20. Due Vite (parte 1)
Che giri fanno due vite
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Sarebbe stato un weekend ricco di sorprese, a cominciare da quel venerdì pomeriggio: Chloe ci raggiunse nel nostro garage e tra un biscotto e una bibita, scoprimmo meglio chi era.
Aveva vent'anni e viveva in affitto un piccolo appartamento in centro città. Era rimasta disoccupata solo qualche mese prima e ora stava nuovamente cercando lavoro, accettando nel frattempo contratti brevi generici.
Sembrava la versione più adulta e cinica di Sonia, con una punta di dolcezza e comprensione di Irene. Il suo arrivo ci diede un gran respiro ma qualcosa nei miei ragionamenti non mi tornava. Era stata davvero casuale la sua salita sul palco.
- C'è qualcosa nella tua storia che non mi torna. - le dissi, fissandola negli occhi. Chloe mi guardò smettendo all'improvviso di masticare il biscotto. - Se non fossimo rimaste in tre, se non mi fossi interrotta, tu non saresti mai salita su quel palco. -
Chloe prese un sorso di thè freddo e mandò giù, riflettendo per qualche minuto sulla risposta da dare.
- è stato un caso. Se non foste rimaste in tre, è improbabile che le nostre strade si sarebbero incrociate. Vi ho sempre seguite in questi anni perché sapevo che prima o poi sareste diventate famose. Con la mia band non c'era possibilità: nessuno di loro puntava al successo, ma solo a fare serata. Questo a me non andava giù. Ho provato a cercare una nuova band che potesse portarmi fuori da Ferrara, magari iscrivermi al Contest l'anno prossimo ma niente. Zero successo. Ho saputo della vostra amica alla tv, mentre divoravo un piatto di ramen da asporto. Sapete cosa c'era scritto sul biglietto trovato dentro al biscotto della fortuna? "Punta in alto". -
- Ci stai prendendo in giro? - domandò Sonia.
- é la verità. - Chloe si alzò e recuperò il bigliettino dalla borsa, appoggiata in un angolo del garage - leggete. - esclamò porgendocelo, tornando a sedersi sul puf davanti a noi.
Il bigliettino striminzito riportava proprio quelle esatte parole. Mi chiesi se era tutta una montatura o l'effettiva verità. Troppe coincidenze continuavano a rendere il suo racconto un'incredibile serie di circostanze fortuite.
- Il problema principale era come contattarvi. Al Fusion non vi esibivate più, quindi il mio filo diretto era stato completamente troncato. Via social? Non volevo sembrare una psicopatica. Chiesi a Massimo del Fusion se poteva mettermi in contatto con voi ma non lo fece, mai saputo perché... -
- é stata opera di mio fratello - intervenne Sonia - si è un po' montato la testa da quando partecipiamo al Contest e ha vietato a Massimo di lasciare il suo numero a chiunque lo chiedesse. -
- Strano forte tuo fratello. - esclamò Chloe in un sorriso.
- Andiamo avanti: quindi tu non sapevi come fare a trovarci. - tagliai corto.
- Esatto, poi venni a sapere che vi sareste esibite al concerto di Pasqua. Uno dei nostri ex componenti faceva il tecnico audio e, sapendo di questa mia fissa, mi ha fatto entrare. Mi hanno assunta regolarmente, tengo a precisare, non ero un'infiltrata: mi sarei occupata della sistemazione degli strumenti. Era mia intenzione al termine della vostra esibizione venire da voi e chiedervi di entrare nella band ma appena ti ho visto in difficoltà, non ho resistito e sono intervenuta. Ho agito d'impulso, è una mia caratteristica, e seguendo il mio istinto vi ho salvate. -
- Quindi tu sei ufficialmente la nostra stalker! - esclamò Marika, alla fine del racconto.
Chloe azzardò un sorrisino ironico e annuì.
- Beh, di coraggio e faccia tosta ne hai e sono doti che apprezziamo. - sentenziò Sonia.
- E una chitarra in più ci serve, inutile negarlo. - constatai.
