14
Erano passate due settimana da quando Suna aveva smesso di parlarmi. Non riuscivo a spiegarmi perché mi desse così fastidio. Infondo, mi trattava come una semplice compagna di classe con cui non aveva un rapporto particolare, niente di più e niente di meno.
Non rispondeva nemmeno più ai miei scherzi. Avevo nascosto tre volte i suoi vestiti da allenamento in quei giorni, ed ogni volta aveva semplicemente mandato Atsumu o Osamu a riprenderli. Ci stavo un po' perdendo le speranze.
Quella sera, Suna era andato via più presto del solito dopo aver ricevuto una chiamata da suo padre.
Erano le tre di notte, ed io non riuscivo a dormire. A volte mi capitava ed era estremamente fastidioso.
Sentii qualcuno muoversi nel corridoio. Non riuscendo a stare ferma, decisi di intercettare chiunque fosse per parlare almeno qualche minuto. Mi stavo annoiando a morte.
Quando uscii dalla mia stanza, le luci erano tutte spente. Pensavo che qualcuno fosse andato in bagno, ma non era così.
Scesi al piano inferiore e vidi 'Samu aprire la porta d'ingresso. Suna era in piedi, completamente bagnato dalla pioggia, con uno zaino in spalla.
Rimasi ai piedi delle scale. Se fossi tornata di sopra, mi avrebbero comunque vista ed avrei fatto la figura di quella che scappava. Non credevo che a Suna avrebbe fatto piacere se mi fossi avvicinata, quindi rimasi immobile a fissarli.
«Sei venuto a piedi dalla stazione? Non ho sentito il rumore di una moto,» chiese 'Samu.
«La moto è ancora da sistemare. E non ci sono treni a quest'ora. Ho fatto autostop, mi hanno lasciato ad un chilometro da qui,» rispose Suna, entrando.
«Sei già stato fortunato ad aver trovato qualcuno alle tre di notte. Qualcuno che non ti abbia ucciso o stuprato, intendo. Dovevi chiamarmi subito. Ti saremmo venuti a prendere.»
«Non volevo disturbare i tuoi.»
Suna girò lo sguardo ed incontrò il mio. Mi fece un cenno con la testa.
«Che succede?» chiesi prima di riuscire a fermarmi.
Non pensavo mi avrebbe risposto, invece disse, «Ho avuto dei problemi con mio padre. Starò qui solo stanotte, non preoccuparti.»
Mi strinsi nella mia felpa. «Non è un problema se hai bisogno di rimanere di più.»
Non so perché mi stessi comportando in modo così docile con lui. Forse ero troppo empatica, ed immaginare di dover scappare da casa mi faceva stare molto male.
Suna annuì leggermente.
«Buonanotte,» salutai entrambi, e tornai in camera mia.
Li ascoltai muoversi per la casa ancora per qualche minuto, poi tutto tacque.
Mi dispiaceva per Suna. Mi era sembrato così triste quando era entrato in casa nostra... Chissà cos'era successo tra lui ed il padre.
Presi il telefono in mano e scrissi un messaggio a Kumiko, chiedendole se fosse sveglia. Avevo voglia di parlare con qualcuno, ma a quell'ora chi poteva essere ancora alzato?
Aspettai una risposta dalla mia amica, ma quella non arrivò e, senza rendermene conto, mi addormentai.
«Assolutamente no,» dissi ad Atsumu ed Osamu, che stavano cercando invano di convincermi ad andare ad una festa con loro quel weekend.
«Ma perché?» si lamentò il biondo.
«Perché hanno invitato Suna che ha invitato voi due, e sicuramente a lui non farebbe piacere se venissi.»
«Guarda che glie lo abbiamo chiesto,» fece Osamu, annoiato.
«Non era particolarmente entusiasta all'idea, ma ci ha detto che per lui va bene se vieni anche tu,» disse Atsumu.
Lo guardai, aspettando che si rendesse conto delle sue stesse parole. Lui sbuffò e borbottò un «Hai capito cosa intendo.»
«Andiamo, [T/n],» supplicò Osamu. «La situazione è diventata ridicola tra te e Suna. Vogliamo solo passare del tempo con te.»
Sorrisi. Era ironico, perché, soprattutto io e 'Samu che eravamo nella stessa classe, eravamo praticamente sempre insieme. Effettivamente non capivo perché volessero così tanto che andassi a quella festa con loro. Forse era perché mi avevano vista un po' giù di morale in quei giorni, o forse semplicemente perché volevano veramente passare del tempo con me.
«Puoi anche invitare Kumiko se vuoi,» propose Osamu dopo il mio silenzio prolungato.
Sospirai. «E va bene. Ma come facciamo ad andarci? È lontano e non abbiamo la macchina.»
«Possiamo prendere un taxi o qualcosa del genere,» propose Atsumu.
«Da quanto ho capito probabilmente ci saranno anche Iseri e Miyagawa. Loro potrebbero darci un passaggio, no?» riflettè Osamu.
«Dipende da quanti siamo,» feci io. «Gli parlerò domani a scuola. Se Kumiko non viene e loro due non portano nessuno, potremmo andare con una sola macchina.»
I miei fratelli annuirono, d'accordo con me.
Suna era restato da noi per due notti e poi era tornato a casa sua. Non avevamo parlato, se non per i soliti convenevoli, ed ero stufa della nostra situazione. Se alla festa - o meglio, alla rimpatriata degli ex compagni di scuola di Suna - avessimo bevuto un po', magari, sarei riuscita a farlo sciogliere e a farci pace una volta per tutte.
Il giorno dopo parlai con Kumiko, che disse di non poter venire perché aveva il saggio di danza della sua sorellina, e con Miyagawa ed Iseri, che dissero che non c'era alcun problema nel darci un passaggio visto che eravamo giusti giusti per stare in una macchina sola. Riuscii anche a chiedere a Suna se veramente gli andasse bene che venissi anche io.
«Fai come vuoi,» mi aveva risposto. «Per me è indifferente.»
Ma sapevo che non lo era.
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