31. Own My Mind
Do you want a long night?
Do you wanna be mine?
Do you wanna go once, go twice?
♾️
Tornai dalle ragazze e, senza pensare, dissi loro i miei intenti.
- Vado in macchina con Riccardo. -
Le ragazze rimasero in silenzio, sorprese da quella mia decisione. Vidi Sonia muovere le labbra sul punto di dire qualcosa. La stoppai sul nascere.
- Non aspettatemi, ok? -
Marika spalancò gli occhi e un sorriso furbo apparì sulle labbra di Chloe.
- Sei sicura? Non lo conosci nemmeno. - puntualizzò Sonia. Da quando si era messa a fare la morale? Voleva forse prendere il posto di Irene?
- Già, perché Prinz lo conoscevo bene, invece. - risposi seccata. Sonia si morse le labbra.
- Prendi il cellulare, almeno. - mi raccomandò.
- E i preservativi. - aggiunse Chloe.
Marika le diede una gomitata e la mia amica si lamentò con una smorfia.
Sotto gli occhi sorpresi di tutti presi per mano Riccardo e ci allontanammo insieme, passando attraverso le frecciatine delle Queen of Thornes e i fischi di incitamento dei Masina's, mentre gli sguardi delusi delle mie amiche mi colpivano le spalle, come dardi infuocati.
Non mi interessava nulla. Mi sarei comportata come una ragazzaccia ai loro occhi? Sì. Non dovevo rendere conto a nessuno delle mie azioni, ero maggiorenne e facevo ciò che volevo del mio corpo, tanto più delle mie pulsioni e desideri.
Non sapevo ancora cosa sarebbe successo quella notte ma seguii il mio istinto.
Arrivammo alla macchina, posteggiata all'uscita secondaria come sabato scorso. Riccardo mi aprì la portiera e proprio in quel momento apparve dal nulla un ragazzo con una macchina fotografica, che cominciò a scattarci alcune foto.
- Sali, presto. - mi incitò Riccardo. Eseguii i suoi ordini e mi fiondai in auto.
- Cazzo, aveva ragione Amelia. - sentii l'uomo esclamare, mentre Riccardo si chiuse dietro la portiera.
- Ci hanno scoperti. - disse, mentre il suo amico metteva in moto l'auto.
- Sei stato tu? - domandai subito, convinta che volesse alimentare ulteriormente la messinscena in vista della finale.
- No, te lo avrei chiesto, prima. Sono state le Queen of Thornes. Hai sentito il nome che ha fatto? -
Annuii. Amelia era il nome della loro cantante. Bastarda.
- Beh, questo ci darà ancora più popolarità - esclamò Riccardo - cerchiamo di raggiungere il Residence il prima possibile. - disse al suo amico.
Ci immergemmo nel traffico romano ancora una volta, eccitata e ammaliata dalla situazione in cui ci trovavamo. Poco dopo il rumore di scooter attirò la nostra attenzione.
- Ci sta seguendo. - disse l'amico, lanciando un'occhiata allo specchietto retrovisore.
Riccardo mi prese la mano. - La copertura è saltata. Dovremo fare a spallate quando arriveremo al Residence. Immagino che troveremo tutti i suoi colleghi. -
Un'idea maliziosa bussò nella mia mente. Forse era la situazione che stavamo vivendo ad averla accesa.
- E se andassimo da te? - domandai, guardandolo negli occhi.
Riccardo mi scrutò: lessi stupore nel suo sguardo. Alzò un sopracciglio e tanto valse per farmi capire che intendeva anche lui ciò che intendevo io.
- Portaci all'appartamento di Parioli. - disse sporgendosi verso il suo amico.
Cercammo di seminare il paparazzo fuggendo nel traffico cittadino, giocando con la viabilità e il rosso dei semafori. Alla fine, riuscimmo a seminarlo, abbandonandolo a un semaforo che noi evitammo passando con il rosso, costringendolo a fermarsi per non essere investito dalle macchine in arrivo nell'altra corsia.
- Ti pago la multa. - disse Riccardo.
