36. Sirens
Want you to know, that should I go
I always loved you, held you high above too
I studied your face, the fear goes away
(...) Hear the sirens?
♾️
Quanto può essere lungo l'istante prima di morire?
Infinito o il tempo di ripercorrere i ricordi della tua vita?
- Conterò alla rovescia. La tua vita non merita niente di più. Se anche ti facessi percuotere fino a ridurti carne maciullata, tu non grideresti. E invece, voglio che ti rendi conto di morire, voglio che realizzi che ti avanza lo spazio temporale di contare da dieci a uno. -
Il sorriso sadico di Riot si allargò sul suo viso, trasformandolo nella perfetta raffigurazione di un demone: all'inferno avrei trovato la sua rappresentazione a torturarmi per l'eternità. I suoi occhi di ghiaccio riflettevano l'immagine della signora dal manto scuro nelle mie iridi, ormai opache, gelando l'aria attorno a me in un brivido che odorava di morte e oblio.
- Voglio farti pisciare addosso dalla paura, umiliarti; voglio che tu muoia nelle tue stesse feci. Ti ho odiato sin dall'inizio, perché avevo già capito che saresti stato un ostacolo ai miei piani. - Ecco, il momento della verità, di quella confessione di cui ero consapevole e che allungava di qualche istante la mia vita già finita. - Ero in quella banda da alcuni anni e stavo mettendo le radici per diventare qualcosa di più di un semplice capobanda. Io volevo prendere il controllo di tutto, impossessarmi di denaro e vite, comandare. Volevo creare un impero, qualcosa che avrebbe avuto il mio nome e che non sarebbe stato dimenticato facilmente. Poi Nero si è fatto intenerire da te e pian piano ti ha dato tutto. -
Sputava quella verità con una rabbia tale da spaventarmi e ipotizzare che avrebbe premuto il grilletto prima del tempo. Era quello il motivo di tanto odio nei miei confronti, quindi. Pensava che io fossi arrivato per usurpare il suo trono ma, la verità, era che non avevo mai ambito a ciò. Volevo solo essere potente come Nero ma non prendere il suo posto. Se i fatti si fossero accavallati in maniera differente, forse sarei morto prima.
- Ho cercato di farti fuori una volta ma non ci sono riuscito. Ora, nessuno verrà a salvarti. Inizio a contare, stronzo. -
Silenzio. Deglutii nonostante la gola arida.
- Dieci... -
Il countdown era cominciato. Gli ultimi dieci secondi della mia vita. Forse, qualcosa di più.
Perchè passarli a pensare alla morte sempre più vicina? Sentivo il fruscio del suo manto farsi spazio nell'aria attorno, sempre più gelida e fetida.
Decisi di pensare a un buon profumo: l'odore di casa, la domenica a pranzo, quando mia madre non era al lavoro e preparava la torta margherita che tanto amavo. Un odore di vaniglia e limone che le rimaneva addosso e si portava dietro per tutto il giorno. Lo stesso profumo di Sarah, della sua pelle che adoravo baciare e leccare e che non avrei mai voluto smettere di assaggiare...
- Nove. -
L'età che avevo quando mio padre perse il lavoro a causa della chiusura dell'azienda in cui lavorava. Un lavoro che gli permetteva di essere più presente per me e mamma. Passammo diversi mesi in ristrettezza economica, papà disoccupato e lo stipendio di mamma appena sufficiente a pagare le spese (e talvolta, nemmeno quelle). Poi, mio padre si ricordò delle patenti prese durante il servizio militare e divenne camionista, facendo frequenti trasferte, anche all'estero, che lo portarono a rimanere fuori casa anche per giorni, rivoluzionando completamente la nostra vita.
I miei genitori vivevano per lavorare e permetterci di sopravvivere. Più di una volta i genitori di Andrea mi avevano aperto le porte di casa loro, quando nessuno poteva passarmi a prendere a scuola o la casa era vuota di notte.
Per anni gli avevo dato la colpa di quelle assenze forzate ma solo ora mi rendevo conto di quanti sacrifici avessero fatto per permettermi un'istruzione e la possibilità di giocare a basket.
- Otto. -
Gli anni che avevo quando conobbi Andrea.
Era entrato nella squadra di basket da poco e veniva schernito da tutti per via della sua statura bassa e della fessura in mezzo ai denti frontali. Da subito, quel bambino mostrò un talento e una voglia di vincere incredibile. Amava il basket tanto quanto me e non fu difficile diventare suo amico.
