31. Salutandotiaffogo - Parte 2
Mi incontrai con Andrea al Mc Conny&Co., come eravamo rimasti d'accordo. Conoscevo quel locale perché c'ero andato qualche volta con la mia vecchia compagnia ma a loro non piaceva molto perché l'età media del locale si era abbassata ai ragazzi della mia età.
Andrea parlò per primo, tanto per rompere il ghiaccio. - Sono contento che tu sia rientrato -. Scossi la testa.
- Ho preso in mano il pallone solo ieri. Devo ricominciare da zero -. Anche il secondo giorno di allenamento aveva fatto schifo rispetto ai miei vecchi standard.
- Gabriele ha già in mente un piano per farti tornare in forma. Vedrai, torneremo a vincere insieme, io e te -. Avevo dimenticato quanto Andrea fosse positivo in ogni cosa che facesse. Per lui non erano affatto passati quasi cinque anni, era come se lo avessi salutato per l'ultima volta il giorno prima. Mi sentii da schifo per essermi staccato da lui, per averlo insultato e desiderato di ammazzare di botte.
- Mi dispiace per aver mollato tutto e tutti. Tu per primo: ti chiedo scusa per averti insultato quella volta quando hai tentato di farmi ragionare. -
- Acqua passata. -
- No, cazzo. Avrei dovuto capire subito in che guaio mi ero cacciato, ma ce l'avevo troppo con te. Ero incazzato perché eri stato tu a farmi cadere, perché in quella stanza di ospedale tu non eri mai entrato e soprattutto, mentre io dovevo ricominciare da zero e stavo fallendo, tu continuavi a migliorare e a diventare il nuovo leader della squadra, il nuovo me -. Andrea ascoltò il mio sfogo in silenzio: assomigliava molto a suo fratello quando mi fissava serio, aggrottando le sopracciglia e stringendo gli occhi. Appoggiò le braccia sul tavolo e si sporse avanti.
- Sai, Franz, dal giorno in cui ho fatto fuori il mio migliore amico, non faccio altro che pensare che dovevo essere io a farmi male, a perdere tutto, a non ricevere quella stupida medaglia -. Andrea tirò fuori qualcosa dal giubbino. - Questa è tua di diritto. -
Era lei, la medaglia di miglior giocatore che avevo inseguito sin da piccolo. L'osservai nei minimi particolari per memorizzarne ogni centimetro: su un lato era riportato l'anno scolastico 2003-2004 e la sigla LEGA DEL BASKET mentre sull'altra era riportato il titolo, "Miglior giocatore dell'anno".
- Cosa? - chiesi sbalordito.
- Voglio che sia tu a tenerla, intesi? Se devo vincerla di nuovo, voglio farlo in maniera regolare -. Insistetti: era sua di diritto ma la sua cocciutaggine era più dura della mia insistenza. Alla fine incassai la medaglia.
- Non è colpa tua quello che mi è successo - puntualizzai - dovevo passare la palla, essere meno egoista. Ho imparato la lezione -. Andrea annuì abbassando lo sguardo. - Cambiamo discorso, ti va? -
Davanti a due birre media, la serata scivolò via in chiacchiere. Andrea volle sapere tutto quello che mi era successo in quei quasi cinque anni, perché me ne ero andato, perché ero tornato. Mi vergognavo a raccontargli i particolari della mia storia ma quello che avevo davanti era l'unico vero amico che io avessi mai avuto e non potevo continuare a mentire anche a lui. Andrea rimase sorpreso parecchie volte ma non mi giudicò per quello che avevo fatto. Si portava addosso una parte di colpa che gli teneva cucita la bocca.
La serata passò talmente in fretta che non mi accorsi fosse già mezzanotte. Prima di andare, Andrea mi porse di nuovo la mano e con un sorriso disse:
- Vinceremo, Franz. -
Gli strinsi la mano nel nostro vecchio saluto. - Ci puoi scommettere, Andre. -
Uscito dal locale mi diressi verso via Bologna. Faceva fresco quella sera ma avevo voglia di camminare. Mi sentivo vivo ed entusiasta per aver ritrovato il mio migliore amico, per aver ricominciato a giocare.
