15. Numb (parte 2)
Era terribile lo stato di isolamento forzato in cui ero venuta a trovarmi nel giro di così poco. Gli amici di Prinz non erano così al centro dell'attenzione quanto me anzi, continuavano a starsene per conto loro completamente indifferenti. La scuola intera sembrava aver cambiato atteggiamento solo verso di me. Avevo reagito, avevo lottato ma le cose sembravano solo peggiorate. Chi voleva la mia distruzione?
Cominciai a scarabocchiare l'angolo del libro su cui stavo studiando: appena terminate le lezioni ero tornata subito a casa, dato che avevo scelto di non vedermi più con le altre per suonare. Il campanello suonò, rompendo la monotonia; fu Cinzia ad andare ad aprire e poco dopo mi chiamò.
- È fuori - gridò scocciata dall'atrio mentre rientrava in camera sua.
Rimasi sorpresa dall'acidità con cui aveva pronunciato quelle parole e scesi le scale di corsa, curiosa di sapere chi mi avesse cercata. Quando arrivai alla porta vidi Prinz fuori dal cancello, appoggiato alla sua moto.
- Che ci fai qui? - chiesi sorpresa.
- Hai da fare? -
- No, stavo facendo i compiti. O meglio stavo scarabocchiando la copertina del libro di economia.
- Sei sola? - domandò.
- Si, da parecchio - risposi appoggiandomi al cancello - niente lezioni private. Ho avuto da discutere anche con lui - precisai perché non pensasse che Stefano fosse dentro. Il viso di Prinz si rilassò. Stava per aprire bocca ma lo anticipai. - Senti, c'è una cosa che mi chiedo da giorni: fino a che punto sei implicato in questa storia? Come mai hai un alibi e i tuoi compagni no? -
Era la domanda che tormentava un po' tutti e che fino a quel momento non ero riuscita a fargli. Solo Irene ci aveva provato ma non aveva ottenuto risultati. Il ragazzo si guardò attorno e poi tornò su di me. L'avevo preso in contropiede e dalla faccia sorpresa che fece, capii che non si aspettava quella mossa.
- Io non c'entro così come i miei compagni. Ti assicuro che non conosco affatto questa persona che mi ha creato l'alibi o sarei già andato a trovarlo e gli avrei fatto cambiare idea su tutto il gruppo -
- Ma le cose non sono nemmeno andate come i tuoi amici hanno detto. Avete un buco di due ore -
- È vero, ci siamo inventati una balla ma lo hanno fatto per coprire una rissa in cui eravamo coinvolti -. Ecco la verità.
- Perché non avete detto subito della rissa? È il vostro alibi! -
Prinz accennò un sorriso amaro. - In realtà non avremmo dovuto trovarci in quel locale, almeno noi minorenni. E la rissa... diciamo che non è stata per una questione normale -
Un segreto per coprirne un altro. Non era davvero una situazione facile la loro.
- Ti credo - gli dissi senza pensarci su, senza giudicarlo per quella strana situazione in cui si era trovato. Lui mi guardò: dai suoi occhi traspariva gratitudine.
- Hai idea di chi ci vuole distruggere? - chiese. Notai che aveva usato il plurale: era impensabile che tradisse i suoi compagni e si sentiva coinvolto in prima persona in quella storia, anche se non era indagato.
Scossi la testa. Prinz mi disse che stava indagando tra i ragazzi che conoscevano ma non erano riusciti a scoprire nulla. - Un regolamento di conti, un torto subito. Ce ne sono tanti che vorrebbero vederci ammazzati. E non sono solo mocciosi -. Spalancai gli occhi: come si poteva avere solo diciassette anni e avere già il mondo contro? Non che io fossi da meno ma desiderare di fare fuori qualcuno...
- Ammazzare è un po' forte - gli feci notare.
- Ammazzare non è nulla - rispose senza alcuna enfasi - c'è gente al mondo che non sai cosa ti farebbe per fartela pagare. E questo diventa il tuo inseparabile amico - Prinz tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un coltello pieghevole e fece scattare la lama. Sussultai per la mossa improvvisa mentre il ragazzo mi scrutò scettico. - Non ti avrò fatto paura? - domandò con il suo solito sorriso strafottente.
- No, è che non me lo aspettavo - risposi scuotendo la testa.
