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4. Broken Strings (parte 2)

Pomeriggio di prove a casa di Sonia: erano due giorni che non prendevo in mano la chitarra e le dita mi prudevano.

- Siete in ritardo - ci ammonì Irene sorridendo. Era arrivata prima di tutte e stava aspettando fuori.

- Simpatica... - esclamò sarcastica Sonia. Irene venne verso di me e Marika e ci chiese dell'interrogazione.

- Otto a testa. Con tanto di prova antincendio in finale di risposta - risposi fiera.

Sonia ci fece entrare e dopo aver appoggiato zaini e cappotti, andammo subito in garage.

Iniziammo a preparare gli strumenti: aprii la custodia e le corde della mia chitarra si afflosciarono sul fondo tagliate in più pezzi; qualche frammento penzolava dalle meccaniche, altri dal ponte. Rimasi completamente immobile in stato di shock. Presi lo strumento tra le mani e mi svegliai di colpo, realizzando cosa fosse successo: la mia adorata chitarra era inutilizzabile! Qualcuno ne aveva tranciato le corde e io potevo facilmente immaginare chi fosse quel qualcuno.

- IO LO AMMAZZO! - gridai pervasa da una rabbia che non avevo mai provato prima. Le altre si avvicinarono per controllare cosa stesse succedendo e rimasero sbigottite da quel fatto.

- Chi? - domandò sorpresa Marika.

- Pringles! - urlai carica di odio.

- Calmati Sarah, non sai se è stato lui - disse Irene mentre Sonia mi prendeva la chitarra dalle mani per controllare la gravità del danno.

- E chi può essere stato? Ce l'ha con me, sa qual è la mia classe... - esclamai di nuovo ad alta voce.

- E quando può averlo fatto? Hai sempre avuto la chitarra vicino - constatò Irene. Spalancai gli occhi: non poteva averlo fatto che quella mattina. Ecco perché la chitarra era appoggiata sul banco anziché contro il muro.

- Durante la prova anti incendio. L'ho lasciata in classe, e lui zac zac - dissi mimando il gesto della forbice con le dita.

- Almeno si è limitato a tagliare senza rovinare lo strumento - constatò Sonia, rigirandosi la chitarra tra le mani.

- È pur sempre un fatto grave, non ti pare? - esclamai, riprendendo la chitarra e iniziando a sostituire le corde con altre di scorta che portavo sempre con me.

- In effetti io non l'ho visto stamattina - disse Sonia.

- Neppure noi. Abbiamo avvistato solo due del suo gruppo - aggiunse Marika.

Cavolo, era più che ovvia la sua colpevolezza!

- Visto? È stato lui! Non ha alibi! - esclamai girandomi verso Irene.

- Non che lo voglia difendere - intervenne Irene - e se non fosse andato a scuola? Forse non l'avete visto per quel motivo lì -. Non risposi subito: in effetti anche io avevo valutato quell'opzione quella stessa mattina.

- Nah - esclamai arricciando il naso - è stato lui. E al prossimo incontro non la scamperà -

- Questa volta ha davvero esagerato. Ti daremo una mano - si offrì Sonia sconcertata, incrociando le braccia. Marika annuì e Irene accettò con un debole "ok".

- Hai già in mente qualcosa? - chiese Sonia mentre Irene mi aiutava a sostituire le vecchie corde con quelle nuove. La guardai inespressiva.

- Ehm... no - risposi leggermente imbarazzata.

- Beh, è difficile elaborare qualcosa se non lo conosci - constatò Sonia pensierosa, cominciando a giocare con una piccola ciocca di capelli - E io ti ho già detto tutto quello che sapevo -

- E se tu provi a parlare con Chiara? In fondo la conosci - le suggerì Marika.

- Chi? La Miss? - esclamò perplessa - non le parlerei nemmeno se fossi in punto di morte -. Mi scappò una risatina, pensando a quanto fossero cambiate le cose in quei due anni: Sonia, infatti, faceva parte del gruppo delle Miss e Chiara, che non era ancora la capogruppo, era sua amica.

- Troveremo qualcosa - disse Irene cercando di risollevare il morale di tutte.

- Dobbiamo trovare qualcosa - la corressi.

Vendetta, sweet Vendetta.

***

Venerdì sera al Fusion: mentre noi ci stavamo esibendo, lui era là spaparanzato al solito tavolo.

Era già passata una settimana da quando quell'idiota mi aveva rovinato la chitarra e negli ultimi sette giorni non avevo fatto altro che osservarlo e seguirlo appena ne avessi avuto l'occasione: scoprii che veniva spesso a scuola in moto e la parcheggiava sul retro; girava sempre in compagnia di quegli energumeni, non aveva altre amicizie al di fuori di quel quartetto e tutti gli altri studenti gli stavano alla larga. Non avevo scoperto nulla di più, purtroppo.

