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39. Di Notte - Parte 1

E fa male quando dici che stai male e non sto con te
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Mamma e papà presero la notizia del Contest con diplomazia: era logico che non si struggessero nel dolore e lacrime, ma era altrettanto logico che non gioissero scambiandosi il cinque o avrei fatto le carte per diventare un minorenne emancipato.

Gli dispiacque, lo si leggeva sui loro volti: osservarono addirittura qualche secondo di silenzio, prima di cambiare discorso e informarmi sulle indagini di Chiara Chinaglia: non erano  ancora riusciti a rintracciarla ma continuavano a indagare.

Anche Cinzia mi disse di essere dispiaciuta per l'esito del Contest e rimasi sorpresa quando mi domandò cosa avrei fatto, ora che l'opportunità della vita era scivolata via. La rassicurai: avrei partecipato ancora alle selezioni l'anno successivo e avrei fatto venire alla giuria la nausea del mio volto, finchè non ci avessero scelte.

Le stesse parole le spesi con Stefano quella domenica sera, quando venne a trovarmi dopocena. Stefano era piuttosto serio e cercò di incoraggiarmi ripetendomi che ci sarebbero state altre opportunità.

- Si, lo so. Ma brucia ugualmente. Eravamo più di mille quando abbiamo cominciato. Eravamo tra le migliori venti band del paese, ti rendi conto? Siamo uscite all'ultimo step, prima che cominciasse il programma vero e proprio, solo perché io non ero in forma. È questo che mi dà fastidio. -

- Se si perde, si perde in squadra. Forse non eravate concentrate abbastanza e avete suonato meno bene delle altre volte. - cercò di correggermi Stefano.

- Sta di fatto che non diventeremo mai famose. - dissi rifugiandomi nel suo petto. Stefano mi abbracciò e cominciò ad accarezzarmi i capelli.

- Forse, non è solo il momento. Devi avere pazienza -. Pazienza che però non avevo. Sbuffai e ripensai a quegli attimi in cui la giuria non aveva ancora detto il nome delle avversarie. Mi ero già proiettata nelle puntate del serale, con Stefano tra il pubblico. - Noi invece abbiamo vinto. - esordì il ragazzo. Alzai lo sguardo perché non capivo. - Abbiamo vinto un'altra partita. Siamo saliti al terzo posto in classifica. E ha fatto uno scivolone anche la squadra della tua scuola. -

- Davvero? - I ragazzi avevano perso anche loro. Una strana congiunzione astrale aveva colpito me e Prinz.

- Eppure è così. Quel gruppo di sbruffoni di Pazzini, Vittorini e Lorenzi sembravano imbambolati in campo. Un po' di giustizia per uno. -

- Non ti è ancora andata giù che ti ha battuto? Lascia perdere. -

Stefano si alzò e fui costretta a sollevarmi dal suo petto. - Lo stai ancora difendendo? -

Alzai gli occhi al cielo: mannaggia che non mi sono morsa la lingua prima di parlare. - Ste', non sto difendendo nessuno. Hai detto tu, prima, che capita di perdere. Hai perso tu, abbiamo perso noi, hanno perso loro. Siamo pari, no? -

Stefano fece una smorfia. Sapevo che non gli sarebbe mai andata giù, nemmeno tra una decina d'anni. Tornammo abbracciati per un altro po', poi lui andò a casa e io andai a dormire.

Quella notte sognai che ero sul palco del Contest e ci eravamo appena esibite: in giuria c'erano personaggi famosi e tra il pubblico, oltre a mamma e papà, c'era anche Stefano. E Prinz, seduto proprio dietro di lui. Che sorrideva e applaudiva. Io ero felice, la giuria ci aveva premiate perché avevamo vinto e io ero corsa da lui senza pensarci, con ancora la chitarra addosso, perché era solo grazie a lui se ero lì. Perché lui voleva la mia felicità e la mia gioia.

Mi svegliai con le lacrime agli occhi e il batticuore. Andai a scuola con pochi e brevi frammenti di quello strano sogno e più passavano i minuti, più si affievolivano e perdevano importanza. Non ebbi alcuna reazione nemmeno quando vidi Prinz attraversare il cortile in compagnia di Pazzini.

"Dovevo dirglielo?" la domanda aveva cominciato a ronzarmi in testa sul treno di ritorno da Roma ed era diventata più opprimente quella mattina. Beh, pensavo che gli avrebbe fatto piacere sapere che eravamo uscite dal Contest, nel senso buono della notizia come una sorta di feedback. Non ora, però. Magari nei prossimi giorni.

