9. Where I Stood (parte 1)
I don't know who I am, who I am without you
❤️
Quella notte dormii tranquilla: l'incubo del compito andato male era completamente svanito, soppiantato dall'indifferenza. In quel momento, non pensare ai problemi della giornata per non rattristarmi o star male sembrava la cosa giusta da fare, ma presto mi accorsi che avevo imboccato un'altra strada a fondo chiuso.
Il giorno dopo rimasi a casa da scuola: tutto passò nella più completa nullità. Rimasi a letto fino a mezzogiorno inoltrato, in un dormiveglia senza pensieri, mi alzai e mangiucchiai qualcosa dalla dispensa e infine, mi sdraiai sul divano, avvolta pigramente nel piumone fino all'ora di cena, osservando senza il minimo interesse le figure colorate in tv. Logico, pensai: ero ancora stanca dalle emozioni del giorno prima; la stessa bugia che avevo dato da bere alle mie amiche e ai miei.
Quando rientrai a scuola, agli occhi degli altri stavo bene: sorridevo, scherzavo, ridevo ma quando dovevo fare qualcosa, tendevo a rimandarla o a non farla proprio. Mi accorsi che non avevo voglia di suonare, di studiare, di andare in giro. Niente di niente. Dentro di me avvertivo la spinta a reagire ma appena prendevo in mano la chitarra per suonare, tutto l'entusiasmo e il desiderio di creare una nuova melodia svaniva. Era come se fossi demotivata. Un senso di vuoto interiore, completamente diverso da quello che avevo vissuto nell'ultimo mese ma ugualmente spaventoso.
Come era possibile che mi stesse succedendo una cosa del genere? Prinz era riuscito a farmi ritrovare il sorriso, la volontà di reagire e lottare... tutto questo solo per il tempo di quel pomeriggio. Una volta varcata la porta di casa e ricevute le solite parole da amiche e genitori, ero messa peggio di prima. Era come se ciò che Prinz aveva detto e fatto per me non fosse servito a nulla. Ero tornata a chiudermi a riccio, con la sola differenza che ora volevo reagire ma non ne avevo alcuna voglia. Non volevo più affrontare nulla perché temevo di fallire nuovamente: sapevo di non avere le forze necessarie per continuare ad affrontare le difficoltà e quindi mi arrendevo ancora prima di iniziare, per non sprecare inutilmente le poche energie a mia disposizione.
A lezione fu uno strazio: ero presente solo con il corpo. Dovevo chiedere gli appunti ma non avevo voglia. Dovevo chiedere alcune spiegazioni ma faticavo ad alzare il braccio. Dovevo fare gli esercizi ma non avevo voglia di applicarmi. L'unica fortuna che ebbi quel giorno fu la mancanza di lezioni con Mariani. Sonia e Marika non si accorsero del mio comportamento: con loro ero spensierata e trovavo pure il tempo di scherzare. Mi dicevano sempre che se avessi avuto bisogno di qualcosa loro erano là ma io le tranquillizzavo subito, rifiutando qualsiasi loro appoggio. La loro luce, per quanto fosse splendente, non era abbastanza potente da illuminare la strada buia in cui mi ero persa. Avevo bisogno di una luce più forte e più calda per uscire dalla foresta dove vagavo ormai da tanto tempo. Per fortuna la giornata volse in fretta al termine ma quando quella sera mi addormentai, non smaniai certo per l'arrivo del nuovo giorno.
Il mattino successivo ebbi subito il benvenuto a scuola: Chiara e le Miss Mononeurone si divertirono a prendermi in giro per via del compito; per fortuna, nessuno le aveva informate anche dell'avventura sotto la pioggia.
- Oh Sarah! Ho saputo del compito! Se mi dicevi che ti serviva una copia del testo, te lo procuravo e magari riuscivi a passarlo - esclamò appena mi vide entrare in scuola.
- Ma lei è tanto brava, cosa se ne faceva? - intervenne una delle Miss.
- Vero, Linda! Lei è talmente intelligente e cocca del prof che non se ne sarebbe fatta nulla. Mi chiedo dove abbia sbagliato per prendersi quel quattro - esclamò Chiara, scoppiando poi in una risata. Le loro parole non mi ferirono né mi fecero arrabbiare: mi passarono attraverso come uno spettro, inconsistenti. Non vi badai affatto.