Ero certa che non mi avesse mai vista durante quegli appostamenti e quella sera al centro del palco non smettevo di fissarlo, incurante del fatto che ora poteva vedermi pure lui ma a differenza dei suoi amici, che non smettevano di ridere, bere e lanciarci occhiate, Pringles non aveva mai alzato lo sguardo. Non capivo se faceva apposta oppure no. Fu solo durante il saluto finale che i suoi occhi si posarono su di me. Una frazione di secondo: tanto bastò per farmi sentire a disagio.

Scendemmo dal palco e ci sedemmo al bancone del bar, dal lato che dava sull'uscita secondaria vicina al palco, continuando a fissarlo.

- Siete state fantastiche ragazze! Bevete qualcosa e poi andiamo - ci intimò Luca.

- Cos'è tutta questa fretta, fratellone? - domandò Sonia scocciata.

- È tardi -. Cavolo, non potevamo andarcene subito! Eravamo lì per raccogliere informazioni su quello sbruffone!

- Ma domani non dobbiamo andare a scuola! - intervenne Marika guardando Luca come un cagnolino davanti al padrone.

- E tu non sei un nostro genitore per imporci di rientrare - aggiunse Irene bevendo un sorso di thè freddo.

- Ma sono il vostro manager! -

- Lasciale divertirsi. Se lo meritano - lo rimproverò Massimo, il barista e proprietario del Fusion, intervenendo nel discorso. Mi voltai verso di lui facendogli l'occhiolino per ringraziarlo del sostegno.

- Ecco vedi? - puntualizzai girandomi verso Luca - anche Massimo dice che possiamo restare! -

Luca ci scrutò in silenzio per niente convinto di quel discorso. - E va bene - disse sbuffando - ma solo un'altra mezz'ora, ok? -

- Bravo il mio fratellone! - esclamò Sonia dandogli una pacca sulla spalla. Solo mezz'ora? Beh, sempre meglio di niente. Anche se il tempo era poco si poteva ugualmente tirare fuori qualche idea e magari metterla in pratica per non tornare a casa a mani vuote come il venerdì precedente.

- Qualche idea? - chiese annoiata Sonia.

- Visto quanto bevono? - osservò Marika - ma non stanno male? -

- Gli starebbe solo bene! - aggiunsi innervosita sorseggiando la mia bibita.

- Non è necessario che lo colpiamo stasera. Basta solo che riusciamo a scoprire qualcosa su di lui - intervenne Irene.

- Ma è già passata una settimana, non possiamo andare avanti così - sbuffai appoggiandomi al bancone imbronciata – io rivoglio la mia agenda con tutti i miei appunti! -

Continuai a guardarlo seminascosta dalle altre persone, e notai che alcune ragazze ci stavano provando con loro, sedendosi accanto ad alcuni ragazzi o addirittura sulle ginocchia; una bionda si era seduta accanto a Pringles, il quale rispose con un sorrisino e un'attenta occhiata alla profonda scollatura del suo vestito nero.

Una scintilla si accese: un'intuizione. Era chiaro che non disdegnava affatto la compagnia di belle ragazze e quello poteva essere un indizio.

- Forse non torniamo a casa a mani vuote - constatai rialzandomi dal bancone e arricciando le labbra in un sorriso soddisfatto.

La ragazza iniziò a chiacchierare con Pringles, ridendo e avvicinandosi sempre di più al ragazzo per mettergli sotto il naso il suo décolleté prosperoso.

- Stanno chiacchierando molto intensamente - constatò Sonia riferendosi sarcasticamente al fatto che ora quei due erano passati a baciarsi. La loro serata stava prendendo un'unica direzione possibile.

- Conviene darti una mossa. Non penso che rimarranno qui ancora per molto - aggiunse Sonia, giunta alla mia stessa conclusione.

"Pensa pensa pensa" mi dissi ma i neuroni erano ancora fermi.

- Visto chi c'è là in fondo, Anna? - domandò improvvisamente una voce femminile alle mie spalle.

- Sì, quel bastardo di Prinz - esclamò in tono seccato un'altra ragazza.

Mi girai di colpo curiosa e vidi due ragazze che stavano fissando un punto in fondo alla sala. I miei neuroni si misero in moto.

- Scusa - domandai ad Anna - ho sentito che conosci anche tu Prinz -. La ragazza mi squadrò, come se a parlare fosse stata una cimice schiacciata sotto il suo tacco dodici e dopo un attimo di silenzio mi rispose.

- Si, e avrei voluto non averlo conosciuto -. Usò di nuovo quel tono scocciato di prima. Anche le mie amiche si girarono ad ascoltare.

