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45. A Te

Con gli occhi bassi stavo in fila con i disillusi, tu mi hai raccolto come un gatto e mi hai portato con te
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L'ultima volta che mi ero svegliata in quel letto ero spaventata, in panico, colpita da un'amnesia post sbornia che non mi permetteva di ricordare come fossi arrivata lì. E me ne ero andata senza nemmeno voltare la testa.

Adesso invece ricordavo tutto: ero lì perché amavo Prinz e finalmente mi ero decisa a tirarlo fuori dal nascondiglio in cui era stato tutto quel tempo. Mi girai verso di lui, era già sveglio. Una sorta di imbarazzo iniziale svanì appena mi sorrise e io feci lo stesso.

- Dormito? - domandò. Annuii.

- Che ora è? - chiesi.

- È presto, sono solo le sette e un quarto. -

- Io non ho più sonno, - dissi avvicinandomi a lui - ho solo voglia di baciarti ancora e stare con te. -

- Ti riaccompagno a casa io, più tardi, ok? -. Annuii prima di appoggiare le mie labbra sulle sue e abbandonarmi ad un bacio e a un altro ancora.

Quando andammo in cucina sua madre era già sveglia, pronta ad accoglierci per la colazione.

Pane e nutella erano apparecchiati sul tavolo e la caffettiera sul fuoco.

- Buongiorno, dormito bene? - domandò in maniera cortese, con gli occhi raggianti. Annuii e contraccambiai il buongiorno con un sorriso.

Ero più sciolta rispetto alla sera precedente: avevo pensato di esserle sembrata una smorfiosa che non rivolgeva la parola agli sconosciuti, dato il mio mutismo ma poi, riuscii a presentarmi al meglio nel dopocena. O almeno così credevo di aver fatto.

In realtà, ero imbarazzatissima e tutt'ora, quando i miei occhi incrociavano i suoi, non riuscivo a reggere lo sguardo, nonostante trasparisse rassicurazione, complice anche il fatto che gli occhi del figlio erano del suo stesso colore, quel verde quasi azzurro in cui era facile perdersi.

- Accomodatevi, avanti. -

Ci sedemmo negli stessi posti della sera precedente. Prinz prese la mia mano sotto il tavolo e mi guardò; contraccambiai, stringendola per fargli sentire la mia vicinanza. Non mi sarei più allontanata da quel nostro piccolo angolo di paradiso

***

Prinz mi riaccompagnò a casa in moto. Per tutto il tragitto mi sentii come ai vecchi tempi. Quando si fermò davanti al cancello, lo invitai a entrare ma lui scosse la testa.

- Meglio se gliene parli prima. Sei andata via con il damerino e torni con quello scapestrato. -

- Senti, non voglio che ti senti così, ok? Non c'è più alcuna ragione per portarti dietro quell'etichetta. -

- Per certe persone è difficile togliere le etichette -. Gli presi nuovamente la mano come poco prima e la strinsi forte, incrociando le sue dita nelle mie.

- Io ho scelto te, da sempre. Non mi è mai importato ciò che pensano gli altri. Ora noi siamo qui per ricominciare e andare avanti -. Prinz sorrise e mi diede un bacio.

- Ci sentiamo più tardi. Tienimi aggiornato. - disse infilandosi il casco. Annuii. Lo salutai dispiaciuta che se ne andasse e lo guardai allontanarsi all'orizzonte.

Rientrai in casa e togliendo il cappotto mi accorsi che tutti erano in casa. In fondo erano le undici e mezza: mamma in cucina, papà in salotto a guardare la tv e mia sorella con il suo portatile sul divano. Sembrava mi aspettassero tutti al varco: che lo sapessero?

- Sei tornata, tutto bene la cena al mare? - disse papà alzandosi in piedi. No, non lo sapevano.

- Si, eccomi qui. - risposi eludendo la sua domanda. Mamma uscì dalla cucina sentendo la mia voce.

- C'è anche Stefano? -. scossi la testa.

- No, lui non c'è -. Mia sorella alzò lo sguardo dal portatile e rimase in silenzio ad ascoltare la scena. Aveva mantenuto il segreto.

- Potevi dirgli di entrare, se voleva poteva fermarsi a pranzo. - incalzò mamma.

Presi un respiro e gettai un'occhiata a Cinzia: lei mi sorrise per incitarmi a parlare. - Sentite, io e Stefano non stiamo più insieme. -

Mamma e papà impallidirono. - Cos'è successo? -

- Niente mamma, è solo che mi sono accorta che non volevo stare con lui -. Mi ero preparata l'alibi perfetto nel tragitto da casa di Prinz alla mia. - Alla festa c'era anche Francesco Lorenzi, lo ricordate? Ci siamo messi a chiacchierare e ho capito che era lui il ragazzo con cui volevo stare -.

