2. Get Over It (parte 4)
Arrivate davanti alla porta della nostra classe, feci un respiro e bussai. Come era prevedibile, la professoressa di diritto ci stava aspettando.
- La lezione è iniziata dieci minuti fa - tuonò scrutandoci con gli occhi da civetta capaci di terrorizzare anche un orso.
- Ci scusi ma... -. Cosa raccontarle? Non potevo certo dirle la verità: avrebbe subito pensato ad altro - eravamo uscite fuori in cortile non abbiamo sentito la campanella e ci hanno chiuse fuori -
- La lezione è iniziata quasi un quarto d'ora fa e voi dovevate già essere in classe -
Non avevo mai avuto problemi con quell'insegnante anzi, era sempre stata una delle mie preferite. Tuttavia era piuttosto lunatica: se non la trovavamo in giornata, se la prendeva con chiunque. E quello era proprio uno dei suoi giorni no.
- Scusi - dissi. La professoressa ci squadrò per un attimo.
- Stavamo fissando il prossimo giro di interrogazioni in vista delle pagelline. Vorrà dire che sarete le prime a inaugurare il nuovo turno - lanciò uno sguardo al registro - questo giovedì, gli ultimi cinque capitoli che abbiamo fatto - disse scrivendo i nostri nomi sul registro.
Cercai di trattenere il mio disappunto per non peggiorare la situazione: cinque capitoli di diritto in due giorni voleva dire studiare anche di notte. Non avevo ancora iniziato, sommersa dalla preparazione degli altri compiti e ora dovevo mettermi sotto. L'unica nota positiva di tutto questo era che la professoressa aveva barattato una nota disciplinare con un'interrogazione, sperando magari di assegnarcela per mancanza di preparazione due giorni dopo. La malvagità di quella donna era sottilissima e sembrava non avere fine.
- Ora tirate fuori i libri e andiamo avanti - esclamò l'insegnante.
- Questa non ci voleva - bisbigliò Marika.
- E tutto per colpa di quell'idiota - puntualizzai.
- Senza che te la prendi Sara, ma questa volta ci hai messo del tuo -. Marika tirò fuori il libro dallo zaino e lo appoggiò pesantemente sul banco.
Inutile controbattere: questa volta me l'ero in parte andata a cercare, ma ne era valsa la pena: nonostante il peso dell'interrogazione ora conoscevo finalmente il nome di quell'idiota. E Sonia non si sarebbe sottratta al mio interrogatorio.
***
Sonia era uscita prima di noi e ci stava aspettando nel cortile della scuola appena giù dalle scale, circondata dagli altri ragazzi che uscivano in massa dall'edificio.
- Ce ne avete messo di tempo - esclamò vedendoci.
- Ti sei beccata anche tu la punizione? - domandò Marika ansiosa.
Sonia corrugò per un attimo la fronte per poi distenderla in un sorriso storto.
- Non ci credo. Come avete fatto? -
- Per il ritardo. Cinque capitoli di diritto in due giorni - risposi - salteremo le prove. E tutto per colpa di quell'idiota -
- ... che ora si trova dall'altra parte del cortile - esclamò Marika continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
Era davvero Pringles e si stava allontanando dal cortile attorniato dai suoi amici. Le mie gambe si mossero da sole senza darmi il tempo di pensare a quello che stavo facendo: lo raggiunsi in pochi passi e gli tirai la manica del giubbino.
- Ehi - dissi seccata.
Pringles e i suoi scimmioni si girarono contemporaneamente mostrando un'espressione altrettanto seccata - Che vuoi ancora, Pulce? - domandò il ragazzo scocciato.
- La mia agenda, Pringles - risposi mostrando il palmo della mano aperto.
Il ragazzo sorrise - Spiacente, non so di cosa parli - disse indifferente mentre gli altri si guardarono negli occhi. Pensava forse che io fossi cretina?
- Non fare lo scemo, so che ce l'hai tu. Ridammela ora - insistetti.
