42. Somewhere - Parte 2
Mi allontanai in fretta da casa di Stefano e appena arrivai all'inizio della via, mi fermai a riflettere: ero stata una stupida a nascondere i miei veri sentimenti per tutto quel tempo e avevo preso in giro non solo me stessa ma anche Stefano, le mie amiche e Prinz. Questo perché avevo avuto paura di lasciarmi andare di nuovo, di fidarmi e non avevo avuto il coraggio di rischiare, di rimettere tutto in discussione. Ora non volevo più fingere: era questo il mio destino.
Dovevo dirglielo: presi il cellulare dalla borsa e lo chiamai. Il suo numero era stampato nella mia mente, non lo avrei più dimenticato.
Suonò a lungo ma non rispose. Riprovai un paio di volte ma niente. Cavolo, era sabato pomeriggio dove poteva mai essere? In palestra ad allenarsi? Non mi rimaneva che andare a vedere. Mi diressi verso la fermata dell'autobus più vicina e aspettai che ne passasse uno.
Fu l'attesa più straziante che avessi mai provato: per tutto il tempo mi chiesi se fosse il posto giusto in cui cercarlo o se magari, mentre io stavo arrivando, lui se ne stava andando. No, dai: non potevo essere così sfigata!
Feci il viaggio in autobus con quell'unico pensiero in mente e quando scesi in prossimità della scuola, corsi verso la palestra ma trovai il cancello chiuso. Mi diressi verso l'entrata principale, strattonai le porte ma non si aprirono. La scuola era chiusa. Imprecai: i miei timori erano diventati realtà. Dove poteva essere? E se avesse avuto una partita?
Chiamai Irene per chiederle se sapeva qualcosa.
- Ire, Gabriele aveva qualche partita oggi? -
- Sarah, che succede? - domandò perplessa dopo qualche secondo di silenzio.
- Sto cercando Prinz. -
- Ma tu stai bene? - Irene si stava preoccupando.
- Si, è solo che mi sono resa conto solo ora di voler stare con lui e lo sto cercando per dirglielo. -
Irene fece un'esclamazione di gioia. - Era ora! Comunque oggi non c'erano partite. Hai provato a casa sua? -
Perché non ci avevo pensato subito?
- Hai ragione! Vado! -
- In bocca al lupo! -
- Crepi. - e riattaccai.
Feci due calcoli: la casa di Prinz era dall'altra parte della città e avrei perso tempo a trovare la giusta coincidenza degli autobus. Mi serviva una macchina e l'unico mezzo vicino era a casa mia. Non potevo certo coinvolgere i miei. L'unica speranza era Cinzia. La chiamai e riuscii a lasciare a bocca aperta anche lei dopo una breve spiegazione.
- Cosa posso fare per aiutarti? - disse.
- Vieni all'inizio della nostra via in auto, mi serve un passaggio dall'altra parte della città. -
- Farò in un lampo. -
Esattamente dieci minuti dopo ero a bordo dell'auto di mamma guidata da mia sorella. Era felice che io avessi fatto la scelta giusta.
- Che ti avevo detto? - disse con un sorriso di superiorità.
- Se torni a essere antipatica, non te ne lascerò passare mezza. - dissi.
Cinzia scosse la testa e mi chiese dove andare; le spiegai la destinazione e partì con una forte accelerazione. In meno di quindici minuti eravamo dall'altra parte della città, in urante del traffico cittadino. Mia sorella strombazzava e imprecava con gli imbranati di turno per andare più veloce e accelerava a ogni semaforo giallo.
- È qui, è questo il condominio. - dissi indicandole l'immobile sulla destra, subito dopo l'incrocio in prossimità della concessionaria. Cinzia svoltò bruscamente a destra e accese le quattro frecce.
- Fammi uno squillo se lo trovi, così poi torno a casa. - mi disse mentre scendevo dall'auto. Annui e corsi verso la porta.
Cominciai a guardare uno a uno i nomi riportati sui campanelli in cerca del cognome Lorenzi ma non lo trovai. Provai ad aprire la porta ma era chiusa: l'unico modo per entrare, era di suonarne uno a caso e spacciarsi per conoscente della famiglia Lorenzi ma visto il luogo e i tempi, nessuno mi avrebbe aperto. E non potevo nemmeno aspettare che qualcuno uscisse o arrivasse.