Capii che quel ragazzo era coinvolto in traffici più grandi di lui e che non dovevo più stupirmi di un semplice coltello. Chissà quali armi si portavano dietro i suoi amici.
Prinz rimise il coltello in tasca e tornò a osservarmi in silenzio. - Tu come stai? -
Mi prese alla sprovvista con quella domanda. Nessuno me lo aveva ancora chiesto, neppure Stefano. Avrei voluto dirgli tante cose ma la foga del momento mi impedì di tirarle fuori, limitandomi a qualcosa di più banale e riduttivo.
- Continuo a esistere - risposi sintetica.
Prinz non fu molto convinto di quelle parole e cercò di incoraggiarmi.
- Aspettano solo che ti arrendi, ricordatelo. Così potranno farti a pezzi e tu non potrai fare più niente - mi ammonì.
- Non gliela darò vinta - risposi determinata, lanciandogli un'occhiata. Il suo viso si tranquillizzò di nuovo e i suoi occhi sembrarono addolcirsi; ancora una volta aveva ottenuto la risposta che sperava di sentirmi dire.
- Vado - disse salendo in sella alla sua moto. Accese il motore e la fece rombare.
- Aspetta - gridai alzando una mano per fermarlo. Prinz mi vide e si girò - pensi... credi che io sia colpevole? - domandai. Sorrise.
- Tanto quanto i miei compagni - rispose e se ne andò, lasciando dietro di sé una scia di fumo.
Sorrisi istintivamente a quelle parole: mi avevano ridato sostegno e un po' di quel calore umano che mi era venuto a mancare negli ultimi giorni. Lui era rimasto tra i pochi che mi credevano ancora innocente e per questo dovevo continuare a combattere.
***
Il prezzo per dieci minuti di felicità fu la tempesta. E fu improvvisa, inaspettata.
Quella sera cenammo nel completo silenzio. Mia madre non aveva nulla di nuovo da dire sulle indagini e mio padre non aveva voglia di parlare, stanco di sentire le solite chiacchiere: avevano detto di credermi anche se il loro tono era superficiale. Cinzia fu la sola ad alzare gli occhi dal piatto, lanciandomi di tanto in tanto sguardi strani che nascondevano disagio o nervoso. Visto il clima teso, decisi di tornare in camera per smettere di respirare quell'aria velenosa.
- Aspetta, Sarah - Cinzia mi fermò appena imboccai la scala - di cosa avete parlato tu e quello oggi pomeriggio? - mi chiese. Ecco il perché di quella faccia a tavola: era rimasta infastidita dalla visita di Prinz. Dovevo immaginarlo.
- Niente - mormorai senza importanza.
Non soddisfatta della risposta tornò alla carica. - Cosa ti avevo chiesto di non fare? - domandò in tono inquisitorio.
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. - Ancora quella stupida storia del non farlo entrare in casa. È rimasto fuori, contenta? -
- Non ti ho mai detto questo! Ti ho solamente avvertita di lasciarlo perdere -
Eccolo, l'angioletto di casa aveva girato palesemente la frittata per farmi passare per idiota. E come aveva alzato bene la voce: il Dolby Surround doveva raggiungere la sala da pranzo dove i miei stavano ancora mangiando.
- Ti stai facendo un po' troppi viaggi. Smettila di rompere - la zittii.
- Sarah, sto cercando di aiutarti prima che sia troppo tardi. Quel ragazzo è un delinquente. Stagli lontano o le accuse a tuo carico peggioreranno -
Da quando Cinzia era diventata così protettiva nei miei confronti? Quando aveva un pubblico che ascoltava la sua recita: mamma e papà.
- Lascia stare, okay? Lui non c'entra neppure con questa storia -
- E te l'avrebbe detto lui? - domandò abbassando la voce – magari mentre tirava fuori il coltello? -
M'irrigidii: ci aveva spiati?
- Mi ha giurato di essere innocente e non azzardarti più a spiarmi! -
Cinzia fece un sorriso di disgusto e aggiunse: - Chiunque è capace di negare quando c'è dentro fino al collo, che si tratti del morto di fame o dell'innocente di turno. In fondo, anche tu sei capace di fare gli occhi dolci -
In quel momento realizzai cosa passava per la testa di mia sorella
- Aspetta, tu mi consideri colpevole! Tu pensi che sia stata io! -
Cinzia mi guardò sorpresa: era chiaro che quello che avevo detto era tutto vero. Senza darle il tempo di replicare, proseguii: - Come puoi anche solo immaginare una cosa così orribile! - gridai tanto da attirare l'attenzione dei miei.
