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44. At My Most Beautiful

I count your eyelashes secretly, With every one, whisper, "I love you",
I let you sleep, I know your closed eye watching me
⭐️

[Tutti i personaggi protagonisti di questo capitolo sono MAGGIORENNI]

La sensazione di calore emessa dal corpo di Sarah contro la mia schiena era qualcosa di poetico, forse viscerale, che ti prendeva da dentro, esattamente dietro il cuore, e si irradiava in ogni cellula del mio corpo. Mentirei se dicessi che per tutta la durata del viaggio, ero andato piano per una semplice questione di sicurezza, visto che non avevo con me un secondo casco. 

La verità era che volevo cullarmi in quel tepore, la percezione che il suo corpo fosse reale, che non era un sogno di quelli che si interrompevano al suono della sveglia, lasciandoti l'amaro in bocca.

La sentivo stringersi a me, muovere la testa appena alla ricerca di una posizione migliore. Mi rassicurava la sua vicinanza, le sue mani attorno alla mia vita, in un senso di possessione che era tutto tranne che erotico, anche se nella mia testa, certi pensieri ingombranti si erano appoggiati allo stipite della mia mente.

- Credevo non la usassi più, cioè non l'avevo più vista in giro - disse Sarah scendendo dalla moto e restituendomi il passamontagna che le avevo prestato per proteggersi, una volta arrivati a casa. 

- Ho promesso ai miei che non l'avrei più usata finchè non avessi preso la patente. Però, a volte, mi viene voglia di fare un giro e allora la prendo fuori. Tipo oggi -. Parcheggiai la moto in garage e prendendo Sarah per mano, la portai in casa.

Appena aprii la porta dell'appartamento chiamai mia madre: silenzio. Era uscita.

- Siamo soli. Accomodati. - dissi togliendomi il giubbino e gettandolo sul divano. Sarah si guardò attorno e ripetè il mio gesto, con aria di circostanza, guardandosi attorno come incantata.

- Non avevo fatto caso l'altra volta a come fosse fatto qui. Ero uscita come un fulmine. - Stava fissando una mia vecchia foto sul mobile tv: con la coda dell'occhio notai che vi passò sopra un dito in segno di affetto.

Andai in cucina e preparai due bicchieri d'acqua. - Hai sete? -. La sentii rispondermi con un "Sì" appena sussurrato e mi raggiunse.

- Come facevi a sapere che mi trovavo lì? - le domandai appoggiando il bicchiere nel lavello. Sarah mi lanciò un'occhiata mentre sorseggiava.

- Beh, diciamo che ho girato un po' prima di trovarti. Ho provato anche a chiamarti. -

- Cellulare a casa. - corressi. Lo avevo lasciato di proposito, in realtà, perchè non volevo essere disturbato da nessuno. Volevo chiudermi in me stesso per elaborare di averla perduta. E invece...

- Ero passata qui anche prima - disse prendendo un altro sorso - Tua madre non sapeva dove tu fossi. Poi, ho avuto il colpo di genio: mi ero ricordata di quella volta che mi avevi portata in spiaggia e mi avevi svelato il tuo piccolo posto segreto. - appoggiò il bicchiere nel lavello e sorrise.

- Ero lì da una mezz'ora. Avevo voglia di stare da solo. -

- E io ho cambiato un po' i tuoi piani. - disse abbracciandomi.

- E tu dov'eri? -. Sarah si immobilizzò.

Me lo ero chiesto parecchie volte da quando ero tornato a Ferrara: dov'era Pulce? Dov'era quella ragazza che mi aveva fatto perdere la testa? Si era nascosta, giocava a nascondino con me, rivelandosi di tanto in tanto senza mai comparire. Ed era questo che mi mancava di lei.

- Ero da Stefano, - rispose tenendo lo sguardo abbassato - anzi, ora che ci penso ho lasciato da lui le mie cose. Dovrò tornare a prenderle. -

Capii al volo cosa intendesse dire e non glielo feci pesare: sentivo il suo imbarazzo nel parlarne e non volevo andare oltre, anche se dentro mi avevano infastidito le sue parole. Beh, era stato il suo ragazzo fino a cinque minuti prima, era normale.

