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28. Keep Breathing (parte 1)

All I can do is keep breathing

❤️

A scuola non si faceva che parlare della rissa che c'era stata il giorno prima e che vedeva coinvolti alcuni studenti. In ogni angolo e classe, i ragazzi e ragazze parlottavano tra di loro meravigliandosi o raccontando versioni talvolta inesatte della realtà, particolari inventati al fine di attirare l'attenzione su di sé o per semplice "sentito dire".

Io attraversavo quei corridoi, quelle aule, passavo accanto a quei gruppi, alle loro voci. Tutto mi scivolava via come acqua.
Sentivo, percepivo le parole ma tutto sembrava non avere significato. Non mi rendevo conto dell'importanza e della gravità della notizia: due ragazzi che avevano litigato e ora erano ricoverati in condizione pietose.
Cosa c'era di male? Cosa c'era di così controverso e preoccupante? Non lo capivo.

Sonia e Marika si preoccuparono appena mi videro: mi chiesero cosa fosse successo il giorno prima, perché non avevo risposto al cellulare ma soprattutto come mi sentivo. Una marea di domande a cui io avevo risposto con un sorriso e le semplici parole "Sto bene. Perché tutta questa apprensione?"

- Tu non ce la racconti giusta - esclamò Sonia.

- Ne parliamo a ricreazione, ok? - dissi un po' scocciata entrando in classe.

Marika e Sonia si guardarono negli occhi e poi si divisero.

- Magari non vuoi parlarne con noi ma sappi che oggi sei un tantino strana! Insomma, il tuo ragazzo è ridotto piuttosto male e l'unica cosa che tu sei capace di dire è che stai bene - esclamò Marika appoggiandosi al mio banco mentre stavo tirando fuori dalla borsa i libri per la lezione.
Non riuscivo a capire perché si preoccupasse tanto quando io non lo ero affatto. Poco dopo arrivò anche Arianna, gli occhi arrossati sul viso teso e preoccupato. Non parlava con nessuno. Marika fece segno perché ci raggiungesse ma sembrò non vederci e si sedette al suo solito posto, lo sguardo perso fuori dalla finestra.

- Visto? Quella è la reazione che dovresti avere anche tu e che non stai affatto mostrando! - mi rimproverò Marika.

- Non riesco a capire perché dovrei essere conciata in quel modo! – esclamai in un sorriso.

- Perché? Ieri qui c'è stata una rissa e il tuo ragazzo è rimasto coinvolto! -

La guardai per un attimo.

- Lo so. Ma perché non volete capire che io sto bene? - risposi impassibile.

- Non siamo noi che non riusciamo, sei tu che non sembri capire la gravità della cosa. Sembra che ti abbiano fatto un lavaggio del cervello da un giorno all'altro. Non puoi dire così, anzi non ha affatto senso! Se il mio ragazzo fosse in quelle condizioni, io non sarei qui a sorridere come fai tu! -. Era la prima volta che la vedevo così arrabbiata: era sempre stata la più calma del gruppo e vederla improvvisamente così scattante mi intimorì. Le sue parole mi sembravano troppo catastrofiche così come la reazione di Arianna.
Ok, sapevo quello che era accaduto ma non riuscivo a concepire l'idea di comportarmi in modo diverso. Io stavo davvero bene, non erano parole di convenienza: quello era il mio reale stato d'animo e non ci vedevo nulla di strano. Non c'era niente che non andasse in me.

- Lasciamo perdere. Quando torni sulla Terra, dimmelo - sbottò Marika sedendosi accanto a me senza più parlarmi.

Le lezioni passarono: ero stranamente stata attenta a ogni cosa e i miei appunti non erano mai stati così perfetti. A ricreazione Sonia ci raggiunse e ancora una volta le mie amiche cercarono di tirare fuori qualcosa ma non ero stata capace di rispondere alle loro domande. A un tratto mi alzai e me ne andai, irritata da quell'interrogatorio che sembrava non terminare mai e decisi di andare a prendere una boccata d'aria fuori. O almeno provai.

