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Capitolo 8: Demons

I tre passarono ore tra i libri polverosi della biblioteca e verso sera avevano già accumulato diverse informazioni sui Discendenti del Sole: il popolo era nato da un'antica unione tra un demone di Muspelheim e un'Asgardiana e la loro discendenza aveva dato origine al popolo del Sole, il quale si rivelò pacifico a ogni forma di vita e particolarmente incline a matrimoni misti con gente di altri popoli per garantire la pace.
Di conseguenza solo la famiglia reale e il numeroso e potente esercito erano di sangue "puro", portatori della Malia e dei poteri di fuoco.

I Discendenti del Sole si tenevano nascosti agli occhi dei Nove Regni da millenni e le informazioni di quei libri antichi erano confuse, forse una guerra improvvisa o la rottura di un qualche patto con popoli alleati avevano costretto il popolo di fuoco a nascondersi chissà dove.
Un'unica guerra era stata documentata, o meglio, le leggende narravano di un combattimento, senza mai nominare il nemico dei Discendenti del Sole. Si leggeva anche che l'esercito del Sole, per darsi forza prima della battaglia, intonò canti potenti udibili da chilometri di distanza per incutere timore al popolo avversario.
Non si spiegava il motivo per il quale un popolo pacifista dovesse avere un esercito che contava più di 20.000 soldati, tra cavalieri, fanti e combattenti del Re, gli unici ad usare la loro Fiamma in combattimento; un'emergenza, o il popolo sapeva di quella guerra?

Stavano per lasciare la biblioteca, quando Æla fece di nuovo nota la sua presenza scattando in piedi e battendo le mani sul tavolo per la sorpresa: "Ecco! Guardate qui!" Thor e Jane trasalirono leggermente e si avvicinarono alla loro compagna, raggiungendola dietro al grande tavolo lucido.

"Questo libro parla anche di una lingua antica che però veniva usata dal popolo solo per celebrazioni o atti ufficiali. Inoltre spiega che la musica, l'arte, e i balli erano molto amati da tutti e che ogni luna piena veniva organizzato un banchetto per le vie del regno dove si festeggiava assieme, soldati e ancelle compresi. Se questo posto è davvero la mia terra ed esiste ancora, voglio tornare assolutamente. Sembra bellissimo." Æla concluse con fare sognante e sguardo perso, appoggiando il mento sul libro.

"Sembra indubbiamente un regno incantevole... mi dispiace doverti ricordare che però potrebbe anche non esserci. In più dobbiamo pensare a Jane ora..." disse Thor triste, forse anche un po' irritato dal fatto che avesse perso fin troppo tempo in quella biblioteca, più di quanto si sarebbe aspettato.
Il dio, però, aveva anche notato come la mortale non sembrasse star troppo male quando non pensava all'Aether, quindi dopotutto passare la giornata lì dentro si era rivelato utile.

Æla perse improvvisamente tutto l'entusiasmo precedente, ma non poteva che dar ragione a Thor.
Forse stavano seguendo un sogno e lei non era altro che un ibrido nato per caso tra Musphelheim e Asgard, nonostante fosse stata la stessa Frigga a rivelarle l'esistenza della sua razza.

"Hai ragione Thor... Allora... qualche idea per risolvere la questione Aether?" Nonostante non lo desse molto a vedere, era parecchio preoccupata per la sua nuova amica mortale.
Il suo cuore però la incolpava per la prematura morte dell'amata Frigga, il suo animo orgoglioso non la perdonava, ma non poteva fare a meno che volerle bene in fondo, forse per un contorto senso di protagonismo sentiva il dovere di aiutare Jane e liberarla dall'Aether per far ricadere su di sé un po' di buona fama nel regno.

A quella domanda Thor rimase spiazzato: non voleva dirle del piano, non sapeva come avrebbe reagito, non poteva permettersi alcun errore, sopratutto se l'errore poteva chiamarsi Æla; forse non si fidava poi tanto allora...

