2. Get Over It (parte 2)
Quel pomeriggio alle prove uno degli argomenti principali fu il compito.
- Vorrei tanto aiutarti Sarah ma sai che non sono un genio e che prendo sempre la sufficienza per il rotto della cuffia. Comunque ti posso prestare i miei appunti dell'anno scorso - si offrì di Sonia, togliendo un elastico colorato dal polso e utilizzandolo per raccogliere i lunghi capelli rossi in una coda.
- Io ammetto per prima di non essere un genio in quella materia - aggiunse Marika.
- Potrei aiutarti io, magari ti può essere d'aiuto fare gli esercizi di un altro istituto - disse Irene accordando la chitarra.
- Ragazze, vi ringrazio tutte quante ma voglio provare a farcela da sola. Lo sapete come la penso: non per sminuirvi ma questa è una mia sfida personale -
Le ragazze mi guardarono un po' deluse. Mi dispiaceva aver rifiutato le loro offerte ma io ero fatta così: volevo dimostrare agli altri di essere capace di arrangiarmi, di risolvere i problemi con le mie stesse mani.
- Hai ragione, Sarah! Non possiamo improvvisarci insegnanti. Tu hai bisogno di qualcuno che ne sappia veramente - esclamò Marika.
- Aspetta, Marika, non è per questo motivo, credimi! Mi conosci e sai come la penso -
- Va bene - disse con un sospiro, regolando il charleston.
Presi in mano Jacky e l'attaccai alla presa: era ora di abbandonare le chiacchiere per provare la scaletta di venerdì ma prima di cominciare, mi ricordai dell'agenda; con l'aiuto delle altre mi misi alla ricerca ma non la trovammo.
- E se l'hai persa in giro? - domandò Irene aiutandomi a rimettere a posto il divanetto che avevamo spostato.
La pulce che mi mise nell'orecchio non fu affatto rassicurante.
***
Il giorno dopo passò tranquillo: rientro al pomeriggio come ogni lunedì e giovedì, musica e chiacchiere, lezioni ma nessuna notizia della mia Moleskina. Finalmente arrivò venerdì e in serata ci aspettava il palco del Fusion.
Il fratello di Sonia, Luca, lavorava come impiegato presso un'azienda statale e nel week end si trasformava nel nostro manager, gestendo la parte burocratica del nostro gruppo, oltre a essere il maggiorenne di turno. Luca aveva preso sul serio quel compito: quando gli avevamo detto che volevamo formare una band non ci aveva creduto ma poi, vedendo i nostri sforzi e ascoltando le nostre canzoni, si era accorto che era ben più di un hobby e che noi facevamo sul serio. Decise così di aiutarci e il primo passo per farlo fu quello di diventare nostro manager. Al momento, di contratto ne avevamo avuto solo uno e la sua mansione era stata notevolmente ridimensionata ad autista delle Black Cat. Luca era sempre stato puntuale ma quella sera non era ancora tornato dal lavoro.
Eravamo in camera di Sonia e ci stavamo preparando per l'uscita al Fusion: abiti da star, tacchi alti e tanto trucco per dimostrare qualche anno in più ed essere accattivanti. Il successo passava anche dall'immagine che davamo di noi al pubblico e per questo motivo, eravamo super curate in ogni minimo dettaglio.
- Cavolo, sono già le dieci! - esclamai gettando un'occhiata all'orologio attaccato alla parete. Avevo appena finito di truccarmi e stavo litigando con l'orecchino a forma di stella da infilare nel terzo buco del mio lobo destro. - Che fine ha fatto tuo fratello? -
- Maledetta nebbia, maledetto clima! - la voce di Irene proveniva dal bagno accanto alla camera: stava ultimando di piastrare le ultime ciocche ribelli del caschetto biondo che quella sera, causa umidità, non voleva saperne di stare in piega.
- Hai quasi finito con la piastra? - domandai lisciandomi le mèches rosso fuoco. Una ritoccatina anche a me non sarebbe guastata.
- Provo a chiamarlo - intervenne Sonia per tranquillizzarci. Si avvicinò alla scrivania dove c'era il cellulare e gettò un'occhiata alla propria immagine riflessa nello specchio accanto alla mia - Però, mi donano questi leggins di pelle! - si compiacque sorridendo.
- Chiama - le intimai lanciandole un'occhiataccia.
- Si, si - rispose scocciata. Digitò il numero e si mise in ascolto. - Niente - esclamò dopo averlo fatto suonare a lungo.
- Prova sul telefono dell'ufficio - intervenne Marika seduta sul letto alle mie spalle, intenta a truccarsi. Mi girai e non mi stupii di trovarla circondata da confezioni di ombretti di tutti i tipi e colori: amava variare make up e ogni venerdì si truccava in modo diverso per far risaltare i suoi occhi verdi da cerbiatta.
