41. The Scientist (parte 2)
Avvisai Irene che sarei andata in camera. La mia amica non aveva bisogno di spiegazioni: mi disse solo che, se ci fossero stati dei problemi, dovevo dirglielo.
Mi chiusi la porta della camera alle spalle. Mio Dio. Come era stato difficile sopportare quel momento di contatto, una scarica elettrica durata una frazione di secondo. Mi passai la mano sotto il mento e potevo sentire ancora il calore delle sue dita sul mio viso, come leggere scottature.
In quei sei anni, non avevo avvertito la sua assenza, il bisogno di lui e ora, era bastato un tocco per farmi dubitare di tutto.
Mi cambiai e feci una doccia. Erano già le 21:30 e decisi di guardare un po' di TV per prendere sonno. Arrivarono le 23.00 e la festa in giardino cominciò a scemare: le porte delle stanze vicine si aprirono e chiusero, segno che anche le mie amiche erano rientrate.
Presi un libro che mi ero portata dietro e cominciai a leggere qualche pagina. Niente. Il sonno non arrivava. Spensi la luce, mi misi sotto le coperte e chiusi gli occhi.
Al grande giorno mancavano poche ore, dovevo essere in forma e soprattutto riposata. Chissà se Prinz... BASTA!
Mi rigirai nel letto. Misi di nuovo in ordine i pensieri. Probabilmente mi addormentai e quando mi svegliai poco dopo, ero in un bagno di sudore.
Faceva maledettamente caldo in quella camera.
Feci una doccia al volo per rinfrescarmi: l'idea di tornare in quel letto umido indossando il pigiama fradicio non era la soluzione migliore.
Raccolsi i capelli con un fermaglio e indossai l'abito in satin senza biancheria, apprezzando la sensazione di fresco sul corpo.
Non avevo più sonno, tanto valeva andare fuori in giardino a respirare aria fresca, data la temperatura eccessiva di quella stanza.
Prima di uscire chiesi in conciérgerie di andare nella mia camera a verificare la temperatura dei caloriferi, per abbattere il clima tropicale e riuscire, magari, a dormire qualche ora.
La brezza di maggio era piacevole sulla pelle, non appena misi piede fuori, sulla grande terrazza che dava sul giardino. La Villa di notte era tenuta sotto controllo da alcune guardie poste sul perimetro esterno, pertanto mi sentivo sicura in quel luogo.
Mi appoggiai alla balconata da dove avevo visto arrivare Prinz qualche ora prima e respirai a pieni polmoni. Si stava bene e il calore provocato dalle alte temperature e dalla doccia, stava svanendo.
Coraggio, dovevo durare solo un altro giorno, poi sarei tornata alla mia vita e lui alla sua.
Era veramente ciò che volevo? *
- Non riesci a dormire neanche tu? - La sua voce era una eco dietro di me.
Mi voltai e lo vidi: indossava la stessa camicia e pantaloni della sera. Forse non si era nemmeno cambiato per andare a dormire.
- Ho provato, ma si soffoca di caldo nella mia camera. - risposi.
Prinz si avvicinò mantenendo tuttavia una distanza di sicurezza.
- Ti va di fare un giro? Due passi in giardino, nulla di più. -
Mi scappò da ridere. - Vuoi contare le pecore con me? -
Fece una scrollata di spalle. - Se può servire, perchè no? -
Ed eccola nuovamente davanti a me, da sola. Ero sicuro che sotto quel vestito non indossasse nulla, visto il modo in cui scivolava sulle sue forme.
Come spiegarle il motivo per cui non ero riuscito a prendere sonno? Che quando l'avevo sfiorata, avevo sentito una scossa? Che dopo tutti quegli anni, qualcosa dentro di me era ancora vivo quando la vedevo o le stavo accanto?
E mi chiesi se lei era veramente riuscita ad andare avanti, quante braccia l'avevano stretta, quanti altri uomini avevano toccato il suo cuore e il suo corpo, per renderla ciò che era ora, davanti a me.
Cosa avrei dovuto dirle? Mi limitai a qualche sciocchezza o lei sarebbe scappata di nuovo, come un cervo braccato dal cacciatore.
Non era facile ma dovevo provare.
- Raccontami tre cose stupide di te. - dissi mentre scendevamo le scale diretti verso il giardino.
- Che cosa strana da chiedermi. - esclamò, guardandomi accigliata.
- Se dobbiamo farci venire sonno, parlare è l'unica soluzione e raccontare cose noiose può aiutarci. -
- Le potresti trovare divertenti. - mi apostrofò, lanciandomi uno sguardo civettuolo.
- Noiose, ho detto. -
Ci incamminammo in mezzo al giardino, attorniati da roseti e altre piante di cui non conoscevo il nome. Sarah raccolse i pensieri.
- Non sono più astemia. Ecco perchè oggi mi hai vista bere il vino. -
- Singolare come notizia. Non ti dà più fastidio? -
- Diciamo che ho sdoganato vino e birra. Quindi, se la prossima volta vuoi offrirmi da bere, non mi tiro indietro. -
- Questa è un notizia -. Contai con le dita, mentre ci inoltravamo in un viale di alberi.
