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13. Bounce

Warning: 🔞
Il capitolo contiene scene che potrebbero infastidire il pubblico sensibile

Specifico inoltre che ENTRAMBI i protagonisti sono MAGGIORENNI (Prinz ha compiuto la maggiore età prima dell'inizio della narrazione di Soundtrack:Music)

I went out on a date, with a girl
⭐️

Nero me lo aveva ripetuto: a breve avrebbe fatto le valigie e si sarebbe trasferito a Milano. Aveva trovato degli agganci con alcuni suoi fornitori e c'erano le possibilità economiche per entrambi. Lui si fidava solo di me ma io ero indeciso: abbandonare Ferrara significava tagliare definitivamente con il mio passato, i miei amici...

Avevo accennato ai ragazzi questa possibilità e dopo un attimo di smarrimento, Alex parlò a nome di tutti. - Eravamo già pronti sei mesi fa. Sapevamo che prima o poi te ne saresti andato.-

- Non ho ancora deciso. - risposi. Notai Cico in silenzio in un angolo, lo sguardo abbassato e triste. - E poi ho ancora qualcosa da fare qui -.

Alex alzò un sopracciglio - Del tipo? -

- Capire come Riot conoscesse le mie mosse.- Squadrai i miei compagni uno a uno. - Qualcuno gli ha detto che sarei andato a scuola. -

- La tua amichetta Sarah -. Gin prese la parola attirando gli sguardi su di sé - Non può essere stata lei? -

- Fai funzionare quella zucca vuota, Gin. - intervenne Alex. - Come pensi potesse dirglielo? Non mi risulta che siano amiconi. -

- Ah, già -. Gin mise la testa tra le spalle e si zittì.

Lei era l'unica che sapeva dove mi sarei diretto, semmai avrebbe potuto avvisare Andrea o Vito. Magari l'amico Castelli, però... un momento.

- Qualcuno deve aver sentito la nostra conversazione. - sottolineai.

- E perché glielo avresti detto? - intervenne Byte. Dovevo raccontare loro la verità?

- Fatti i cazzi tuoi, Byte - rispose secco Alex voltandosi verso di lui. Uno scambio di sguardi tra di noi mi fece capire che Alex aveva intuito tutto sin dall'inizio.

- Lei ti piaceva? - Cico mormorò debolmente quelle parole, quasi spaventato per la reazione che avrei potuto avere. Non me lo aspettavo da lui: un ragazzino così ingenuo ma al tempo stesso maturo. Annuii in silenzio.

- Non era niente di serio. Lei aveva perso la testa per me e io l'avevo solo assecondata, - recita degna di un attore protagonista. - durante la lite mi è scappato detto che sarei andato a scuola ed è lì che qualcuno ha sentito. -

- Magari per fartela pagare è andata da... -

- Gin, vuoi metterti in quella testa vuota che non è stato così? Quella ragazza non può averlo fatto! - gridai carico di rabbia.

- Capito Prinz: cerchiamo il vero colpevole. - sentenziò Alex accendendo una sigaretta. Gliene fui grato.

Ripensare ai fatti di quel giorno mi fece venire la nausea e risvegliò in me un tormento misto a rabbia. Sciolsi le righe e me ne andai, lasciando ai miei amici le indagini. Desideravo stare da solo quel pomeriggio.

Salii sulla mia moto e raggiunsi il molo, il mio rifugio al mare. Non riuscivo a togliermi il pensiero di Sarah, di cosa avesse fatto dopo essermene andato. Castelli aveva parlato di un testimone che aveva riferito di aver visto me e Vito litigare. In realtà quando dissi che io non c'entravo, l'ispettore rispose che testimonianze confermavano il contrario, senza andare nello specifico.

Quella storia mi stava facendo impazzire. Quel pezzente di Vito non poteva essere stato, era più morto che vivo quando lo avevo visto nel piazzale della scuola. E lei... dovevo andare da Sarah e chiederglielo: la mia voglia di vendetta si stava muovendo in una direzione tutta sua, animata dal desiderio di rivederla. Una scusa dietro un'altra scusa. Avevo nuovamente perso la testa.