- Sarah! - Marika mi corse incontro e mi abbracciò. Come se avesse sentito il mio nome, Prinz alzò la testa e incrociò il mio sguardo al primo colpo in mezzo alla folla. Feci un sorriso di circostanza e lui annuì.

- Diglielo anche tu che potrà vedere Ale anche al di fuori del Contest: io l'ho ripetuto centinaia di volte ma lei non lo capisce. - disse Sonia apostrofando l'amica.

Abbassai lo sguardo su Marika e le sorrisi. - Non vi siete mica mollati! Smettila, dai! - esclamai.

- Io invece ci sto pensando seriamente - intervenne Sonia - non ha fatto altro che parlarmi della partita di basket e di quanto loro siano bravi. Gli ho tirato fuori la partita contro il Blake e ha abbassato subito la cresta. Non lo credevo così narcisista! -

- Stefano si è contenuto. - risposi. Alzai lo sguardo: Prinz era già sparito.

Nel  mio cervello andò in loop il messaggio "Diglielo". E me lo ripetevo, più per un bisogno personale che una necessità sua. Perché per quanto fosse una brutta notizia volevo dirglielo, volevo condividere con lui quell'esito, entrambi da perfetti perdenti. Mi decisi: lo avrei fatto al termine delle lezioni. Sarei andata in palestra e glielo avrei detto.

***

Come si dice, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: Stefano mi mandò un messaggio per chiedermi se mi fermavo da lui a vedere gli allenamenti. Ecco, che dire?

Mi inventai che dovevo correre a casa per prepararmi in vista di un compito in classe del giorno dopo. Anche le ragazze mi chiesero di fare un pezzo di strada a piedi ma declinai, dicendo loro che aspettavo Stefano.

Quando il cortile era vuoto, andai verso la palestra. Era l'una e mezza: magari lui era già in palestra a fare le pulizie. Sperai che non ci fosse nessun altro: non volevo essere vista, sapevo che le voci correvano in fretta.

Provai a entrare ma la porta era chiusa. Mannaggia. Forse aprivano più tardi. Decisi di fare un salto a casa, mangiare qualcosa e tornare più tardi al termine degli allenamenti, prima che facesse buio: mi sentivo a disagio a girare da sola per la città, soprattutto per le strade attorno alla scuola, dopo aver subito l'aggressione.

Questa volta la porta era aperta ma non c'era nessuno. Cavolo, forse avevo aspettato troppo. Erano solo le quattro e mezza ed ero convinta che avessero finito da poco e invece quel silenzio non lasciava altra interpretazione. Ma chi c'era dentro se era tutto aperto?

Sentii delle voci provenire dallo spogliatoio maschile.

- Vado a dire una cosa a mio fratello e poi vado a casa -. Era una voce maschile che mi sembrava di aver già sentito.

- Ok, ci vediamo domani. - disse l'altra voce, quella di Prinz. Incrociai le dita che non ci fossero altri e decisi di aspettarlo sulla porta.

- Sei rimasto solo tu. Devi fare servizio? - La voce misteriosa era di Andrea Pazzini.

- No, oggi per fortuna no. Vado a casa anche io. -

- Riposati, te lo meriti. Sei stato bravo nell'ultima partita. Ciao! -

Udii dei passi nella mia direzione e mi nascosi dietro un armadietto. I passi si fermarono qualche metro prima, nell'ufficio dei professori. Bene, se Prinz era solo, perchè non andare direttamente da lui? Nessuno avrebbe visto che lo stavo aspettando.

Entrai nello spogliatoio, passando in punta di piedi davanti alla porta chiusa dell'ufficio in cui i fratelli Pazzini stavano chiacchierando. Quando arrivai, Prinz si girò di scatto udendo i miei passi.

- Sarah? Che ci fai qui? - domandò sorpreso. Notai che aveva già indossato il giubbino e aveva in spalla il borsone da ginnastica.

- Sh, - dissi facendogli segno di abbassare il tono - ti ho beccato appena in tempo -. Prinz mi guardò accigliato.

- Hai bisogno? Stavo uscendo. -

Annuii. - C'era una cosa che volevo dirti. -

- Va tutto bene? - chiese. La sua voce tradiva preoccupazione. Mi affrettai a rispondergli per non metterlo in ansia.

- Si, cioè... poco. -

- Poco? -

Il cuore mi batteva a mille perché non sapevo come dirglielo e le emozioni negative di quel giorno tornavano alla ribalta, facendomi avvertire ancora l'amarezza e il rancore del rifiuto.

- Avete perso voi, ma anche noi non siamo state da meno. Siamo fuori dal Contest -. Ecco, nulla di più semplice ora che l'avevo detto. Prinz spalancò gli occhi.