- Grazie ragazze! - rispose Chloe.
- Allora, iniziamo a suonare? - Marika si alzò per prima dal divano, con un sorriso e una carica incredibile. Sentivo una nuova energia scorrere tra di noi, un'aura positiva: ero sicura che Chloe sarebbe stata essenziale per noi, un respiro fresco e primaverile, per l'ambiente stantio e cupo in cui era caduta la nostra band nelle ultime settimane.
Iniziammo a provare e immediatamente mi sentii più forte, sicura. Anche se Irene non era lì e Chloe era solo la sua sostituta, quel nuovo modo di suonare ci permise di ritornare al sound delle origini e abbandonare i rattoppi fatti sulle nostre canzoni.
Tutto era tornato come prima.
O quasi.
***
La seconda sorpresa di quella giornata fu che il Cda del Contest accolse con piacere la nostra richiesta di inserire Chloe tra gli elementi della nostra band. Tuttavia, la sorpresa più bella e importante ci arrivò alla fine di quel pomeriggio di prove. Irene ci chiamò e riferì che il giorno dopo sarebbe finalmente tornata a casa.
Scoppiammo in un urlo di gioia e notai sul volto di Chloe una breve ombra. Irene sapeva della nuova chitarrista e, immaginando che fosse lì con noi, ci tenne a sottolineare che per lei il Contest si sarebbe fermato almeno per un altro mese, essendo che gamba e braccio erano ancora ingessati e, una volta tolto il gesso, avrebbe dovuto seguire un percorso di fisioterapia.
- Faremo di tutto per arrivare in finale e salirai anche tu con noi, su quel palco. - le dissi, girandomi verso Chloe e sorridendole. Non potevamo escluderla per quello che stava facendo per noi. Non potevo deludere il suo sogno ora che era appena iniziato.
Al termine delle prove tornai a casa. Mi sentii con Prinz, visto che la sera precedente ci eravamo visti di sfuggita uscendo a cena con gli altri al termine del concerto.
Gli raccontai di Chloe, di Irene che tornava a casa e del successo del concerto.
Continuavo a sentirlo assente, nonostante rispondesse con interesse alle mie domande. Gli proposi di vederci sabato o domenica ma mi disse che avrebbe passato il lungo weekend di Pasqua a casa dei nonni in Romagna, con suo padre e sua madre.
Rimasi spiazzata, non mi aveva accennato di quella cosa la sera precedente.
Sarebbe stata una Pasqua amara: niente Prinz, mi sarebbe toccato il pranzo con i miei a casa di qualche loro amico, dato che mia sorella e Bryan erano partiti per trascorrere qualche giorno in Inghilterra a casa di lui. Le mie amiche avrebbero passato le feste con le loro famiglie.
Non potevo scomparire in nessun modo.
A meno che...
Presi in mano il cellulare, abbandonato tristemente sul comodino dopo la chiamata con Prinz, e mandai un messaggio all'unica persona che in quel momento sapevo non mi avrebbe ignorata.
***
Avevo detto a tutti che sarei stata in famiglia; ai miei, invece, avevo detto che sarei andata via con Prinz.
Inizialmente mi chiesi se avevo fatto la scelta giusta, se stavo tradendo troppe fiducie e persone, Prinz in particolare, ma mi risposi che si trattava di una bugia bianca, che nessuno avrebbe scoperto.
Si trattava solo di un paio di ore.
L'Audi di Riccardo scorreva veloce sulla circonvallazione di Reggio Emilia. Aveva insistito per passarmi a prendere in stazione a Bologna, ma gli dissi che avrebbe potuto farlo a Reggio Emilia. Sarebbe stato un viaggio troppo lungo per lui, con tanto di levataccia, e non volevo approfittare così tanto della sua disponibilità.
- Sei sotto la mia responsabilità, oggi. - commentò mentre eravamo fermi a un semaforo - hai solo 18 anni e non posso certo mandarti da sola in giro per il mondo. Questa sera ti riporto a casa io. -
- Ti assicuro che il mondo deve solo avere paura di me. - esclamai.
