14. Run - parte 2
La situazione stava diventando surreale: gli scoppi, la corsa verso la salvezza e poi la calma. Non era successo più niente, gli allarmi avevano smesso di suonare, nessuno era intervenuto. Iniziò presto a insinuarsi il dubbio e l'inconsapevolezza di ciò che realmente stava accadendo, scambiandoci sguardi nervosi l'uno con l'altra, rimanendo in silenzio e trattenendo il respiro, in attesa che qualcosa succedesse. Mi guardai attorno: eravamo tutti li, noi studenti, mentre i professori potevano contarsi sulla punta delle dita.
- Ci hanno chiusi fuori. - tuonò Massimo Sinti, l'alunno più brillante del quinto anno, nonché presidente del comitato studentesco. Aveva fatto un sopralluogo sul retro della scuola insieme ad alcuni ragazzi scoprendo che i cancelli erano bloccati e degli scoppi, che sembravano aver squarciato parte dell'edificio, non era rimasta che una evanescente nebbiolina dal forte odore di zolfo. Tutto era intatto.
I ragazzi provarono a forzare le porte dell'entrata principale ma non si aprirono e dentro non c'era nessuno. - è tutto molto strano, chiamerò la polizia -. Sinti tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e cominciò a comporre il numero. Un brusio si alzò lento tra di noi che lo stavamo circondando: solo qualcuno decise di andare a casa, tutti gli altri rimasero, più per curiosità e volontà di recuperare portafogli o altri oggetti lasciati in classe, piuttosto che sperare in un ritorno alle lezioni.
- Ma chi può essere stato? - domandò una ragazza tra la folla - i botti, le porte chiuse... -
- E' ciò che voglio capire. - rispose Massimo porgendo alla ragazza il suo azzurro sguardo deciso. Il ragazzo parlò al telefono e pregò la polizia di fare più in fretta possibile.
- Non ci resta che aspettare. - sentenziò Sonia, appoggiandosi al muro della pedana per portatori di handicap che si trovava a sinistra dell'entrata principale, imitata da altri studenti.
Non parlammo, rimanendo chiusi nei nostri silenzi a riflettere sulle ragioni di quei strani incidenti. O coincidenze. Perché era davvero strano che solo noi ragazzi fossimo rimasti chiusi fuori dalla scuola, che non ci fossero tracce di un incendio. E quel ragazzo che assomigliava ad Alex...
Un brivido freddo mi percorse la schiena e assunsi una strana espressione che fece preoccupare le mie amiche. - Sarah, a cosa stai pensando? - domandò Sonia.
Scossi la testa - Non può essere... -
- Non starai pensando... - Sonia mi guardò di sottecchi incrociando le braccia. La guardai negli occhi senza aggiungere altro.
Un brusio attirò la nostra attenzione: tre persone apparirono dietro una finestra del primo piano, la aprirono e chiesero aiuto per calarsi fuori. La distanza da terra era di circa di due metri e il professore più giovane scese per primo, rimanendo sospeso per le braccia e facendo un salto a terra. Ci radunammo attorno a loro allarmati e Sinti si fece largo tra di noi, sollecitando ad aiutarli e avvicinandosi per interrogarli.
- Cosa è successo? - domandò preoccupato mentre aiutava la professoressa terrorizzata a scendere. La donna si aggrappò a lui e scoppiò a piangere. - Non lo so, è successo tutto in fretta... un gruppo di ragazzi ci ha presi in ostaggio, minacciandoci con dei coltelli. Ci hanno chiusi in bagno ma siamo riusciti a fuggire. -
- Non mi lamenterò più dei ritardi nella manutenzione delle porte guaste, - rispose il professore uscito per primo - sono state la nostra salvezza. -
- E il preside? Dov'è? - La donna guardò Sinti spalancando gli occhi e girando lo sguardo verso gli altri due.
- Sembra che sia stato preso in ostaggio. - rispose il terzo professore più anziano rispetto agli altri due - quando hanno chiuso la porta, ho sentito il suono di un cellulare e uno dei ragazzi ha detto all'altro qualcosa come "Preside preso. Tutti in aula magna" e ha aggiunto qualcosa di strano, una specie di parola straniera. -
- Ha detto, - intervenne la donna asciugandosi le lacrime - "Prinz è pronto".-
Il mondo sembrava essere scomparso attorno a me, portando con sè tutti i miei timori e sospetti.