- Ti conviene. - rispose il suo amico.
Raggiungemmo il quartiere Parioli, uno dei più rinomati e facoltosi della città.
Scendemmo davanti a un palazzo del settecento, riccamente decorato in stile Barocco. Il portiere ci fece entrare e salutò Riccardo con entusiasmo.
Ricky estrasse dal portafoglio una banconota da venti euro.
- Tu non ci hai mai visti qui, ok? -
L'uomo annuì e recuperò dalla bacheca delle chiavi, una copia che consegnò al ragazzo, per permetterci di salire.
Prendemmo l'ascensore e arrivammo all'ultimo piano. Riccardo aprì la porta e mi fece entrare. Era un attico grande come tutto il piano del palazzo, che si apriva su un salotto open space con un'enorme vetrata sul paesaggio di Roma.
- Uau! - esclamai non appena misi piede dentro.
Corsi subito verso la vetrata e rimasi incantata dall'immagine della città Eterna: potevo vedere in lontananza l'Altare della Patria, San Pietro e la sua cupola e tanti altri monumenti che visti da giù sembravano così distanti e grandi e che, da quassù, apparivano vicini e piccoli, come incastonati in una snowball.
- Questo appartamento è spettacolare! - dissi.
Riccardo si avvicinò all'open bar e prese qualcosa da bere.
- Vuoi qualcosa? - mi domandò.
- Ti ricordo che sono astemia. - risposi.
- Ho anche succo di frutta per i bambini, se vuoi. - ironizzò.
Mi girai per fargli una linguaccia e lo vidi riempirsi un bicchiere di vetro con un liquore contenuto in una bottiglia dalla forma squadrata.
Riccardo si avvicinò lentamente verso di me, sorseggiando il liquore che si era versato. C'era un che di seducente e pericolosamente languido in quel gesto, nel suo pomo d'adamo che sussultava al passaggio del liquido. Sentivo la mia gola bruciare dello stesso liquore, nonostante non avessi ingerito nulla.
Appoggiò il bicchiere ancora pieno sul tavolino posto vicino a una lunga chaise longue e si affiancò a me, guardando fuori in silenzio.
Eravamo al buio, illuminati dalle luci della città. Nessuno sapeva che noi eravamo lì, eccetto il portiere. Forse era la situazione, l'odore inebriante del liquore che pizzicava l'aria o il profumo vellutato e speziato di Riccardo, che avvolgeva ogni cosa di quell'appartamento, quando una strana estasi mi pervase. Il cuore riprese a battere forte, rimbombava nelle mie orecchie e in quel silenzio immacolato, ero sicura potesse sentirlo anche lui.
- Allora, Sugar, che facciamo? -
Mi irrigidii e mi voltai verso di lui: continuava immobile a fissare fuori. Deglutii in cerca di una salivazione che non c'era: la mia bocca era arida come il deserto attraversato dal vento di Scirocco.
Stavo per chiedergli cosa intendesse con quella frase: il doppio senso era labile, sottile come una velina e a seconda dell'interpretazione che volevo dargli, avrei potuto far virare la serata in due modi differenti. Scelsi di non stare al gioco e di rispondere con un'altra domanda.
- Da quando mi chiami Sugar? -
Riccardo si girò verso di me, alzando un sopracciglio. La malizia avrebbe avuto il suo volto se solo fosse stata una persona. Occhi capaci di condannarti con uno sguardo, legarti a quel precipizio di lussuria e desiderio con il solo battito delle ciglia e il nero delle sue iridi, pezzi ardenti di carbone con il quale mi sarei scottata.
E sarei bruciata se solo mi avesse sfiorata, perché era tutto di lui che mi faceva ardere dentro, già da prima della sua performance. Era il desiderio che irrorava il sangue nelle mie vene, comandava le mie pulsioni e la mia carne, ormai alla sua mercè. E solo una piccola parte del mio cervello mi stava trattenendo, la briglia che le mani del mio raziocinio tenevano stretta, non sapendo ancora per quanto tempo.
- Da quando mi hai permesso di farlo. - rispose.
