15 - Stubborn
Il mio tentativo di evitare le domande di Jonathan si rivela un totale buco nell'acqua: sul telefono ho una tonnellata di messaggi e chiamate di Liam, qualcuna di mia madre e diverse notifiche inerenti ai social. Presto attenzione a queste ultime in primis, poi fingo che mia madre mi abbia appena chiamata e mi rifugio nella camera di Leighton per telefonarle.
- Minnie, tesoro! Buongiorno, come stai? - mi risponde subito, l'ansia e l'affetto in un tono di voce unico.
- Benone, mamma, tu?
- Non mi lamento. Tuo padre russa di meno da quando ha iniziato a prendere le pastiglie, sai?
Commento per un po' fatti di natura quotidiana con mia madre, poi le dico che devo assolutamente andare perché Leighton mi aspetta. Il fatto che io sia a casa sua e che lei mi voglia triturare, conta poco in questo momento.
- D'accordo, tesoro, fate le brave e salutami quella matta. Ciao.
- Va bene, ciao mamma. Ti voglio bene. - concludo la chiamata.
Non appena mi volto, trovo Leighton a braccia conserte con l'espressione molto, molto incazzata in viso.
Prendo un bel respiro. La mia amica sa davvero incutere timore.
- Mi spieghi cos'era quello? - mi aggredisce subito.
- Cosa?
Alza gli occhi al cielo.
- Quel faccino patetico da pesce affumicato che avevi quando Liam è sbucato fuori dal mondo degli stronzi recidivi.
- Non avevo un'espressione patetica! Non mi aspettavo che tornasse così, all'improvviso! - ribatto.
Leighton sospira, esasperata.
- Eri talmente sorpresa da non riuscire a mettere due frasi in piedi per mandarlo via? - domanda.
Deglutisco.
- Okay, consideriamo il fatto che avevate una relazione splendida.
Annuisco, cauta.
- E il fatto che tu abbia sofferto tanto quando se n'è andato.
Continuo ad annuire.
- Non ti passa per la testa l'idea che potrebbero chiamarlo in Burundi domani stesso e che partirebbe all'istante, pur di guadagnare i soldi promessi? Non si è fatto scrupoli a lasciarti una prima volta e, ahimé gli uomini non cambiano, perciò mi sento in dovere di avvertirti che può succedere di nuovo. Io ti credo una persona intelligente, Minnie, non farmi dubitare di questo. - spiega.
- È che... Mi sembra di rivedere lo stesso Liam dell'estate scorsa. Quello spensierato, con mille progetti ed idee, ma nessuno dei quali a mia esclusione. - confesso.
Leighton scuote la testa, disperata.
- Amica mia, il passato non torna indietro. Ti prego, non cedere alle illusioni. - persevera.
Perché è tutto così difficile quando ci vanno di mezzo i sentimenti?
Mi si stringe il cuore alla prospettiva di tornare ad essere il fantasma che ero fino a qualche settimana fa, ma non so se potrei vivere in pace con il dubbio di come sarebbe scegliere Liam sempre fisso nella mente. Sento di non aver ancora superato la relazione con lui. Qualcosa mi blocca. Ma come lo spiego a Leighton?
Lei non si è mai innamorata. Non ha mai trovato un ragazzo con cui ci fosse l'intesa che c'era tra me e Liam; e non lo dico per cattiveria, lei stessa lo confermerebbe. Per questo motivo, le sue parole mi paiono filtrate da occhi molto diversi dai miei, che forse non sono adatte al mio vissuto.
- Minnie, lo dico per il tuo bene, lo sai, vero? - domanda poi, delicata.
Mi slancio in un abbraccio e, con la guancia contro il tessuto morbido della sua vestaglia, mi sento immediatamente meglio. È come se parte del peso che porto sulle spalle fosse stato scaricato. Un bel sollievo.
- Lo so, Leigh, non ne dubiterei mai.
