24. Demons (parte 2)
D'istinto mi girai anche io, allarmata da quello strano atteggiamento ma non vidi nulla se non il semaforo verde di Corso Giovecca e i pedoni che lo stavano attraversando.
- Che c'è? - domandai preoccupata.
- Niente. - disse sbattendo le palpebre, cercando di essere il più calmo possibile.
- Perchè ti sei fermato? -
- Andiamo. - disse prendendomi per mano e ripercorrendo la strada che avevamo fatto.
- Non mi hai risposto. - esclamai preoccupata.
- Dopo ti spiego. - Prinz accelerò il passo, conducendomi lontano dall'incrocio.
Girammo in prossimità del Museo di Storia naturale, in una via laterale poco battuta, illuminata giusto da qualche lampione. Prinz continuava a girarsi e a guardarsi indietro.
Sentivo che era turbato, qualcosa lo aveva fatto preoccupare e lo avevo percepito non solo dal ritmo frenetico con cui camminavamo ma, soprattutto, dal suo silenzio improvviso e dalla stretta di mano che sembrava quasi fermarmi la circolazione.
- Insomma vuoi dirmi che succede? - esclamai quasi urlando, stanca e preoccupata da quel cambio di atteggiamento.
- Niente, andiamo. -
- No! - gridai e mi puntai con i piedi. Prinz mi strattonò e quasi mi fece cadere.
- Muoviti! - esclamò, girandosi e guardandomi. Vidi nei suoi occhi la pupilla ridotta a una fessura: era terrorizzato.
Il mio cuore accelerò, non tanto per lo sforzo di stargli dietro quanto per la situazione in cui mi trovavo.
Riuscii a liberarmi con uno strattone dalla sua mano ma Prinz fu più veloce e mi afferrò per il polso, stringendolo ancora più forte fino a farmi male.
- Ahia! - gridai dal dolore. Per un attimo tornò in bolla, svegliato da quel mio acuto improvviso.
- Scusa... - sussurrò quasi in un balbettio.
- Prinz, che storia è questa? -
- Niente ma dobbiamo andare via da qui subito. - rispose in tono agitato, cercando di riprendere la mano.
- No! - esclamai facendo un passo indietro - Mi fai paura! -
Prinz cercò di recuperare la tranquillità perduta, misurando gesti e parole.
- Dobbiamo andarcene da qui - disse scandendo le sillabe - appena saremo al sicuro, ti dirò tutto. -
- Al sicuro? - domandai allarmata.
- Qualcuno ci sta seguendo. Dobbiamo seminarlo. -
Rimasi stordita da quelle parole: perché mai? Eravamo studenti senza uno straccio di euro in tasca o oggetti preziosi da rubare. Cosa volevano da noi?
- Non capisco, noi... -
- Sarah, fai come ti dico e ne usciremo. Prometto che non ti farò del male tanto meno lascerò che te ne facciano. -
Un brivido mi attraversò la schiena e razionalizzai la pericolosità del momento. Non feci ulteriori domande ma eseguii i suoi ordini.
Tagliò giù per piazzetta Roverella, in direzione della Cella del Tasso. Prinz mi portò all'interno di una piccola corte e mi mise una mano sulla bocca..
- Non fiatare.- mi sussurrò all'orecchio.
Annuii debolmente mentre Prinz mi appiattì contro il muro, la mano sempre più stretta contro la mia bocca. Il suo corpo mi nascondeva completamente: eravamo entrambi vestiti di nero e nessuno ci avrebbe notati; chi passava di lì avrebbe pensato a una coppietta appartata ma non era così.
Rimasi ancora in silenzio, mentre il cuore iniziava ad accelerare per la paura e la necessità di capire chi ci stava seguendo.
All'improvviso Prinz sbirciò da dietro il muro e lentamente tolse la mano dalla mia bocca.
Tornai a respirare liberamente. Prinz si allontanò da me e mi fece segno di riprendere a camminare.
- Si può sapere cosa sta succedendo? - domandai.
- Niente, ma fidati. -
- Fidati un corno! - esclamai fermandomi in mezzo alla strada - o mi spieghi cosa sta succedendo o inizio a urlare con tutta la voce che ho in gola. -
Prinz si girò verso di me, la bocca socchiusa, sul punto di dire qualcosa ma la voce sembrava essergli morta in gola.
- Mi fai paura, Prinz. - ripresi - come posso fidarmi di te se mi strattoni come un animale, mi obblighi a stare in silenzio e nascosta, dicendomi solo che siamo seguiti? Che sta succedendo? -
- Arriviamo a casa, dopo ti spiego, promesso. Ma non avere paura di me, intesi? - disse offrendomi la mano.
Guardai per qualche secondo quel palmo, incerta se accettarlo. Quale altra opzione avevo?
- Ok - dissi, accettando di mettere la mia vita in quella mano, che tante volte mi aveva offerto protezione e ora, a modo suo, stava cercando di portarmi in salvo.
Casa mia era distante a piedi ma raggiungibile in mezz'ora; riprendemmo a camminare veloci, tornando in mezzo al traffico di Corso Giovecca, in direzione di Viale Cavour. Passammo davanti al Castello, ai negozi e bar senza badare a ciò che ci circondava ma con il solo pensiero fisso di camminare in fretta. Prinz si guardava attorno, in silenzio mi guidava in mezzo alla gente, lo sguardo concentrato sui volti delle persone che incontravamo.
Io mi guardavo attorno, cercando di scorgere visi poco raccomandabili o sospetti, che potessero suggerirmi eventuali borseggiatori; più avanzavamo, più sospettavo che non fossero i ladri il vero motivo di quella fuga.