- Hai sentito di quella ragazza di Ferrara, trovata morta dalle mie parti? La conoscevi? -
Fui nuovamente toccata dalla morte di Chiara e Riccardo parve accorgersene, cogliendo la mia improvvisa rigidità.
- Domanda inopportuna, scusa. - disse, accelerando appena il semaforo divenne verde.
Deglutii e mi feci coraggio per affrontare nuovamente l'argomento.
- La conoscevo bene. Frequentava la mia scuola ed era la mia nemesi. Non ci siamo mai prese bene.- sintetizzai. Non volli andare oltre, mi sembrava superfluo viste le circostanze.
Riccardo cambiò immediatamente discorso.
- Stai bene con le trecce. -
- Già, e con la frangia così lunga sembro Mercoledì Addams - commentai.
- Spero che non sia il tuo mood di oggi. -
- No, anzi, ti sono grata per essere venuto con me oggi. -
- Più che venuto, mi hai sequestrato. - L'Audi svoltò a destra, prendendo un'uscita della circonvallazione, che ci fece passare sopra un immenso ponte bianco, un'opera ingegneristica davvero singolare. - Mi hai privato del pranzo di Pasqua con la mia famiglia e quella allargata di mio padre, il mio fratellastro e sua moglie, nella splendida cornice di un ristorante tre stelle Michelin della Brianza, per passare la giornata in tua compagnia, a Campovolo, ad assistere a un concerto di cover band punk rock. -
Colsi una forte ironia in quelle parole e insistetti sulla scia di quella situazione così particolare per entrambi.
- Sei stato tu a propormi di uscire e andare fino a Reggio Emilia. Io volevo venire a Milano in treno ma tu non hai voluto. E a essere sincera, mi sto godendo la comodità della tua Audi R8 e la musica in santa pace. In fondo, ammettilo che cercavi anche tu un'evasione dalla tua famiglia, in questa giornata. -
Riccardo si girò verso di me e sorrise con l'angolo della bocca.
- Evadere con te può essere un piacere. -
Accelerò all'improvviso: la giornata era appena iniziata e non mi feci idee particolari su cosa sarebbe successo. Per un giorno soltanto, non volevo affatto pensare alla vita che mi ero lasciata dentro le mura di Ferrara.
Campovolo era un'immensa zona vuota, in cui l'erba cresceva ormai secca, attraversata da lunghe strisce di asfalto. Come diceva il nome, era infatti un campo tramutato in pista di atterraggio per alianti o velivoli di piccole dimensioni, per lo più privati. All'occorrenza era utilizzato per eventi particolari, come concerti.
Arrivati all'ingresso di Campovolo, una moltitudine di ragazzi come noi aveva invaso completamente il campo, con zaini, tende di fortuna e ombrelloni. Ai lati della pista di atterraggio sorgevano piccoli baracchini per il ristoro e i bagni chimici. Il palco era disposto sul lato lungo del campo, e una band si stava già esibendo. Per essere le undici della mattina di Pasqua, c'era parecchia gente!
Io e Riccardo eravamo evasi dalle nostre vite, chiuso dietro la porta di casa il pranzo con i parenti e i soliti rituali previsti per quella giornata di festa, per essere semplicemente noi stessi: due amici con la passione per la musica e il desiderio di condividerla.
Giravamo tranquilli, convinti del nostro anonimato, certi che nessuno avrebbe potuto scardinare la nostra copertura. Per non farsi riconoscere, Riccardo aveva raccolto i capelli in una crocchia, nascosta sotto un Panama beige e celava lo sguardo dietro un paio di occhiali da sole tondi dalle lenti scure. Io mi ero limitata agli occhiali da sole e alle trecce, giocando più sulla mia somiglianza al personaggio di Mercoledì Adams.
Uno dei gruppi che si esibiva erano amici di Riccardo e facevano cover di Green Day e Offspring. Era molto curiosa di sentirli e gli chiesi quando si sarebbero esibiti.