Il nastro della polizia si estendeva da un lato all'altro della porta che dava sul cortile interno, opportunamente chiusa a chiave e con un'ulteriore sigillo sui vetri. Provai ad accedere al cortile attraverso un'altra porta ma niente da fare: anche quella era chiusa a chiave e ben sigillata.

- Cavolo - esclamai.

Appoggiai la fronte al vetro freddo della porta: forse le cose erano davvero più gravi di quanto io pensassi. Improvvisamente una sensazione strana mi avvolse: ero sicura di averla provata recentemente. Il giorno prima per l'esattezza.

Colpevolezza.

Si, mi sentivo colpevole ma non sapevo di cosa.

Rimorso.

Perché mai? Mi girai e raccolsi le braccia al petto dando le spalle alla porta. Perché avvertivo quei sentimenti così forti e negativi? Il giorno prima al termine delle lezioni ero tornata a casa perché ero stanchissima e mi ero svegliata solo stamattina con gli stessi vestiti addosso, quando mamma mi chiamò.

Sentii una cosa strana sulle dita. Le guardai. Era terra. Che ci faceva lì? Mi guardai addosso: i jeans e la maglia erano impolverati e sporchi di terriccio in alcuni punti. Oddio, che mi era successo il giorno prima?

Mi portai una mano alla testa. Dovevo davvero iniziare a preoccuparmi, dato che non ricordavo nulla. Forse le mie amiche avevano ragione. C'era qualcosa in me che non andava.

***

Finalmente la giornata scolastica finì. Uscii dall'aula scortata da Marika e Sonia, le quali mi minacciarono di non lasciarmi andare finché non fossimo arrivate a casa e non avessimo discusso del mio strano comportamento.

- Non usciremo dalla tua camera fino a quando non ci avrai raccontato tutto - esclamò seria Sonia.

- Ma... -

Non feci in tempo a replicare che il solito gruppo di teppisti, questa volta capeggiato da Alex, si parò davanti a noi.

- Che volete? - chiesi per niente intimorita tanto da suscitare sguardi di sorpresa tra tutti.

- Non pensare di cavartela così, ragazzina - sbottò Alex guardandomi in modo truce.

Rimasi allibita così come le mie amiche.

- Scusa ma io cosa c'entro? - chiesi perplessa.

- Sentitela, la santarella - intervenne Bite incrociando le braccia al petto.

- Si dà il caso che Prinz sia più morto che vivo solo per colpa tua - riprese Alex, fissandomi nuovamente con lo sguardo pieno d'ira.

- Io non ho fatto niente. È dall'altro giorno che non lo vedo! - esclamai.

Cico fece un passo avanti rabbioso. - Falsa! Ieri pomeriggio sei venuta a cercarlo per costringerlo a... -

- Shh - lo zittì Alex - lo sa benissimo anche lei il motivo - disse squadrandomi con occhi carichi di odio.

Per l'ennesima volta in quel giorno non riuscii a seguire quello che le persone attorno mi stavano dicendo.

- Ti ripeto che ieri non mi sono mossa di casa! - quasi gli gridai.

- Preferisci raccontarlo al nostro amico Gin - mi minacciò Alex mentre il ragazzo stava scroccando le nocche - o vuoi che chiamiamo Riot? -. Provai una sensazione di disgusto e timore a quel nome.

- Lasciate in pace la nostra amica! - esclamò Sonia prendendo in pugno la situazione - o vi denunciamo, ok? -

Un sorriso amaro si disegnò sulle labbra di Alex.

- Non finisce qui - disse girando sui tacchi, seguito a ruota dagli altri.

- Ecco perché dobbiamo parlare - disse Sonia prendendomi sottobraccio e trascinandomi in direzione dell'uscita, dritta verso la strada di casa.

***

Nel giro di mezz'ora eravamo tutte riunite sul letto della mia camera, inquisiti e inquisitori, per quella sorta di processo senza senso.

- Analizziamo i fatti - disse Irene aprendo il discorso - Castelli ti è passato a prendere e tu sei sparita con lui ieri pomeriggio -

- Davvero? - esclamai stupita.

- Sì, ma lasciaci parlare prima. Dopo dirai la tua - disse Irene.