"Mi-mi verrà in mente qualcosa, ne parlerò con Sif e gli altri al più presto" Probabilmente gli anni passati al fianco del dio degli inganni gli avevano insegnato a mentire, sufficientemente bene almeno...

Jane lo guardò confusa: sapeva del piano, non i particolari certo, però non si spiegò perchè non ne volesse parlare con Æla, dopotutto avrebbe potuto aiutarli.

Il dio biondo non sapeva più da che parte guardare, Jane lo squadrava stranita, Æla era delusa e probabilmente aveva percepito la sua bugia (aveva fatto pratica con le altre persone a palazzo anni addietro, le era diventato facile riconoscere un inganno) inoltre nella stanza era calato un insopportabile silenzio imbarazzato che la mortale pensò bene di spezzare: "Bene, direi che mi piacerebbe conoscere Asgard prima di... insomma, visitare il Valhalla diciamo."
Thor sembrò svegliarsi e con un sorriso un po' forzato prese Jane sotto braccio, salutando Æla con un cenno del capo e con un' espressione che diceva "mi dispiace, ti dirò tutto più avanti" in volto.

La ragazza rimase sola a fissare il pavimento di legno pregiato dalle venature colorate di ogni tonalità di marrone: dal nero ebano al bianco avorio.
Riflettè molto sul da farsi e prese i libri che avevano esaminato con cura fino a poco prima e li portò nella sua stanza, anche se dovette fare alcune deviazioni a causa delle macerie nei corridoi.

Finalmente raggiunse la porta della camera e l'aprì piano, prestando attenzione a non far crollare nient'altro, dato l'aspetto malandato della parete.

Fortunatamente la stanza sembrava a posto, solo dell' intonaco era caduto un po' ovunque, sul pavimento e sui mobili. Spolverò il letto e vi adagiò i volumi con cura, si sedette sul materasso e si massaggiò leggermente le tempie, meditando su cosa fare visto che si sentiva vagamente d'intralcio a Thor.

Decise infine di far visita a Loki. Pensò che ormai avesse appreso la notizia e che non ne fosse entusiasta, infondo poteva essere un buon pretesto per vederlo dopo diverso tempo.

"Penso non sarà poi così felice di vedermi, mi salterà addosso o cose simili per la rabbia. Oppure mi aspetta un lato di lui che non conosco... ed è questo che mi spaventa a dire il vero." Asserì Æla tra sé e sé. "Mi ucciderà, non farò in tempo a tornare a casa." Concluse, scuotendo la testa mentre sorrideva.

Entrò nella prigione, ben diversa da come l'aveva vista l'ultima volta.
Era tutto distrutto e i corridoi erano bui e freddi perchè le celle erano vuote e non c'erano più i campi di forza a illuminarli.

I suoi passi risuonavano in echi lontani e distorti, mentre calpestava calcinacci e macerie varie che scricchiolavano sotto i suoi stivali.

Una sola luce distante illuminava fioca il corridoio, era arrivata ormai.
Prese un profondo respiro e accelerò il passo, sapeva che lui l'aveva già sentita arrivare.

Arrivò davanti al campo di forza giallognolo e lo vide in piedi di fronte a lei, la guardava come se nulla fosse successo; Æla si avvicinò e si lasciò illuminare il volto dalla luce fioca.

Loki continuava a scrutarla di sottecchi ma non parlò.
L'atmosfera era tesa e l'aria era appesantita dalla polvere che era scesa dai soffitti degli angusti corridoi durante la battaglia.

Il dio moro si avvicinò di qualche passo. Æla pensò che, nonostante la morte della Regina, Loki sembrava star bene. Abbozzò perciò un sorriso che voleva trasmettere cordoglio e una certa solidarietà, ma che il dio interpretò come una manifestazione di pietà nei suoi confronti.