Solo di una cosa ero certa: Francesco era lì.
- Ma che cazzo vuoi da noi? -. Vito si era alzato dall'angolo e stava cercando di prendere il controllo. Feci un cenno a Bite e ad un altro ragazzo corpulento di seguirmi e mi avvicinai a Vito, mantenendo una certa distanza di sicurezza.
- Perché non dici tu come è andata? - domandai al ragazzo.
- Che cosa... -
- Non sono stato io ad aggredirti. Hai le palle di ammetterlo e ritirare la denuncia? -
Vito sgranò gli occhi sorpreso. - Guarda che non sono stato io a denunciarti! -
Il piano stava filando liscio: tutte le mie teorie stavano prendendo forma, una parola dietro l'altra. - Certo, ti credo. Tu eri moribondo, sapevi che non ero stato io a pestarti. Che senso aveva denunciare me? Dopotutto, qui tra noi c'è qualcuno che era sul luogo del delitto e che può aver interpretato con ovvia fantasia ciò che è davvero successo. - lanciai uno sguardo ad Arianna, che si irrigidì e mi fissò spaventata.
Vito capì le mie intenzioni e tentò di fare qualcosa ma uno dei ragazzi lo immobilizzò al mio cenno. Presi per le braccia Arianna e la strattonai, allontanandola da Vito. La ragazza mugugnò qualcosa ma la ignorai. La fissai in viso, i suoi occhi erano arrossati e non aveva coraggio di guardarmi. - Ammettilo che sei stata tu. -
- Lasciala andare! - Vito gridò ma venne zittito all'istante da un colpo allo stomaco. Arianna tentò di divincolarsi ma strinsi ancora di più la presa.
- Se ammetti che sei stata tu, vi lascerò andare -. La ragazza incrociò il mio sguardo, per un secondo un brivido l'attraversò ma poi si calmò.
- Io non ho fatto nulla, lo giuro. - disse in un sussurro.
- Menti! -
- Io non ho fatto nulla, quel giorno c'eravamo io e Sarah ma non capivamo cosa stesse succedendo. Te lo giuro. Ti prego, lasciaci andare -. La ragazza sembrava sincera ma non mi andava di lasciarla ancora libera.
- Ha sentito, Preside? - feci eco all'ometto rintanato nell'angolo della sala. Temevo fosse svenuto da un po', visto il silenzio - io non ho fatto niente -. L'uomo si tirò in piedi e mi fissò bianco come uno straccio. Mollai Arianna, che si appoggiò a una delle poltroncine per riprendere le forze e avanzai verso il preside.
- Quindi, ricapitolando. Vito era moribondo e sapeva che non ero stato io a dare l'ordine di attaccare. Arianna non ha sporto denuncia anche se, insieme a quell'altra ragazzina, ha sospettato c'entrassi io -. L'uomo cercò di allontanarsi ma Gin lo bloccò. - A questo punto, mi chiedo - una spanna mi divideva dal preside; era terrorizzato - tutti sono stati testimoni di ciò che è avvenuto dopo ma vede, signor preside, c'è una cosa che non riesco a capire: chi ha detto all'assalitore di Vito, nonché mio assalitore, che io sarei venuto qui? -
- Prinz... è qui! - gridai incredula verso le ragazze. Certo, era logico, quella situazione surreale non poteva che averla creata lui.
- Forse è qualcun altro. Dai, lascia perdere. - esclamò Marika, prendendomi per un braccio per calmarmi.
Scossi la testa, non credevo a una parola di quello che mi aveva detto. Me lo sentivo. Ne ero sicura. Prinz era lì. - No! Lui è qui! Non hai sentito?!? - gridai indicando la donna che lo aveva nominato per primo. Stavo impazzendo, perdendo il controllo di nuovo come quella volta a Verona.
Non esisteva più Stefano e la sua stupida decisione, né gli sforzi che avevo fatto per dimenticarlo; era come se quei mesi non fossero mai passati e io mi fossi ritrovata quel pomeriggio nel parco davanti a lui. Sembrava quasi me lo sentissi: l'inquietudine che avevo provato per tutto il giorno, poteva essere associata a quel brutto presentimento?