- Che succede? - sentii la voce di papà e il rumore di passi.
- Tu sei mia sorella! Non puoi... -
- Solo perché ti ho coperta quella volta, non significa che mi piaccia chi frequenti! - mi interruppe.
- Cosa avete da gridare come due matte? Sarah, calmati! - intervenne mamma arrivata nell'atrio con papà.
- Cinzia mi crede colpevole! - gridai.
Mamma la guardò sorpresa. - Ma perché? Non ci sono prove convincenti a tuo carico - rispose.
- Si che ci sono! Frequenta un teppista della sua scuola, l'ho visto! E lo ha pure fatto entrare in casa una notte senza dirvi nulla - gridò mia sorella. Rimanemmo tutti allibiti: i miei per la rivelazione, io per la cattiveria con cui aveva svelato quel segreto.
- Quella volta si era fatto male e ti avevo chiesto aiuto - mi difesi, attaccando Cinzia.
- L'ho fatto ma tu poi l'hai tenuto qui e l'hai fatto salire in camera. Ho sentito chiaramente quando è andato via: erano le quattro di mattina! -
- Non è vero! Se ne è andato ben prima! E se anche fosse stato così è solo un mio amico e non te ne deve fregare niente! -
- Non mi interesserebbe se non attentasse alla tua incolumità. Oggi pomeriggio è tornato qui e ho visto che era armato! - esclamò Cinzia.
Rimanemmo tutti a bocca aperta, io per le cretinate che mia sorella stava sparando, i miei per il disappunto.
- Era armato? - ripeté mamma.
- Si, aveva un grosso coltello e ha sicuramente minacciato Sarah affinché non rivelasse la verità. Anche lui è coinvolto nella storia dell'incendio, ho sentito mentre te lo diceva ma vuole continuare a tenerlo nascosto -. Cinzia sembrava aver calato l'asso vincente: aveva nominato una serie di parole senza alcun senso che rizzarono le orecchie di mamma e papà.
- Tu non hai proprio capito nulla! Lui non è coinvolto e quel coltello serve a difendersi, non a minacciarmi! -
Avevamo alzato talmente tanto la voce che ero sicura ci sentissero anche fuori. Chissà che scuse avrebbero trovato i miei il giorno dopo, per soddisfare le domande dei vicini curiosi.
- Non mi fido dei tuoi amici. Se tu non frequentassi certa gente, nessuno avrebbe sospettato di te! - mi rinfacciò Cinzia.
Stavo per replicare ma mamma ci intimò di fare silenzio. - Sarah, è tutto vero? –
Li guardai e risposi. - Si, è vero, l'ho fatto entrare e oggi pomeriggio l'ho rivisto ma vi ripeto, lui è innocente come me! -
- Qual' è dei ragazzi indagati? - replicò mamma.
- Non è nessuno di loro. Lui è il capogruppo, l'unico a non essere incolpato perché ha l'alibi -
- È quello che si chiama Francesco Lorenzi? - domandò mamma.
Per un attimo ebbi la speranza che mi credesse.
- Si - risposi con un debole sorriso - lui... -
- Come mai tua sorella dice che è colpevole? Non mi hai raccontato tutta la verità? - mi interruppe mamma.
- No, è questa la verità. Siamo tutti quanti innocenti -
- Potrà anche non essere coinvolto direttamente ma i suoi amici non sono dei santi - intervenne papà. Il suo viso era contratto in uno sguardo severo per quelle rivelazioni - Quei ragazzi sono delinquenti drogati marci, alcolizzati e ladri. Fammi il favore di non rivolgergli più la parola e stagli alla larga -
A quelle parole sentii la rabbia assalirmi ma mi imposi di controllarmi.
- Papà - esclamai interrompendolo - lui non è un rifiuto della società come dici tu. Non è come gli altri. Lui è diverso! Sta dalla mia parte! Vi ripeto che è mio amico -
- Cosa può essere un ragazzo che sta con quel gruppo di disadattati e che per giunta gira armato? Mi è bastato guardarli in faccia una volta per capire che tipo di gente è. Sono dei delinquenti, non hai sentito i loro precedenti? - domandò mamma, alterata.
