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11. Stranger (parte 1)

Stranger can you forgive me, if it sounds like I know you too well

❤️

Erano passati solo due giorni da quando Prinz mi aveva lasciata da sola in biblioteca, senza rispondere a quella domanda.

Le mie amiche mi consigliarono di non pensarci più: era inutile cercare di entrare nella sua mente. Eppure lui era riuscito a entrare nella mia, da perfetto sconosciuto e a tirare fuori un lato di me che nemmeno le mie amiche avevano capito. I suoi discorsi sui sogni, sulle possibilità di ognuno, non potevano essere spuntati dal nulla. Ero certa ci fosse qualcosa in lui che teneva nascosto.

Non lo avrei certo scoperto quel sabato sera al Metro Station, un enorme locale situato al piano superiore di un centro commerciale in periferia, dotato di sale giochi, bowling e pure una sala per giocare a biliardo. Sperai di trovarlo li ma lui non c'era; al suo posto dovetti accontentarmi di Stefano, che mi puntò come un cane da tartufo appena misi piede nella sala bowling. - Sarah, che sorpresa! Come stai? - domandò.

- Bene grazie! - risposi. Mi chiesi se ci fosse lo zampino di Irene in tutto questo ma quando mi voltai per fulminarla, mi accorsi che lei era sorpresa tanto quanto me.

Era da prima del compito che non lo vedevo ma non avevo avvertito la sua mancanza. Le ragazze salutarono Stefano, che rispose con un sorriso, e si allontanarono per andare a prenotare una pista. Ecco che il silenzio imbarazzante fece capolino. Per spezzare, domandai la prima cosa che mi passò per la testa. - Ehm, senti, sei solo o in compagnia? - mi sarei morsa la lingua ma non sapevo che dire.

Stefano mi guardò stupito. - No, mi devo incontrare con alcuni amici ma arrivano più tardi. Perché non vieni a bere qualcosa? Così parliamo un po': è da parecchio che non ci vediamo -. Ero in trappola.

- Ti ringrazio ma non posso. Le ragazze arriveranno subito e abbiamo tanta voglia di giocare -

- Dai, due minuti! Ci vorrà un po' prima che una pista si liberi -

E come per magia, le quattro coppie di ragazzi che occupavano la pista proprio davanti a noi, raccolsero le loro cose e se ne andarono in direzione della cassa. Sorrisi a Stefano e feci spallucce, mentre le mie amiche arrivarono di corsa con le scarpe. - Noi ti aspettiamo, Sarah, fai con comodo - esclamò Sonia facendomi l'occhiolino.

Stefano mi guardò con fare dispiaciuto e mi accorsi solo in quel momento di una buffa fossetta sul mento, che gli conferiva un aspetto piuttosto virile.

- Devo andare, ci vediamo in giro! - dissi continuando a sorridere e indietreggiando.

- Irene mi ha detto del compito. Mi dispiace -

E questo cosa c'entrava? Mi fermai per non essere scortese e gli risposi. - Ah, sì... è andato male questa volta ma andrà meglio la prossima. A proposito, grazie dei libri e degli appunti che mi hai dato... Be, ora vado! -

Non feci in tempo a girarmi che Stefano tornò all'attacco: - Se vuoi posso darti lezioni private -

Lo fissai sorpresa. Quel ragazzo era ostico e stava diventando irritante. - Ho già i tuoi libri, sono sicura che ce la farò - "aggiungi qualcosa, Sarah, o sembrerai maleducata!" - e poi non vorrei farti perdere tempo! -

- Non sarà affatto una perdita di tempo anzi, mi farebbe molto piacere! -. Aiuto!

- Grazie. Ci penserò - dissi sibillina raggiungendo le altre. Stefano era molto insistente e si sarebbe meritato un bel "no" in faccia ma non volevo incrinare la sua amicizia con Irene. E poi, se un giorno avessi davvero avuto bisogno di lui...

- Non ti mollava più! - commentò Marika appena mi vide tornare.

- Stavamo aspettando solo te per cominciare - esclamò Sonia. Aveva già in mano la sua palla preferita, quella rosa fluo - almeno hai scoperto se c'è anche Bellotti? -

- Pensavo di non liberarmi più di lui -. Presi le scarpe da bowling che Irene mi aveva dato e mentre le allacciai raccontai loro della novità. - Sta aspettando degli amici, non so se ci sia anche Bellotti. In compenso si è offerto di darmi lezioni private di matematica -

Le ragazze si guardarono in faccia e fu Irene a parlare. - Forse dovresti valutare la sua proposta. Stefano è davvero bravo, credimi -

- Cosa? - esclamai.