Riuscii a liberarmi da Marika. - Lo devo vedere! - esclamai.
- E cosa pensi di fare? Credi di ottenere qualcosa? - esclamò Sonia cercando di farmi cambiare idea.
- Devo vederlo. - risposi guardandola negli occhi in tono di sfida.
- È una cazzata, te ne rendi conto? Ci sono anche gli altri e senz'altro lui non è qui per te! -
- Non mi importa, io devo parlargli. -
- E sentirti dire di nuovo che tra voi è finita già da un pezzo?!? - Sonia mi provocò e io mi irrigidii – Svegliati Sarah, questa è la realtà! Smettila di illuderti e apri gli occhi una volta per tutte! Quello non ti vuole o sarebbe già venuto a cercarti! -. Le sue parole mi fecero rabbrividire: era tutto tremendamente vero.
- Sonia, ora stai esagerando. - suggerì Marika, lanciandomi un'occhiata preoccupata. I ragazzi attorno a me si girarono a fissarci mentre mettevamo in scena la nostra commediola per poveri e presto, voci del tipo "è la ragazza che stava insieme al teppista" e "è quella che ha visto lo scontro" cominciarono a girare. Rabbia e imbarazzo mi fecero accelerare i battiti del cuore e il desiderio di allontanarmi di li si fece ancora più forte.
- Non sto affatto esagerando Mary, se lei non capisce con le buone, bisogna spiegarglielo con le cattive. - rispose Sonia, continuando a guardarmi con espressione tesa.
Chiusi per un attimo gli occhi e pensai: Sonia aveva perfettamente ragione ma io... io non volevo rendermene conto perchè era troppo doloroso. Alzai lo sguardo verso la mia amica e gridai con tutta la forza che avevo.
- Non me ne frega un cazzo se è finita, se lui non è qui per me e tutto quello che ti pare! Io lo voglio vedere e non sarai tu a fermarmi! -
Mi girai di scatto e mi feci largo tra la folla verso la finestra. Chiesi a un ragazzo lì affianco di darmi una mano ad arrampicarmi ed entrare nella scuola dalla finestra. Le mie amiche mi corsero dietro per tentare di fermarmi e le ultime parole che udii furono il mio nome gridato da Marika e un "stupida" mormorato da Sonia, mentre mi ero girata un'ultima volta a osservarle.
- Alex, tu che ne pensi? - domandai senza distogliermi dalla mia vittima.
- Il preside? - rispose disinteressato.
Annuii. Battei i pugni delle mani tra loro, pronto a scagliarne uno.
- Ha sentito? Lei sembra il colpevole. In fondo, cercava un pretesto per allontanarmi da scuola da parecchio e questo, si è presentato sul vassoio. Pensi, non solo il capo della banda ma anche tutti gli altri membri. Ma lei ha voluto punire solo me. Beh, io non avevo intenzione di tornare qui dentro quest'anno, a qualsiasi costo. Ma essere ritenuto colpevole di qualcosa che non ho fatto... ecco, questo mi ha fatto parecchio incazzare. Soprattutto se qualcuno pensava di prendersi gioco di me. -
Alzai il pugno e guardai negli occhi il preside per un istante, prima di girare lo sguardo verso Gin e scagliare il pugno addosso a lui, in pieno viso. Il ragazzo rovinò a terra, si portò le mani al naso e cominciò a imprecare dal dolore.
- Che cazzo ti è saltato in mente! - gridò Bite avvicinandosi. Il preside si rintanò di nuovo nell'angolo per evitare di essere colpito.