- Cosa è successo? -

- Non so, forse non eravamo pronte, forse lo eravamo troppo e l'emozione ha giocato un brutto scherzo. Non riuscivo a cantare, Prinz. Non sono riuscita a trasmettere nulla. E il suono della mia chitarra era morto, stanco -. Ecco la rabbia risalirmi le vene, irrigidirmi i muscoli e gli occhi diventare lucidi. Prinz non disse nulla. - Magari non te ne frega niente, ma io ci tenevo a dirtelo. Te lo dovevo. -

Il ragazzo fece qualche passo verso di me e mi mise una mano sulla testa. - Ti avevo detto di non abbatterti e non mi hai dato retta. Sono incazzato con te -. Lo guardai: glielo avevo promesso quando ero in ospedale e lo avevo deluso.

- E io lo sono con me stessa perché non sono stata all'altezza. -

- Bene, quindi ora te ne vai là fuori e ti impegni sul serio per il prossimo Contest. Perché quel posto è tuo. E se sarà necessario, rischierò ancora la pelle, per te -. Sgranai gli occhi e lo guardai con aria di rimprovero.

- Tu non... -

- Stai tranquilla, Pulce. - disse accennando un sorriso.

Le sue parole avevano funzionato, era ciò che volevo sentirmi dire. Mi ero persa e lui mi aveva fatta ritrovare. E il mio cuore aveva sussultato quando mi aveva chiamata con quel nomignolo. Era passato così tanto tempo...

I passi di qualcuno mi fecero tornare con i piedi per terra. - Devo nascondermi. - esclamai.

- Ci sono solo Andrea e Gabriele qui. -

- Appunto! -. Prinz mi guardò senza capire - nessuno sa che sono qui adesso, nemmeno le mie amiche! -. Mi guardai attorno: l'unica soluzione possibile era il bagno.

Prinz mi guardava imbambolato. Realizzai che se lo avessero visto, sarebbe stato costretto a uscire con loro e io non avrei potuto continuare il discorso.

- Vieni qui anche tu -. Senza pensarci lo presi per un braccio e lo trascinai in bagno, le porte dello spogliatoio si aprirono nell'attimo in cui chiusi quella del bagno e feci segno a Prinz di rimanere in silenzio. Lui mi guardò e volse poi lo sguardo verso un punto oltre la porta, in ascolto.

Lo spazio all'interno del bagno era esiguo ed eravamo al buio, filtrava solo la debole luce dei lampioni fuori. In quel momento mi resi conto che forse avevo ingigantito il problema: se mi avessero scoperta, forse bastava che chiedessi ai Pazzini di non dire niente: che interesse potevano mai avere nel raccontare in giro i miei affari? Magari Gabriele lo avrebbe detto con Irene. Beh, lei era mia amica, che problemi mi ero fatta? Non lo avrebbe mai detto a Stefano.

Sentimmo dei passi, rumori in qua e là, la zip del borsone chiudersi e poi il silenzio. Mi accorsi solo in quel momento che non avevo mai lasciato il braccio di Prinz in quei momenti, un po' per la tensione, un po' perché quel contatto fisico mi faceva sentire bene.

Attendemmo qualche minuto prima di uscire. Prinz aprì la porta e fece qualche passo fuori dal bagno, guardandosi attorno in cerca di qualcuno, poi si girò e mi disse di seguirlo. Andrea aveva spento le luci e lo spogliatoio era completamente immerso nel buio: appoggiando una mano al muro mi feci strada ma andai a sbattere contro qualcosa.

- Puoi accendere la luce? Non vedo niente! - esclamai dopo aver imprecato. In un click lo spogliatoio riprese forma e colore e mi accorsi di aver sbattuto la gamba contro una panca. Mi sarei portata avanti il livido per giorni.

- Andiamo? - mi sollecitò. Annuii.

- Senti, ti va di fare la strada insieme? - gli proposi. Ero imbarazzata a chiederglielo. - Non mi piace girare da sola per questi quartieri, almeno per il momento. -

Prinz si avvicinò e mi prese per mano. - Dai, andiamo. -

- Non è un problema per te, vero? - domandai incerta.

- Diciamo che per la serata ho altri progetti, piuttosto che portarti... oh merda! -. Le sue parole smisero di ronzare come tanti punti interrogativi nella mia testa quando Prinz tentò di aprire la porta ma non ci riuscì.

- Che c'è? -

- Siamo chiusi dentro. -

- Stai scherzando, vero? - chiesi quasi balbettando.

- Ti pare? - esclamò serio.

Cavolo, questa non ci voleva.

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Bentornate Rockers!
~*~

I nostri protagonisti sono rimasti chiusi in palestra.
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Può succedere di tutto tra quelle mura...
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Stay Tuned!

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