- Potresti colmare quelle lacune che hai e riuscire a prendere la sufficienza finalmente -

Le guardai sconvolte. - Ma quello non fa altro che provarci con me! Figuriamoci se gli do carta bianca in questo modo! -

- Per una volta cerca di vedere oltre: è un vantaggio per lui ma anche per te. Anzi, forse chi ne esce vincitore, sei tu - esclamò Irene.

- Già, alla fine potresti sempre dirgli "non ha funzionato", casomai venisse all'attacco - suggerì Marika.

- Ragazze, andateci piano. Io non voglio che inizi a pensare di avere qualche opportunità con me. Insomma, una cosa tira l'altra - esclamai.

- Ma mica lo frequenti! Lo usi solo come insegnante. Metti subito le cose in chiaro e tutto andrà bene - disse Sonia.

- Uff, lo sapete che voglio farcela da sola -

- Si, e abbiamo anche visto come è finita l'ultima volta - rispose Sonia. La fulminai.

- E se mi rivolgo ad Arianna? Lei è brava, vero Marika? - chiesi alla mia amica affinché confermasse le mie parole.

- Si, è brava ma io voto Stefano perché è più grande e ne sa sicuramente di più -

- Anche Sonia ha un anno in più ma arriva appena alla sufficienza in matematica - esclamai tentando di difendermi. La mia amica sbuffò.

- Ti ricordo che quella insufficiente in matematica sei tu e da quel dannato voto dipende la nostra partecipazione al Contest - commentò Sonia.

- Me l'hai restituita con gli interessi, vero? - domandai a Sonia, la quale fece un sorrisino di circostanza.

Guardai Irene in cerca di appoggio ma sapevo che era irremovibile. Non avevo davvero più scuse: ancora una volta tutto dipendeva da me. Mi tornarono in mente le parole di Prinz: dovevo sfruttare ogni opportunità se volevo arrivare al Contest. - Vai, sbrigati - mi ordinò.

Indugiai un attimo ma poi mi alzai e andai da Stefano, seduto su un divanetto in fondo alla sala ancora solo. Rimase sorpreso vedendomi tornare.

- Ci ho ripensato, accetto la tua proposta per le ripetizione di matematica. È meglio se mi aiuti o non passerò nemmeno questa volta - dissi sorridendo.

Il viso del ragazzo si illuminò. - Caspita, hai deciso davvero in fretta -

- La mia situazione è davvero critica e non ho più tempo da perdere - aggiunsi rassegnata.

- Non c'è problema, anzi, mi fa piacere aiutarti. Solo una cosa. Possiamo incontrarci di sera? Al pomeriggio ho gli allenamenti -

- Si, non preoccuparti. Anche io ho da fare nel pomeriggio - lo rassicurai.

- Iniziamo questo lunedì, ok? -

- Facciamo che ti chiamo? Sai, devo organizzarmi -. Non ci pensavo proprio a ritrovarmelo tra i piedi così presto. Meglio posticipare.

- Non c'è problema. Aspetto una tua chiamata - rispose.

- Un'ultima cosa: vieni tu da me o io da te? -

- Vengo io da te. Non ho problemi a uscire di sera -. Il sorriso di Stefano si allargò ulteriormente: stava gongolando di gioia all'idea di un primo appuntamento con me. Confidai che Stefano potesse compiere il miracolo su di me. Se ce l'avesse fatta, gli sarei stata grata a vita.

***

Mentre tornavo a casa iniziai a pensare al discorso che avrei fatto l'indomani ai miei riguardo alle lezioni private. Sarebbero stati sicuramente felici di vedere un bravo ragazzo accanto a me: avrebbero subito creduto che avevo messo la testa a posto e mia sorella si sarebbe divertita un mondo a prendermi in giro.

