7. One Step Closer (parte 2)
Il pomeriggio successivo alle quattro e un quarto ero già davanti alla scuola di Irene accompagnata dalle altre due inseparabili e inguaribili curiose. Appena dissi che sarei andata a trovare la nostra amica a scuola, Sonia alzò immediatamente le antenne per la causa Bellotti mentre Marika era curiosa come me di saperne di più su questo misterioso studente.
Il liceo Galileo Galilei era nel centro storico della città all'interno di un edificio storico, e distava circa quindici minuti a piedi dalla nostra scuola, che si trovava invece in prossimità della cinta muraria della città.
- La vedi? - chiese Marika, appena attraversato il cancello, guardandosi freneticamente attorno.
- No - dissi con una punta di delusione.
- Ragazze, occhi aperti per Bellotti - esclamò Sonia agitata.
- Irene mi ha detto di ricordarti che è fidanzato - intervenni urtando la mia amica con il gomito.
- E allora? Non durerà mica per sempre! - puntualizzò la mia amica con una scrollata di spalle. Sonia era fantastica.
Ci avviammo verso l'entrata mettendoci in buona posizione, in modo che la nostra amica ci vedesse. Dopo cinque minuti, ancora niente e i ragazzi nel cortile erano quasi del tutto spariti. Mi stavo stancando di aspettare e fermai il primo ragazzo che vidi uscire per chiedere qualche informazione sulla mia amica, sperando nel colpo di fortuna che la conoscesse.
- Scusa - lo chiamai facendo un cenno con la mano; il ragazzo mi vide e si avvicinò. Presi quasi paura per la sua statura: a occhio e croce era alto quasi due metri! Aveva in mano un borsone sportivo giallo con il nome della scuola in nero stampato sopra: doveva sicuramente appartenere a qualche club sportivo. Sonia si avvicinò con fare sospettoso: ero sicura che fosse arrivata anche lei alle mie stesse conclusioni e se non avessi aperto la bocca per prima, avrebbe immediatamente iniziato a infastidire il ragazzo con il suo solito tormentone.
- Ciao, scusa, per caso conosci Irene Fabris? -
Il ragazzo non rimase affatto stupito dalla mia domanda e gentilmente mi rispose. - Si, sta arrivando. Tu devi essere Sarah Minelli, vero? -
Mi spiazzò: come faceva a conoscermi? Realizzai che conoscendo Irene, era sicuramente un suo amico e lei gli aveva parlato di noi. Teoria non del tutto convincente. A meno che...
- Eccomi! - esclamò Irene, arrivando di corsa dietro al ragazzo. - Ah! - disse, passando lo sguardo da me al ragazzo. Anche Marika si avvicinò al nostro gruppetto.
- Vedo che vi siete già conosciuti - esclamò Irene. Marika e Sonia non capirono sul momento e guardarono la nostra amica con enormi punti interrogativi al posto degli occhi. Irene comprese il loro spaesamento e iniziò a parlare. - Ragazze, questo è Stefano Rizzato - disse indicando il ragazzo. Avevo visto giusto: quello era il venditore di libri. - Queste sono le mie amiche: lei è Sonia, questa è Marika e infine Sarah - prosegui Irene, indicandoci una a una.
- Piacere! - esclamammo in coro e il ragazzo rispose con un mezzo sorriso.
Le ragazze lo squadrarono da capo a piedi, tentando di capire se non c'era davvero nulla tra di loro come Irene aveva lasciato intendere; in effetti si vedeva che erano solo amici e non stavano nascondendo alcuna una relazione. A dirla tutta poi, quel ragazzo non mi sembrava il tipo ideale per la mia amica: troppo alto, troppo sportivo e troppo taciturno.
- Allora voi due non state insieme? - esclamò ingenua Marika. Sonia la zittì subito mettendole il cappuccio del cappotto in testa mentre io mi scusai; il ragazzo era rimasto sorpreso da quella rivelazione e Irene aveva alzato gli occhi al cielo disperata.