- La seconda, - Sarah ci pensò sopra ancora qualche istante - ho comprato una casa in campagna, l'ho ristrutturata completamente e ho vi ho allestito anche una sala d'incisione. -
- Dove? -
- Vicino a Ferrara. -
- Non ti allontaneresti mai dalla città. -
- No, volevo rimanere vicino ma fuori quel tanto che mi permettesse un po' di privacy. -
- Ci vivi da sola o con qualcuno? -
Sarah mi lanciò una nuova occhiata e abbassò quasi subito lo sguardo.
- Era questa la terza cosa che volevo dirti. Sono single da più di otto mesi. Non ho avuto altre storie importanti, dopo di te. -
Calciò un sasso davanti a sé, continuando a guardare a terra. Me lo disse di proposito o per togliersi un peso di dosso?
- In realtà la casa è strutturata per ospitare le mie amiche. - riprese improvvisamente - loro vengono ogni tanto ma spesso sono sola. Non volevo più vivere con i miei in centro città, avere la casa assediata dai paparazzi... ora, finalmente, posso godermi la libertà. -
Sarah accelerò improvvisamente il passo davanti a sé per andare a osservare una lucciola, posata su un fiore.
- Spesso mi siedo fuori in veranda a osservare il tramonto. Ci sono anche lì le lucciole, sai? - Si girò e mi guardo autoritaria.
Mi avvicinai a lei e le sistemai un ciuffo di capelli che le era sceso dal raccolto. Lei si fece toccare. Con quella stessa mano avrei voluto abbassare la spallina del vestito ma sapevo che avrei oltrepassato il limite.
Sarah prese la mia mano e la portò verso il basso: i suoi occhi erano confusi, dentro di lei c'era un tormento che potevo leggere nel linguaggio segreto del suo corpo.
Era come ricominciare daccapo e non dovevamo bruciare le tappe.
- E tu? - chiese improvvisamente.
- Intendi i miei tre segreti? -
- Stai con qualcuno? - Mi prese in contropiede.
- Sono stato con Alice. è durata tre anni poi ci siamo mollati. Da allora, non ho più avuto una storia seria. -
Sarah riprese a camminare in silenzio.
- Sei stato con lei, quindi. - Sentivo una sorta di livore in quelle parole.
- Anche tu sei stata con quel cantante. -
Cazzo! Morditi la lingua, idiota!
Sarah si arrestò davanti a me. Notai in quel momento, una scia di stelle tatuate lungo la linea della sua schiena, lasciata perfettamente nuda dallo scollo del vestito.
Avrei voluto appoggiare le mie labbra su quel collo e su ogni piccola stella tatuata: non mi importava più chi l'avesse già toccata o baciata, volevo purificare quella pelle imprimendo anche il mio sigillo su di lei.
Sarah girò appena la testa imbarazzata. Rimase di profilo, lo sguardo basso, il mento a sfiorarle la spalla.
- è dagli sbagli che si impara. - disse, quasi impercettibilmente. Feci per andarle incontro ma lei si girò e mi bloccò con una mano all'altezza del petto. - Forse è il caso di rientrare. -
Forse fu quel gesto, quel muro che alzò davanti a me, una difesa fisica ed emotiva, che mi fece scattare qualcosa dentro. Non volevo più tenermi, nessuno mi avrebbe impedito di dire ciò che mi ero lasciato indietro, in quegli ultimi anni.
L'avrei persa per sempre? Probabile, ma non era mia nemmeno in quel momento.
Sarah non era mai appartenuta a nessuno: solo ai suoi sogni, solo a sé stessa. Uno spirito libero che doveva continuare a vagare nei boschi, la mia ninfa, fino a che non si rendesse conto lei per prima di aver bisogno di qualcuno. Probabilmente ero stato l'unico ad avvicinarla, l'unico essere vivente di cui aveva avuto realmente fiducia e nel momento in cui l'incantesimo che avevamo creato, si era spezzato, aveva ricercato la fiducia in altri. Ma non era la stessa cosa.
Deglutii e mi preparai a dirle ciò che realmente pensavo, che veniva dritto dalla voce della mia anima.
- Mi hanno puntato una pistola alla testa e l'unico pensiero in quel momento, eri tu. - Feci un passo verso la sua mano spalancata. - Ho ascoltato le tue canzoni per sentire ancora una volta la tua voce, vicino a me, quando ero solo. - Un altro passo. - Mi sono reso conto di non aver mai più amato nessun'altra come te, dopo di te. - Avanzai fino a che la sua mano toccò il mio petto. - Lo senti questo cuore? - Appoggiai la mia mano sulla sua. - Non ha mai smesso di battere per te. Non ha mai smesso di pensare a te. Perché tu mi hai cambiato la vita in meglio, mi hai dato ben più di una nuova possibilità. Tu hai salvato la mia vita. Rifarei tutto? Si, se dannarmi nuovamente servisse a incontrarti ancora, andrei all'Inferno e tornerei indietro solo per te. -
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🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹🥹
Io, mie care Rockers, non ho mai perso la speranza....
~*~
E voi?
~*~
Non siamo le uniche, mi viene da dire.
Anche il nostro ex bad boy non ha mai smesso di pensare alla sua ragazza.
~*~
Siamo agli sgoccioli, ragazze.
Godetevi i prossimi capitoli.
~*~
ps: ecco un altra frase già sentita in passato....
la frase che ho indicato con l'*, era l'espressione ricorrente usata da Prinz nel capitolo "Waiting for the end" di Music. La ricordate? é singolare che anche Sarah ne abbia fatto lo stesso uso...
Stay tuned
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