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1. Skater Boy (parte 3)

Sarebbe stato un bel sogno se avessi potuto lasciare quella giornataccia fuori dalla porta di casa, senza più pensare ai problemi e inconvenienti che mi erano successi, ma purtroppo non fu così. Appena aprii la porta, la figura esile ed elegante di mia madre fu la prima ad accogliermi. Rimasi un attimo sorpresa: il lavoro di avvocato la teneva impegnata fino a tardi in studio e pensavo non fosse ancora rientrata.

- Mi ha detto la domestica che ha trovato la porta aperta stamattina. Che ti è saltato in mente? - mi rimproverò, mentre il colore degli occhi passò dal nero carbone al rosso fiamma, come il tailleur di Valentino che indossava.

Alzai gli occhi al cielo: si era incavolata per così poco. Ma non aveva altri problemi a cui pensare? Cause che rischiava di perdere, per esempio? Impossibile: lei era quella invincibile.

- Sì - risposi svogliata togliendomi il cappotto - ma ti posso spiegare -

- Voglio proprio sentire. Anche tuo padre sarà contento di conoscere la tua giustificazione quando rientrerà - disse incrociando le braccia.

- Non è ancora tornato? - domandai senza troppa enfasi sfilando anche la sciarpa.

- No, oggi aveva quell'intervento importante da fare. Santo cielo, possibile che non ti ricordi? Sono settimane che ne parla -. Ah già, i suoi interventi importanti da cardiochirurgo. Roba che gli alzava il punteggio e lo rendeva più importante di tanti altri. Annuii senza troppa importanza, riprendendo borsa e chitarra che avevo appoggiato a terra.

- Allora, cosa hai combinato stamattina? Con me non attacca cambiare discorso - ribadì mamma. Cavolo, il mastino che era in lei non abbandonava mai la presa.

Da dove iniziare? Presi un respiro e mantenendo la calma, cominciai a raccontare - Stamattina ero in ritardo. La sveglia non è suonata e mi sono alzata tardi. Non riuscivo a chiudere la porta e l'ho lasciata aperta -

- Sei stata colpita dalla sfortuna quindi - commentò mamma poco convinta della mia versione dei fatti alzando scettica un sopracciglio.

- Si, e oggi ne ho avuta anche parecchia. Lasciami stare - dissi esausta passandole vicino per raggiungere le scale.

- Modera la voce, Sarah - mi rimproverò mamma. Feci un cenno con la testa per farle capire che avevo capito - La chitarra però non l'hai dimenticata - mi pizzicò appena misi il piede sul primo gradino. Non le risposi nemmeno.

Ai miei non era mai andata giù la mia passione per la musica, vedendolo come un ostacolo alla mia carriera scolastica e soprattutto una strada a vicolo chiuso per il mio futuro. Ero riuscita però a strappargli il permesso di partecipare al concorso in cambio della sufficienza in matematica e della promozione in quarta superiore. Avrei sudato parecchio ma avrei fatto di tutto pur di farcela.

M'incamminai su per le scale e mi scontrai con l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento: mia sorella Cinzia, di cinque anni più grande di me.

- Bella scusa - disse battendo le mani - ti converrebbe strimpellare di meno e ricordarti di cambiare le pile alla sveglia, così non rischieresti più di addormentarti! - aggiunse con un sorriso beffardo aprendo la porta del bagno e fiondandosi dentro.

- Ehi, stavo entrando io! Devo solo sciacquarmi le mani - esclamai bussando con insistenza sulla porta.

- Vai in camera di papà - gridò seccata.

- Mamma non vuole e poi si lamenta se faccio una goccia fuori dal lavello -

- Vai in quello al piano di sotto - suggerì.

- Tornare giù ad affrontare quel mastino di nostra madre? Non ci penso nemmeno! -

- Allora, in questo caso... quando porterai a casa risultati come la sottoscritta, ti farò passare avanti - rispose prendendomi in giro.

- Ti mancano ancora due anni prima di finire l'università. E un giorno sarò io quella più famosa tra le due! - sbottai.