Decisi di fare il giro dell'isolato, per scaricare l'energia accumulata. Attraversai la strada e imboccai la via di fronte, dove c'erano altri locali. Li avevo frequentati tutti e sapevo quali erano validi e quali no: voto discreto a tutti tranne a quello all'inizio, l'Atlantique, troppo da fighetti per i miei gusti.
Passai in mezzo a un gruppo di ragazzi e ragazze che erano usciti a fumare e rimasi colpito da una ragazza carina di fronte a me. Perché non provarci? Il vecchio Prinz non avrebbe aspettato due minuti prima di portarsela a letto.
Capelli neri a caschetto, tacco alto, piuttosto fighetta. No, dal suo aspetto mi dava l'idea di essere troppo sofisticata. Meglio quelle più semplici, come lo era Sarah. Un momento. Il profilo del naso, la posizione del corpo... non poteva essere... .
"Dai girati, fammi vedere il tuo viso", pensai continuando a fissarla. Quella ragazza assomigliava a Sarah, ma cosa ci faceva in un luogo così? Vestita in quel modo e sopratutto, con i capelli corti?
C'era un unico modo per scoprirlo. Tirai fuori il cellulare e le feci uno squillo. La ragazza tirò fuori dalla borsa il telefonino, controllò il display e si immobilizzò. Quando girò la testa verso di me, capii tutto.
Volevo tornare dentro al locale ma era troppo tardi. Lui mi aveva vista. Mi sentii vulnerabile, scoperta. Un senso di nausea mi prese lo stomaco. Rimase a fissarmi in silenzio per qualche minuto, tanto da pensare che fosse tutta un'allucinazione, un'altra stupida invenzione della mia testa.
- Ciao. - disse con un filo di voce. Eh no, non mi ero inventata niente. Lui era davvero lì. Aveva i capelli corti, a differenza dell'ultima volta in cui lo avevo visto, e i suoi occhi chiari risaltavano ancora di più sul viso, visibilmente dimagrito. Aveva l'aspetto di chi era uscito da una brutta malattia, dovuto ai mesi di convalescenza e chissà poi, cosa aveva patito quando era fuggito di casa.
- Prinz... - fu l'unica cosa che riuscii a dire, più una constatazione con me stessa che il chiamarlo per nome. Il verde dei suoi occhi brillava di una luce che accecò il mio raziocinio.
- Non ti avevo riconosciuta. Hai tagliato i capelli -. Rimasi in silenzio perché non sapevo cosa rispondergli; anzi non volevo proprio parlare con lui, solo andarmene da lì al più presto. - Come stai? -
Mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e gettai lo sguardo a terra. - Bene, e tu? -
- Bene. - rispose. Feci passare qualche altro secondo e trovai il coraggio di fargli una domanda.
- Sei tornato a scuola? -
- Si. -
- Mi fa piacere. -
Oh mio Dio, che imbarazzo. Non c'era nessun dialogo tra di noi, solo un susseguirsi di domande e risposte. Sembravamo due sconosciuti, non riuscivamo a parlare forse per lo shock di esserci ritrovati, forse perché tra di noi non esisteva più niente e anche le parole venivano meno.
Eppure dentro qualcosa bolliva, lo sentivo nello stomaco salire fino alla mia bocca passando per il mio cuore. Era odio. Avrei voluto rinfacciargli tante cose, insultarlo, ma le uniche parole tra noi erano il silenzio.
Avrei voluto chiederle tante cose, parlarle, ma le uniche parole tra noi erano il silenzio.
Non mi guardava nemmeno in faccia, la grinta e la determinazione erano scomparsi dal suo modo di parlare, di comportarsi. La Sarah che avevo conosciuto esisteva ormai solo nella mia testa. Quella che avevo davanti era solo il suo spettro.
Dal locale uscì un ragazzo alto, Sarah si girò verso di lui e gli sorrise. Il ragazzo le andò vicino e la prese per mano ma Sarah la mollò, gettando un'occhiata nella mia direzione, sempre in basso.
Studiai il gigante, il viso squadrato, il fisico robusto, vestito di tutto punto: era lo stesso ragazzo che avevo visto a casa sua qualche mese prima, quello che lei stava baciando.