- Sette... sei. -
L'età in cui cominciai a giocare a basket. Una passione viscerale che negli anni condivisi con Andrea, passando il tempo a guardare le partite della NBA, a studiare schemi per battere i nostri avversari e vincere.
Non era solo mettere un pallone in un canestro: era spirito di squadra, voglia di vincere, capacità di studiare il tuo avversario per individuarne i punti deboli.
Il basket era il mio mondo e ora, mi dispiaceva dirgli addio per sempre, dopo averlo ritrovato. Mi maledissi per gli anni gettati via. Sarei potuto diventare un fuoriclasse e a quest'ora, militare nella formazione primavera di qualche squadra di serie A e magari, dopo il diploma, tentare la carriera negli States.
- Cinque. -
La metà esatta. Fermati, ti prego.
La concentrazione iniziava a tentennare. Giurai che sarei morto con dignità. Quel figlio di puttana non avrebbe avuto soddisfazione dal mio cadavere.
La paura cominciava però a farsi strada nelle mie membra stanche, nella mia mente. Sentivo la pancia e lo stomaco sottosopra. Volevo vomitare.
- Quattro. -
"Non voglio morire, no. Voglio vivere!"
- Tre. -
Mi maledissi per le scelte sbagliate che avevo fatto che mi avevano portato lì in quel momento. Maledetto il mio carattere debole, l'aver buttato via quattro anni della mia vita che non avrei più recuperato nemmeno se fossi rimasto in vita. Avrei potuto giocare, avrei potuto passare più tempo con i miei amici e i miei genitori. Avrei potuto conoscere prima Sarah.
- Due... -
Ci siamo. Il volto e la voce di Sarah erano l'ultima immagine che volevo tenere impressa nella mente prima di morire. Il suo sorriso, il tono con cui pronunciava il mio nome, la carezza delle sue mani sul mio viso, il sapore delle sue labbra.
Strinsi più forte gli occhi per allontanarmi da quel luogo lurido e freddo, per immaginarmi con lei sul molo in riva al mare, mano nella mano, intenti a baciarci, contemplando la serenità attorno a noi.
L'avrei amata per sempre e ora lei lo sapeva, grazie a quella lettera.
E sperai che trovasse il coraggio di vivere anche la mia vita.
Le lacrime mi salirono agli occhi. Era davvero la fine.
Nella mia mente echeggiava la risata cristallina di Sarah, un'eco in lontananza che non identificavo. Era forse il paradiso che si stava avvicinando? O i canti dei demoni infernali, pronti a portarmi con loro nell'oscurità?
Tutto stava scivolando via, troppo in fretta. Tutto stava diventando scuro e privo di sogni.
Un rumore ripetitivo, assordante irruppe nella mia mente.
Lasciai andare le mani di Sarah, il suo sguardo colmo di dispiacere sul finire della mia vita.
"Non abbandonarmi" sussurrò, le perle nere dei suoi occhi che scintillavano di lacrime trattenute.
- Scusa mamma, scusa papà - dissi sottovoce - scusa, amore mio. -
Sentii la sicura scattare. Riot era pronto.
E quell'eco in lontananza si fece più forte, più potente.
Le senti le sirene? Sei salvo.
- Siete tutti in arresto, figli di puttana! - La voce di Castelli irruppe nell'edificio.
Sentii il rumore di passi veloci, ordini lanciati in italiano e spagnolo.
Aprii gli occhi. Non so come fu possibile.
Carabinieri e polizia erano entrati e avevano puntato le pistole contro i dieci uomini di Riot, in netta inferiorità numerica.
Riot era stato preso a bersaglio da Castelli stesso e almeno altri quattro e se mi avesse sparato, sarebbe morto anche lui, conoscendo il carattere dell'ispettore.
Un carabiniere tolse la pistola a Riot e lo arrestò; il ragazzo cercò di ribellarsi e cominciò a imprecare.
- Non è possibile, come facevate a sapere che eravamo qui? Come?! Brutto figlio di... -
- Ogni offesa a pubblico ufficiale sarà un anno di prigione in più per te e tutti i tuoi uomini, moccioso. -
Castelli venne da me, mentre gli uomini venivano arrestati e portati via.
- Tutto bene, Lorenzi? - Lo guardai incredulo per aver sfiorato la morte.