- Ti accompagno. -

- Domani, semmai. Prima gli voglio parlare. -

- Avete litigato? Lui sa che venivi da me? -. Sarah tornò a guardarmi senza staccare lo sguardo. Un sorriso attraversò il suo viso.

- Si, glielo ho detto. Ero da lui perché avevamo deciso di farlo. - Sarah abbassò gli occhi imbarazzata. - ma  voglio che sia tu il mio primo. -

La baciai senza pensarci due volte, colpito dalla sua dolcezza e ingenuità e da quel desiderio di farla mia che mi stavo portando dietro da troppo tempo. Lei si abbandonò a me, accogliendo le mie labbra, lasciando scorrere le mie mani tra i suoi capelli, sul suo corpo.

Sarah si staccò, mi sorrise e prese per mano, trascinandomi verso la mia camera. La seguii: mi meravigliai ricordasse ancora dove fosse.

Appena entrati riprendemmo a baciarci, faticavo a resisterle e avrei voluto subito arrivare al dunque ma quella era la sua prima volta e non volevo correre troppo in fretta.

Poi il suo ritmo cambiò, i suoi baci diminuirono d'intensità, divenne più sfuggevole. Che avessi esagerato?

Sarah mi guardò sorridendo. - Senti, è un po' imbarazzante chiedertelo. -

- C'è qualcosa che non va? -

Scosse la testa, appoggiando le sue mani sul mio petto e abbassò lo sguardo. Era davvero in imbarazzo e sembrava ancora più bambina in quel suo atteggiamento così innocente. Un fiore ancora troppo puro per essere colto.

- Vorrei fare una doccia. - Trovai singolare la sua richiesta. Per un attimo pensai che quell'osservazione fosse rivolta più a me che a lei. Poi trovò il coraggio di continuare il discorso, scandendo le parole e prendendo lentamente un respiro, per aiutare il battito del suo cuore che sembrava impazzito. - Mi sento ancora addosso l'odore di Stefano. Non voglio che tu mi baci dove mi ha baciata lui o che mi tocchi dove lui ha messo le sue mani. -

Voleva sentirsi pura nonostante il suo corpo non fosse stato profanato dal Rottweiler, almeno così credevo. Voleva lavarsi via quella brutta esperienza e Dio solo sapeva cosa fosse davvero successo in quella stanza.

- Ti ha fatto del male? Giuro che lo ammazzo se ha osato farti qualcosa contro la tua volontà... -

Sarah mi pose un dito sulle labbra, guardandomi con le sue iridi nere come la notte senza stelle. Eppure brillavano di una luce, la sua luce, che solo lei era in grado di sprigionare. Quella luce che ti prendeva per mano e ti portava su un'altro pianeta, l'esplosione di una supernova.

- No, me ne sono andata poco prima. - rispose, mentre l'imbarazzo imporporò nuovamente le sue guance, dandole un'aria casta, di piccola ninfa in fiore. - Proprio per questo, vorrei sistemarmi. E posso chiederti anche qualcosa di più comodo da indossare? -

Come non esaudire quel suo desiderio? Le avrei dato qualsiasi cosa vedendo i suoi occhi sorridere civettuoli, la punta della lingua uscire appena dalle sue labbra rosee.

In quei mesi lontana da me era diventata ancora più bella. O forse, era l'amore che avevo riscoperto a renderla così irresistibile?

Farfugliai qualcosa, completamente attonito, perso nuovamente nel suo sguardo. Mi allontanai da lei giusto per darle una felpa raccattata dall'armadio e magari un paio di pantaloni.

- La felpa andrà benissimo. Anche l'altra volta mi bastava quella. - Interruppe la mia ricerca di qualcosa di più comodo da indossare anche sotto. - anche se, forse, non avrò bisogno nemmeno di quella. -

Piccola ninfa voluttuosa, che mandava in corto circuito il cervello nella testa e quello nei miei pantaloni, sofferente ormai da troppo.

- Io vado, allora. - disse prendendo i vestiti anzi, la felpa e uscendo dalla camera.

