27. Waiting For The End - Parte 1
This is not what I had planned, It's out of my control
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È questo ciò che ho sempre voluto?
Mi svegliai frastornato, anche se ormai ero abituato alla sbornia. Stropicciai a fatica gli occhi e vidi le pallide macchie di nicotina sul soffitto. Bentornato nel mondo reale.
Mi sedetti sul letto tentando di non svegliare Debbie, il corpo seminudo aggrovigliato nel lenzuolo, e vidi che fuori era già mattino inoltrato. Mezzogiorno. Il letto di Nero era vuoto, segno che era già uscito per incontrare i suoi amici e concludere affari.
Debbie mugugnò e si svegliò. - Ciao biondino - e cominciò a tastare per terra alla ricerca di qualcosa da mettere addosso.
- Laggiù ti ho sfilato qualcosa. - dissi indicandole la porta con un cenno della testa, mentre mi stavo rivestendo.
Debbie recuperò le sue cose, si sistemò e accese una sigaretta prima di uscire. - Ci vediamo stasera in ufficio o scendi con me al bar? -. Sebbene conoscessi quella battuta a memoria, mi faceva ancora ridere quando chiamava "ufficio" il locale notturno in cui lavorava come barista.
- Il frigo è ancora vuoto? - domandai.
- Si, c'è solo della birra - rispose secca Debbie. Mi squadrò un attimo. - Ok, ho capito, offro ancora io. Ti sdebiti piuttosto bene a letto. -
A Milano faceva freddo, molto più che a Ferrara. L'autunno sembrava già entrato nell'inverno a ottobre. Debbie era stata una delle prime ragazze che avevo conosciuto quando ero arrivato più di un mese fa e con lei era nata una sorta di complicità. Aveva solo qualche anno in più di me, era iscritta all'università ma aveva mollato dopo un paio di esami.
Voleva fare la modella: di notte barista, di giorno audizioni su audizioni. Per ora il suo corpo aveva sfilato solo sulle copertine di riviste di seconda mano. - Guadagno bene - non faceva che ripetere per convincere sia me che lei, abbassando gli occhi verdi più grandi del suo viso di bambola.
Due caffè e brioche nel bar dei cinesi sottocasa e poi ognuno per la propria strada. Nel quartiere della Barona non c'era niente da fare. Solo case popolari, palazzoni di cemento divisi da strade immense. Gente triste, visi depressi. Che schifo.
Recuperai la mia moto e mi diressi verso altri quartieri un po' più vivi. Quando ero venuto qui, credevo fosse più semplice vivere. Nero mi aveva promesso che avremmo guadagnato un sacco di soldi e così fu ma non erano mai abbastanza: affitto, cibo, benzina e qualche spicciolo per divertirsi ogni sera, tra aperitivi e partite a poker o scommesse e i soldi finivano subito.
Nero era alla ricerca sempre di nuove forme di guadagno e si era alleato con alcuni clan del luogo, che gli fornivano la "merce" da vendere in cambio di una percentuale. Non era più il capo ma per me lo sarebbe sempre rimasto e non faceva che ripetermi: "Appena saremo abbastanza ricchi, manderemo a fanculo queste quattro merde e creiamo un clan tutto nostro".
Nero avrebbe incontrato un nuovo fornitore proprio quella mattina e a sentirlo, avrebbe cambiato la nostra vita. Ricevetti la sua chiamata mentre ero nei pressi di Porta Genova e mi disse di raggiungerlo in zona Lotto.
Parcheggiai la moto nei pressi di una baracchina lungo la via dello stadio e mi sedetti sulla panchina accanto a lui. Era da un po' che non lo vedevo così sorridente.