Il momento tenero finisce in fretta, perché nessuna delle due adora profòndersi in gesti dolci e affettuosi.
Torniamo quindi in cucina e iniziamo a fare colazione. Jonathan lancia occhiate confuse ad entrambe.
- Minnie. - mi richiama Leighton.
La fisso, in attesa. Lei fa un cenno col capo verso suo cugino.
Oh, quindi devo davvero parlargli del mio ex?
- Ti tocca. - conferma la mia amica.
Sospiro.
Finisco il cornetto alla crema, freddo per via di tutto ciò che è successo da quando sono arrivata a quando ci siamo seduti a fare colazione, e mi risolvo a cominciare. È giusto che sappia anche lui, se intende approfondire il rapporto con me.
- Quello che hai visto qui fuori... Che probabilmente se n'è andato... Be', è il mio ex. - esordisco.
Jonathan deglutisce e assume un'espressione seria.
- Certo, era plausibile. - commenta.
- Ci siamo lasciati circa sei mesi fa ed è stato un duro colpo... Per entrambi, credo. Spero. Non posso essere l'unica cogliona ad aver sofferto, no? - sfocio in una breve risata amara.
Jonathan riflette in silenzio per qualche istante.
- Perché vi siete lasciati, se posso saperlo?
Non ha senso nasconderglielo.
- Ha accettato un incarico a Sydney, in Australia, di sei mesi e ora è tornato. Credo che l'abbiano chiamato per un nuovo impiego qui a Londra. - spiego.
- Quindi non c'era niente che non andasse fra voi. - osserva Jonathan.
Lo guardo negli occhi, trovando nel colore scuro delle sue iridi pura curiosità. Chissà cosa gli passa per la testa.
- Evidentemente qualcosa c'era, altrimenti non ci saremmo lasciati. - lo correggo, amareggiata.
Leighton non ha fatto parola e questo è strano: che fosse troppo impegnata a studiarmi minuziosamente?
Nonostante la delicatezza dell'argomento di cui stiamo parlando, non sento pressioni. È come se stessi parlando tranquillamente di un evento infelice della mia vita, ma senza soffrire più a tirarlo fuori per l'ennesima volta, con persone aperte all'ascolto e distanti dai pregiudizi.
È una bella sensazione.
- Giusto. - concorda Jonathan.
Apprezzo che non aggiunga ulteriori domande, perché anche se non sono sotto pressione, il mio ex non è comunque il mio argomento preferito di conversazione.
L'appartamento resta immerso in un tiepido silenzio per alcuni minuti.
- Credo che tu abbia accettato di passare la giornata con me, alcune sere fa. - mi si rivolge improvvisamente Jonathan.
Sollevo lo sguardo su di lui.
- Sì, può darsi. Dipende da cosa facciamo, però. Sono ancora in tempo per tirarmi indietro. - replico.
Jonathan sorride, mite ma determinato.
- Non puoi tirarti indietro, ormai. Hai fatto una scelta e mi assicurerò che la rispetti, costi quel che costi. - afferma.
Impressionata, lo guardo con curioso interesse.
- Per la serie "non mollo l'osso neanche se è avvelenato", ecco a voi Jonathan Meester, signore e signori. - lo appella Leighton, teatrale.
Ignoro il sottile sarcasmo insito nella perifrasi della mia amica, perché l'osso avvelenato sarei chiaramente io, e ridacchio.
- Si chiama tenacia, cuginetta. - controbatte il ragazzo.
- Si chiama "essere più testardo di un mulo bombato di steroidi". - replica Leighton.
Lo schermo del mio cellulare si illumina e vedo lampeggiare lo stesso nome che riempie la cronologia delle mie telefonate ricevute da meno di quarantotto ore.
Altro che steroidi...
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Preparatevi ad innamorarvi di Jonathan e a volerlo nella vostra vita.
Io nella mia lo vorrei, soprattutto adesso che annego nella preparazione per la maturità.
Love you 🍰
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