- Andiamo, Sarah? - le chiese.
- Si. - rispose alzando lo sguardo e incrociando il mio. Ecco i suoi occhi: erano pieni di rancore.
Il fighetto mi fissò. - Lo conosci? -. Sarah scosse la testa.
- Un vecchio amico. - mi apostrofò.
Il ragazzo fece qualche passo avanti per stringermi la mano. Lei gli venne dietro, prendendolo per mano. - Piacere, mi chiamo Stefano. Sono il ragazzo di Sarah. -
A quelle parole registrai una reazione invisibile nei suoi occhi. Prinz rispose alla stretta di mano con un gesto forte, tanto che Stefano aggrottò per un attimo la fronte, sorpreso da quella forza.
- Ci conosciamo? - gli chiese. Non era stata la stretta di mano a sorprenderlo ma Prinz stesso. Se gli avesse rivelato chi fosse, sarebbe scoppiata una rissa. Volevo andarmene per scongiurare lo riconoscesse.
- Mi porti a casa? Sono stanca. - esclamai prendendo per un braccio Stefano e strattonandolo. Si girò e mi guardò serio.
- Ok, adesso andiamo. -
- Sono Francesco. - rispose. Lo guardai. Lui mi guardò e virò su Stefano. - Il piacere è mio. -
Stefano sorrise e mollò la presa. - Bene, scusaci ma Sarah è stanca. Buona serata. -
- Anche a voi. Ciao Sarah -. Abbozzò un sorriso solo con le labbra, gli occhi mostravano altro. Mi girai e presi per mano Stefano allontanandomi in fretta dal locale.
- Sarah, che hai da correre! Sei stanca e tiri come un mulo?!? -. Rallentai di scatto.
- Voglio tornare a casa. -
Salimmo in macchina e per un po' non dicemmo nulla. Non capivo cosa ronzasse nella testa di Stefano. Non avevo voglia di parlare e chiusi gli occhi, fingendo di dormire.
- Assomiglia a qualcuno che ho già visto. - constatò Stefano mentre guidava. Feci finta di non sentirlo e continuai a tenere gli occhi chiusi. - Che cognome fa? -. Lasciai morire lì la cosa.
Quando arrivammo a casa, Stefano mi urtò leggermente la spalla. Finsi di svegliarmi, mi stiracchiai e aprii la portiera dell'auto.
- Grazie per stasera. - dissi dandogli un bacio.
- Il tuo amico fa Lorenzi di cognome, vero? -. Sgranai gli occhi e gettai istintivamente lo sguardo verso sinistra. - Era il tuo ex, quello? -. Annuii.
- Era lui. - risposi senza troppi giri di parole.
- Perché non me lo hai detto subito? -
- Perché volevo finirla lì, non volevo più averlo davanti al naso. - risposi secca.
- Gli avrei detto quello che si meritava. - aggiunse.
- Ecco, proprio per questo. Perché non volevo litigaste quando non ce n'è bisogno. Lui è il mio passato, tu il mio presente. - gli dissi avvicinandomi a lui e dandogli un bacio sulla guancia.
- Se dovesse darti ancora fastidio, gli faccio passare la voglia di girarti attorno -. Annuii, lo salutai ed entrai in casa.
E così era vero che Prinz era tornato. Dovevo credere che fosse anche cambiato? Qualcosa che avevo letto nei suoi occhi, mi diceva di sì. Ma io non mi sentivo tranquilla, tanto meno felice di averlo rivisto: l'amore che avevo provato per lui si era inacidito trasformandosi in odio per quello che mi aveva fatto passare.
Pregai di non rivederlo mai più.
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Bentornate Rockers!
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Poteva essere un incendio ma, per fortuna, si è trattata solo di una miccia accesa
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Sembra che Sarah non l'abbia proprio presa bene mentre Prinz sembra molto arrendevole
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E Stefano?
Vi aspettate che quei due arrivino alle mani prima o poi?
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Curiosità: la dualità del testo mi ha permesso ancora una volta di realizzare un capitolo doppio, grazie alla lettura del titolo, che poteva essere interpretata in Salutando Ti Affogo o Salutandoti Affogo
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