Improvvisamente lui parlò, spezzando il silenzio che si era venuto a creare: "La situazione era tanto grave da richiedere anche l'aiuto delle ancelle? Pensavo che il potente dio del tuono e Padretutto avessero la questione sotto controllo." Si riferiva chiaramente all'armatura da combattimento della giovane.
Possibile dovesse essere così acido anche con lei?

Le sue parole fecero morire all'istante il sorriso sul volto di Æla, lasciandola interdetta, mentre il suo tono non ammetteva repliche, freddo e duro come immaginava.

"Non sono qui per pietà come credi, Loki. Sono qui perché anche io soffro molto la morte prematura di Frigga." Affermò seria e imperscrutabile lei.

"Cosa ti fa credere che io soffra per la sua morte? Non era nemmeno la mia vera madre. Gliel'ho fatto presente, sai." Il silenzio inghiottì l'ultima affermazione di Loki e il buio sembrò farsi più opprimente.

Æla si avvicinò alla barriera di luce per scrutarlo negli occhi e finalmente lo percepì: un misto di dolore e furia cieca.

Poi un'illuminazione.

"Io sono certa della tua sofferenza, come sono certa che io stia parlando con una tua proiezione e che quindi tu stia nascondendo il tuo reale stato.
Lo percepisco.
Percepisco il vuoto, il dolore e la rabbia che ardono non solo il tuo cuore, ma anche il mio."

Loki sembrò destabilizzarsi, quasi sorpreso che i poteri di lei fossero incrementati in modo da smascherare anche un suo inganno, ma forse era colpa del suo stato psicofisico del momento.

Ragionò in fretta con la poca lucidità che gli era rimasta e decise che non c'era più motivo per il quale nascondersi, o almeno, non un motivo valido di fronte a lei.

Mise perciò da parte l'orgoglio e chinando il capo ruppe l'incantesimo che lo proteggeva, rendendosi come nudo e impotente, cosa che non gli si addiceva affatto.

Æla rimase col fiato sospeso mentre il trucchetto del dio veniva meno; tutto si sarebbe aspettata ma, non poteva lontanamente immaginarsi una scena simile, non da Loki.

La cella era un completo disastro: i mobili erano a pezzi, sparsi per terra, un vassoio di frutta e un bicchiere erano stati scaraventati sul muro.
I libri che una volta erano raccolti in pile ordinate, giacevano sul pavimento candido, i muri bianchi erano percorsi da segni scuri, probabilmente le mani e le dita del dio.

Lo sguardo della ragazza cadde sul corpo cadaverico di Loki.
Già pallido e magro di natura, in quel momento sembrava confondersi coi muri, ma la folta e arruffata chioma corvina stagliava in quello scenario intriso di rabbia e dolore.
Gli occhi del dio erano infossati nel viso scheletrico, circondati da grandi occhiaie violacee, mentre le nocche delle mani erano arrossate a causa di violenti pugni che sembrava aver sferrato alle pareti.

Le vesti regali che portava parevano stracci consumati, la tunica verde e corta era stropicciata, i piedi scalzi erano lasciati stanchi sul pavimento freddo e uno dei due sembrava anche sanguinare.

Loki la fissava, ma non sembrava vederla, era perso, lo sguardo vacuo e gli occhi arrossati, spenti.
Sembrava di vederlo cieco o nella nebbia.

Regnava ancora una volta il silenzio, un silenzio assordante, che assorbiva tutto e riempiva la testa, che ti stritolava e non ti lasciava respirare.

Æla era sconcertata, sapere quanto doveva essere afflitto faceva male, ma vederlo addirittura così era una pugnalata al cuore.

Voleva avvicinarsi ma aveva quasi paura, le si riempiono gli occhi di lacrime sapendo che anche lui era tormentato quanto lei, anzi si vergognava quasi di essersi addolorata, ora che vedeva quanto Loki aveva penato e non sentiva più suo il diritto di soffrire.