- Guarda che non ho proprio niente con me - rispose senza scomporsi.
- Non sono stupida. So che la tieni nella tasca interna del giubbino - dissi incrociando le braccia.
- Che stai combinando? - domandò Sonia perplessa, arrivando alle mie spalle con Marika.
- La vostra amica non fa che ripetermi che ho la sua agenda - rispose Pringles lanciando un'occhiata a Marika.
- È vero, abbiamo visto anche noi che l'hai tu - confermò Sonia. Stava bluffando clamorosamente: lei era proprio l'unica che non aveva visto nulla quella sera al Fusion!
Pringles rimase un attimo in silenzio: l'avevamo messo con le spalle al muro. - E va bene, dato che insistete - abbassò la zip del giubbino e con le mani lo tenne aperto - vuoi curiosare? - domandò con aria di sfida.
Io e le mie amiche rimanemmo sbigottite così come il suo gruppetto di scimmie. Che gli era saltato in mente? Non potevo mettergli le mani addosso e perquisirlo! - Togliti il giubbino - gli intimai.
- E perché? Fa freddo - rispose seccato continuando a mostrami il suo sorriso sbieco. C'era sicuramente qualcosa dietro il suo comportamento. Continuai a guardarlo negli occhi incerta e curiosa allo stesso tempo - Avanti, perché non controlli? - incalzò.
Corrugai la fronte, incerta sul vero significato di quel gesto. - Perché questo? -
- Dato che non ti fidi della mia parola, tanto vale che controlli tu - rispose.
Ma sì dai, cosa sarebbe successo? Tuttavia il suo atteggiamento era sospetto. Pensava forse che non avessi abbastanza fegato da accettare la sfida e lui l'avrebbe fatta franca? Presi coraggio e allungai la mano verso di lui piano, avvicinandomi sempre di più al suo giubbino.
- Ah, dimenticavo - mi ammonì quando con la punta delle dita avevo sfiorato il tessuto - se non troverai nulla non mi romperai più le palle, intesi? -
Ecco l'inganno. Se c'era qualcosa lo avrei riavuto indietro ma se non c'era, non avrei più rivisto la mia agenda. Non potevo ritirare la mano: avrei perso la sfida e la possibilità di riavere la Moleskina.
- E se non c'è ma so che ce l'hai tu? - domandai.
- Non c'è niente che lo dimostri, Pulce -. Quel ragazzo aveva dannatamente ragione.
Basta, dovevo rischiare: avevo il cinquanta per cento di possibilità a mio favore. Appoggiai la mano alla tasca interna del giubbino e tastai. Niente. Maledette dita fredde, il mio tatto era andato in letargo! Mi avvicinai a lui e un debole odore di lavanda misto a tabacco raggiunse il mio naso. Pringles fumava? Forse anziché l'agenda avrei trovato le sue sigarette... e avrei potuto così ricattarlo anch'io! Pessima idea: sarebbe andato al primo distributore automatico e ne avrebbe preso un'altra confezione. Lasciai da parte quei pensieri e con entrambe le mani allargai la tasca per guardarci dentro. Niente. La vista non poteva fregarmi. Mi spostai sull'altra metà del giubbino, sicura che dovesse avere un'altra tasca interna ma non trovai nulla ancora una volta.
- Non può essere - esclamai passando poi alle tasche esterne. L'inibizione iniziale era svanita per lasciare spazio all'intraprendenza, decisa a vincere una sfida che in realtà era persa in partenza.
- Lo show è finito, Pulce - aggiunse chiudendo il giubbino.
- So che ce l'hai! Fammi controllare lo zaino - esclamai arrabbiata.
- L'accordo era solo per il giubbino. Hai perso - disse sistemandosi.
- Non è affatto valido! Tu ce l'hai e... -
- Hai finito di rompere? - intervenne Alex cacciando via la sigaretta che aveva appena finito. Bite e l'altro ragazzo sconosciuto si avvicinarono con fare seccato.