Si era fatto buio ormai e iniziava a fare freddo. Settembre stava entrando nell'autunno e l'estate era sparita. Ripresi la moto e imboccai la superstrada in direzione della città. Girai Ferrara in lungo e in largo prima di decidermi ad andare a casa di Sarah.

Quando arrivai, alzai lo sguardo e vidi che la luce in camera sua era ancora accesa. Avvertii una fitta allo stomaco e mi fermai in un vicolo lì vicino. Scesi dalla moto, mi tolsi il casco per respirare meglio e mi appoggiai al muro: cosa cazzo avevo intenzione di fare? Suonare al campanello e chiederle cosa fosse successo quel giorno per vederla anche solo un istante? Sì.

L'idea peggiore che avessi avuto. Il mio orgoglio mi bloccò impedendomi di compiere quell'enorme cazzata. Non potevo. Punto e basta. Rimasi parecchio lì fuori a tormentarmi con quella stupida idea, finchè non mi decisi a risalire in moto e avviarmi, riprendendo la strada da cui ero venuto.

Ripassai davanti a casa di Sarah e la vidi: bella come la ricordavo, nella sua gioia di vivere, in quei capelli lasciati sciolti lungo la schiena e abbandonati alle carezze del vento, la felpa oversize in cui nascondeva il corpo minuto di una piccola donna in fiore. Ma non era sola. C'era un ragazzo con lei, a cui Sarah aveva appena dato un bacio.

Quei pochi e miseri sentimenti che avevo conservato della nostra storia erano andati definitivamente distrutti in quell'istante. La ragazza si era già consolata, si era già dimenticata di me da un pezzo. E io che pensavo ancora a lei, chiedendomi se avessi fatto la scelta giusta. Ora non avevo più dubbi. Quella ragazzina aveva altro per la testa: perchè solo io dovevo continuare a tormentarmi?

Mi fermai in un angolo della strada principale e presi il telefono per chiamare quel numero ancora scritto su un foglietto. - Vieni pure. - mi disse. Quando fui davanti al suo appartamento, Candy aprì la porta dopo il primo squillo di campanello.

- Hai presente che ore sono? Spero ci sia un buon motivo... -. Non terminò la frase perché la baciai. Era scattata di nuovo quella molla che tante volte aveva alimentato la mia solitudine. Mi ero sentito tradito e stavo reagendo. Dovevo dimenticare del tutto Sarah quella notte, tra le braccia di un'altra.

La feci indietreggiare verso il divano, chiudendomi la porta alle spalle. Candy si staccò un attimo, incrociando il mio sguardo con il suo.

- Che intenzioni hai? - domandò con il fiato corto per il lungo bacio e l'eccitazione crescente.

- Scopare. -

Candy si morse il labbro e riprese a baciarmi, cominciando a spogliarmi. Mi staccai dalle sue labbra: non sentivo il bisogno di quel bacio, solo la necessità di sfogare il mio corpo, la mia rabbia. Non mi importava di eccitarla e di eccitarmi io stesso, tanto era il rancore che provavo e che alimentava il desiderio di penetrarla, ebbro di un piacere perverso, disconnesso da qualsiasi forma di rispetto.

Come se Lei sapesse quello che stavo facendo.

Volevo odiare me stesso, volevo odiare lei. Le portai le mani sui fianchi, abbassandole velocemente i pantaloni e gli slip. Lei sussultò sorpresa ma non oppose resistenza.

- Passi subito ai fatti. - disse, sorridendo maliziosa, appoggiandomi le braccia al collo.

Tolsi velocemente le sue mani da me e la girai di schiena; lei capì le miei intenzioni e si appoggiò al divano, donandomi la prospettiva del suo fondoschiena e della sua intimità.

Ecco, fottila come Lei ha fottuto te!

Le mie vene erano ormai sature dell'astio che provavo nei confronti di Sarah, il pensiero di lei con un'altro aveva avvelenato completamente il mio cervello e quella fottuta immagine tornava sempre davanti ai miei occhi, anche in quel momento, mentre osservavo le forme tonde e accoglienti di Candy.