Ciò che le aveva detto poco prima era chiaramente una menzogna, o così sperava, ma pensava che non fosse stato tanto il lutto a ridurlo in condizioni pietose, ma piuttosto i sensi di colpa.

Una lacrima scappò al controllo più o meno ferreo di Æla e scivolò silenziosa sulla pelle fino a raggiungere il collo, andandosi a schiantare sul corpetto metallico della corazza che ancora indossava. Si decise finalmente ad avanzare fino ad appoggiarsi sulla barriera con la fronte, passandoci attraverso e avanzando piano, ad occhi socchiusi, verso Loki che ancora stava a terra esausto.

"Ora mi vedi..." Un sussurro, nient'altro, era il massimo che potevano permettergli le sue forze assai ridotte, Loki la stava finalmente guardando negli occhi, ma lei nei suoi occhi vedeva il riflesso di un'anima nera che si agitava e si contorceva, autodistruggendosi lentamente.

A Æla si mozzò il respiro, volle che anche lui la vedesse debole e provata come si sentiva: si accucciò di fronte a Loki, sganciando la pesante armatura per lasciarla cadere con un tonfo metallico sul pavimento.

La fece scomparire e rimase col suo abito arancione a piangere in silenzio per Frigga ma anche per il dio moro che la scrutava stanco e interrogativo.

In un momento di sconforto si avvicinò ancora di più a Loki, affiancandosi a lui per appoggiare la schiena al muro.

Fissavano entrambi il vuoto, non servivano frasi fatte o parole dolci di circostanza per sostenersi ed era questo che Loki apprezzava di Æla: non le servivano parole per spiegarsi, anzi, entrambi pensavano che il modo peggiore per comunicare fosse proprio il linguaggio parlato.
Era fin troppo equivocabile e conoscendosi a vicenda sapevano che avrebbero rischiato di perdersi, con le parole.

Loki sembrava quasi non respirare, era immobile.
Æla decise di svegliarlo, distrarlo per un attimo, così appoggiò la testa sulla spalla esile del moro e, esitando, raccolse la mano ossuta del dio degli inganni tra le sue dita, facendo attenzione a non toccargli le nocche ferite.

Loki si ridestò dal suo "sonno" al contatto con la mano calda della ragazza e finalmente lo capì, la guardò con occhi diversi.
Si rese conto di non aver più nulla se non lei; si maledì ancora una volta per essere rinchiuso in quel posto, invece che vivere a palazzo e proteggere l'unica cosa cara che gli era rimasta.

Voltò il capo nella direzione di Æla e le strinse forte la mano: "È colpa mia Æla, è solo colpa mia. Perchè sei venuta?
Sono io la causa della tua sofferenza.
Ho indicato io la strada più breve per il palazzo al mostro, sperando che trovasse Odino e lo uccidesse, ma ho sbagliato tutto."
Stava cadendo ancora una volta nel baratro dei sensi di colpa e sembrava non volerne uscire.

"Non potevi saperlo..." Æla lasciò la frase a metà, come se avesse voluto continuarla ma non trovasse le parole giuste per farlo.

"Le ho detto anche che lei non è mai stata mia madre." Disse freddo, aumentando leggermente la presa sulla mano della ragazza, mentre con l'altra scaraventò lontano un calice che era stato travolto dalla sua furia precedentemente.

Æla sobbalzò al rumore di vetri rotti, il quale sembrò riaccendere il dio, portandolo ad emettere un grido furioso mentre lasciava la mano della giovane e si piegava in avanti chiudendo gli occhi, per poi sbattere la schiena addosso al muro, una volta finito di urlare.

Æla rimase attonita ancora una volta dal comportamento di Loki.
Il dio se ne stava con il capo reclinato all'indietro, le labbra livide e semiaperte, gli occhi chiusi.
Teneva ancora le mani in due pugni talmente stretti che le ferite sulle nocche si riaprirono, ma lui sembrò non farci caso.

