

«Ci rinuncio.»

E con quell'ammissione, riconsegnò il microfono e ritornò al suo posto avvolto da una nube nera.





Il ticchettio dei tacchi echeggiava nei corridoi vuoti al ritmo del suo cuore. Eleanor non perse tempo a controllare i camerini e i bagni, procedendo spedita verso il bar. Come immaginato, lo trovò deserto a eccezione della figura vermiglia appollaiata su uno sgabello di fronte al balcone. Di fianco a lei, vi era una bottiglia mezza vuota di un liquore all'apparenza costoso quanto il debito pubblico dello Zimbabwe, ma non seppe dire con certezza se si fosse servita da sola. Quello che era certo, era che Alex non si era ancora girata nella sua direzione.

Riprendendo fiato, Eleanor si avvicinò cauta, quasi triste. L'idea che Alex la stesse ignorando di proposito la rese irrequieta.

Si sedette accanto a lei, osservandola rigirare tra le dita il bicchiere contenente due dita di liquido ambrato. Senza alcuna esitazione, Alex se lo portò alle labbra e bevve fino all'ultima goccia, prima di sbatterlo con violenza ingiustificata sul balcone. Poi si voltò nella sua direzione.

Eleanor rimase immobile. Quando i loro occhi s'incontrarono, non vide nulla di diverso dall'ordinario. La sua espressione apatica e distaccata era lì, così come lo sguardo glaciale. Eppure, il suo trucco era sbiadito e la pelle tutt'intorno arrossata. Non riuscì a evitare di stringere le labbra in una smorfia risentita.

Non si dissero nulla.

Eleanor la prese per mano e Alex la seguì senza fare storie fino a un camerino appartato. Quando la porta si chiuse alle loro spalle, fece un passo verso di lei.

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