Appoggiai le mie mani sui suoi fianchi e la penetrai con forza, le spinte crescenti, senza badare al suo piacere, senza l'intenzione di compiere quell'atto per una soddisfazione reciproca.

Candy gemeva, compiaciuta o meno, da quell'atto così fisico e bestiale. E quando venni in un lamento silenzioso, mi staccai subito da lei, incurante del suo ipotetico orgasmo, senza donarle attenzioni o chiederle scusa per quella performance da quindicenne arrapato.

Lei si girò, guardandomi a metà tra il disgusto e la delusione: si era sentita usata. E in effetti, era stato davvero così. Una bambola gonfiabile di carne umana in cui avevo sfogato le mie pulsioni, scaricando una rabbia che, in realtà, si era trasformata in ribrezzo per me stesso, appena mi resi conto che cosa avevo fatto.

- Scusa, non volevo... - cercai di raccapezzare le parole mentre mi sistemavo, nel tentativo di giustificare a lei e me stesso un comportamento che non mi rappresentava. Non avevo mai usato una donna in quel modo e mi sentivo il voltastomaco a quel ripugnante pensiero.

Candy si rivestì in fretta. - Non sono una puttana! - esclamò con rabbia. - Quando ti ho dato quel biglietto, pensavo che fossi un ragazzo diverso, non una merda come tutti gli altri! Conosco tua madre, cazzo. E' per quello che te l'ho dato. Ma non ti permetto più di toccarmi in quel modo! - Gli occhi le divennero rossi, il rancore per la vergogna provata, per essersi sentita tradita e violata da me.

E io, come un idiota, davanti a lei che cercavo di aggiustare qualcosa di irreparabile, mentre lei si chiudeva sempre più in sè stessa, portandosi le braccia al petto per proteggersi da me.

- Hai ragione, scusa... ma... Cristo, perdonami. - balbettai profondamente imbarazzato. Non era da me. Cercai di avvicinarmi a lei per aiutarla ma si allontanò ulteriormente.

- Vattene. Non ti denuncerò ma non farti vedere mai più qui. - gridò, girando lo sguardo di lato, per non mostrare le lacrime che cominciavano a scendere lungo le guance.

Volevo odiarmi, sentirmi una merda. Ero riuscito nel mio intento a discapito della vita di un innocente.

Me ne andai a testa bassa, senza avere più il coraggio di guardarla in viso. Mi chiuse la porta alle spalle senza darmi quasi il tempo di mettere l'ultimo piede fuori.

Che mi era preso? Cosa volevo dimostrare a me stesso?

***

Passai la notte nell'appartamento di Nero; verso le sette di mattina trovai sul cellulare una chiamata persa di Alex, oltre alle mille lasciate da mia madre. Non avevo voglia di telefonarle per sentire le sue lamentele e lasciai perdere; chiamai invece il mio amico per sapere cosa fosse successo.

- Prinz, siamo stati sospesi.-

- Che cosa? - non capivo a cosa si riferisse.

- È scattato un fermo, non capisco perché proprio ora. Mi hanno telefonato a casa e detto che sono stato sospeso da scuola perché mi hanno denunciato per concorso nell'aggressione di Vito -. Sentii il sangue ribollire nelle vene nonostante fossi incredulo. - tu sei il primo indiziato. - aggiunse. Non ci credevo. Avevo detto a quella testa di cazzo di Castelli la verità ma lui non mi aveva creduto.

- Da chi è stata fatta la denuncia? - gridai.

- È quello stupido ragazzino, Vito. E la sua ragazza, Arianna Colletti è il testimone. -

- Chi te lo ha detto? - domandai.

- L'ha scoperto Gin -. Riattaccai e andai di corsa a casa. Dovevo vederci chiaro in quella storia.

Al mio rientro trovai mia madre addormentata sul divano. Si era svegliata al suono della porta che si apriva e quando si accorse che ero io, mi assalì.

- Che fine hai fatto? Perché non hai mai risposto al cellulare? Ti ho chiamato per tutta notte perché ero preoccupata per te. -

- Non rompere. - le risposi scocciato.