I miei si irrigidirono come due stoccafissi e per qualche secondo non proferirono parola. Cinzia mi fece l'occhiolino e mi mostrò il pollice in segno di ok.

- Stefano era un bravo ragazzo. Serio, soprattutto. - puntualizzò mamma.

- Francesco non è più un teppista. È stato riammesso nella squadra di basket, è tornato a frequentare la scuola e sta facendo volontariato civile. -

- Quel ragazzo sei mesi fa ha preso in ostaggio il preside e un poliziotto e li ha minacciati con una pistola. - insinuò papà, alzando la voce.

- Quel ragazzo è cambiato o io non sarei tornata con lui. - affermai. Ci fu un attimo di silenzio.

- Tornata? - domandò mamma.

- Io e lui stavamo insieme l'anno scorso, prima dell'incidente di fine anno in cui era stato coinvolto un altro studente. Ma lui era innocente! -

I miei si guardarono negli occhi spaventati e papà scosse la testa. - Spero che tu stia scherzando. - puntualizzò. Non sapevo che dire per farglielo capire.

- Scusate, ma vi ricordo che è merito di quel ragazzo se Sarah è qui ora -. Cinzia prese parola spezzando una lancia a mio favore - È stato lui a salvarla. Ho parlato con lui e vi assicuro che a parte qualche problemuccio in passato, è un bravo ragazzo -. Mamma e papà guardarono all'unisono mia sorella, sorpresi del suo intervento. - Ehi, ho un'idea: perché non lo invitate a cena? Così avrete occasione di conoscerlo. -

Mi vennero i sudori freddi: mia mamma avrebbe messo veleno per topi nella sua porzione e papà gli avrebbe fatto il quarto grado. Era tuttavia un'idea carina per cercare di calmare gli animi e soprattutto, dargli occasione di conoscerlo meglio.

- Che ne pensi, Sarah? - mi apostrofò Cinzia.

- Si, è una buona idea. - risposi anche se nel profondo ero un po' perplessa.

Mamma e papà rimasero in silenzio qualche secondo, obiettando tra di loro.

- Dai, se incontrate Bryan, è giusto che vediate anche lui, non trovate? -. Ecco, la perla: come negare un favore alla figlia prediletta? Alla fine, mamma si arrese.

- Te lo concedo, ma non ora, non è il momento -. Conoscevo quella tattica: sarebbe andata avanti rifiutandosi di continuo e tirandola per le lunghe, sperando che prima o poi ci fossimo mollati e non ci fosse più stata occasione. Si comportava allo stesso modo con noi quando eravamo piccole e volevamo un giocattolo: ci prometteva che lo avrebbe comprato finchè io e mia sorella non perdevamo interesse e concentravamo le nostre attenzioni su altro. Ma questa volta non sarebbe andata così e la cena ci sarebbe stata.

- Grazie. - esclamai con un sorriso. Quella era una vittoria a pieno titolo: peccato che i miei navigassero nei pregiudizi e non vedessero al di là del loro naso. Prinz aveva ragione: certe etichette erano difficili da togliere.

Salii in camera prima di andare a pranzo per trovare cinque minuti di privacy e telefonare a Stefano: volevo chiedergli scusa per averlo preso in giro e soprattutto volevo farmi restituire le mie cose. Il suo cellulare suonò a vuoto parecchie volte.

Riprovai anche dopo pranzo ma le cose non erano cambiate. Gli mandai un messaggio, certa che almeno quello lo avrebbe letto: che mi rispondesse?

Ebbi la risposta la mattina dopo, quando uscii di casa per andare a scuola: il borsone con la mia roba, perfettamente integra e ben riposta era nel cortile di casa, con affisso un foglio di carta con su scritto "Non farti più vedere, stronza!". A ognuno quel che si merita.

***

Prinz apparve sulla porta della mia classe cinque minuti dopo il suono della campanella.

- Ragazze, io vado. - dissi alle mie amiche.

- Si si, tanto non scappi! Sappi che oggi pomeriggio finirai di raccontarci tutto quanto nei minimi dettagli. - puntualizzò Sonia.

Le mie amiche sapevano già tutto dal giorno prima: le avevo chiamate e ci eravamo trovate nel garage di Sonia. Glielo dovevo, non potevo aspettare lunedì.