- Scusa ma alla nostra amica piace scherzare! - dissi con un sorriso forzato.
- Io e Irene siamo solo amici, ve lo assicuro - rispose il ragazzo, passandosi una mano dietro la nuca, visibilmente imbarazzato.
- Ancora questa storia? Lo sapete che sono single tanto quanto voi! - ci rimproverò Irene.
- Non prendertela con me! - esclamai alzando le mani - loro mi hanno seguita! -
- Vero, ma solo perché Sarah ci ha informato che sarebbe venuta qui - intervenne Sonia.
- E io non potevo rimanere a casa! - aggiunse Marika, tirandosi indietro il cappuccio.
- Che cosa?!? Io non vi ho proprio detto che venivo qui! - mentii.
- Ma se eri d'accordo con Irene che andavi da lei per vedere il proprietario dei libri? - aggiunse Marika. Ecco: il danno era fatto. Quelle due avevano svelato tutto il piano facendomi fare la figura dell'invasata.
- Non è come pensi tu - mi affrettai a dire al ragazzo. Chissà che idea si era fatto di me! Le ultime parole di Marika non avevano lasciato tanto scampo all'immaginazione.
Stefano rimase in silenzio a fissarci perplesso per qualche secondo prima di intervenire. - Scusate ragazze, mi dispiace interrompervi ma devo andare. Ho gli allenamenti di basket e se tardo, il Coach mi ammazza - Non so se cambiò discorso di proposito per toglierci tutti quanti dall'imbarazzo ma gliene fui grata.
Sonia alzò le orecchie come un cagnolino alla parola osso. - Tu giochi a basket? - domandò la mia amica curiosa.
- Si, nella squadra della scuola. Se volete potete venire ad assistere agli allenamenti - propose Stefano.
- Ok, accettiamo! - rispose immediatamente Sonia a nome di tutte quante. La fulminammo all'unisono: non eravamo affatto interessate allo sport e un pomeriggio passato a guardare gli allenamenti di basket sarebbe stato una tortura incredibile.
- Ehm, io vado a casa. Devo andare a studiare. È stato un piacere conoscerti - dissi con un sorriso a Stefano.
- Anche per me. Buono studio - rispose con una punta di delusione
Me ne andai di corsa, lasciando le altre due in compagnia di Sonia e della squadra di basket. Per una volta, l'idea di studiare matematica non mi era mai sembrata così tanto piacevole.
***
Il giorno dopo a scuola mi recai sul tetto per un ripasso durante la pausa pranzo. Era una giornata soleggiata e l'assenza di posti disponibili in sala studio mi spinse a cercare un nuovo rifugio. Sonia e Marika non mi seguirono: con la scusa che dovevano lasciarmi stare preferirono rimanere al caldo dentro in scuola.
Il tetto era in realtà una balconata all'ultimo piano, nella parte ovest dell'edificio, che non sembrava avere uno scopo specifico nella struttura. Si vocifera che un tempo fosse usato come giardino botanico ma ora non c'era ombra di piante.
Mi sedetti su una panca in un angolo al sole vicino alla porta, aprii il libro e cominciai a riguardare alcune definizioni fino a quando venni interrotta dalla presenza di Prinz, comparso pochi minuti dopo il mio arrivo, senza il gruppo di scimmioni a fargli da corteo. Mi passò accanto e si appoggiò alla balconata dandomi le spalle, a meno di un metro da dove ero seduta. Era la prima volta dopo un mese che ci trovavamo così vicini. Cercai di fare finta di nulla, come se lui non fosse lì ma non potevo nascondere di avvertire un po' di nervosismo. Prinz si era accorto di me ma per un buon quarto d'ora fece finta di non notarmi; poi, vista la mia indifferenza, si girò verso di me e iniziò a fissarmi.
- Se sei qui per distrarmi, ti chiedo di andartene - dissi continuando a tenere gli occhi sul libro poggiato sulle gambe.
- Non sono qui per questo. Ero curioso di capire alcune cose - aveva un tono calmo e contenuto, diverso dalle altre volte.