Furono i dieci minuti peggiori della mia vita, fino a quel momento.

Avrei voluto seguirla, spogliarla e fare la doccia con lei. Lo avrebbe voluto? Mi avrebbe davvero permesso tutto ciò? Cercai di ingannare il tempo guardando la tv, per calmare il chiodo fisso che mi stava tormentando, rendendo i miei slip troppo stretti. Cazzo, sembravo un quindicenne alle prime armi.

Tornò in camera con addosso solo la felpa, che le cadeva morbida lungo i fianchi, appena sopra le natiche, lasciando scoperte le gambe affusolate. C'era qualcosa di sexy nel modo in cui indossava quell'indumento, largo da collo quel tanto da mostrare la scapola destra, le maniche a coprire le mani in maniera voluta, il modo in cui camminava a piedi nudi sul pavimento con aria felina.

Era imbarazzo e voluttà, era ancora una ragazza ma stava sbocciando come una donna. Era cambiata così come ero cambiato io. In meglio.

- Mi fai una sfilata? - dissi seduto sul letto, sollevando appena un angolo della bocca. Volevo compiacermi di tanta bellezza e sensualità nel corpo minuto e aggraziato della mia ragazza. Già, perchè ora potevo chiamarla così, no?

Sarah sorrise imbarazzata e partendo dalla porta, avanzò verso di me, ancheggiando in maniera vistosa, con tanto di piroetta finale. Il suo sguardo era fiero, fisso nel mio, incredibilmente sicuro.

I miei occhi caddero sui suoi glutei, appena nascosti dalla felpa, l'immagine della perfezione. Si portò il pollice alla bocca, fingendo di torturarsi un'unghia, per simulare un imbarazzo che in realtà odorava di provocazione, mentre con gli occhi felini non smetteva di fissarmi in una supplica silenziosa ad amarla, non solo sentimentalmente ma anche e soprattutto fisicamente.

- Vieni qui. - le dissi, porgendole una mano.

- Temevo non me lo avresti più chiesto. - Tornò da me, salendo sul letto a carponi e avanzando come un gatto, mi raggiunse.

Il suo viso era vicinissimo al mio, tanto da sentire il suo respiro e il suo profumo, identico al mio.

- Hai usato il mio bagnoschiuma? - domandai sorpreso.

Sarah mi circondò le spalle con le sue braccia e si sedette a cavalcioni su di me.

- Si, voglio avere il tuo odore addosso. Solo quello. -

Le sue labbra si appoggiarono sulle mie, schiudendosi in un bacio dolce, a tratti irruento, che nascondeva un desiderio represso troppo a lungo.

Le mie mani scesero sui suoi glutei, strappandole un suono, stringendole la carne soda e godendo della sensazione di sentire la sua pelle tra le mie mani, morbida, immacolata, pronta per essere toccata solo da me.

Sarah non perse tempo e mi tolse la maglietta, staccandosi giusto il tempo di sfilarmi l'indumento e prendere un respiro da quel bacio, apnea per i nostri corpi, una necessità di contatto che sembrava non conoscere un attimo di pace.

Percorsi la sua pelle sotto la felpa, trovandola nuda e calda: non indossava nulla sotto, nemmeno il reggiseno. Una leggera pelledoca annunciava il passaggio delle mie dita sulla sua epidermide, donandole una sorta di timidezza e piacere che mi faceva girare ancora di più la testa, unito al pensiero della sua nudità.

Misi una mano sul suo seno, tastando la morbidezza di quelle forme ancora acerbe, giocando con esso, fino a strapparle un gemito. Era intraprendente, bruciava di un fuoco che l'avrebbe consumata in poco tempo e che io avrei alimentato, se avessi assecondato i suoi gesti.

Dovevo contenere la mia irruenza, la necessità di farla mia nel breve tempo possibile. Doveva essere lei a guidare, io ero lì solo per rispettare i suoi tempi.

Come potevo dirle di rallentare, di goderci di più il momento, quando io stesso non riuscivo più a tenere le mutande addosso? Se non fosse stata la sua prima volta, l'avrei presa così, sdraiandola sul letto e scostandole gli slip, senza neppure toglierli, senza amare e preparare il suo corpo a quell'atto.

