37
Bevvi in silenzio, rispondendo a qualche domanda di Yuki ed ascoltandola conversare con il fratello. Era molto simpatica, sarcastica come Rin, ma più dolce ed espressiva.
Finito il thè, Yuki sparì in camera sua per fare dei compiti e Suna ed io rimanemmo in cucina da soli.
Nessuno dei due aveva intenzione di parlare per primo. Mi guardavo intorno senza posare lo sguardo su di lui, imbarazzata. Perché non me ne andavo? Suna evidentemente non voleva parlare ed io avevo fatto quello che dovevo fare. Che motivo avevo per rimanere ancora?
«Vuoi... Studiare con me?» chiese Suna incerto.
Ero arrivata direttamente da scuola, quindi avevo del materiale per portarmi avanti. E poi, stare più tempo con Suna significava poter capire meglio cosa gli stava succedendo.
«Se non disturbo, volentieri,» risposi.
Suna si alzò e si incamminò verso la sua stanza senza dire niente, sicuro che l'avrei seguito, cosa che feci.
«Preferisci metterti sulla scrivania o sul letto?» chiese.
«È indifferente. Scegli tu.»
Lui prese il quaderno che gli avevo portato e si mise sul letto, lasciandomi la scrivania, ed iniziò a sfogliarlo.
Studiammo in silenzio per quasi un'ora. Non riuscivo a concentrarmi molto, a dire il vero. Mi distraevo spesso nel guardare Suna di soppiatto. Sembrava sempre il solito, ma quel livido in faccia mi faceva provare una bruttissima sensazione allo stomaco ed al petto.
Ad un certo punto, chiusi il mio libro e misi a posto le mie cose per andarmene.
Suna alzò lo sguardo. «Che fai?»
«È meglio che vada. Ci metterò un po' a tornare a casa da qui. Non voglio fare tardi.»
«I gemelli si staranno ancora allenando. Resta qui ancora un po'. Non voglio lasciare Yuki da sola, ma posso portarti a casa non appena arriva mia madre.»
«Non ce n'è bisogno, davvero,» gli sorrisi. «Grazie per l'ospitalità e per il tè, ma -»
«Che ti succede?» mi interruppe Suna.
Lo guardai accigliata.
«Perché parli così pacatamente? Non ti riconosco più.»
«Non so di cosa stai parlando.»
«Oh, andiamo, [T/n]!» Suna si alzò dal letto, mettendosi di fronte a me in tutta la sua altezza. «Non è da te essere così... Così tranquilla. Non con me.»
Abbassai lo sguardo per non incontrare il suo. Aveva ragione: non era da me. Dentro di me sentivo di volergli urlare contro e di convincerlo a tornare a scuola, a costo di svegliarmi ogni giorno due ore prima per venirlo a prendere e trascinarlo fuori di casa. Però non vedevo Suna sorridere da troppo tempo ormai. Se comportarmi con lui in maniera diversa gli avrebbe strappato anche solo un piccolo, piccolissimo sorriso, allora ne sarebbe valsa la pena. Non ero così presuntuosa da pensare che sarei bastata io per renderlo felice, ma se potevo cambiare anche di poco la sua situazione attuale...
«Qualche tempo fa mi hai detto che il modo in cui mi comporto con le persone è fantastico. Ho pensato di provare a comportarmi così anche con te. Non so, magari lo avresti apprezzato.» Mi strinsi nelle spalle. Mi sentivo stupidamente fragile.
Suna mi fece alzare il viso con un dito, fissando i suoi bellissimi occhi verdi nei miei. «Ma che stronzate vai dicendo? Se ti vuoi comportare da stronza con me, fallo! Non mi farai allontanare così facilmente, anche se sei insopportabile a volte.»
Lo fissai, cercando in tutti i modi di non vedere più quel maledetto livido, ma solo la sua pelle chiara.
«E allora perché non parli più con me?» mormorai.
Suna quasi sussultò dalla sorpresa. Nemmeno io mi aspettavo che delle parole del genere sarebbero uscite dalla mia bocca.
La mano che mi stava tenendo il viso alzato ricadde al suo fianco ed il moro si allontanò di un paio di passi da me, contraendo i muscoli della mascella.