- Del tipo? -
- Ho già avuto le risposte che cercavo -. Le sue parole senza senso mi irritarono e non avevo più intenzione di rimanere lassù un minuto di più. Chiusi il libro e mi alzai dalla panca.
- Me ne vado - dissi in tono rassegnato, avviandomi verso l'uscita.
- Riot ha esagerato con te, vero? - mi chiese. Mi immobilizzai di colpo al suono di quel nome, mentre immagini e sensazioni cupe che ero sicura di aver dimenticato, riaffiorarono tutte insieme nello stesso istante. Non gli risposi. - Non pensavo fossi così brava a recitare. Ti ho smascherata. Ho vinto ancora io - esclamò soddisfatto.
Rimasi colpita dalle sue parole perché erano all'incirca le stesse di Irene. Mi aveva osservata per tutto quel tempo e aveva intuito che c'era qualcosa di diverso in me. Proprio come aveva detto la mia amica: i nostri ruoli si erano davvero invertiti. Ora ero io l'animale in gabbia. Mi girai verso di lui per rispondergli ma non riuscii ad aprire bocca, nonostante il mare di parole dentro di me, pronte a rompere gli argini. Ero bloccata. Perché?
Prinz si avvicinò: avvertii la sua presenza ma non osavo alzare gli occhi da terra per controllare. - Sei diventata più noiosa di prima. Una volta bastava urtarti e subito scoppiavi -
Qualcosa dentro di me si ruppe e cadde in pezzi: era lo specchio esteriore in cui si rifletteva quell'immagine che mi ero costruita nell'ultimo mese. Prinz era riuscito a capire che finora avevo recitato con tutti. Era riuscito a scovare il modo per interrompere la mia farsa. Era riuscito a distruggere con poche sillabe, tutte le certezze che avevo costruito su fondamenta di sabbia. E io l'avevo lasciato fare senza dirgli nemmeno una parola, una sillaba, un suono. Dentro gridavo, piangevo, tremavo mentre fuori ero impassibile e lui aveva approfittato di questa mia incapacità di reagire per distruggermi definitivamente.
Il ragazzo si incamminò verso la porta. - Ricordati che gettarsi giù da qui non serve a nulla. Il mondo continuerà ad andare avanti anche senza di te - disse, passandomi di fianco e chiudendo la porta dietro di sé.
Le sue parole avevano mosso qualcosa dentro di me; sentivo il desiderio di sfogarmi, di piangere ma non ci riuscivo. Sembravo una marionetta attaccata a fili rotti, incapace di muoversi, senza più un'anima, una coscienza. Ero vuota. Fragile involucro di vetro pieno di emozioni incapaci di uscire. Stavo andando davvero verso l'autodistruzione. Stavo davvero impazzendo sotto quella mole di sensazioni e pensieri. Stavo davvero pensando di farla finita. Le parole di Prinz apparvero all'improvviso nella mia mente, cancellando momentaneamente i miei oscuri propositi. Già, era inutile buttarsi giù dal balcone: le persone avrebbero continuato a vivere e lunedì il compito ci sarebbe stato ugualmente per gli altri. Avevo ancora quell'ultima sfida da compiere e dovevo tentare, anche se sapevo di scendere in campo come perdente. Solo dopo i risultati avrei pensato cosa fare.
La campanella suonò e mi risvegliai. Raccolsi i cocci della mia maschera e tornai a indossarla. Nessuno doveva sospettare di me. Nessuno doveva capire che c'era qualcosa che non andava. Me la sarei cavata da sola, come al solito.
Mi avvicinai alla porta per aprirla e vidi dall'altra parte del vetro la figura alta e scura di Prinz darmi le spalle mentre scendeva le scale.
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Bene, avete conosciuto Stefano. Magari lo odierete da subito ma vi assicuro che si rivelerà un personaggio interessante.
Cosa ne pensate?
~*~
Prinz invece ha salvato ancora una volta la vita di Sarah.
Basterà tutto questo?
~*~
Lo scoprirete nei prossimi capitoli.
Stay tuned!!
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