- Sì, ce ne andiamo - rispose scocciata Sonia trascinandomi via per un braccio senza darmi il tempo di replicare. I ragazzi si girarono con fare soddisfatto e se ne andarono.
- Adesso basta, Sarah, mettiti in testa che non te lo ridarà più - Sonia mi rimproverò.
- Cosa non ti ridarà più? - domandò una voce femminile alle nostre spalle.
A quanto pare i guai non arrivano mai da soli. Ci girammo di scatto e vidi le Miss Mononeurone avanzare qualche passo verso di noi, avvolte nei loro abiti firmati mentre ancheggiavano sull'ultimo paio di scarpe firmate immacolate. Erano perfide streghe sputa veleno che rendevano la vita impossibile a chiunque non fosse considerato alla loro altezza, nascoste dietro capelli perfetti, trucco perfetto e comportamento perfetto che tenevano invece con i professori, i quali le adoravano per le belle parole che sapevano ricamare sui loro fondo schiena, in cambio di voti alti e altri favori.
- Cosa vuoi, Chiara? - chiesi alla loro capogruppo. Era facile distinguerla dalla altre. Nonostante sembrassero tutte delle Barbie fatte in serie, Chiara era il modello a cui le altre si ispiravano: era infatti la più bella, la più perfetta e la più perfida del gruppo.
La ragazza passò un braccio sotto la voluminosa chioma bionda, portandosi i capelli in avanti per darsi più importanza mentre io mi stavo preparando mentalmente all'ennesimo scontro verbale. Beh, a dire la verità qualche volta eravamo pure arrivate a tirarci i capelli ed ero riuscita a portarmi a casa una sua extension come trofeo. - Volevo sapere cosa ti aveva preso Prinz - disse con la sua voce noiosamente acuta. Dovevo immaginare che lei lo conoscesse.
- Non sono affari tuoi - risposi.
- Non essere così scontrosa, Sarah. Io potrei fargli cambiare idea - aggiunse, facendomi l'occhiolino - ho già giocato con lui una volta e non è stato niente male. Per te potrei rifarlo -
- Oh, immagino che fatica hai fatto - dissi scuotendo la testa - e non voglio che ti sforzi più di così. Posso benissimo fare da sola con lui - esclamai sorridendole in modo beffardo.
L'espressione di Chiara cambiò. Portò le mani sui fianchi nella posa plastica da Miss, e l'azzurro dei suoi occhi si ridusse a una fessura. - Perché? Pensi che ti fili dietro? Quelli sono solo per ragazze come noi! - esclamò indicandosi con il pollice.
Sorrisi. - Mi sa che hai frainteso. È tutto tuo. Non sono ancora ridotta così male - le risposi incrociando le braccia al petto.
- Dici così perché ti piacciono gli sfigati come te - aggiunse cacciandosi a ridere.
- Meglio essere sfigati come me che avere un solo neurone come te -
Chiara fece una risatina forzata e si sistemò la tracolla della Louis Vuitton. La sua espressione era tornata seria. - Non saprei sai? C'è chi è più intelligente ma non sa giocare le sue carte. Tu, ad esempio, non sei riuscita a tirarti fuori dal gioco del piccolo Einstein con il professor Mariani l'altro giorno, vero? -
- Che cosa? - esclamai sorpresa più per il collegamento che aveva fatto che per ciò che aveva detto. E così il mio gesto eroico e la conseguente punizione erano già arrivate alle sue orecchie attraverso la rete di spie. Si erano velocizzate parecchio. Avrei voluto dirle che solo quelle stupide come lei non avevano di meglio da fare che spettegolare sugli altri, ma mi trattenni e la ripagai con la stessa moneta per non darle soddisfazione.
- Sì, mi ha fatto bene quella lezione. Ora, il distacco tra il mio e il tuo cervello è incolmabile - le risposi e mi allontanai senza darle il tempo di replicare. Sentii bisbigliare un "scappa scappa" canzonato dalle sue amiche ma lo ignorai e continuai a camminare con le mie amiche in direzione della fermata dell'autobus.