Tornai lucido nel momento più difficile, mandando l'impulso al mio corpo di controllarsi: non le avrei fatto alcun male, non l'avrei privata della sua prima volta come magari l'aveva immaginata; le avrei donato tutto il tempo e le carezze di cui necessitava.

- Sfilamela. - sospirò, staccandosi per un attimo da me. Fui colpito dalla sua audacia, dalla sua necessità crescente che eguagliava la mia ed eseguii il suo ordine, in maniera lenta, come per scoprire un tesoro nascosto che avevo a lungo cercato.

Sarah rimase nuda davanti a me, solo gli slip addosso e ammirai per un momento la bellezza delle sue forme, compiacendomi che quella grazia fosse tutta per me. Mi avvicinai ai suoi seni e li feci miei, sotto i movimenti lenti della mia lingua, sentendo la sua schiena inarcarsi per donarmi ogni centimetro della sua pelle, in quella delizia così dolce e appetibile, che le strappava mugolii di piacere rivelati non solo dai suoni emessi dalla sua bocca ma dalla forza con cui le sue dita si stringevano ai miei capelli.

Abbandonai quel dolce paradiso per tornare a baciarla, osservando il suo sguardo inebriato di lussuria. Contraccambiò quel gesto in maniera famelica, quasi animalesca.

Avevamo entrambi fame l'uno dell'altro, ci saremmo sbranati probabilmente, senza una regola precisa, senza darci tempo di assaporarci.

Poi, a sfamarci, ci pensò mia madre.

- Franz, sei in casa? -

Mi staccai subito da Sarah. Non ero terrorizzato. Se anche mia madre ci avesse scoperti, non avevo nulla da temere. Lei era quella giusta.

Sarah mi guardò spalancando i suoi occhi da gatta, come un felino davanti ai fari di un'auto, visibilmente allarmata. Il suo petto sobbalzava per il respiro corto, dato dal bacio e dal terrore di essere scoperta.

- Non preoccuparti, lascia fare a me. - le dissi, dandole un bacio sulla fronte. La feci scendere da me e andai alla porta.

- Si, mamma. Non sono solo. Scendo subito. -

Mi girai verso Sarah la quale, imbarazzatissima, stava già indossando la felpa gigante, spuntando fuori solo con lo sguardo.

- Non posso presentarmi a tua madre così! - esclamò in paranoia.

- Svestita o per il fatto che esci dalla mia camera? - domandai sorridendo, per smorzare la tensione.

- Entrambi. - esclamò, scendendo dal letto, cominciando a rivestirsi. Mi gettò addosso la felpa, impedendomi di vederla nuda, mentre si infilava la vecchia maglia.
Continuavo a sorridere come un ebete finchè lei mi squadrò il pacco.

- Mettiti la felpa, fidati. -

Capii all'istante e feci come mi aveva suggerito. Non credo che sarebbe cambiato qualcosa agli occhi di mia madre, ma era un modo per farla meno plateale possibile.

Sarah mi raggiunse sulla porta e prendendomi per mano, uscì con me dalla stanza.

Arrivati in cucina, mia madre rimase sorpresa dalla presenza di Sarah e si fissarono a vicenda per qualche secondo. Decisi di toglierle entrambe dall'imbarazzo.

- Lei è Sarah - dissi, sciogliendo la stretta dalla sua mano per appoggiarla sul suo fianco e attirarla a me.

Sarah sorrise imbarazzata, non so se più per il gesto o per la situazione.

Mia madre le lanciò un'ulteriore occhiata e sorrise. - Benvenuta Sarah. Io sono Cecilia. -

- Piacere! - esclamò senza aggiungere altro. Lo sguardo fisso, gli occhi di nuovo spalancati eil fiato trattenuto. Era palesemente in tilt.

Capii al volo che non era connessa. - Sarah si ferma a cena. é un problema? -. Mia madre sorrise.

- No, va bene un po' di pasta? Sono appena tornata da una commissione e aver saputo prima che tu eri qui... -

- Va benissimo, signora! - esclamò Sarah, gesticolando per smussare l'imbarazzo. - anzi, grazie. -

- Lei è venuta qui qualche ora fa, non l'hai vista? - incalzai.