- Si, ho sentito anche io ma non potete sempre e solo fermarvi all'apparenza. Okay, potranno avere i loro vizi, avranno fatto delle cose non corrette, ma vi assicuro che Prinz non è come loro! - replicai.
- Sentitela - esclamò Cinzia con una risatina arrogante - lo chiama già Prinz -. Capii che il peggio stava per arrivare dagli sguardi assenti e freddi con cui mamma e papà mi fissarono.
- Da quanto tempo va avanti questa storia? - chiese papà, cercando di rimanere calmo, nonostante l'espressione nervosa sul viso.
- Non stiamo insieme, siamo solo amici! - esclamai.
- Non importa, ci hai ugualmente nascosto delle cose importanti - aggiunse papà.
- Ho dovuto farlo - gridai - sapevo che non avreste mai capito quello che volevo dirvi -
- Ti sbagli, abbiamo capito con che gente hai a che fare -
- Ma non è come... -
- Stai zitta! - tuonò papà. Cinzia mi lanciò di nuovo un'occhiata piena di soddisfazione. - Puoi nasconderci tante altre cose ma non questo. È da quando sei piccola che ti chiediamo di dirci chi frequenti ma a quanto pare non è servito a nulla. Dobbiamo cominciare a tenerti sotto controllo e a sorvegliarti. E forse nemmeno questo basterà - riprese rassegnato papà - ci hai delusi Sarah, ed è difficile continuare a darti fiducia dopo tutto questo -
- Cosa volete dire? - chiesi balbettando.
Stavo sognando? Ditemi di si, vi prego.
- Forse non è tutto qui quello che ci nascondi. Forse, devi rivelarci un'altra cosa più importante - disse mamma.
- Ma non penserete ora che abbia fatto davvero quelle cose? Che ho davvero... - le parole mi morirono in gola.
- Cosa dobbiamo pensare di te, arrivati a questo punto? -
- È assurdo! Solo perché ho per amico un teppista, non significa che anche io lo sia e che il mio passatempo preferito sia imbrattare muri e dare fuoco a uffici! Solo perché non vi ho parlato di lui, non potete togliermi la vostra fiducia! - replicai.
- Smettila, Sarah!- tuonò mamma arrabbiata - hai voluto fare di testa tua come al solito e hai sbagliato tutto. Perché con te tutto è così difficile? Ti abbiamo cresciuta come Cinzia ma tu non sei diventata come lei -
Mi zittii. Ecco quello che non avrei mai voluto sentire dalle labbra di mia madre ma che sapevo essere vero. Sentivo le lacrime salirmi agli occhi dalla rabbia e lottavo per trattenerle. Mi girai verso mia sorella per gridarle tutta la mia rabbia.
- Sei contenta ora, Cinzia? Lo scettro di figlia perfetta è tuo, anzi è sempre stato tuo. Io non valgo nulla, sono solo capace di combinare casini! -
- Sarah... - disse.
- In tutti questi anni ho cercato di comportarmi bene ma tutto ciò che ho ottenuto è solo questo incubo. Io non posso più restare qui, ora che nemmeno voi non credete più in me! Vi odio tutti! Tutti! - gridai con quanta voce avevo.
Mi avviai di corsa verso la porta e mi infilai le scarpe sotto gli sguardi sconvolti e immobili dei miei. Cinzia fu l'unica a tentare di fermarmi ma nel prendere il piumino, le diedi involontariamente un pugno. - Lo vedi cosa sono solo capace di fare? - dissi. Cinzia mi guardò inorridita, anche se per una frazione di secondo il suo sguardo fu attraversato da un misto di arroganza e soddisfazione, e si portò una mano alla guancia mentre i miei andarono a soccorrerla.
Corsi via, lasciando la porta aperta e sbattendo il cancello dietro di me.
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Bentornati cari lettori!!
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"Numb" è una di quelle canzoni che, ogni volta che ascolto, mi fa rivivere le sensazioni di questo capitolo, molto forte e necessario, di innesco per la trama successiva.
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Sarah sembra essere stata abbandonata anche dalla sua famiglia.
Cinzia è propria una sorella adorabile: speriamo che si penta presto delle sue azioni.
~*~
Spero di avervi trasmesso le stesse emozioni nelle parole di questo capitolo!
~*~
Grazie infinite per essere arrivati fino a qui!
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