- Che idiota - esclamò Sonia riferendosi alla ragazza.
- Cosa vuoi farci, il mondo è pieno di cretini - risposi.
- Ringrazio sempre il giorno in cui mi sono allontanata da loro - aggiunse Sonia.
- Avete sentito? Lo conosceva - sottolineò Marika.
- Ci avrei scommesso. Chiara e le altre conoscono tutti i ragazzi della provincia casualmente - dissi. Infatti, dove c'era una festa, c'erano anche loro.
Arrivammo alla fermata del bus a qualche metro dalla scuola e mentre Sonia aspettava il mezzo, le chiesi di raccontarmi qualcosa su Pringles.
- Non so molto. È del quarto anno come me ma non lo vedo spesso. Tutti gli stanno alla larga e non circolano voci su di lui. Ho sentito il suo nome solo una volta l'anno scorso, durante la gita di cui vi ho già raccontato: erano loro i protagonisti della vicenda dell'erba. Se non ricordo male però, il primo anno era diverso: una volta l'avevo incontrato alle macchinette e mi aveva fatto un sorriso. Certo, nulla in confronto a Bellotti - aggiunse sorridendo sognante. Sonia si era presa una cotta per un giocatore del club di basket del liceo di Irene: si chiamava Fabio Bellotti e lo aveva visto un giorno per caso nel piazzale della scuola mentre stavamo aspettando la nostra amica. Inutile dire che ne rimase immediatamente colpita.
- Puoi tornare sulla Terra? - domandò Marika muovendo una mano su e giù davanti agli occhi di Sonia.
- Guarda che ci sono - rispose seccata la ragazza fulminandola con lo sguardo.
- Mi fa strano immaginarlo sorridere con il corredo di scimmie che si ritrova attorno - constatai.
- Quella volta era circondato da altri ragazzi -
- Vuoi dire che gli energumeni non c'erano? - domandai stupita.
- No, e ora che ci penso, dopo quella volta non lo vidi più in giro per parecchio tempo. Non so cosa fosse successo nel frattempo ma quando lo rividi parecchi mesi dopo, aveva già quel corredo di scimmie attorno -
- I suoi amici sembrano avere la sua età - aggiunsi - magari sono ripetenti di uno o due anni, a parte quello che si chiama Cico, che mi sembra il più giovane -
- Sì, magari lo è - rispose Sonia controllando l'orologio.
- Sai dirmi nient'altro? -
- No - disse la mia amica scrollando le spalle. Il suo racconto non era abbastanza per me: avrei voluto sapere di più su di lui per capire con che tipo di persona avevo a che fare, trovare il suo punto debole e sconfiggerlo, riottenendo così la mia Moleskina.
- Ecco l'autobus. Finalmente - esclamò Sonia guardando il mezzo sbucare dal fondo della via, curvare verso di noi e fermarsi proprio davanti alla mia amica. Io e Marika la salutammo, allontanandoci in fretta per non essere risucchiate dalla marea di studenti che dovevano salire.
Senza perdere tempo, ci dirigemmo a casa dove i capitoli di diritto ci stavano aspettando. Avrei preferito affrontare Pringles e tutti e suoi energumeni e perdere, piuttosto che l'interrogazione.
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Ciao!
Chi non ha mai avuto a che fare a scuola con il gruppetto dei più inclusivi della classe/scuola, alzi la mano!
Si annidano in ogni esperienza personale e li riconosci dall'atteggiamento di superiorità mostrata nei tuoi confronti.
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Personalmente mi sono ispirata a personaggi reali con cui, purtroppo, ho dovuto condividere ben 5 anni della mia vita...
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Vedremo cosa Chiara&co riserveranno a Sarah nei prossimi capitoli.
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Grazie tante per essere arrivat* fino a qui, se vi è piaciuto il capitolo potete lasciare una stellina: ve ne sarei davvero grata e mi aiuterebbe a crescere e farmi conoscere.
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