- Ho risposto al citofono, non l'ho fatta entrare. È la prima volta che ci conosciamo. - rispose porgendo  un nuovo sorriso a Sarah, la quale contraccambiò.

- In realtà, ci siamo visti alla partita d'esordio di Francesco. Mi aveva chiesto l'ora. -

Mia madre la osservò ancora. - Mi sembra di ricordarmi di te. Sei molto bella, ti si nota in fretta. -

Sarah sorrise nuovamente imbarazzata, facendo scena muta.

- Mi sa mamma, che la vedrai più spesso in giro per casa. Lei è la mia ragazza. E questa volta non la perderò più. -

***

Da un semplice piatto di pasta, la cena si allungò con frutta, dolce e caffè. Mia madre cercò di conoscere Sarah con interesse: era curiosa di sapere delle sue passioni, di come ci eravamo conosciuti e da quanto tempo ci frequentavamo. Domande di mamma.

Lessi nei suoi occhi una sorta di gratitudine ogni volta che Sarah aggiungeva un pezzo alla nostra storia: aveva capito che era grazie a lei se ero tornato.

Al momento di andare a dormire, non fece obiezioni sul fatto che lei sarebbe venuta con me e ci salutò chiedendole cosa desiderava per colazione. Sarah rispose che pane e nutella sarebbe stato un pasto perfetto.

Tornati in camera, ci mettemmo comodi e Sarah tornò a indossare la mia felpa, che nel frattempo era diventata calda a contatto con il mio corpo.

Si distese sul letto e io con lei, uno di fianco all'altro, guardandoci in silenzio per qualche minuto: era visibilmente stanca, aveva vissuto tante emozioni. Glielo leggevo negli occhi che erano leggermente socchiusi, nel viso rilassato, nel respiro che lentamente calava la sua frequenza, cosi come il battito del suo cuore, che sentivo pulsare nella mano che le tenevo.

- Sono stanchissima. - disse piano, un sussurro. Le posai la mano libera sulla guancia, scostandole i capelli dietro l'orecchio. - Avremo tutto il tempo del mondo per noi, per amarti come meriti, per baciarti di nuovo. - Lei sorrise. Poi chiuse gli occhi.

Rimasi diverso tempo a fissare il suo viso perfetto, proprio come l'altra volta, quando aveva dormito in quel letto, contando le sue ciglia una a una, il suono gentile del suo respiro, il petto leggero alzarsi e abbassarsi.

Pensai che cosa più bella non potesse capitarmi. Che ora lei era lì con me. Per sempre.

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Ma quanto sono carini i nostri piccoli cuori??? 🥰🥰🥰
Sembra quasi che le distanze e le incomprensioni non ci siano mai state. Come se non si fossero mai mollati.
~*~

Sento già la vostra delusione ma non potevo fare in maniera differente, altrimenti cosa vi avrei raccontato in Soundtrack:Destiny?😜

~*~

Sì, mie care Rockers, vi lascio il mio ultimo capitolo e vi comunico che Destiny verrà a breve pubblicato su Wattpad.
~*~

Voglio tuttavia raccontarvi una curiosità su questo capitolo, come vi avevo già anticipato: ho deciso di dare più respiro a questo attimo di intimità tra Prinz e Sarah e, mentre stavo pensando a come strutturarlo, la frase della canzone che trovate nell'incipit mi è balzata in mente dal nulla.

"Conto le tue sopracciglia una a una mentre ti addormenti, sussurrandoti ti amo" la ricordavo circa così, e in quel momento ho pensato: "Voglio questa scena. é perfetta".

Era dai tempi delle medie che non ascoltavo questa canzone ed è stata una sorpresa anche per me riscoprirla e rendermi conto, mentre scrivevo, quanto fosse azzeccata.
~*~

Diciamo che molti capitoli di Soundtrack sono nati così, per ispirazione o dall'ascolto di una canzone. Non è sempre stato così semplice, tuttavia!
~*~

E a breve, il finale!
~*~

Stay tuned!

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