Fu a metà di viale Cavour, all'altezza dell'incrocio di Corso Isonzo che un rumore inconsueto si sparse nell'aria, il rumore di spari. L'aria cominciò a pizzicare di tensione, la gente a urlare.
- CORRI! - Prinz mi strinse ancora di più la mano e mi trascinò per vie secondarie.
Non pensai ed eseguii il suo ordine, concentrando la mente sull'atto di correre il più velocemente possibile, senza chiedermi cosa stesse effettivamente succedendo.
Corsi senza badare alle persone, scontrandomi con loro, verso casa mia, che sentivo sempre più vicina: la nostra salvezza. Una volta arrivati saremmo stati al sicuro.
Cominciai ad avvertire il fiato corto e dolore al fianco, mentre Prinz non sembrava affatto stanco, allenato dalle partite di basket. Il respiro mi divenne affannoso, il sapore metallico mi colpì in gola e capii che ero arrivata al mio punto limite. Un altro passo e il cuore mi sarebbe scoppiato.
- Basta, ti prego. - gridai ma anzichè un urlo, uscì un debole sussurro.
Prinz si fermò all'istante e mollò la presa della mia mano. Mi piegai appoggiando le mani sulle ginocchia per riequilibrare il respiro e gettai un'occhiata attorno: eravamo a un centinaio di metri da casa mia.
Guardai Prinz, anche lui provato dalla corsa ma meno stanco di me: si avvicinò e mi abbracciò. Mi sentii al sicuro tra le sue braccia e scaricai la tensione accumulata in un singhiozzo, che eruppe dalla mia bocca senza accorgermene, mentre le lacrime presero a scendere lungo le mie guance. Fu un pianto veloce, dettato da quella situazione incredibile e ansiosa.
- Vorrei poterti difendere da tutto questo. - disse.
Ritrovai il respiro e mi asciugai velocemente le lacrime con il dorso della mano. Appoggiai la testa al suo petto e mi lasciai cullare da quel momento.
- Lo stai già facendo. Lo hai sempre fatto, da quando ci siamo conosciuti. - gli dissi con il fiato ritrovato.
Realizzai che mancava davvero poco a raggiungere casa: mi scostai da lui e lo esortai ad andare.
- Siamo quasi arrivati, dai, andiamo. -
Prinz annuì, accondiscendendo il mio desiderio di mettere piede in casa mia. Ci riprendemmo per mano e incamminammo a passo spedito.
- Sono stati davvero spari quelli di prima? -
- Non saprei, - rispose - così sembrava ma non sento sirene della polizia in giro ed è tutto molto strano. -
Cosa poteva essere stato? Di certo non un'allucinazione collettiva. Arrivati davanti a casa, nel completo silenzio, aprii il cancello ed entrai.
- Io vado, ho parecchia strada da fare. - disse Prinz, rimanendo all'esterno.
- Sei a piedi? - domandai. In effetti, ora che non aveva più la moto, doveva essersi mosso a piedi.
- Si, ma non ho problemi a tornare. -
- Rimani da me, stanotte. - gli dissi, invitandolo a entrare.
- Con i tuoi in casa? - esclamò sorpreso.
- Non mi importa, - feci spallucce - è troppo pericoloso farti tornare a casa, dopo quello che è successo stasera.-
- Starò attento, promesso. -
- No! - Mi gettai su di lui e lo abbracciai cingendogli le braccia al collo - Non te ne andare, ti prego. Posso parlare con i miei e proporgli di dormire sul divano, se obiettano. E domani mattina vieni a scuola con me. -
Prinz mi appoggiò una mano sulla testa; alzai il viso e incontrai il suo sguardo sereno e rassicurante.
- Devi lasciarmi andare, Pulce. -
Percepii quelle parole in maniera sibillina, quasi strazianti: un doppio senso che mi lasciò l'amaro in bocca, mi avvelenò l'anima.
C'era qualcosa di più grande, un disegno che il mio cervello non poteva concepire, una pista invisibile in quel labirinto di idee che mi attraversava la mente, luci che si rincorrevano in ogni direzione ma che finivano sempre per trovare la strada chiusa davanti a sè ed esaurirsi fino a sparire, evaporare.
E capii che lui era un'anima apparentemente libera ma ancora tormentata, che dietro a quei silenzi, a quelle parole misurate, c'era qualcosa che non poteva spiegarmi perchè ai suoi occhi, ero tornata quella ragazzina che aveva giocato troppo con il fuoco, fino a ustionarsi.
C'erano mondi in cui non potevo entrare, porte che non potevo aprire nonostante avessi la chiave per farlo ma lui sembrava aver cambiato la serratura.
E tutto era tornato indietro, a quegli stessi silenzi e parole su quel molo dei lidi ferraresi, in una notte di primavera, prima di scoprire il suo terribile segreto.
Mi sentii esclusa, delusa, la rabbia cominciò a crescere in un angolo del mio stomaco, a risalire il mio esofago, desiderosa di uscire. Ingoiai e mandai giù l'ennesimo rospo, l'ennesima bile, l'ennesima bugia.
Mi staccai da lui, vuota, infreddolita. Annuii e nascondendo le lacrime, abbozzai un finto sorriso, come la finzione di quel momento richiedeva. Sospirai. Lui mi baciò la fronte, il più dolce dei baci.
Panna montata al veleno.
Lo lasciai andare, come tante altre volte avevo fatto; nella mente, un ronzio, che sarebbe cresciuto nei giorni successivi ma, ancora, non lo sapevo.
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Bene, mie care Rockers.
~*~
Sono successe tante cose in questo doppio capitolo.
~*~
Ci sono echi che le vostre orecchie dovrebbero aver ascoltato ma che forse, al momento, vi sembrano incomprensibili.
~*~
Ogni cerchio si chiuderà, ve lo prometto.
~*~
Stay tuned!
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