- La polizia ha emesso una denuncia su di te! - esclamò venendomi incontro - giurami che non sei stato davvero tu ad ammazzare di botte quel ragazzo. - proseguì cercando di prendermi per le braccia come quando ero piccolo e mi rimproverava.

- Ti ho detto di lasciarmi stare! - gridai bloccandole le braccia. Uno sguardo di terrore si disegnò sul suo volto. - Non sono stato io, quante volte devo ripetertelo? Qualcuno ha tentato di fare fuori entrambi! -

- Ma perché non l'hai detto subito alla polizia? - incalzò mia madre.

- L'ho detto ma non mi hanno ascoltato! Tutte le prove sono contro di me e sembra che anche i miei amici siano coinvolti. -

- Ti avevo detto di allontanarti da quei brutti ceffi - gridò - ti hanno portato solo guai! -

Sentii la rabbia bollire dentro di me, non sopportavo offendesse i miei amici. - Loro mi hanno dato più di te e papà messi insieme. Basta con questa cazzata! - gridai staccando le sue braccia di dosso. Cecilia arrossì e barcollò all'indietro.

- Francesco, cosa ti hanno fatto? - balbettò scoppiando a piangere.

- Sono maggiorenne e faccio quel cazzo che mi pare. - risposi- se non mi accetti, me ne vado.- Era dall'uscita dall'ospedale che non avevo pensato ad altro e ora era il momento di farlo. Andai in camera mia, presi un borsone e cominciai a buttarci dentro alcuni stracci raccattati in qua e là.

Mia madre mi seguì. - Aspetta Francesco, aspetta. -

Troppo tardi. Presi il borsone e la urtai uscendo dalla camera. Cecilia barcollò ma tornò a seguirmi continuando quella litania.

- Hai finito di rompere? - le gridai girandomi verso di lei seccato.

- Francesco, - mormorò quasi sottovoce, interrotta solo dal balbettare del pianto - possiamo uscirne insieme, ti aiuterò con la storia della denuncia, puoi continuare a vedere chi vuoi ma ti prego, rimani - . Fece qualche passo e mi prese la mano con fare amorevole. - Non lasciarmi sola anche tu. Sono tua madre. -

La guardai negli occhi intensamente, per memorizzarne il colore, le fattezze del suo viso, una volta giovane e bello e ora attraversato da qualche ruga e ciuffo di capelli grigi. Se non lo avessi fatto adesso, non ne avrei più avuto il coraggio. Con una scrollata secca tolsi la sua mano dalla mia.

- Addio. - dissi e mi incamminai verso l'uscita mentre i singhiozzi di mia madre si facevano più intensi e il mio nome usciva deformato dalla sua bocca.

Telefonai a Nero e gli dissi che avrei accettato la sua proposta.

- So della denuncia, - disse - te ne vuoi andare per questo motivo? -

- Anche. - risposi. Non avevo più niente che mi tenesse lì e i ragazzi sarebbero potuti venire con noi.

- Ok, dammi il tempo di organizzarmi. Hai fretta? -

- Affatto, - risposi - prima devo risolvere un conto in sospeso. E avrò bisogno di tutti voi. -

Un'idea mi era passata per la testa: era diversa da tutte le altre e mi serviva il gruppo al completo per metterla in atto. Volevo solo la mia vendetta, incastrare chi aveva osato scherzare con me.

Nessuno mi avrebbe fermato, nemmeno Sarah, e se si fosse intromessa non avrei esitato a spezzarla, come avevo già fatto.

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L'atmosfera si è scaldata parecchio. Prinz ha schiacciato l'acceleratore sulla sua autodistruzione.
~*~

Non condivido ciò che ha fatto, anzi, ero molto dubbiosa sulla scena con Candy; non gli appartiene quell'atto ma volevo tirare fuori un lato di lui senza scrupoli; volevo che si odiasse ancora di più, togliergli quella patina di cattivo ragazzo dal cuore d'oro che si portava ancora dietro. Farvi disinnamorare di lui, insomma.
~*~

Ma non abbiamo ancora toccato il fondo, sappiatelo...

~*~

Chissà ora cosa avrà in mente di fare.
Peggio di così...
~*~

Stay tuned!

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