- C'è una nuova droga, sono paste, facili da dare via. Stasera ti voglio vedere all'opera. -
Spalancai gli occhi. - Devo farlo io? -
Nero accese una sigaretta. - Le altre volte ti è riuscito piuttosto bene. Punta sui locali nella zona ovest, mi hanno detto che là potrebbe piacere -
- Quanto ci guadagno? -
- Il prezzo di base è dieci. A me spetta il settanta, tu prenderai il trenta -
- Ma non è niente! -
Nero tirò una boccata. - Senti, cerca di vendere, ok? Ho dei debiti da saldare, mi servono più soldi, ragazzino. -
Incassai in silenzio e me ne andai a prendere la merce dove mi aveva indicato. Il lavoro sporco toccava sempre a me. Ma un giorno avrei guidato anche io una R8 come quella del fighetto che avevo sorpassato al semaforo ieri notte.
È veramente questo ciò che ho sempre voluto essere?
Via Torino, ore 5,45. Il lavoro era finito: avevo venduto più di quanto credessi nei locali dei fighetti. Erano loro a comprare quella merda che li teneva svegli fino all'alba, non i morti di fame, e a fine serata incontrai Nero nel privè del locale di un suo amico.
Ci dividemmo le somme: quasi trecento euro puliti il guadagno di una sera. Raggiunsi Debbie al Kamaleon alla fine del turno. La trovai fuori dal locale seduta su uno sgabello insieme a due colleghi, tutti e tre intenti a fumare e ridere. Appena mi vide, scese come un gatto dallo sgabello e mi corse incontro. - Ehi biondino, che fine hai fatto? -
- Lavoro. - giustificai. Debbie sorrise: aveva un'aurea strana attorno a sé. Salutò i colleghi e venne via con me.
- Andiamo da me stasera? La mia coinquilina non c'è -. Accettai e salimmo in moto in direzione Maciachini. Debbie divideva l'appartamento con alcune ragazze e in ogni camera c'erano due letti. La ragazza appoggiò la borsa sulla scrivania e tolse le scarpe con il tacco, che le facevano sembrare le gambe ancora più lunghe. Mi tolsi la giacca, la gettai sulla sedia e le andai vicino cominciando a baciarle il collo, dopo aver spostato i lunghi capelli biondo cenere.
- Stasera si festeggia. - disse in un sospiro tirando fuori dalla borsa una sigaretta fatta da lei.
- Ci sto. - risposi accarezzandole i fianchi.
- Non hai capito, - si girò e mi sorrise - domani ho un'audizione per un servizio su un importante giornale. E questa è per festeggiare -. Accese la sigaretta, aspirò il fumo e me la passò. La presi, tirai e respirai a fondo.
L'odore dolciastro del fumo pervase presto la camera così come il senso di serenità dentro di me. Presi a baciarla con forza, tra una boccata di fumo e l'altra e quando la sigaretta finì, cominciammo a spogliarci con foga, il desiderio crescente nell'euforia del momento.
***
Stavo rientrando a casa. Debbie era a fare l'audizione e Nero mi aveva chiamato perché diceva di avere bisogno. Mi fermai a un distributore per fare benzina e venni avvicinato da quattro uomini.
Non feci in tempo a capire chi erano che quello più alto mi diede un pugno in pieno viso, facendomi cadere addosso alla moto. Cercai di rispondere con un destro ma un calcio in pieno stomaco mi bloccò e qualcuno mi fece cadere a terra con uno sgambetto.
Respirai velocemente per recuperare ossigeno e quello più basso si avvicinò, mi prese per i capelli e mi costrinse a guardarlo.
- Dì al tuo amico Nero che deve ancora saldare il suo debito. E la prossima volta toccherà a lui. - esclamò estraendo un coltello serramanico dalla tasca e piazzandomelo sotto la gola. Il cuore batteva a mille, ero convinto che quello sarebbe stato il mio ultimo respiro. Chiusi gli occhi, sapendo che non potevo arrendermi così ma non avevo scelta.
Il ragazzo mi mollò e assestò un calcio in viso che mi stese a terra. Il sangue prese a scorrere dal naso e mi venne da tossire. Mi rialzai a fatica aggrappandomi alla moto, nessuno nei paraggi badava a ciò che era successo: era quotidianità in un quartiere come quello della Barona, nessuno diceva e vedeva nulla per paura di essere coinvolto.