- Credo verso le due, cosi mi hanno detto - rispose - a proposito, hai fame? -
Scossi la testa: in treno avevo fatto merenda con un panino alla nutella e frutta, visto che ero uscita presto di casa. Tuttavia l'odore di Hamburger e patatine iniziò a solleticare il mio appetito.
- Non subito, ma non tarderò molto. - esclamai.
La musica e l'atmosfera di festa ci prese subito: stavano suonando una cover dei Blink 182 e mi ritrovai a canticchiare il ritornello senza quasi accorgermene, mentre passeggiavamo in mezzo alla gente. C'erano anche bancarelle che vendevano merchandising delle band oggetto delle cover e altre che avevano esposto borse, vestiti usati e accessori, tutti in perfetto stile punk.
Mi soffermai su una borsa di piccole dimensioni, a forma di cuore, a catenella, con al centro alcune spille che formavano il disegno di una stella.
- Questa starebbe bene con il ciondolo che ti ho regalato. - constatò Ricky avvicinandosi e osservando l'oggetto che avevo in mano.
- Ne ho tante di cose come queste, e uso sempre le stesse. -
- Ma non ne hai nessuna che ti ho regalato io. - esclamò e tirò fuori il portafoglio.
- Che fai? - lo bloccai mettendogli una mano sul polso.
- Te la regalo. - esclamò con una naturalezza spiazzante - consideralo il mio regalo di Pasqua. -
- No! - gridai - non è giusto. - Posai la borsa sulla bancarella e lo allontanai da lì.
Ricky non mi contraddisse; rimanemmo muti per un po', continuando a camminare sotto il sole che volgeva a mezzogiorno.
Fu lui il primo a interrompere il silenzio.
- Avanti, spiegami cosa è successo questa volta. -
Mi fermai e lo guardai. - Niente. - mi affrettai a rispondere. Ricky sapeva bene che stavo mentendo.
Mi aggiustai gli occhiali da sole sul naso e ripresi a camminare. Riccardo mi venne dietro quando all'improvviso una coppia di ragazze si parò davanti a noi.
- Tu sei quello dei Rage&Love? - domandò una ragazza bionda, dal forte accento partenopeo.
Riccardo rimase impassibile e abbozzò un sorriso prima di risponderle.
- Mi dispiace, non sono io, anche se dicono tutti che gli assomiglio. -
Le due ragazze lo guardarono non convinte della risposta e spostarono l'attenzione su di me, non so se alla ricerca di una conferma o nell'intento di capire la mia vera identità.
- Anche lei assomiglia a qualcuno... - disse l'altra ragazza, con i capelli rosa, grattandosi il mento sospettosa.
- Mercoledì Adams? - esclamai, tentando di sciogliere la tensione.
- Scusate ragazze, ma dobbiamo raggiungere degli amici. - Ricky mi prese per mano e mi trascinò di corsa lontano dalle ragazze, in direzione della parterre.
Ci fermammo solo quando ci ritrovammo in mezzo alla gente, certi di averle seminate.
- Merda, stavano per riconoscerci. - esclamai spaventata, poi la mia attenzione virò su un altro pensiero - significa forse che siamo famosi? -
- Ecco perchè non volevo portarti in un luogo affollato oggi. Andiamo a mangiare, dai. Offro io. -
La corsa aveva smosso il mio appetito. Ci dirigemmo verso uno stand che vendeva hamburger e patatine e dopo aver ordinato, ci dirigemmo con i nostri pacchetti colmi di cibo in un angolo non affollato e appartato. Stesi per terra il telo che mi ero portata da casa e disponendo il cibo su di esso cominciammo a mangiare.
Rimanemmo in silenzio per gran parte del tempo, sintomo che avevamo davvero appetito e che stavamo gustando il pranzo, discretamente buono.
Mentre mi accanivo sulle patatine, lasciate per ultime, Riccardo tornò sul discorso di prima.