Mi girai verso Cinzia, la quale mi lanciò un'occhiata interrogativa ed esclamò qualcosa. Scossi la testa e alzai le mani: niente. Mi girai di nuovo verso quella miriade di campanelli finchè il mio occhio non cadde su un'etichetta che prima non avevo notato. "PETRINI CECILIA" lessi e sotto di esso c'era una striscia bianca di cancellina, sintomo che un cognome non esisteva più. Mi illuminai: sua madre si chiamava così, lo avevo sentito alla partita. Mi dissi che era l'unica possibilità che avevo: dovevo tentare.
Suonai. Rimasi in attesa diversi secondi finchè una calda voce femminile rispose.
- Chi è? -
Mi schiarii la voce. - Buonasera, sono Sarah, un'amica di Francesco... lo stavo cercando! È in casa? -
La donna rimase in silenzio qualche secondo. - Francesco non è qui. -
- Signora, sa mica dirmi dove lo posso trovare? -
- Non lo so e di certo non lo dico a una sconosciuta! - disse mettendo giù. Provai a chiamarla ma non rispose. Suonai di nuovo il citofono ma la signora non rispose. Riprovai una terza volta e poco dopo la voce tornò a gracchiare dal microfono.
- Sono ancora io, la prego, mi aiuti. -
Sua madre rimase qualche secondo in silenzio. - Cosa vuoi? -
- Conosco Francesco da più di un anno e in tutto questo tempo ho imparato ad amarlo, odiarlo, perderlo, ritrovarlo e di nuovo amarlo -. Non sapevo nemmeno io perchè le stavo dicendo quelle cose ma lì per lì trovai che l'unico modo per poter parlare con sua madre, fosse dirle chi io fossi.
La signora rimase in ascolto senza dire nulla, mi chiesi più di una volta se fosse effettivamente al citofono o si fosse allontanata e avesse tenuto aperta la comunicazione, per sentire quando avessi finito. Andai avanti, riassumendo in dieci minuti un anno di vita. - Sono innamorata di lui, l'ho capito solo ora e mi sento una perfetta stupida. Quello che le chiedo è di dirmi dove si trova perché ho bisogno di dirglielo. -
- Sarah, io non so cosa dirti, davvero. Francesco mi ha detto che usciva ma non so dove sia andato. -
- No, cavolo! - esclamai portandomi una mano alla testa. Lo sconforto stava per prendere il sopravvento.
- Hai provato a chiamarlo? - mi suggerì.
- Sì, ma non risponde. - dissi.
- Mi dispiace, gli riferirò che sei passata quando rientra. -
- Grazie. -
- Grazie a te. È anche merito tuo se è tornato. Te lo devo -. Non seppi cosa rispondere: sentirmi ringraziare dalla madre di Prinz per ciò che avevo fatto, quando in realtà non avevo un merito effettivo in tutta la vicenda, fu davvero sorprendente. - Era piuttosto giù da qualche giorno, sarà contento quando ti vedrà. -
Una lampadina si accese nel cervello. Perché non ci avevo pensato prima?
- Signora, grazie mille! Forse ho capito dov'è. Scappo! - dissi salutando in fretta e precipitandomi in auto.
- Allora? - domandò Cinzia.
- Portami ai Lidi. - dissi in un sorriso. Mia sorella alzò le sopracciglia sorpresa. - Muoviti! - la esortai.
Ero sicura che fosse là. Non c'era un altro posto in cui si rifugiava quando era giù di morale e voleva stare da solo. Ebbi un flashback del molo in cui mi aveva portata e il cuore accelerò all'improvviso. Avrei voluto essere già là.
Cinzia si diresse verso la superstrada in prossimità del casello di Ferrara Sud e si lanciò. Ci volle quasi un'ora di viaggio a causa dei Velox e quando arrivammo a Lido degli Estensi era già buio. Dissi a Cinzia di fermarsi vicino al molo e lei arricciò il naso.
- Sarah, è piuttosto buio, non vorrai mica andare là da sola? -
- Io so che lui è lì. - dissi.
- Beh, io rimango qui. Mi fai uno squillo se devo andarmene? -
- Ok. - dissi slacciando la cintura e aprendo la portiera.
- Se non ti sento tra dieci minuti, vengo a cercarti -. Le sorrisi e uscii dall'auto.
Diedi una veloce occhiata attorno: l'unico modo per raggiungere il molo era entrare in un bagno, raggiungere la spiaggia e tagliare per il molo. Affrettai il passo in direzione del primo bagno che avevo davanti a me mentre sentii Cinzia spegnere il motore dell'auto.