- Allora, i gorilla hanno detto di averti vista con lui e a meno che non siano rincretiniti del tutto, gli credo - intervenne Sonia.

- Senza dimenticare che Arianna mi ha detto che tu l'hai avvisata della rissa -

Interruppi Marika.

- Scusa ma quando te le ha dette queste cose? -

- In pausa. Quando tu sei scomparsa, io sono andata a parlare con lei. Ma senti questa - disse proseguendo la storia - Arianna ha detto che siete corse a scuola ma non avete potuto fare nulla perché era tutto chiuso e mi ha parlato della strana reazione di panico che hai avuto -

- Cosa state dicendo? - esclamai perplessa.

- Lasciami finire. Arianna mi ha detto che per una decina di minuti sei andata avanti dicendo "è tutta colpa mia" e che è diventata matta per farti calmare -

- Io non ho proprio fatto o detto nulla! Ieri pomeriggio dopo le lezioni sono andata a casa e ho dormito fino a questa mattina - esclamai per difendermi.

- Forse questo è quello che credi tu - disse Irene - tu credi che sia successo così ma la realtà è un'altra -

- Insomma, va bene i gorilla ma Arianna non può essersi inventata tutto di sana pianta! - mi rimproverò Sonia.

- E perché no? Potrebbe essere sotto shock -

- Io credo ad Arianna. Qui, l'unica che è sotto shock sei tu e non te ne rendi conto - mi accusò Irene.

Erano tutte contro di me e non riuscivo a capire perché.

- Che prove avete per dimostrarmelo? - domandai con tono di superiorità.

- Quali prove? Sei completamente estranea ai fatti, non te ne frega niente che il tuo ragazzo sia in ospedale, sorridi come un ebete da stamattina e non fai che ripetere "sto bene" come un pappagallo. Sembra che tu stia vivendo in una dimensione tua - esclamò Sonia innervosita.

- È come se tu stessi cercando di nascondere qualcosa di troppo pesante e insopportabile da ricordare. Non puoi cancellare dodici ore dalla tua mente come se niente fosse, a meno che non lo rimuovi coscientemente - proseguì Irene.

- Mi state accusando di aver dimenticato di proposito ciò che ho fatto ieri pomeriggio? E con che scopo? -

- Te l'ho già detto. Deve essere successo qualcosa di troppo doloroso o scioccante da ricordare - replicò Irene.

- Ascoltate, non vi sto mentendo: quello che vi ho detto è ciò che effettivamente ricordo - dissi seria. Le ragazze si guardarono negli occhi, deluse per la mal riuscita di quel processo.

- Che facciamo ora? - domandò Marika.

- Andiamo in ospedale - disse Irene.

- E con quale scopo? - chiesi perplessa.

- Magari vedendolo ti ricorderai qualcosa -

- Ok, mettiamo che io abbai questa memoria latente, ma se non voglio ricordare, perché non mi lasciate stare così come sono? - domandai.

- Perché questa volta se peggiorerai, il che è tutto un dire, non ci sarà lui ad aiutarti come ha fatto le altre volte - esclamò secca Sonia.

Mi portai una mano al petto: quelle parole avevano sortito uno strano effetto dentro di me, come già era successo in mattinata.

- Tutto bene? - mi chiese prontamente Irene notando la mia improvvisa reazione.

- Sì, sì, andiamo - risposi.

Cosa mi era successo? Avevo avvertito di nuovo una sensazione familiare. Come una coltellata al cuore. Ero sicura di averla già vissuta, come una sorta di dejà vu che si andava a unire al rimorso e alla colpevolezza ma non riuscivo però a collocarli all'interno di una linea temporale precisa.


~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Benritrovat* nel reparto traumi.
Sarah sembra essere completamente estranea a ciò che le è successo, talmente forte il trauma subito.

~*~
Prinz è in ospedale: nel prossimo capitolo lo andremo a trovare anche noi.

~*~
Riuscirà Sarah a ritrovare la memoria?

~*~
Ultimi due capitoli in arrivo + una sorpresa alla fine.

~*~
Stay tuned!

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