- Non ci sarà nessuno in azienda a quest'ora! - constatò Sonia.
- Non ci resta che aspettare - disse Irene tornata dal bagno, consegnandomi la piastra. Avevo giusto due minuti per ripassare le punte, mentre la mia amica passò al trucco, applicando l'eyeliner nero e uno spesso strato di mascara.
- Io sono pronta! - esclamò Marika rimettendo nella trousse ombretti e pennelli.
- Io quasi - esclamai passando la piastra sulle ciocche davanti.
- Pure io. Avanti Ire, sei rimasta solo tu! - l'esortò Sonia.
- Ringrazia i tuoi che ti hanno fatto con i capelli dritti come spaghetti! - le rispose.
Nel giro di cinque minuti eravamo tutte pronte. Mancava solo il nostro manager che arrivò con un quarto d'ora di ritardo - Siete pronte? Avete preso tutto? - chiese scendendo dal suo Range Rover per darci una mano a caricare le chitarre.
- È da mezz'ora che ti aspettiamo! Ma che fine hai fatto? - gli gridò Sonia seccata - siamo in netto ritardo! -
- Mi hanno trattenuto al lavoro - si giustificò.
- Si, un lavoro con la gonna, immagino - insinuò Sonia senza mollare la presa.
- Non sono affari tuoi. Dai ragazze, in macchina! - Luca riuscì a deviare la domanda della sorella esortandoci a salire in auto e dopo un quarto d'ora abbondante arrivammo al Fusion. Scaricammo gli strumenti e nel giro di cinque minuti eravamo già sul palco a suonare.
Per quella sera avevamo programmato tre cover e cinque inediti scritti da noi e i clienti del locale apprezzarono non solo la nostra scelta ma anche le nostre performance poiché al termine di ogni esibizione ci batterono le mani. Li avevamo conquistati.
Stavamo eseguendo l'ultima canzone in scaletta quando il mio sguardo fu catturato da una persona in fondo alla sala: era lui, il ragazzo misterioso, seduto su un divanetto e attorniato dai suoi amici intenti a bere. C'erano anche altri ragazzi con lui che non avevo mai visto prima. Uno in particolare mi colpì: un energumeno dai lunghi capelli neri con la sigaretta spenta in bocca, la faccia da persona poco raccomandabile e una strana cintura fatta di proiettili. Quest'ultimo era seduto accanto al ragazzo e chiacchierava e rideva con lui. Cavolo, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso: quel bastardo che mi aveva derisa era lì a due passi da me. Avrei potuto andare là e sbattergli la chitarra in testa... no, sarei stata troppo violenta; avrei dovuto trovare un altro modo per fargliela pagare senza farmi troppo notare, dato che mi trovavo in un locale pubblico e le mie amiche mi avrebbero sicuramente fermata appena avessero capito le mie intenzioni.
Che si fosse accorto di me? Ero al centro dell'attenzione non poteva non vedermi e forse non si ricordava nemmeno di me. Improvvisamente vidi il ragazzo tirare fuori da una tasca interna del giubbino di pelle nera un libriccino scuro. Anche se in quell'angolo del locale la luce era scarsa, avrei scommesso tutti i miei cd che stava tenendo in mano la Moleskina che avevo cercato inutilmente per giorni.
Come poteva averla lui? Come aveva fatto a rubarmela? E perché? Per prendermi in giro, senz'altro. Persi la concentrazione a causa di ciò che avevo visto e una nota stridula uscì dalla mia chitarra. Lui si girò immediatamente verso di me e di colpo anche tutti gli altri: si erano accorti solo della nota stonata o anche di me? Li vidi passarsi la Moleskina, gettando uno sguardo ora su di me ora sulla foto scattata durante il mio compleanno qualche mese prima e che tenevo come ricordo, senza smettere di muovere le labbra: me lo sentivo, stavano sicuramente chiacchierando di me e controllavano che quella nella foto fossi davvero io. Per una volta avrei desiderato sparire dalla scena.
Irene mi destò dai pensieri urtandomi il braccio e mi lanciò un'occhiataccia: mi ero distratta e avevo smesso di suonare, persa nelle mie congetture.
- É qui! - esclamai a Irene allontanandomi dal microfono. Ripresi a cantare e suonare mentre Irene, capito al volo quello che le avevo detto, guardò in direzione del mio sguardo. Si girò e annuì con la testa facendomi capire che anche lei lo aveva visto. Mi girai verso Sonia e Marika e dopo gli sguardi assassini che mi avevano lanciato per il danno fatto, mimai il messaggio labiale "è qui". Anche loro annuirono in segno di assenso.