Aprii le labbra per replicare ma non uscì alcun suono. Se ne era accorto anche lui. Sentiva il mio cuore? La chimica degli ormoni emessi dal mio corpo?
- Io non ti ho mai detto di farlo -. Volevo fare la preziosa.
- Oh sì, invece. Da quando mi hai permesso di entrare nella tua vita e mi hai aperto il tuo cuore, da quando hai iniziato a non vedermi più come un avversario ma una persona di cui fidarti. Da quando hai iniziato anche tu a guardarmi come ti sto guardando io ora. -
Si avvicinò alle mie labbra, per saggiare la mia reazione. Sentivo il suo respiro caldo solleticarmi la pelle, un invito a cui non potei più resistere. Appoggiai la mia bocca alla sua, in un bacio timido da cui indietreggiai appena per studiare il suo sguardo, perso nel mio.
Il mio corpo diceva di volerne ancora, che quello era solo una briciola, che aveva fame. Lo baciai nuovamente e questa volta assaggiai meglio il frutto delle sue labbra, la sua umidità, il suo sapore. E mi piacque, tanto da volerne ancora di più, da desiderare la sua lingua e non solo. Gli misi le mani dietro il collo e lui accarezzò il mio corpo, mentre le nostre bocche si divoravano in un bacio carnale, ballando con le lingue una danza tutta loro.
Sentivo le briglie allentarsi, il mio cervello stava perdendo il controllo e scivolò via del tutto nel momento in cui le mani possenti di Riccardo mi presero da sotto il sedere, costringendomi a divaricare le mie gambe attorno a lui e agganciarmi al suo bacino. Mi sbatté contro il vetro, la sua erezione forte che pulsava contro la mia intimità e in quel momento non ricordavo più di trovarmi al quarto piano di un palazzo, contro un vetro che poteva spezzarsi e farmi cadere nel vuoto.
Ma non mi importava, perché desideravo lui tanto quanto l'ossigeno in quel momento, perché quel bacio mi aveva sottratto pure quello, mandandomi in debito e facendomi girare la testa, mentre il cuore sembrava scoppiare nel petto. Sarei morta prima di infarto che per il vetro crepato.
Riccardo scese a baciarmi il collo, permettendomi di riprendere un po' di respiro e con una mano sprofondai nei suoi capelli ricci, tastandone la setosità e stringendoli tra le dita a ogni gemito che mi strappava. Il suo corpo aderì ancora di più al mio, schiacciandomi ulteriormente contro il vetro e togliendomi quasi il fiato: la testa riprese a girare, non so se per il diaframma schiacciato o il respiro corto.
Con un braccio mi cinse la schiena e con l'altra sostenne il mio peso; riprese a baciarmi e senza accorgermene, mi portò in camera.
Mi adagiò sul letto continuando quel bacio, istintivamente aprii le gambe e lui si pose sopra di me. Si staccò in quel momento per osservarmi o magari per capire quale era la mia reazione a quella nuova location. Anche lui aveva il fiato corto, per lo sforzo o per l'eccitazione, le sue labbra che continuavano ad accarezzare le mie in un bacio sospeso che aumentava il mio desiderio.
I suoi occhi erano petrolio, in cui stavo affogando lentamente e con consapevolezza, certa che non mi sarei salvata. Perché il mio corpo stava diventando febbrile, era eccitato, desiderava il suo contatto, le sue mani, le sue spinte.
Feci per togliergli la maglia ma lui mi bloccò i polsi all'altezza delle spalle, strappandomi un gemito di piacere. Rimanemmo per un momento infinito a fissarci negli occhi, consci che stavamo entrambi attraversando un punto di non ritorno, che avrebbe cambiato per sempre le nostre esistenze. Mi era entrato nella testa, possedeva ogni mia minima cellula e forse, tra poco, avrebbe posseduto anche il mio corpo.
- Vuoi farlo? -
- Sì. - risposi senza pensare, quasi in una supplica, mentre le sue mani continuavano a tenermi prigioniera.
