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Capitolo 3

La casa si ergeva su una piccola collina erbosa, puntellata qua e là da fiori colorati. Era un imponente edificio di pietra levigata che veniva slanciato verso il cielo terso da numerose guglie e grandi arcate. Doveva essere stata una meravigliosa casa in passato, ma gli anni avevano sbiadito i suoi colori e l'edera si arrampicava ormai fino alle finestre più alte.

 Tutt'intorno si estendeva un fitto bosco di querce, i cui i rami si intrecciavano formando un tetto che filtrava la luce del sole, lasciandone passare solo qualche raggio solitario, che proiettava delle ombre nel sottobosco. Sul lato sinistro gli alberi si ritiravano, lasciando spazio ad una spiaggia di sabbia fine e bianchissima che brillava sotto la luce del sole rovente. Verso la fine di questa lingua di fuoco, troneggiava un'alta scogliera sulla quale le onde del mare s'infrangevano con forza, tanto che sembrava volessero abbattere quella parete rocciosa.

 Il garzone scaricò le nostre valigie e ci fece strada su per la collina, attraverso un sentiero di terra battuta che conduceva al portone d'ingresso. Il ragazzo si sporse in avanti e bussò. Il colpo fece vibrare il portale e, dopo qualche secondo, i battenti si aprirono con un cigolio.

 Davanti a noi comparve una donna sui cinquant'anni; indossava un vestito nero molto semplice e modesto e al di sopra un grembiule bianco. I suoi capelli bruni erano raccolti sotto una cuffietta anch'essa nera, aveva un viso paffuto, con delle guance rosee e un sorriso bonario le illuminava il volto.

« Ben arrivati signori! È un piacere avervi qui, vi mostrerò subito le vostre stanze così che possiate sistemarvi e cambiarvi per la cena. Billy si occuperà di portare le valigie. » 

Era quindi così che si chiamava. Billy. Era un nome che gli si addiceva.

 Dopo che fu scomparso con le valigie, aiutato da Oscar, la donna ci accompagnò per un grande atrio. Le pareti erano ornate da quadri colorati  e il pavimento era ricoperto da un grande tappeto persiano, che, giunsi alla conclusione, dovevano essere bottini di viaggio del defunto marito della mia prozia. La sala era illuminata dalla luce del sole, che filtrava dalle grandi finestre, dalle quali si poteva ammirare un bellissimo giardino. Alla fine dell'atrio si trovava una grande scalinata che portava al piano superiore, dove erano situate le camere da letto.

 « Oh, ma che sbadata! Non mi sono presentata, Yvonne, governante di questa casa da più di vent'anni. » disse la donna rivolgendoci un gran sorriso. Io subito lo ricambiai con entusiasmo, mentre mia madre si limitò a chinare leggermente il capo. « La signora Roy sta riposando, ma mi ha pregato di riferirvi che la cena sarà servita alle sette in punto nel salone. La nostra cuoca, la signora Suzanne, sta preparando una cena speciale per il vostro arrivo. » Arrivammo al piano superiore e Yvonne ci scortò nelle nostre stanze.

 La mia si trovava in fondo ad un lungo corridoio. Al suo interno vi erano un grande letto a baldacchino, una toeletta con tutto il necessario, una cassettiera e un armadio. Alla parete era appeso un bellissimo quadro, che ritraeva un giardino fiorito. Appena entrata mi gettai subito sul letto e affondai la faccia nel cuscino che profumava di bucato. Spalancai poi la finestra e inspirai profondamente l'aria impregnata di salsedine. Riuscivo a sentire il rumore del mare e mi beai dello spettacolo che stava avvenendo davanti ai miei occhi. Il sole stava infatti ormai toccando il mare e si tuffava sempre di più in quell'abisso. Era la prima volta in vita mia che vedevo un tramonto così bello. Rimasi a bocca aperta e mi sentii felice e libera come non mai. 

Quest'immagine mi rimase impressa in mente anche mentre mi spogliavo e mi immergevo nella vasca colma d'acqua.

 Poco prima delle sette scesi le scale e mi diressi nel salone nel quale si sarebbe svolta la cena.

 Entrai in una grande sala, illuminata da un lampadario di cristallo, le cui pareti erano completamente affrescate e al quale centro era posizionata una lunga tavola imbandita a festa. Non tardò molto che fece il suo ingresso anche mia madre. « Che casa graziosa, non trovi cara? Direi molto più elegante della nostra dimora a Parigi. Io l'ho sempre detto a tuo padre che avrebbe bisogno di una ristrutturazione! » disse con un allegro sbuffo. Il fatto che il suo umore fosse migliorato mi rasserenava, forse aveva finalmente cambiato idea sul viaggio. 

Alle sette Matilde Roy, la mia prozia, puntuale come un orologio, fece il suo ingresso nel salone. Era una donna sulla settantina, con i capelli canuti e fini raccolti in una crocchia sulla nuca. Il suo viso era scarno e solcato da alti zigomi che le conferivano un'aria austera, le labbra sottili erano serrate in un'espressione seria. Si spostava lentamente aiutata da un bastone da passeggio.

 « Ben arrivate signore! Spero che il viaggio non sia stato troppo faticoso. Le stanze sono di vostro gradimento? » chiese varcando la grande porta del salone. « Sono perfette, grazie signora Roy » rispose mia madre con un piccolo inchino. « Oh, presumo che questa sia Charlotte. Via fatti vedere ragazza. » Ubbidii e feci un giro su me stessa. « Ma quanto sei magra, i tuoi genitori non ti danno da mangiare? » L'ironia nella sua voce mi indispettì. « Per dir la verità mangio eccome » risposi con più fermezza di quanto pensavo di esser capace. « Oh beh almeno il carattere non ti manca! » disse e scoppiò in una fragorosa risata.

 Mia madre subito si irrigidì, questo comportamento non rientrava certo nelle buone maniere. Vederla così contrariata mi divertì molto e non riuscii a reprimere un sorriso.

Il resto della cena fu colmato da discorsi noiosi e così, arrivati alla portata principale, smisi di ascoltare. 

Quella sera, nel mio letto, ripensai alla bellissima giornata passata e a Billy. Chissà se lo avrei rivisto il giorno seguente. 

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Ciao ragazzi! Questi primi capitoli sono molto descrittivi, nei prossimi cercherò di inserire una narrazione più veloce. Se avete dubbi, consigli o critiche scriveteli nei commenti!

Alice :)

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