Guardai il ragazzo a terra e mi accovacciai. - Pensavi di farla franca? Che io fossi così idiota da non scoprire che sei stato tu? Stupido pezzo di merda! -
Mi rialzai e con foga cominciai a prenderlo a calci, mentre il ragazzo a terra continuava a lamentarsi. Bite si avvicinò ma feci segno di stare alla larga. - Vedete, - dissi appoggiando un piede sul fianco di Gin e girandomi verso gli altri - questa testa di cazzo ha pensato di fare il doppio gioco. Mi ha tenuto sott'occhio per parecchio tempo, andando a riferire a Riot ogni mio movimento e ogni mia azione. Quel pomeriggio sapevate solo voi che sarei andato a scuola a regolare alcuni conti in sospeso - dissi guardando Alex, Bite e Cico - e la mia preda principale non eri tu Vito. Diciamo piuttosto la seconda - aggiunsi, girandomi verso il ragazzo che tentò di divincolarsi. - Ho pensato a lungo a come si fossero svolti i fatti ma un giorno, proprio tu, Gin - e diedi un nuovo calcio al ragazzo a terra - ti sei fregato con le tue parole. Da li tutto è stato chiaro.-
L'insistenza con cui Gin voleva dare colpa a Sarah, Vito e Arianna, vittime più che protagonisti, mi aveva fatto capire che c'era qualcosa che non andava. - Cosa ti ha promesso Riot? -
Gin non rispose e cominciò a singhiozzare. Lo presi per il colletto della felpa e gli sollevai la testa. - Che cazzo ti ha dato Riot? Rispondimi, bastardo! - gridai in faccia con tutta la rabbia che avevo.
Gin balbettò qualcosa. - Una moto nuova e tanti soldi. È stato lui a dirmi cosa dovevo fare, mi dispiace, mi dispiace tanto! -
- La denuncia, l'hai fatta tu? -
- No, io non c'entro. Riot mi ha detto di dare la colpa a Vito e alla ragazza, così tu ti saresti incazzato con loro e ti saresti scavato la fossa da solo. Ma io non volevo, mi dispiace! -.
Mollai la presa e Gin sbattè la testa a terra con violenza. Se fosse morto, mi avrebbe fatto un piacere, pensai con la rabbia di chi era stato tradito. Per tutto quel tempo la spia aveva tenuto aggiornato Riot.
Iniziarono ad arrivare delle urla da fuori: alcune persone battevano i pugni contro le porte gridando di aprire e farli entrare, perché volevano sapere cosa stesse succedendo. Si, certo, avrei aperto e mi sarei fatto catturare. Ignorando le urla, feci un cenno ai due ragazzi che mi avevano scortato dal preside. - Divertitevi con lui. Voglio che lo riduciate in fin di vita, come lui ha fatto con me.-
I due ragazzi avanzarono, lo trascinarono in un angolo della sala e cominciarono a prenderlo a botte, sotto gli occhi esterrefatti di tutti gli altri. Un senso di onnipotenza mi pervase, una nuova carica di odio e rabbia che non avevo mai provato. Ero diventato come Nero, sentivo il potere addosso. Erano tutti ai miei piedi, potevo decidere delle loro sorti. Ero a capo di una banda, ora.
- D'ora in poi, chiunque osa prendersi gioco di me, farà la stessa fine -. Tutti mi fissarono immobili: ero temuto e nessuno osava obiettare.
Arianna chiuse gli occhi e si portò le mani alle orecchie per non vedere e sentire, mentre Vito distolse solo lo sguardo afflitto, per non rivivere la stessa tortura che gli era stata riservata. Il preside cominciò a singhiozzare in silenzio dal suo angolo e tutti gli altri guardarono impassibili il trattamento di cortesia riservato a Gin.
Il mio potere cresceva di secondo in secondo, la mia sete di vendetta diminuiva altrettanto velocemente. Che soddisfazione. Peccato che le grida dietro la porta dell'aula magna si fecero ancora più insistenti e iniziarono a irritarmi, impedendo di godermi l'attimo di gloria. Uno del gruppo lanciò un'imprecazione, leggendo sul mio volto il fastidio e fu subito fatto silenzio. Anche dal corpo esanime di Gin non proveniva più alcun suono e i ragazzi si erano allontanati.
Poi, dall'esterno venne una voce che non esitai a riconoscere.
- Sarah. - dissi in un sussurro.
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Ora avete scoperto come sono andate le cose quel pomeriggio di alcuni mesi fa: ecco come faceva Riot a sapere i movimenti di Prinz, le sue intenzioni... e la denuncia?
~*~
A breve scopriremo anche questo... ma nel frattempo, anche Prinz si è accorto della presenza di Sarah: riuscirà a fargli cambiare idea??
~*~
Sarah ha sbagliato ad andare da lui???
~*~
Stay tuned!
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