- Se fossi stata un'altra, ti avrei strappato le mutande di dosso appena messo piede nell'appartamento. Ma con te non voglio che vada a finire così. Sei la mia farfalla di cristallo, Sugar. -
Per un attimo tornai lucida.
- Questa notte è te che voglio. - gli dissi.
- Sei sincera, farfallina? -
Annuii.
- Vedi, io credo un'altra cosa. Ti sei innamorata dell'idea di rockstar che hai di me: il ragazzo che le folli femminili vorrebbero toccare, avere in mezzo alle loro gambe, il ragazzo di successo, politically uncorrect. - Riccardo mi portò i polsi sopra la testa e li bloccò con una mano. - Ti sei innamorata dei miei tatuaggi e del mio modo di vestire, del mio essere trasgressivo. Io però non sono così. - La mano libera scese ad accarezzarmi il fianco e arrivò al bottone dei miei jeans. - Rimango sempre quel fottuto ragazzo di buona famiglia che ama la musica e vuole diventare famoso. -
Deglutii, più per un riflesso involontario che per la necessità di rendere umida la gola. Il suo discorso era verità e preghiera, un dogma che non potevo rifiutarmi di credere: migliaia di ragazze avrebbero dato ciò che avevano di più caro per essere nella mia posizione e io, ne stavo beneficiando in via esclusiva e forse, a differenza loro, ero desiderata da lui senza alcuna finzione.
Lo sentii slacciarmi il bottone e abbassarmi la zip. Non opposi resistenza, ipnotizzata dalle sue parole, catturata dalla sua voce e da quegli occhi che avevano preso in ostaggio la mia coscienza.
- I miei testi, la mia musica sono il mio riflesso e alimentano quell'immagine forgiata di rocker maledetto. - Scostò l'elastico dei miei slip con la punta delicata delle dita e affondò morbido nella mia femminilità, strappandomi un gemito. - Tu in questo momento vuoi me come frontman dei Rage&Love, non il vero me. -
Le sue dita accarezzarono con dolcezza le mie labbra, saggiandone l'umidità con carezze sapienti che acceleravano il battito del mio cuore, rendendo il mio respiro affannato. - In questo momento cerchi una ripicca, una dimostrazione a te stessa che sei libera e puoi fare a meno di lui. -
Il ritmo delle sue dita accelerò, strusciandosi al centro della mia carne, in quel punto cosi delicato che mi rubava un gemito dietro l'altro. Mi venne naturale inarcare la schiena e desiderare che mi strappasse i vestiti di dosso per concludere il prima possibile. - é la rocker dentro di te che parla o la piccola Sarah? -
Un altro gemito incontrollato, esalato dalle mie labbra e uscito dalla mia bocca, sentivo i miei umori intensificarsi e il piacere che pian piano stava arrivando, risalendo il mio corpo con piccole scintille.
- Deciditi, perchè io questa notte farò qui con voi due un'orgia, se solo mi dai il permesso. -
Il mio corpo venne attraversato da un brivido, lo sentii contrarsi pronto all'orgasmo imminente.
- Si, ti prego. - risposi in un gemito.
Riccardo smise immediatamente di toccarmi, fermando il mio piacere. Lo guardai sorpresa e mi sorrise.
- Sarò io a farti venire, questa notte, non le mie dita. -
Mi liberò i polsi e mi sfilò jeans e slip; contraccambiai il gesto alzandomi per togliergli la maglia e ancora una volta rimasi folgorata dalla bellezza dei suoi tatuaggi e dalla tonicità dei suoi muscoli.
Non avevo dubbi su ciò che stavo facendo: il mio corpo desiderava quel compimento, quella scarica elettrica che le sue dita mi avevano fatto solo assaggiare.
Era solo sesso.
Riccardo riprese a baciarmi sulla bocca, e dalla posizione dritta in cui mi trovavo, mi sfilai da sola la maglia, desiderosa che le sue mani e la sua bocca toccassero il mio seno. Il ragazzo capì e mi slacciò il reggiseno, accogliendo tra le sue mani il tesoro nascosto e succhiandone il nettare, mentre mi rubava gemiti di piacere che placavo affondando le mie mani nei suoi capelli o con graffi sul suo dorso.