Mi accorsi subito che il passaggio era bloccato; scavalcai la rete arrampicandomi e capitolai dall'altra parte, mettendo le mani in avanti appena in tempo o mi sarei ammazzata. Mi ero sbucciata un po' i palmi e la sabbia si era attaccata ai pantaloni: sistemai i jeans e proseguii sulla passerella, passando in mezzo alle cabine.
C'era un silenzio assurdo, quasi pauroso. In lontananza si sentiva appena lo scrosciare del mare. Per un attimo mi lasciai andare al pensiero di non essere sola in quel luogo e la paura di ritrovarmi attaccata da sconosciuti mi immobilizzò. Deglutii e mi imposi di calmarmi in fretta: ero lì per Prinz, era lui la mia priorità. La paura dell'ignoto si trasformò nel terrore di non trovarlo nemmeno lì. Dove sarei andata?
Chiusi gli occhi per un attimo e scrollai via ogni stupido pensiero che mi aveva fatto prigioniera: non dovevo arrendermi ora, non prima di averci provato. Le mie gambe presero inaspettatamente a correre verso la spiaggia e una volta arrivata, tagliai verso il molo. A ogni passo affondavo i piedi nella sabbia, raddoppiando la fatica di correre ma mi imposi di continuare fino a che non avessi raggiunto i massi del molo.
Quando arrivai, feci qualche respiro profondo per recuperare ossigeno e guardai in direzione del faro: era troppo lontano e il buio non aiutava. Mi arrampicai sui massi, facendo attenzione a dove mettevo i piedi nell'oscurità ma ogni volta che facevo un passo, scivolavo o rischiavo di cadere.
Ebbi un'idea: tirai fuori il cellulare dalla tasca e lo puntai sotto di me. I massi presero forma e si colorarono di una debole luce dai riflessi azzurri. Mi arrampicai in modo goffo, chinata in avanti per non perdere l'equilibrio e quando fui in cima, mi rialzai soddisfatta pulendomi i palmi.
Guardai il faro davanti a me: affrettai il passo con il cuore in gola, il rumore del mare che era sempre più presente e una debole luce nell'oscurità, in fondo a quella passerella che non sembrava più finire. Vedevo bene? Sembrava la figura di una persona quella sotto il lampione. Oddio, che fosse davvero lui?
- Francesco! - La mia voce fu più veloce dei miei pensieri. - Francesco! - gridai di nuovo avanzando a passo spedito. La figura non mi aveva sentita.
Cominciai a correre, non avvertivo più la fatica dei movimenti né il respiro corto: volevo solo arrivare laggiù il prima possibile, raggiungere quella figura che si delineava meglio ad ogni metro che facevo.
L'altezza, la corporatura, la postura. Non potevo essermi sbagliata. Perche non mi aveva vista? Perché non si era girato?
Rallentai qualche metro prima di raggiungerlo, fermandomi a guardarlo. Una miriade di pensieri attraversò il mio cervello in una frazione di secondo: era lui? Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto? E se non fosse stato lui? L'adrenalina mi attraversava le vene: ero curiosa e terrorizzata allo stesso tempo. Non potevo essermi sbagliata. Presi coraggio, feci un respiro e lo chiamai di nuovo.
- Francesco! -
Il ragazzo si girò lentamente verso di me.
- Sarah? - esclamò sorpreso.
Le lacrime mi salirono agli occhi e gli corsi contro, lui spalancò le braccia per accogliermi nel suo abbraccio stretto e pieno di amore. Sprofondai la testa nel suo petto e lo strinsi forte a me.
Questa volta sarebbe stato per sempre. Finalmente avevo trovato ciò che avevo a lungo cercato.
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Ahhhh!!! Finalmente!!!!!
~*~
Aspettavate anche questo momento, vero?
~*~
Vi ho fatto penare parecchio ma sembra che la situazione si sia risolta tra quei due... o no?
~*~
Vi racconto una curiosità di questo capitolo: avete notato che Sarah torna in tutti i luoghi protagonisti delle vicende con Prinz?
La scuola, casa sua, il molo.
~*~
Anche voi avevate scommesso che era li?
Inoltre, il molo ha anche un altro significato: e' un richiamo ai capitoli iniziali di Music, in cui la coscienza di Prinz (che, ricordo, era in coma) si immagina in quel luogo, proprio insieme a Sarah.
~*~
Quando vi dico che i cerchi si chiudono e che nessun indizio e' lasciato al caso...
Preparatevi, Destiny avrà parecchi indizi come questo... 😜
~*~
Stay tuned!
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