Æla gli accarezzò una guancia e tornò ad avvolgersi al braccio del dio, cercando di calmarlo appena.

Lui sembrò finalmente sciogliersi un po', abbastanza da permettere a Æla di farlo distendere con la testa appoggiata nel suo grembo.

"Ti stai approfittando della mia debolezza ora, ma te la farò pagare cara."
Un sorriso gli increspò appena le labbra: "Stai imparando..."
"Ho avuto un valido insegnante." Rispose lei accarezzandogli i capelli e lasciandogli un dolce bacio in fronte.

Contro ogni aspettativa, le parve che Loki si fosse beato di quel casto bacio da parte sua.

"Va meglio?" Chiese cauta Æla, vedendolo vagamente più rilassato.

"No, affatto. Non mi perdonerò mai per quello che che è successo..."
Il dio lasciò volutamente la frase a metà, aspettando una reazione da parte della ragazza: "Ma...?"
"Ma sapere che ho ancora qualcuno per cui continuare a vivere in questo schifo, renderà più facile superare i millenni che devo passare qui dentro."

Lui stesso si chiese dove avesse trovato il modo di dirle una cosa del genere, assumendo un'espressione leggermente confusa in volto.

Decise di rimettersi seduto appoggiato al muro e in un attimo tornò alla realtà, sentendosi mancare il fiato quando ricordò tutte le sue colpe.

Alla fine sembrava troppo bello anche a lui rimanere inerme, con la testa come in stand-by, senza pensare a nulla per un attimo.

Però si deve sempre tornare nel mondo reale per sistemare le cose.

Improvvisamente Loki avvertì la presenza di suo fratello Thor nelle vicinanze della prigione e con un pretesto forse un po' troppo scortese, convinse Æla a tornare nella sua stanza.

Lei rimase interdetta dal repentino cambio d'umore di Loki, ma fece come le era stato detto, non voleva che tornasse a darsi la colpa per tutto.

"Ora divertiamoci ancora un poco..." il dio del caos ricreò l'illusione che aveva usato con Æla e lasciò che i suoi demoni tornassero a tormentarlo ancora.

Non aveva paura di fallire in quanto la chiacchierata con Æla lo aveva aiutato parecchio, ma il suo desiderio di "giocare" con Thor superava la paura dei sensi di colpa e poi ora aveva una marcia in più, per l'appunto.

Thor giunse davanti alla cella del fratello che come previsto sembrava ordinata e pulita come il suo ospite.

"Thor, dopo tutto questo tempo vieni a farmi visita... Perché?!"
Era la prima del suo spettacolo e Loki era il protagonista della sua tragedia, non poteva permettersi errori.

"Loki, basta. Niente più illusioni." Disse Thor risoluto e distaccato.

Purtroppo lo spettacolo era stato interrotto ma "the show must go on".

Loki sciolse la Malia, però non l'avrebbe data vinta così facilmente a suo fratello.
Decise di lasciare che i suoi errori lo consumassero ancora, solo allora continuò la sua recita che di finto aveva ancora ben poco...

Buon giorno (o notte)!!! Visto che sono riuscita a postare presto???? Che bello. Questo capitolo mi intriga parecchio, l'ho scritto abbastanza di getto perchè è stato come trascrivere la realtà, non so se mi spiego...
Rispetto ad altri capitoli, questo è quello che mi fa soffrire di più (Non preoccupatevi, credo accadrà di peggio muahah).

Finalmente scopriamo di più sui Discendenti del Sole (quanto mi piace questo nome😍) non vedo l'ora di andare avanti fino a quando...





















Eh no niente spoiler mi spiace😘

Spero sia di vostro gradimento e vi invito a lasciare qualche stellina qui sotto, fatemi felice, ho appena suonato a un concerto ahaha😂😘
Baci e alla prossima!🔥

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