Si sta arrabbiando? Sono suonata egoista? Sicuramente è così. Come posso pretendere che parli con me se per lui non sono assolutamente niente? Stupi-
Ad interrompere i miei stessi pensieri furono le labbra di Suna che attaccarono le mie. Mi ero quasi dimenticata com'era baciarlo e quanto mi mancasse quella sensazione. Era un bacio deciso e quasi disperato. Misi una mano sulla sua guancia per poi toglierla appena lo sentii sussultare sotto il mio tocco; mi ero dimenticata della ferita.
Mi staccai per dirgli, «Scusami-». Ma Suna non mi lasciò il tempo di finire perché mi zittii baciandomi di nuovo.
Quando ci separammo, Suna mi mise una mano sulla guancia ed appoggiò la fronte alla mia. «Scusa,» mormorò. «Non volevo farti sentire sola.»
Il mio cuore si fermò per un momento e mi venne quasi da piangere. Non l'avevo ammesso a me stessa, ma era vero. Da quando Suna si era chiuso in sé stesso mi sentivo tremendamente sola. 'Tsumu era sempre più preso dalla pallavolo, 'Samu spariva di continuo ed io e Kumiko sembravamo avere sempre più segreti a dividerci. Suna, anche nel suo modo di fare così sprezzante e talvolta fastidioso, era l'unico a farmi capire che per lui non ero indifferente, e si accorgeva della mia presenza anche quando gli altri non lo facevano.
«Idiota,» dissi. «Sei un idiota. Non sei tu quello che si deve scusare.»
Ero una persona pessima. Avevo scelto di aiutare Suna perché ero preoccupata per lui, o solo perché speravo di sentirmi meno abbandonata? Come potevo essere così egoista?
Strinsi la maglietta del ragazzo che mi trovavo davanti tra le mani. Ero così arrabbiata... Con me stessa e con il mondo intero, tranne che con lui. Strano, di solito era il contrario.
«Non voglio che tu mi dica tutto quello che ti succede o che ti fidi ciecamente di me, ma non chiudermi fuori. Voglio aiutarti. Voglio che torni a scuola e che ti alleni come un pazzo per andare ai nazionali con la tua squadra e per seguire il tuo sogno di diventare un professionista,» parlai senza fermarmi. «Qualsiasi cosa ti stia frenando possiamo sistemarla. Ti prego, Rin. Odio vederti buttare via tutto quello per cui hai lavorato duramente fino ad ora.»
Suna mi accarezzava una guancia con una mano e la schiena con l'altra. Mi diede un altro bacio, più corto del primo ma altrettanto intenso.
«Sei veramente testarda, lo sai?» rise piano, ed io sentii l'aria riempirmi i polmoni come se fosse la prima volta. «Ma non posso farmi vedere in giro conciato così -» indicò il livido sul suo volto «- altrimenti chissà cosa penserà la gente.»
«Vaffanculo la gente! E se è solo questo il problema, allora ti insegnerò a coprirlo con il trucco come ho sempre dovuto fare io con i tuoi maledetti succhiotti.»
Suna rise di nuovo. «Il trucco... Come ho fatto a non pensarci prima?»
Mi baciò ancora, come per premiarmi per la mia splendida idea. Lo guardai intensamente negli occhi, senza chiedere niente ad alta voce, ma sapevo mi avrebbe capita. Ero ancora preoccupata per lui e non mi spiegavo il perché delle sue continue assenze.
Suna sospirò. «Prometto che ti racconterò tutto prima o poi, ma non ora. Ora non hai tempo per occuparti di me.»
«Stupido. Non hai bisogno che io mi occupi di te, non sei un bambino. Però i miei appunti ed i miei consigli possono aiutarti, no? Ed io non ci spendo nemmeno così tanto tempo dietro.»
Suna annuì. «Anche se te lo volessi impedire, non mi permetteresti di non farmi aiutare, vero?»
«Vero.»
Il moro sorrise e mi baciò la fronte. «A volte sono convinto che sei stata creata apposta per rendermi la vita più semplice,» sussurrò, appoggiando il mento sulla mia nuca.
Gli circondai i fianchi e mi appoggiai al suo petto. «A volte sono convinta che hai una visione troppo positiva di me,» mormorai a mia volta.
«Probabile,» mi prese in giro.
Sorrisi e non dissi altro. Mi sembrava di riuscire a respirare dopo settimane di apnea, finalmente.
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