- Oh beh, anche io - constatai. La ragazza addolcì i tratti accennando un mezzo sorriso che esaltava i suoi lineamenti mediterranei, accentuando così la sua bellezza.

- Lo ha detto anche a te? - domandò la sua amica, l'esatto opposto di Anna. Le guardai un attimo perplesse: di cosa stavano parlando?

- Sì - intervenne Irene. Le lanciai un'occhiataccia e lei mi rispose facendomi l'occhiolino. Dove aveva intenzione di andare a parare la mia migliore amica? Mi fidai del suo istinto.

- Vedi, non sei stata l'unica! - sottolineò l'amica rivolgendosi ad Anna.

- È stato davvero umiliante - rispose stizzita la bella ragazza aggrottando le sopracciglia per aver ricordato cosa fosse successo - vorrei tanto fargliela pagare -

Il bagliore di prima si trasformò in una fiamma: il Caso mi stava aiutando. - Anche io - annuii mostrandomi il più solidale possibile con lei.

- Insomma, lui non può dire che non sono capace di... -

- Ok, ok! - la interruppe Irene facendole cenno con le mani di zittirsi - sappiamo benissimo cosa intendi -. Anna si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare seccato e tornò a calmarsi.

- Senti, dato che anche tu vuoi fargliela pagare, ti va di unirti a me? - le proposi.

- Assolutamente si - rispose Anna senza pensarci troppo - hai qualche idea? -

Il sorriso si afflosciò. Ecco tornare il muro bianco delle idee.

- Pensavamo: tu vai là, ci provi un po' e poi gli rovesci addosso qualcosa - intervenne Marika.

Tutte e cinque ci voltammo a guardarla sorprese. Non mi aspettavo affatto che Marika uscisse con un'idea così, dato che avevamo passato gli ultimi venti minuti a guardarci in faccia senza concludere niente.

- Non potevi pensarla prima? - la riprese Sonia con vena ironica.

- Mi è venuta in mente ora ripensando al fatto che bevevano tanto! - si giustificò Marika.

- Non è male - constatò Anna sfregandosi il mento pensierosa - ci sto -. La guardammo sorpresa: la ragazza aveva già deciso a nome di tutte.

- Affare fatto, allora - disse Irene tendendole la mano. Anna la strinse facendole un sorriso carico di soddisfazione.

- Perfetto! - esclamai dando un colpo sulla spalla di Marika.

- Ok, vado io, allora? - domandò Anna.

- Sì, sì, meglio che vai tu - risposi.

Anna diede un'occhiata in fondo alla sala. - È da troppo che aspetto questo momento - aggiunse con gli occhi che le brillavano di vendetta.

- Ti riconoscerà? – chiese Irene.

- Prinz? Con tutte quelle che ha visto – aggiunse la sua amica facendo spallucce.

Sonia ordinò una pinta di birra e io pagai, nonostante l'amica di Anna si fosse offerta di saldare il conto.

- Lascia stare. Noi ci mettiamo l'idea e voi l'azione - dissi.

Anna si sistemò i capelli e il vestito, prese il bicchiere e si incamminò verso il tavolo dei ragazzi, ancheggiando vistosamente per farsi notare. Le bastò una frase per attirare l'attenzione di Pringles, il quale smise di baciare l'altra ragazza per osservare Anna. Temevo che la riconoscesse ma con tutto quello che aveva bevuto, dubitavo che la sua memoria fosse abbastanza lucida da funzionare nel modo corretto.

La ragazza adagiata su Pringles venne brutalmente spinta di lato dal ragazzo: Anna aveva colpito in pieno e i suoi occhi erano solo per lei. Non mi meravigliai, constatando che anche altri ragazzi erano rimasti colpiti dalla bellezza della ragazza e cominciarono a fissarla inebetiti.

- Ce l'ha fatta!- esclamò Marika.

- Non ancora - l'ammonii. La parte più difficile doveva ancora avvenire.

Qualcuno dei ragazzi si fece avanti ma Pringles lo fermò con un gesto, dicendo qualcosa che non capii. Provò a prenderle il braccio libero per farla sedere ma Anna fece un passo indietro rispondendo con un sorriso provocante. Il ragazzo si incupì vedendo la sua preda allontanarsi e Anna fece un altro passo indietro, invitando il ragazzo a seguirla.

- È furba - constatò Irene - cerca di allontanarlo dal resto del gruppo. Se colpisce lì in mezzo, gli altri non la lasceranno andare via tanto facilmente -

- Anna ci sa fare - constatò la sua amica. Io avrei avuto più difficoltà: non ero così bella e neppure così brava ad attirare l'attenzione di un intero gruppo di ragazzi. L'unica volta in cui ci avevo provato era stato durante il compleanno di Irene qualche mese prima: non facevo che lanciare sguardi languidi al ragazzo che mi interessava e quando lui mi fece cenno di raggiungerlo, nel bel mezzo della mia sfilata inciampai nel boa di piume nere che Sonia mi aveva messo addosso per fare un po' di scena. Tutti si voltarono a guardarmi, anche se non si poteva dire che fosse lo stesso tipo di attenzione che aveva destato Anna quella sera.