Cinzia scoppiò in una risata - Oh, Sarah! Hai fatto bene a non dare retta a mamma e papà: all'istituto tecnico insegnano ottime barzellette -

- Quando te ne torni a Milano? Si stava meglio senza di te - le dissi.

- Sai, è la stessa domanda che ci facciamo tutti in famiglia ma con parole diverse, del tipo "quando deciderai di mettere la testa a posto e abbandonare questa stupida idea della musica?" - scimmiottò.

La tentazione di andare in camera sua e strappare qualche pagina dai manuali di medicina era forte ma resistetti; come minimo sarebbe corsa a piagnucolare tra le braccia di mamma e papà e io mi sarei beccata l'ennesima punizione. Mi domandavo spesso come una ragazza così cattiva e arrogante potesse essere mia sorella. Eravamo diverse sia nel carattere che nell'aspetto fisico: io ero più simile a mamma, mora e occhi scuri e lei a papà, castana e occhi nocciola.

La ignorai completamente e me ne andai in camera, certa che il bagno non si sarebbe liberato prima di mezz'ora. Avevo tutto il tempo di riposarmi un po'. Chiusi la porta a chiave e per rpima cosa tirai fuori la chitarra dalla custodia per controllare che non avesse riportato danni a causa della caduta: la custodia non era rigida e temevo potesse essersi rovinata.

- Quel cretino - dissi tra me e me mentre ne stavo studiando ogni minimo dettaglio. Sembrava non esserci alcun danno a parte una meccanica che era più allentata delle altre ma nulla di preoccupante. Pensai per un istante che, se avessi trovato qualcosa che non andava nella mia chitarra, avrei distrutto il sorriso arrogante di quello sconosciuto sbattendogliela in faccia. Anzi no: avrei rovinato ulteriormente lo strumento. Avrei potuto però fargli sbattere il muso per terra... sì, quello ci stava.

Misi la chitarra al suo posto e aprii la porta della mia camera per vedere se Cinzia aveva già finito. Niente da fare: il bagno era ancora ermeticamente chiuso e, quando fossi entrata, il vapore avrebbe fatto immediatamente arricciare i miei capelli neri faticosamente lisciati a phon e piastra. Lei non aveva certo questo problema: i suoi capelli erano tanto anonimi quanto la sua vita.

Non mi rimaneva che occupare il tempo facendo qualche compito, così ne avrei avuti di meno in serata e avrei potuto guardare un po' di tv. Tirai fuori il quaderno di matematica e mi concentrai sugli esercizi che Mariani ci aveva assegnato e che il giorno dopo sarei stata chiamata a risolvere alla lavagna: dopo le ore straordinarie che mi erano toccate, l'idea di tornare in mezzo a numeri e incognite mi faceva venire la nausea.

Abbandonai l'idea a metà esercizio: la fame e la stanchezza della lunga giornata si facevano sentire e desideravo rilassarmi scrivendo qualche riga della canzone. Presi la borsa e mi misi alla ricerca della mia Moleskina in cui appuntavo idee, accordi e parole. Non volevo sprecare la fantastica melodia che avevamo creato per un'altra canzone sull'amore o sulla voglia di crescere... volevo scrivere qualcosa di diverso, forte. Chissà, forse sarebbe diventata la nostra prima hit!

Rovistai in ogni parte ma non la trovai. "Cretina, forse è in tasca del cappotto!" pensai. Scesi a recuperarla ma appena tastai la tasca non la sentii. Guardai anche in quella sinistra ma non c'era.

Miseriaccia, dove l'avevo messa?!?

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Eccoci qui!
I personaggi sono stati (quasi) tutti presentati

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mi ripeto dicendovi che in origine questo era un romanzo e ogni capitolo era un "pezzo" unico.

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Per necessità ho dovuto dividere tutto in parti, quindi vi faccio i complimenti per aver concluso il primo capitolo!

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Se vi fa piacere andare avanti, mettere una ⭐️ o lasciare un commento, apprezzerò il gesto!

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Stay tuned!

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