Dolcemente mi ripose con la schiena sul letto e si tolse jeans e slip, rimanendo magnificamente nudo davanti a me. Osservai la sua nudità, temendo di sentire dolore non appena fosse entrato per l'importante dimensione ma ricacciai indietro quel pensiero, inebriata dall'eccitazione, convinta che dolore e piacere si sarebbero mescolati in una miscela che mi avrebbe condotto a un orgasmo indimenticabile.
Aprii le gambe, accogliendolo davanti a me ma lui non entrò; prese una sciarpa dal comodino e un preservativo.
- Che vuoi fare? -
Il ragazzo si abbassò su di me e mi parlò all'orecchio. - Voglio farti venire in ogni modo, questa notte. Una, due volte... quello che vuoi. Perché sarà la nostra unica notte e non la dimenticherai. Fidati di me. -
Fidati di me.
Troppe volte la mia mente aveva sentito quella frase pronunciata da quell'altro. Mi venne istintivo chiudere le gambe ma non ci riuscii, poichè il corpo di Riccardo era già in mezzo a me.
Il ragazzo mi prese i polsi e me li legò sopra la testa, fissandoli a un piccolo gancio nascosto dietro il letto. - Ti sei eccitata prima, mentre ti tenevo stretta. Non pensavo potesse piacerti una cosa così poco originale ma voglio accontentarti. -
Mi chiesi con quante aveva già fatto quel giochetto, quante altre si era portato a letto e le aveva possedute tra quelle lenzuola.
Riccardo si accorse che mi ero irrigidita, accusando probabilmente quel gioco erotico; in realtà la mia coscienza si era palesata e il ricordo di Prinz mi aveva portata a quel gesto inconsulto.
Il ragazzo riprese a baciarmi la bocca e io mi sciolsi nuovamente, sbattendo la porta in faccia ai ricordi, mentre una nuova memoria si stava forgiando: il ricordo di quella notte.
Lo avrei tenuto solo per me, avrei dato sfogo alle mie inclinazioni, a quella nuova dipendenza che era entrata nella mia vita all'improvviso. Sarebbe stata la mia droga solo quella notte e sarei andata in overdose, assuefandomi in maniera così importante che non l'avrei più cercata né voluta.
Con le mani legate mi era impossibile toccare il suo corpo e dovetti affidarmi alle sensazioni che lui mi trasmetteva attraverso le sue mani, la sua lingua, il suo soffio. Ogni sensazione era amplificata e sarei venuta anche così, solo il contatto bastava a saturare i recettori del piacere.
Scese a baciarmi nuovamente il collo e i seni, rubandomi un gemito a ogni pennellata della sua lingua sul mio corpo, sino a giungere di nuovo sulla mia femminilità e immergersi con il viso.
- Ti prego. - lo supplicai con il respiro rotto, desiderando il compimento di quanto iniziato prima.
Non potevo muovermi e vidi la sua chioma compiere movimenti lenti su di me, strappandomi l'ennesimo gemito a ogni leccata o risucchio. Sentivo i miei umori crescere, come il mio orgasmo, che non trattenni più e gridai, mentre mi attraversava il corpo come migliaia di scosse, terremoto delle mie membra, che non rispondevano più al mio controllo, intensificato dal desiderio di poterlo stringere ma che mi era proibito.
Con il cuore diventato lava nel petto, ancora mugugnante dalle sensazioni provate, il mio corpo non aspettò di rilassarsi e divenne avido di nuovo cibo: volevo sentirlo dentro di me. Riccardo parve leggermi nel pensiero, alzando un sopracciglio e facendo un sorriso sghembo, come a compiacersi per il lavoro portato a termine.
- Non è finita, Sugar. Questo è solo l'inizio. -
- Riportami in paradiso. - sospirai, mordendomi le labbra.