Il padre di Marika ci accompagnò a casa attorno alle due e mezza e cercai di fare meno confusione possibile nell'aprire il cancello per non svegliare tutti quanti. Stavo per entrare nel cortile quando un rumore attirò la mia attenzione: ero sicura provenisse da una via laterale lì vicino. Nella via dietro casa mia si trovava la discoteca Mela Rossa; per fortuna, da quando erano state montate le telecamere di sicurezza lungo la nostra via, i problemi erano stati limitati ai soli schiamazzi notturni.

Rimasi immobile ad ascoltare spaventata: il rumore, simile a tonfi sordi era cessato e ora sentivo un leggero bisbiglio di due voci.  Mi diedi una mossa e con uno scatto secco, aprii il cancellino ma mentre stavo per entrare,  una frase ben scandita attirò la mia curiosità.

- Tutto a posto, Prinz? -

Avevo capito bene? Non potevano esistere due Prinz in tutta Ferrara. Ne ebbi la certezza quando lo sentii parlare. - Quel bastardo mi ha colpito al sopracciglio con l'anello. Non riesco a smettere di sanguinare -

Arrivai in prossimità della stradina e sbirciai: la luminosità era pessima ma riuscii a vedere alcune figure muoversi al buio. Dall'altra parte della strada, passò una macchina che illuminò per una frazione di secondo la scena: c'erano due o tre persone a terra, una era in piedi e l'altra appoggiata al muro. Improvvisamente sentii i loro sguardi puntati su di me.

- Chi sei? Vieni fuori o spacco la faccia anche a te! - gridò Prinz. Mi misi in mostra e notai che si immobilizzò quando mi vide.

- Sarah? -

- Si, sono proprio io - dissi cercando di non farlo innervosire ulteriormente.

- Che ci fai qui? -

- Abito qui vicino, no? Ho sentito dei rumori e sono venuta a controllare -

- La solita impicciona - commentò Prinz. Non aveva tutti i torti.

- Andiamo Prinz, ti accompagno a casa così ti sistemi - disse l'altro ragazzo.

- Lascia stare, Bite, torniamo dagli altri - rispose seccato il teppista.

- Posso andare in casa a prenderti un cerotto - intervenni - prima però fammi controllare -

- Restane fuori, Pulce - tagliò corto con un gesto della mano.

- Bite, tienilo fermo! - gridai al suo amico con fare autoritario, tanto che il ragazzo non disse nulla e mi guardò confuso. - Dai! - esclamai per smuoverlo.

- Se osi darle ascolto, ti ammazzo appena mi libero - lo minacciò Prinz, continuando a reggersi con la mano la fronte ferita. Non esitai e gli puntai la torcia del cellulare in faccia avvicinandomi a lui.

- Sei impazzita? - esclamò chiudendo gli occhi. Vidi chiaramente il sangue che continuava a uscire copioso dalla ferita.

- Non hai bisogno di un cerotto, servono dei punti - constatai abbassando la torcia - Bite, devi portarlo al pronto soccorso -

- Non se ne parla nemmeno. Io là non ci metto piede! - gridò Prinz arrabbiato.

- Tu ci vai e poche storie! - esclamai - é una cosa seria, non una cretinata! -

Lo guardai dritto negli occhi: verde contro nero. Eravamo così vicini che potevo sentire il suo respiro sul mio viso. Il suo sguardo cambiò e lui si calmò.

- Non voglio andare al pronto soccorso - ripetè in tono deciso ma pacato, continuando a guardarmi.

- Va bene - dissi rassegnata. Capii che era inutile insistere. Guardai l'orologio: l'unico medico nei paraggi era Cinzia. - Puoi venire da me. Mia sorella studia chirurgia e sa come sistemare la ferita -

Ci pensò sopra un attimo e poi fece un segno con il capo che interpretai come un "si". Chiamai subito Cinzia, sperando che avesse il cellulare acceso: per fortuna rispose, anche se con una serie di accidenti per averla svegliata nel cuore della notte. Le spiegai la situazione e la pregai perché mi aiutasse. Dopo aver inizialmente rifiutato, accettò seppur a malincuore in cambio del bracciale di Tiffany che mamma e papà mi avevano regalato per il mio compleanno. Per il numero di volte in cui lo avevo usato, potevano regalarlo direttamente a lei.

- Fatto! - dissi ai due ragazzi. Prinz rassicurò Bite, dicendogli che poteva tornare dagli altri e che li avrebbe raggiunti più tardi.


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Per esigenze di lunghezza, interrompo qui e vi aspetto nella seconda parte!😉

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