Trovai Nero nell'appartamento intento a sistemare del denaro sul tavolo all'interno di un borsone. - Che fine hai fatto? - domandò continuando a darmi le spalle.
- Mi hanno menato. - dissi deglutendo a fatica.
- Ah, bene. - rispose continuando a sistemare il denaro nella borsa.
- Guardami, cazzo! - gridai. Era la prima volta che alzavo la voce con Nero. L'uomo si girò e mi guardò irritato.
- Che ti hanno fatto? -
- È stato Castillo. Gli devi ancora i suoi fottuti soldi. -
Nero fece spallucce e tornò al suo lavoro. - E aspetterà. Ora non ce la faccio. -
- Mi ha puntato un coltello alla gola, quel bastardo! E ci ammazzerà entrambi! - gridai andando verso di lui.
- Ragazzino, datti una calmata! Gli ordini a me non li dai. -
- Non si tratta di ordini ma di vita o morte. E non voglio certo morire per i tuoi debiti! - esclamai guardandolo dritto negli occhi.
Sul tavolo non c'era più una banconota. Nero chiuse il borsone e si girò verso di me. - Ti ho portato con me perché ero convinto fossi diverso e invece sei un cagasotto come tutti gli altri. -
- Non siamo più a Ferrara. -
Nero prese un respiro prima di parlare. - Fidati di me, salderò anche il debito di Castillo. -
- Con quelli? - feci un cenno con la testa verso il borsone.
- Questa ciccia terrà a bada qualche altro cane randagio. - disse avviandosi verso la porta con la borsa. - Se hai troppa paura di rimanere qui, vattene e non farti più vedere -. Nero si chiuse la porta alle spalle. Girai su me stesso e tirai un calcio alla sedia del tavolo che cadde a terra.
Cazzo, non avevo scelta. Se me ne fossi andato, non avrei saputo dove andare e cosa fare. Avevo bisogno di soldi e Nero era l'unico che potesse aiutarmi.
Andai in bagno, mi lavai la faccia dal sangue incrostato e mi specchiai: il mio viso era cambiato ancora una volta. Non ero più Francesco, nemmeno Prinz. Ero un povero sfigato che spacciava per mantenersi, la merda della società.
Quando decisi di seguire Nero, lo feci perché non sapevo dove andare e credevo avrei avuto un futuro ma più passavano i giorni, più mi rendevo conto che stavo vivendo l'ennesima illusione.
E se Riot mi avesse fatto fuori quella volta?
Il cellulare squillò. Era Debbie.
- Mi hanno presa! Sarò nel servizio! - gridò piena di felicità. C'era poco da essere allegri e in quel momento, non me ne fregava niente del suo successo.
- Meglio per te. - risposi secco.
- Cazzo hai, Prinz? - domandò irritata.
- Senti, lasciami stare oggi. Ho dei problemi e in questo momento non me ne frega niente di tutto il resto, capisci? -
Debbie riattaccò senza aggiungere niente. Per un po' non avrebbe rotto con le sue cazzate. Mi gettai sul letto disfatto e presi a pugni il cuscino. Me l'ero fatta sotto per una minaccia del cazzo, manco fosse la prima che ricevevo da quando ero arrivato. Era bastato un coltello per buttarmi a terra. Chiusi gli occhi e recuperai le forze. Presto li avrei attaccati, non sapevano chi ero finché non lo avessi dimostrato.
Presi il cellulare e chiamai Nero. - Ci ho pensato sopra: perché dobbiamo dare dei soldi a Castillo, quando possiamo prenderci i suoi? -
Nero rimase qualche secondo in silenzio prima di esclamare. - Bentornato, Prinz. -
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Questa è la realtà, mie care Rockers.
~*~
Non era la lettera finta di qualche capitolo fa.
~*~
Il nostro Prinz è caduto dalla padella alla brace e la situazione sembra solo peggiorare.
~*~
Ma è quando si tocca il fondo, che poi si comincia a risalire
~*~
Vediamo che succede...
~*~
Stay Tuned!
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