- No, in paradiso vanno solo i bravi ragazzi. Le rockstar come noi vanno sempre all'inferno. -
Fu allora che mi spalancò con forza le gambe e mi penetrò, senza darmi il tempo di riprendermi, appagando la mia necessità di sentirlo dentro, in una serie di spinte lente ma forti e profonde, che mi fecero boccheggiare. Si appropriò del mio corpo, l'ultimo baluardo rimasto: la mia anima e la mia mente le aveva già fottute.
- Ti porterò con me, farfallina. - disse scoccandomi l'ennesimo colpo, che mi fece perdere per un momento la concezione della realtà - ma le tue ali non bruceranno. -
Il mio corpo si era lasciato sopraffare, non sapeva di non dover bruciare, perchè ogni nuova spinta era pelledoca e brivido freddo, carenza di ossigeno e stordimento, dolore e piacere. Una fiamma continua che non potevo più controllare e che aveva avvolto entrambi, consumandoci in quell'atto vecchio come il mondo.
E il mio orgasmo si alimentò ancora, senza mai essersi fermato, incendio divenuto ormai indomabile grazie al vigore di quei movimenti, al suo spingere con forza dentro di me, aumentando con vivacità il ritmo per strapparmi un nuovo sussulto di estasi.
Mi divenne incontrollabile, una nuova ondata di piacere mi travolse, come il ritrarsi dell'onda e il suo infrangersi sugli scogli, un nuovo orgasmo più potente del primo uscì dalla mia bocca, irrorandosi da quel punto di piacere che avevo in mezzo alle gambe.
Mi ritrovai a piangere e gridare, quasi supplicare, incapace di gestire tutto quel piacere, tutte quelle nuove sensazioni che non avevo provato prima. Anzi, che era da troppo tempo che non provavo.
Perchè l'essere solo sesso senza amore aveva abbassato le mie difese, perchè non era sesso per dimostrare che eravamo una coppia, che tra di noi le cose potevano funzionare. Era solo un mero atto fisico fatto di chimica e movimento meccanico.
Sentii Riccardo intensificare le spinte e venire con un suono strozzato, accasciandosi poi al mio fianco, sfinito e senza fiato pure lui.
Eravamo entrambi in debito di ossigeno e stavamo respirando freneticamente come due pesci fuori dall'acqua.
Mi slacciò la sciarpa e mi aiutò ad abbassare le braccia, parzialmente formicolate da quella singolare postura. Sentii il sangue rifluire nelle membra, e pian piano ritrovai la lucidità. E la razionalità.
Ci addormentammo, io sul mio lato, lui sul suo. Non volevo essere abbracciata.
Avevo appena fatto il miglior sesso della mia vita ma c'era qualcosa che mi mancava. Non era questione di dopamine e endorfine. Era qualcosa di più profondo.
Avevo voglia di Nutella.
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Non ho altro da aggiungere, mie Rockers
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So che eravate già divise in due fazioni e ora, lo siete ancora di più, agguerrite più che mai.
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Doveva succedere: togliamoci questo sfizio!
(vorrei proprio sapere quante di voi avrebbero rinunciato a trovarsi al posto di Sarah 😜😜)
Ho risistemato questo capitolo ieri sera, quindi se notate dei refusi, siate pazienti. é quasi l'una di notte mentre sto scrivendo queste righe ma ho sentito il dovere di rimetterci mano per farlo sentire più "vivo". (ho aggiunto più di 500 parole)
Perchè, diciamocelo, se sarà l'unica volta di Sarah e Riccardo - come vogliono farci credere - doveva essere scritta per bene, non vi pare?
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Ma... anche voi avete voglia di nutella oppure siete sazie cosi?
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Come sempre, stelline e commenti aiutano la storia a crescere: non siate parsimoniose se vi e' piaciuto il capitolo (o tutta la storia fino a qui!)
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Vi ricordo che sui miei canali Instagram e Tik Tok (jesseblake_writer) trovate anticipazioni e quant'altro!
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Stay tuned!
P.S. (dove "P" ed "S" sta per Piccolo Spoiler): prima che me lo domandiate: no, non è il singolo di "Crazy in Love" quello che avete appena letto. Vi riconsiglio una rilettura del primo singolo in cerca di indizi....
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