Terminata la canzone e fatto l'inchino finale, scendemmo per raggiungere Luca dietro il palco e prima di andarmene mi accertai che lui fosse ancora là. Luca ci aspettava dietro le quinte con le mani nei capelli e i denti digrignati per il casino che avevo combinato: la ramanzina sarebbe stata tutta mia se Sonia non fosse intervenuta in mio soccorso. - Le parlerai dopo con calma fratellone, ora abbiamo una missione importante da compiere - disse posandogli una mano sulla bocca.
Ci sedemmo al bancone di fronte alla loro postazione, sicure che non ci potessero vedere grazie ai movimenti dei baristi e degli altri clienti del locale.
- Quale è? - mi chiese Sonia.
- È quello seduto sul divanetto in fondo alla sala, di fianco a quello con i capelli lunghi e neri -
- Quale? - domandò di nuovo mentre alcune ragazze ci passarono dietro ridacchiando come galline.
- Ti ho detto quello di fianco al tipo con i capelli... -
- Okay, okay! - si affrettò a dire. Sonia strizzò gli occhi per cercare di mettere a fuoco o forse per scavare nella memoria dei volti familiari - Mmmh... niente. Non mi sembra di averlo mai visto -rispose.
- Sei sicura? -
- Più che certa -
Ci rimasi male: Sonia era l'ultima speranza e aveva fallito.
- Cavolo, ho rovinato la canzone per niente. Vi chiedo scusa mi sono innervosita - dissi afflitta.
- Fa niente, chiunque avrebbe reagito in quel modo! - mi rassicurò Irene.
- La cosa peggiore è che ha la mia agenda! - esclamai. Tutte mi guardarono sorprese.
- Sei sicura? - domandò Marika.
- Quasi al cento per cento. Forma e colore erano quelli. E poi non facevano altro che passarsela di mano e guardare me! Ma come fa ad averla? -
- Forse ti è caduta l'altra sera quando vi siete scontrati - Irene accese una lampadina nella mia mente.
- Si, è l'unica teoria plausibile, ma me ne sarei accorta se avessi perso qualcosa, no? -
- La strada non era molto illuminata - constatò Marika appoggiandosi sui gomiti.
- E se non sbaglio l'avevi messa in tasca - aggiunse Irene - facile sia uscita in quel momento, no? -. Mistero risolto. Non l'avevo messa in borsa ma in tasca del cappotto e cadendo era uscita.
- Cavolo, devo andare da lui e farmela ridare! Poi potrò anche sbattergli la chitarra in testa per vendicarmi di avermi derisa -
- Hai notato la stazza e le facce dei suoi amici? - mi fece notare Sonia perplessa - se ti presenti da loro con queste belle idee non penso che tornerai indietro intera -
- Non possono fare nulla, siamo in un locale pubblico -
- Si, ma hai dimenticato un piccolo particolare. Qui non ti faranno nulla e non possono pedinarti - osservò Irene.
Scossi la testa - Sopra ci sono i miei dati, in caso di smarrimento... proprio come questo. Sanno dove abito ma correrò il rischio: rivoglio indietro la mia agenda! - dissi decisa allontanandomi. Sentivo la rabbia crescermi dentro ripensando a come avevano trattato la mia Moleskina e alle loro facce, alcune contorte in un sorriso di scherno, mentre se la passavano di mano e mi fissavano. Stavo entrando nel giusto mood per lo scontro.
- Aspetta. Veniamo con te. Mettiamo via gli strumenti e poi andiamo, ok? - suggerì Sonia alzandosi in piedi per prima.
Era chiaro che non volevano farmi andare da sola e non mi restava altra scelta che accettare la loro proposta. Mettemmo via gli strumenti e quando fummo pronte per entrare in azione, mi accorsi che il tavolo a cui erano seduti era ora sgombro: se ne erano andati.
- Cavolo, mi sono sfuggiti! - esclamai con disappunto.
- Dai, non prendertela più di tanto. Se tornerà qui gli chiederai indietro ciò che ti spetta - aggiunse Irene con la sua solita calma.
Vero. Almeno due informazioni su quel ragazzo ero riuscita a portarle a casa quella sera: primo, lui aveva la mia Moleskina; secondo, frequentava il mio stesso locale e lo avrei probabilmente rivisto.
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Benritrovate care lettrici!
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È così l'agenda di Sarah ce l'ha il misterioso ragazzo
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Alcune di voi lo avevano magar intuito ma vi ricordo che questo è un romance e si nutre di trope!
Se avete indovinato, vi va di lasciarmi una stellina?
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Vi è piaciuto il dietro le quinte iniziale? Nel descrivere l'esperienza on stage ho rivissuto le mie esperienze personali... spero di avervi trasmesso la stessa emozione!!
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Stay tuned!
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