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Decidere di andare a Tokyo fu probabilmente una delle scelte più difficili della mia vita. I miei genitori ed i miei fratelli pensavano che stessi andando a trovare una mia vecchia compagna di classe, ma in realtà Yoshihiko Kohara mi stava aspettando alla stazione principale.
Era stato un viaggio interminabile, ma per fortuna messaggiare con Suna e leggere un libro avevano occupato la maggior parte del mio tempo. Arrivai per l'ora di cena.
Scesa dal treno, chiamai Yoshihiko, ed in qualche modo riuscimmo a trovarci.
Entrambi eravamo terribilmente imbarazzati. Come potevamo non esserlo, d'altronde, era una situazione assurda.
«Ciao,» disse lui, passandosi una mano sul collo. «Com'è andato il viaggio?»
«Bene»
«Mi fa piacere. Hai fame?»
«Un po'»
«Andiamo, ti porto in un posto».
Camminammo per qualche minuto. Yoshihiko provava a fare conversazione, a cavarmi qualche parola di bocca, ma era come se fossi tornata bambina ed avessi scordato come elaborare una frase, rispondendo solo a monosillabi. Però, proprio come una bambina, non potevo fare a meno di osservare il fratellastro di mio padre e chiedermi se quest'ultimo gli assomigliasse almeno un po'. Yoshihiko era alto e ben piazzato, con dei capelli corvini e gli occhi marroni. Era giovane, tra i trenta e i trentacinque anni al massimo. Aveva delle lentiggini appena visibili sparse sul naso e, quando si tolse la giacca dentro al ristorante, notai che ne aveva qualcuna anche sulle braccia.
Mangiammo con calma, interrompendo il silenzio solo di rado, con conversazioni spicce.
«I tuoi genitori adottivi sanno che sei qui con me ora?»
«Sì,» mentii.
«Loro come sono? Ti trattano bene?»
«Non potrei chiedere di meglio»
«E sei la loro unica figlia?»
«No, ho due fratelli»
«Più grandi o più piccoli?»
«Siamo coetanei»
«E sono stati adottati anche loro?»
«No, sono i loro figli biologici»
Ogni domanda di Yoshihiko era scandita da un silenzio di qualche minuto e sembrava parlare come se fosse sulla lama di un rasoio.
Io non sapevo ancora se essere agitata o calma. Per il momento, mi ero sentita come se fosse tutto un sogno, un'illusione, come se non fosse reale.
Yoshihiko pagò la mia cena anche dopo che gli avevo chiesto di non farlo, dicendo che era "uno dei tanti regali arretrati che doveva farmi".
Ormai era tardi, quindi mi accompagnò al bed and breakfast che avevo prenotato per la notte. Questo era un po' fuori dal centro, mezz'ora in macchina, ed era vicino a dove Yoshihiko mi aveva detto di abitare.
«Non mi hai ancora chiesto nulla,» osservò mentre guidava. Non c'era accusa o preoccupazione nel suo tono. Probabilmente comprendeva che fossi ancora confusa.
«Sto cercando di capire cosa voglio sapere e cosa no,» dissi.
Lui annuì piano e non parlò per il resto del viaggio.
«Buonanotte, [T/n]» mi salutò.
«Buonanotte, Yoshihiko»
La mia stanzetta era piccola, con soltanto un letto ed un piccolo comodino. La receptionist mi aveva fatto vedere dove fossero i bagni in comunque, quindi mi diedi una sistemata ed andai a letto.
Suna mi aveva scritto un po' di messaggi.
[da: Rin]: Tutto ok? Hai raggiunto la tua amica?
[da: Rin]: Hey? Dammi un segno di vita, ho paura che ti abbiamo rapita alla stazione
[da: Rin]: Scusami, non voglio starti addosso, voglio solo essere sicuro che non ti sia successo niente. Per favore chiamami appena vedi i messaggi
[da: Rin]: Se entro mezzanotte non avrò tue notizie chiamerò la polizia. Mi farai morire, [T/n]. Chiamami, ti prego
Non persi tempo e lo chiamai. Mancavano giusto venti minuti alla mezzanotte e non era proprio il caso di farmi venire a cercare dalla polizia.
«[T/n], grazie al cielo!»
«Scusami Rin, avevo il telefono mezzo scarico, volevo tenerlo buono solo per le emergenze, non ho proprio visto i tuoi messaggi»
Lui sospirò dall'altra parte dello schermo, «Non fa niente. L'importante è che tu stia bene. Però, cavolo, la prossima volta almeno avvisami. Avrei davvero chiamato la polizia»
Mi venne da ridere, solo un po'. «Lo so, lo so»
«Non ridere! Ero preoccupato, scema»
Nonostante le sue parole, ero sicura che stesse sorridendo.
«Com'è andata la serata?»
«Bene, siamo andate a mangiare qualcosa e abbiamo chiacchierato. Domani mi farà fare un giro»
«Ti sei divertita? Sei stanca?»
«Sì e sì.» Mi rigirai nel letto. «Vorrei che tu fossi qui. Staremmo un po' stretti, ma non mi importerebbe»
«Stai bene?»
«Sì,» mentii. «Perchè?»
«Perchè non sei mai così dolce senza un motivo. E poi, hai una vocina...»
«Sono solo stanca. Inoltre, non mi capita mai di dormire completamente sola, senza qualcuno che conosco nella stanza affianco. Non pensavo che mi sarei sentita così...»
«Sola?»
«Nostalgica.»
«Tornerai prima che tu te ne renda conto»
«Lo so, lo so» chiusi gli occhi per qualche secondo. «'Notte, Rin»
«'Notte. A domani»
Sentire la voce di Suna mi aveva fatto bene, tantoché riuscì ad addormentarmi dopo poco, senza essere sopraffatta dai pensieri.
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