Mi ero immaginata una reazione più severa, pensavo che mi avrebbero giudicata in maniera negativa e invece trovai appoggio. Avevano capito anche loro che questa volta sarebbe stato diverso.

Non volli nemmeno polemizzare con loro sul fatto che non mi avevano detto niente della storia dell'aggressione: era acqua passata, in fondo tutto si era risolto per il meglio.

- Ciao, tutto bene? - mi chiese Prinz lanciando un'occhiata alle mie amiche.

Annuii. - Le puoi salutare, non ti mangiano. - dissi. Lui fece un cenno con la mano e Sonia e Marika risposero con un sorrisino. Potevo capire entrambe le posizioni: erano prevenuti a vicenda per ciò che era successo in passato ma presto avrebbero imparato a sciogliere le barriere.

Presi per mano Prinz e lo portai sulla nostra terrazza. Erano mesi ormai che non salivo lassù. Era una bella giornata di sole, niente nuvole all'orizzonte, paesaggio terso. La primavera era ancora lontana ma avvertivo nell'aria fresca i primi timidi segnali della bella stagione. Mi appoggiai alla balaustra e Prinz mi abbracciò, rimanendo con me a fissare l'orizzonte.

- Non ti ho raccontato tutto ieri sera quando ti ho detto della reazione dei miei. - dissi stringendomi a lui.

- Devo preoccuparmi? -

- Dipende. Ti hanno invitato a cena. Non nell'imminente, almeno, ma sappi che sulla tua testa pende un invito. -

Prinz rimase in silenzio un attimo prima di rispondere. - Hai qualche altra bella notizia da darmi? -

- No, dai, - dissi ridendo - non sarà così male, vedrai -

- Io invece vorrei invitarti da me per farti conoscere anche mio padre, se ti va. -

Rimasi interdetta per qualche istante e poi capii la sua necessità: stava ricostruendo il rapporto con i suoi e presentarmi a loro lo faceva sentire meglio.

Mi girai e lo guardai negli occhi. - Volentieri. - risposi e gli diedi un bacio. Due. Per esattezza tre. Facciamo quattro.

Rimanemmo sulla terrazza fino al suono della campanella, e lo salutai dispiaciuta mentre tornavo in classe: ci saremmo rivisti quella sera, massimo il giorno dopo. Insisteva per vedermi spesso, per stare con me il più possibile, forse era un riflesso del fatto che l'altra volta mi aveva trascurata e ora non voleva più ripetere gli stessi sbagli.

Tenni nascosta la storia del biglietto di Stefano perché non volevo lo affrontasse; un po' mi dispiaceva non avergli potuto parlare ma poi, quando Irene mi raccontò che si erano incontrati a scuola e lui l'aveva completamente ignorata, nonostante il suo saluto, capii che non c'erano altre parole da aggiungere. Tutto era finito qualche giorno prima in camera sua.

Ora stavo bene, ero felice. Avevo Prinz al mio fianco, le amiche con cui condividere i fatti allegri della vita, Cinzia che aveva finalmente accettato il suo ruolo di sorella maggiore.

Solo su una cosa avevo un rimpianto che mi attanagliava il cuore ogni volta che ci pensavo, anche se ormai era passato tanto tempo: la mancata partecipazione al Contest.

"Va beh," mi ero detta, "non si poteva avere tutto dalla vita. Bisognava rinunciare a qualcosa, no?"

***

Un mese. Era passato più di un mese da quando io e Prinz eravamo tornati insieme.

Trentaquattro giorni da quando l'ispettore Castelli aveva riferito a me e alla mia famiglia di aver rintracciato i genitori di Chiara Chinaglia, ora residenti a Varese e di aver dichiarato che della figlia avevano notizie frammentarie da quando avevano deciso di trasferirsi.

"Chiara è uscita per buona condotta", ci era stato detto, "ora sta completando gli studi presso una scuola privata ecclesiastica ed è molto brava. Sono tutti orgogliosi di lei". I pagamenti c'erano, l'alibi attorno a lei era solido e questa volta non si riusciva a trovare una falla nel piano. Era perfetto.

Trentadue giorni da quando la squadra di Prinz aveva vinto anche l'ultimo scontro, arrivando prima nel campionato scolastico e aggiudicandosi il pieno accesso al campionato superiore.

Meno pochi minuti alla partenza. Io, Irene e Arianna eravamo nel piazzale della scuola a salutare i nostri ragazzi. Il sole di febbraio scaldava la pelle, l'aria era frizzante, carica dell'elettricità dei giocatori.