Pringles aveva abboccato in pieno e si era alzato dal divano. Anna continuava ad arretrare, dirigendosi verso il fondo del locale mentre il ragazzo non faceva che seguirla. Mi sembrava di assistere a una variante del gatto e del topo, dove chi doveva essere inseguito era in realtà chi attaccava. Anna si fermò: aveva raggiunto il fondo della sala ed era sufficientemente distante dagli energumeni e da qualsiasi altro tavolo. Era piuttosto buio ma lo scintillio dei suoi bracciali e il bordo dorato del bicchiere illuminati di riflesso, erano ancora visibili. Pringles le si avvicinò e cercò di prenderla per i fianchi. Lei sorrise e gli diede un bacio sulla bocca per poi ritrarsi. Cavolo, cosa aspettava ad agire?

Mi alzai in piedi per tentare di vedere meglio ma la qualità della visuale non cambiò. - Oh, andiamo! - esclamai scocciata e ansiosa.

Fu come se Anna fosse riuscita a sentire la mia esclamazione in mezzo a tutta quella confusione: si avvicinò di nuovo al viso del ragazzo come per dargli un bacio, gli sussurrò qualcosa e in meno di un secondo rovesciò l'intero bicchiere di birra in testa a Pringles. Il ragazzo indietreggiò ma ormai la doccia era fatta: si pulì la faccia con la manica della maglia mentre Anna scoppiava a ridere, divertita e soddisfatta per la vendetta compiuta, per poi scomparire in fretta in mezzo alla folla. Alcuni amici di Pringles sorrisero e solo il loro capo, Nero, scoppiò a ridere di gusto mentre gli altri stavano lottando per trattenere le risate in rispetto al loro capo.

- Ben ti sta, Pringles! - esclamai soddisfatta. Tornai a complimentarmi con le altre, che risposero con una fragorosa risata e un debole applauso.

Mi girai poi verso lo spettacolo e vidi Cico e Alex andare da Pringles e dargli un paio di fazzoletti per pulirsi: dire che era incazzato  era poco.

- Visto ragazze? - Anna sbucò all'improvviso dietro di noi.

- Sei stata fantastica! - esclamai battendole il cinque.

- Ora è meglio se ce ne andiamo - disse la sua amica.

- Grazie - bisbigliai mentre le due ragazze si stavano allontanando in fretta verso l'uscita secondaria che dava sul retro del locale proprio dietro i nostri posti.

- Forse è meglio se ce ne andiamo pure noi... e in fretta - disse Marika preoccupata.

- Perché? Mica sa che siamo state noi? - dissi tentando di calmarla.

- Allora perché il suo amico ci ha appena indicate e Pringles sta venendo qua? -

- Cosa? - esclamai sorpresa. Guardai davanti a me: il ragazzo stava attraversando il locale a falcate larghe e veloci, dirigendosi proprio verso di noi.

- Facciamo finta di niente. Se ci muoviamo capirà che c'entriamo qualcosa - suggerì Sonia - magari vuole solo inseguire Anna -

- Non mi fido. Io vado a chiamare tuo fratello per andare via - intervenne Irene.

- Non muoverti - la rimproverò Sonia bloccandola per un braccio - e tu torna a sedere - mi gridò lanciandomi un'occhiata.

Non riuscivo: ero completamente bloccata, intenta a guardare il mio nemico avvicinarsi. Il suo sguardo era nuovamente pieno d'ira e odio. Mi faceva paura. Sperai davvero che inseguisse Anna e che non si fosse accorto della mia presenza. Per un istante pensai di aver fatto la peggior sciocchezza della mia vita.

Stavo giocando con il fuoco: era facile sentirne il calore poiché la mia mano si era avvicinata troppo alla fiamma e stava per scottarsi. Sperai che una folata di vento la spegnesse.

Prinz passò di fianco a Sonia, seduta esterna, a Irene e a me senza nemmeno guardarci. Non mi ero resa conto di aver trattenuto il respiro per paura di essere scoperta e mentre stavo per espirare, mi sentii strattonata all'indietro: il braccio destro mi faceva male e non ci misi troppo nel rendermi conto del perché. Prinz mi aveva afferrata al volo e stringeva forte per impedirmi di scappare. Era avvenuto tutto così in fretta da impedire pure alle mie amiche di reagire.

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Volete sapere cosa succede?

Scorrete subito alla quarta parte (e intanto se questo vi è piaciuto, potete lasciare una ⭐️)

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