Marika e Sonia notarono la mia indifferenza e gli risposero. - Ah ah ah - intervenne Sonia - mi fate davvero ridere, sapete? -
- Sonia! La mia ex migliore amica che apre bocca - esclamò Chiara - come ti vedo sciupata, tesoro! Sei proprio caduta in basso andando con quelle - aggiunse, facendo un cenno con la testa a me e Marika.
- Sai, si sta bene qui "in basso" come dici tu -
- Immagino, ti sei realizzata insieme a Principessina Sarah -
- Non avete davvero niente di meglio da fare? - intervenne Marika.
- Hai sentito, Chiara - esclamò Linda - la Mummia ha parlato! -
- Allora non è così moribonda come pensavamo... - aggiunse un'altra.
Chiara si guardò intorno - Ah, davvero qualcuno ha parlato? Io non ho sentito proprio nulla. E poi le Mummie non parlano, Linda. Sono morte! - puntualizzò.
Marika si irrigidì: nella sua mente erano riaffiorati i ricordi di quando ogni giorno era bersagliata da quelle bastarde, che non facevano che chiamarla "Mummia" perché era sempre sola e non parlava con nessuno. Sonia se ne accorse e prese le redini della situazione. - Andiamo ragazze. Se continuiamo a parlare con queste, i nostri neuroni si suicidano - esclamò prendendomi per un braccio e trascinandomi via.
- Ciao ciao! - Chiara ci salutò con la mano.
Appena ci allontanammo, Sonia mi rimproverò. - Hai sentito quella vacca? Te ne ha dette di tutti i colori! Dovevi risponderle -
- Sono stata zitta perché non me ne frega niente di quello che ha detto -
- Ma ha anche... -
- Non me ne frega niente. Che pensi quello che le pare - dissi senza troppa enfasi. Sonia e Marika si scambiarono uno sguardo e non aggiunsero altro.
Girammo l'angolo e vidi Prinz e il suo gruppo fermi in un angolo dell'atrio. Era dal giorno del compito che non lo incontravo e la sua espressione era tornata quella di sempre. Cosa potevo pretendere, data la presenza dei gorilla? Forse gli aveva parlato di me e chissà che bugie si era divertito a inventare sul mio conto. Dubitavo fortemente che gli avesse raccontato di avermi aiutata e riaccompagnata a casa, senza il minimo tentativo di farmi fuori. Passandomi accanto, Prinz mi squadrò. Fu come essere sottoposta ai raggi X: che si fosse accorto della mia ricaduta? Non penso. Non lo avevano fatto le mie amiche, figuriamoci lui.
Al termine delle lezioni, la voglia di suonare non mi era affatto tornata e inventai un'altra scusa per saltare le prove. - Sentite, preferisco rimanere in biblioteca. Sono indietro con gli appunti da ricopiare -
- E allora? Ricopiali stasera! - mi suggerì Sonia, sospettosa della scusa che avevo trovato.
- Stasera devo studiare... -
- Ma sono le quattro e dopo una giornata del genere, suonare non può che farti bene - intervenne Marika.
- Mi rilasserò anche in biblioteca, davvero -
- Ascolta, domani sera abbiamo la serata al Fusion e non abbiamo provato nemmeno una volta questa settimana. Ti sembra logico? - mi rimproverò Sonia incrociando le braccia al petto innervosita.
- Lo so ma oggi non posso. Non insistete - dissi scocciata. Come facevo a dirle che non mi sarei esibita nemmeno la sera dopo?
- Irene non sarà per nulla contenta - puntualizzò Marika.
- E voi provate senza di me! Le canzoni sono sempre quelle, qual è il problema? -. Giusto. Irene poteva sostituirmi sia a cantare che a suonare. Nessuno lo avrebbe notato.
- Lasciamo perdere. Oggi non ti capisco proprio - esclamò Sonia spazientita allontanandosi.
- Beh, a domani Sarah! - Marika salutò e si incamminò dietro Sonia.
Tirai un sospiro di sollievo: ero riuscita a convincerle ad andarsene senza di me. Per quanto tempo sarei riuscita a portare avanti quella farsa? Prima o poi sarei dovuta tornare a suonare. O almeno sforzarmi di farlo. Prima o poi ma non adesso.
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È difficile raccogliere i cocci se nessuno ti insegna a rimetterli insieme.
~*~
Sentirsi fuori posto dopo tante delusioni è diventato uno stato mentale.
~*~
Cosa farà Sarah?
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