Arianna e Vito si tenevano timidamente per mano, così come me e Prinz; Irene invece lanciava sguardi in direzione di Gabriele, coscienti che il loro amore avrebbe aspettato ancora alcuni anni prima di vedere la luce del sole.

Il sorriso che Prinz aveva stampato in faccia era unico: un misto di emozione e di soddisfazione per essere arrivato fin lì. I suoi occhi brillavano allo stesso modo: non vedeva l'ora di partire e cominciare a giocare.

- Sei felice, vero? - domandai. Lui mi guardò e mi spettinò.

- Tra due settimane ti farò la stessa domanda -. Batticuore.

Erano passati dieci giorni da quando Luca aveva ricevuto una telefonata dallo staff del Contest, comunicandoci che le Melissa's Dream, il gruppo che ci aveva cacciato fuori, aveva sottoscritto un contratto con una importante casa discografica che gli impediva di partecipare al concorso, ed essendo noi state eliminate da loro, fummo riammesse al Contest.

Ero sul molo con Prinz quando Luca mi telefonò per darmi la notizia e piansi di gioia, mentre il mio ragazzo mi guardava preoccupato senza capire il perché di quelle lacrime. Poi, quando vide che cominciai a sorridere, lo fece anche lui. - A volte i sogni si realizzano. - mi disse dandomi un bacio, mentre guardavamo il sole tramontare, paghi entrambi dei traguardi raggiunti.

Tornai con la mente al presente, per vivere quegli ultimi istanti insieme, prima della partenza. - Ce lo siamo meritati, non trovi? -

- Per sopportare una Pulce come te... -

- Potrei dire lo stesso, Pringles - l'apostrofai.

Prinz sorrise e tirò fuori una cosa dalla tasca del piumino. Lo riconobbi subito.

- Il mio Ipod! - esclamai - quando me l'hai preso? -

- Ieri pomeriggio, sei una preda facile, sai? Non è difficile rubarti le cose. -

Gli buttai le braccia al collo. - Ora ho capito come hai fatto a rubarmi la Moleskina quella volta. Dimmi un po', cosa ci hai fatto? Bastava me lo chiedessi e te lo lasciavo. -

Prinz appoggiò gli auricolari alle mie orecchie e azionò il tasto "play"; lo guardai sorpresa senza capire, poi una melodia al piano, molto romantica e poetica partì. Già dalle prime note sentii il cuore tornare a battere e le lacrime salirmi agli occhi.

- È... è bellissima! - balbettai.

- Volevo dedicarti questa canzone perché mi ha subito fatto pensare a noi. Così, quando sono via e senti la mia mancanza, la puoi ascoltare. Sempre che tu senta la mia mancanza, ovvio. -

- Scemo! - esclamai nascondendo la mia testa nel suo petto e cominciando a piangere.

- Ehi, mica parto per la guerra. - disse alzandomi il viso. Lo guardai e sorrisi, accogliendo il suo bacio.

- Si parte. - gridò Gabriele attirando l'attenzione.

- Beh, mi tocca. - disse lasciandomi l'Ipod acceso in mano. - Ti amo, Sarah. -

lo abbracciai forte, non volevo più mollarlo ma sapevo che non potevo.

- Anche io ti amo. - risposi prima di lasciarlo andare.

Irene mi venne vicina e appoggiò una mano sulla mia spalla, mentre guardavo Prinz salire sul bus davanti a noi, la nostra canzone come colonna sonora di quel momento. Sorrisi e mi asciugai le lacrime.

Non esisteva la lontananza: ora avevo la certezza che lui sarebbe stato con me per sempre.

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Siamo arrivate all'ultimo capitolo, mie care Rockers.
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Grazie per questo lungo percorso insieme non ancora terminato.
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Già, perchè la storia di Sarah e Prinz va avanti nel terzo romanzo, Destiny.
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Sarah parteciperà al Contest, Prinz ai campionati nazionali di Basket. Riusciranno a dimostrare il loro valore e a tornare a casa vittoriosi?
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Abbandoniamo le atmosfere rosee e mielose di Music per quelle dark (e spicy) di Destiny.
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Come per questa storia, pubblicherò qui quando uscirà il terzo volume.
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Vi consiglio di seguirmi su Wattpad o sui social (tik tok e istagram che trovate in homepage) o di tenere questa storia nella vostra biblioteca (o elenco di lettura!) per poter essere aggiornate sulla pubblicazione.
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Siete pronte per questo ultimo viaggio?
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Ma non prima di qualche sorpresa...
Avanti, girate pagina!
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Stay tuned

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