Ero vivo. Cominciai a piangere come un bambino, troppo forte lo shock e le emozioni da gestire. Castelli mi abbracciò e fece un cenno con un braccio a qualcuno dietro di me. - Sei stato più coraggioso di quanto dovevi. Ora capisco cosa vede in te Sarah. -
Una squadra di paramedici mi soccorse coprendomi con una coperta e caricandomi su una barella, per condurmi verso l'ambulanza.
Appena fui fuori dal casolare, mi commossi nel vedere il cielo stellato e respirai a pieni polmoni l'aria, che profumava di vita, libertà e speranza.
In lontananza sentivo ancora le sirene dell'arma e l'esultanza degli uomini di Castelli per gli arresti compiuti.
Quando tutto fu sistemato e io venni medicato, Castelli tornò da me.
- Come stai? -
- I dottori dicono niente di rotto ma devo andare in ospedale per gli accertamenti. -
- Bene. Mi sono permesso di contattare tua madre e tuo padre. Sono già partiti e ti aspettano in ospedale. -
- Ispettore, Roberto e Annalisa... -
- Lo so. Annalisa è fuori pericolo ma per Roberto non c'è stato niente da fare. Ho informato i tuoi genitori che casa tua è diventata la scena di un crimine. Ho un amico proprietario di un B&B che è disponibile a ospitarvi per alcuni giorni, fintanto che le cose non saranno sistemate. -
Annuii debolmente. La mia vecchia vita era finita in tutti i sensi e quella nuova cominciava con un trasloco.
- Grazie per avermi salvato la vita, ispettore. -
- Era mio dovere. O Sarah mi avrebbe ucciso a mia volta. -
Accennai un sorriso, poiché ridere mi faceva terribilmente male al costato. Non ero proprio conciato bene.
- Cucire la microspia all'interno dello zaino è stato grandioso. -
Castelli scosse la testa. - La microspia serviva solo a confermare un'ipotesi che non abbiamo mai verificato, tuttavia. -
- In che senso? -
L'ispettore si sistemò gli occhiali sul naso. - Hanno fatto un cambio di zaino. Quello con la microspia l'abbiamo trovato poco distante da casa tua. Non devi ringraziare me ma Nero. è stato lui a salvarti la vita. -
Spalancai gli occhi sorpreso da quella rivelazione.
- Ma Nero è morto, non capisco. -
- Vedi, lui conosceva all'incirca il luogo degli scambi. Me lo aveva confessato prima di morire. Non sapeva nemmeno lui che quello sarebbe stato il nostro ultimo incontro. Ho dedotto che fosse morto perchè non rispondeva più al telefono che gli avevamo dato. -
- Nero era uno dei vostri? -
- No, ragazzo. - Castelli accennò un sorriso. - Nero era passato dalla nostra parte come informatore non appena avevamo individuato la rete di spaccio di Riot e capito che tu eri in pericolo. è morto da eroe. -
Abbassai la testa, guardando il suolo davanti a me.
Nero mi era stato vicino fino alla fine. Era stata forse l'unica persona veramente leale a essermi stata accanto in quegli anni sbandati e me ne accorgevo solo ora.
"Grazie, Nero, ovunque tu sia". Un pensiero andò a lui.
- Siamo pronti per andare in ospedale. - disse uno dei paramedici.
- No! - gridai improvvisamente - prima devo andare da Sarah. -
- Prima ti fai controllare, poi vai dalla tua ragazza. - l'ispettore mi ammonì.
- Devo parlarle. -
Castelli mi squadrò da capo a piedi. - Senza vestiti e conciato in quel modo? -
- Sistematemi, per favore, poi vi seguirò ovunque. -
Il dottore guardò Castelli, che alzò gli occhi al cielo e sospirò.
- L'amore... Voi adolescenti vivete solo di quello. -
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😭😭😭😭😭😭😭😭
Io non riesco a smettere di piangere, mie care Rockers.
~*~
Prinz e' salvo, Riot in arresto.
Facciamo un monumento a Castelli!
~*~
E Nero, eroe postumo. Ho voluto riscattare il suo personaggio perché, analizzando il suo percorso nella saga, era sì un personaggio negativo ma non del tutto.
~*~
Ho scelto di strutturare il countdown con i ricordi di Prinz, per potervi dare ulteriori informazioni su di lui, che altrimenti non sarei mai riuscita a fornirvi.
Curiosità che lo hanno reso ancora più umano e vivo
~*~
E ora?
~*~
Keep Kleenex & stay tuned
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