- Spiegami una cosa, - disse bevendo un sorso di birra dalla bottiglia - sei qui con me oggi per ripicca nei confronti del tuo ragazzo, giusto? -
Smisi di masticare la patatina che avevo in bocca e lo guardai sorpresa. Un brivido mi percorse la schiena. Ripresi a masticare e abbassai lo sguardo.
Ricky non mi staccava gli occhi di dosso, cercando di leggere il mio pensiero in ogni impercettibile movimento del mio volto.
- Avevo già capito l'altra volta, in studio, quando mi accennasti di lui, che sei veramente innamorata di questo ragazzo, che ti ha rubato l'essenza, l'anima. Ed è per questo motivo che ci stai così male. -
Deglutii il bolo di patatine fermo in bocca e presi un sorso di acqua, per pulirmi il palato da quella sensazione di unto che iniziava a darmi il voltastomaco. Affrontare quel discorso non era certo semplice per me.
Si, era ora dell'esame di coscienza. Glielo dovevo, avendolo trascinato sino a li.
- Si chiama Francesco. E' stato il mio primo amore, il primo di tutto. Il mio primo bacio, la mia prima delusione, la mia prima volta. - Iniziai a raccontare, mentre le immagini dei ricordi scorrevano davanti ai miei occhi: la serata in discoteca in cui mi ero ubriacata, il nostro primo bacio sul tetto della scuola, il dolore quando mi aveva lasciata, la mia prima volta con lui. - Potrei stare qui delle ore a raccontarti la nostra storia, a spiegarti come le nostre vite si sono incontrate, incasinate, lasciate e ritrovate. Non so dirti per quale strana magia ma ci siamo sempre incrociati, vissuti, senza il minimo sforzo. La mia storia si è incastrata nella sua senza forzature, per puro caso, facendomi credere in una sorta di predestinazione. -
Presi un respiro e incrociai lo sguardo di Ricky, nuovamente fisso su di me: riuscivo a vederlo in maniera impercettibile dietro le lenti scure. Chissà se lui faceva lo stesso.
Protetta dagli occhiali, proseguii. - E di fronte a ciò che ci sta capitando, non riesco a darmi una risposta, se non continuare a ripetermi che andrà tutto bene, che devo avere fiducia ma i segnali che ricevo, sono inequivocabili. -
Riccardo abbassò lo sguardo verso le patatine avanzate e si portò le braccia indietro, appoggiandosi su di esse.
- Due vite possono fare dei giri incredibili ma se sono veramente predestinate, come le definisci tu, non faranno altro che ritrovarsi anche se smarriscono la strada. Questa è la sintesi del tuo discorso. Vorrei poterti dire che sono d'accordo ma io la penso in maniera differente. Sono più per un Carpe Diem. Cogli l'attimo, sentiti libero di vivere il momento e se dovesse risuccedere, ben venga. Altrimenti, di quel momento rimarrà un bellissimo ricordo da cui hai imparato una lezione di vita. Non voglio sminuire la tua filosofia, credi in ciò che ti fa stare meglio. Viviti questa evasione, almeno oggi. -
All'improvviso sentii la bocca secca. Diedi la colpa alle patatine salate ma in realtà era stato il suo discorso a rendere la mia lingua un deserto. Erano due differenti punti di vista dello stesso argomento, l'amore. Uno dettato dal cuore, l'altro dalla ragione. Dire chi fosse nel giusto, era impossibile da stabilire.
Presi la bottiglietta d'acqua e la terminai in un unico sorso, sotto lo sguardo compiaciuto di Riccardo, che non smetteva di fissarmi, questa volta, con una nuova luce negli occhi.
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Bentornate Rockers!
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Ci risiamo con le lezioni di vita di Riccardo: c'è tanta verità nelle sue parole e non si può che rimanerne affascinati... non solo da ciò che dice, ovvio!
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Sarah sta forse giocando con il fuoco? 🔥
Avreste fatto anche voi questa scelta?
~*~
Se ricordate, nel capitolo Shallow, proprio Ricky le aveva detto di chiamarlo, quando si fosse sentita sola...
~*~
Ci aspetta ora la seconda parte del capitolo!
Stay tuned!
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