II
In sicilia non esiste il preconcetto di presente.
Difatti, se ti capitasse di sentir ragionare un siciliano, non provare neppure a focalizzare l'attenzione del tuo interlocutore sul "se" che hai sulle labbra pronto a scappar via.
Non lo fare, sarebbe inutile.
I siciliani progettano ogni cosa, ogni cosa.
Così quando iniziò la scuola, e i corridoi erano più silenziosi di una trappola per topi, tutti si chiedevano "perché". Tanti perchè, che naturalmente trasformavano ogni anima in una specie di zombie, intento a non liquidarsi il cervello. Stupidi, insignificanti e superficiali. Come se qualsiasi entità, qualunque essere sovrannaturale, avesse potuto dare una risposta.
Il funerale fu anche peggio della scuola.
Non c'è una spiegazione fisica per ciò, ma il funerale è un addio ufficiale, una convinzione eterna, o perlomeno così dovrebbe essere.
Quella piccola chiesa, che tanto Sofia aveva ripromesso di non voler solcare, era piena di tutte quelle persone che le avevano sorriso, che le avevano pugnalato le spalle. C'era anche quel bitorzoluto prof. di matematica che impaccava tre, anche dopo settimane di studio, piangeva anche lui, cercando di non farsi notare dalla collega di filosofia per la quale aveva una cotta da troppo tempo.
Anche Isabella piangeva.
Che stronza, le aveva fatto così male negli anni precedenti, le aveva detto di tutto, solamente per uno stupido voto. Grazie ad Isabella però aveva conosciuto le gemelle.
"È un dolore innato quello dell'uomo, ci alziamo e nel momento in cui capiamo che l'alba sta per tramontare, non possiamo fare a meno di piangere"
Stava dicendo questo la prof. di italiano.
In quel momento era lì ferma, con lo sguardo vuoto, davanti ad un ammasso di persone vuote ed assenti. In altre occasioni le sarebbe piaciuto, parlare davanti a così tanta gente, poter ricevere applausi inconsistenti di anime annoiate. Le sarebbe piaciuto tanto. In altre circostanze.
Erano parole di Sofia, le aveva scritte nell'ultimo tema della sua vita.
Il coro della scuola intonava una canzone familiare alle orecchie di Marianna: Bohemian Rhapsody
"Goodbye everybody - I've got to go
Gotta leave you all behind and face the truth
Mama, I don't want to die"
Quei versi erano così adatti, così perfetti
Cantava Michele, non l'aveva mai fatto davanti a tutta quella gente, ma lui cantava per una sola persona, cantava per Sofia che, per come la pensava il ragazzo, in quel dannato momento se la stava ridendo di lui.
A Sofia piacevano parecchio i Queen, non per moda, anche se diceva che era solo per quello. No, a lei piacevano quei suoni, quelle parole. Diceva spesso a Michele che la musica plasmava parte di un uomo, che fosse stato il suo look, il suo carattere, la sua psiche, ogni cosa. Michele rideva, perchè prima non capiva.
Va sempre così, il tempo lo si spreca con effimera stupidità.
Sofia l'aveva capito, in un diario, forse in quel diario aveva scritto:
"Il tempo è più pericoloso della morte. Perché sai che lo stai perdendo di vista, che avresti potuto fare di più. Mentre con la morte termina ogni cosa perché così dev'essere, col tempo non va così. Siamo noi a fare morire gli attimi.."
Quando il coro terminò, iniziò la predica del prete. Marianna non lo stette a sentire, considerava tutto ciò una superficialità. Per lei i genitori dovevano vivere il loro dolore con i propri pensieri, e non ascoltare frasi fatte di altri.
I visi di tutti erano puntati al pavimento che ad un tratto aveva assunto un colore più definito, soprattutto agli occhi di Lucia che nonostante fosse la più elegante non riusciva a tenere gli occhi in alto per paura che le lacrime le uscissero più velocemente. Sua sorella Licia l'abbracciava. Era sempre così affettuosa lei.
Al contrario di Tommaso, che in quel momento chissà quali pensieri avevano attraversato la sua mente, invisibili e silenziosi. Solamente una grossa lacrima si mostrò ai suoi paffuti zigomi per poi bagnare la t-shirt dei Clash che le aveva regalato Sofia stessa.
Sofia amava fare regali, lasciare la sua impronta in ogni anima.
Nel silenzio strozzato da gemiti e lamenti, nella stabilità insolita di quell'immagine istantanea che era la chiesa, solamente l'anima di Marianna si mosse in quel lasso di tempo che segnò la fine di una vita. La fine di un corpo. L'inizio di un viaggio.
La famiglia di Sofia rimase lì ferma. Era buffo vedere il Signor e la Signora Felice stare vicino, abbracciarsi perfino, Sofia ne sarebbe stata schifata. Da molto non andava tra loro. Oramai se la contendevano a chi avesse un amante o due. Eppure erano lì. Michele stette per un po' a pregare, in realtà parlare, faceva sempre così lui, parlava, come si fa con un amico, o con un fratello, stava seduto e conversava chissà con chi.
Alla fine della lunga giornata si offrì di accompagnare i Signori Felice a casa con la sua auto. Essi ne furono colpiti.
"stavate insieme?"
Chiese il Signor Felice
"No.." Rispose Michele
Durante tutto il tragitto, dalla chiesa alla casa, fu questo l'unico minuto in cui le loro labbra si sgranchirono.
Una volta arrivati, i Signori Felice invitarono Michele dentro. Gli dissero che se teneva a Sofia doveva dare un'occhiata alla camera.
"L-lei scriveva parecchio" dopo aver ritirato un singhiozzo la signora continuò "ci ripeteva sempre che noi non dovevamo toccare nulla, magari dovresti tu..."
Michele accennò col capo ad un insolito e indiretto ringraziamento, e la madre di Sofia sorrise asciugandosi una lacrima per evitare l'imminente fiume che avrebbe inondato il suo viso.
Forza... non piangere...
Il ragazzo si fece forza ed entrò in quella camera dove Sofia gli aveva fatto ascoltare Smells Like Teen Spirit dei Nirvana. Era una bella canzone ma non somigliava per niente allo stile in parte sobrio di Sofia. Era stata la prima volta in cui Michele aveva scoperto l'esistenza di altre Sofia, presenti nella testa di lei.
Lentamente aprì l'uscio della porta.
La sua camera era in un perfetto disordine, tipico di un qualunque adolescente. Il letto, posizionato centralmente al resto della camera, era disfatto e pieno di vestiti. Come se la sera avesse dovuto andare ad una festa.
Michele sospirò, si avvicinò alla scrivania di lei ancora carica di libri che non le sarebbero più serviti. Pieno di foto che avrebbero riempito una pagina Facebook o magari un sito internet.
Che sarebbe diventato lo sponsor di patetici account.
Sopra la scrivania trovò una mensolina stracarica di sottili ed ingordi diari scuri, ognuno aveva sul dorso una data, o un mese.
Il ragazzo ne prese uno.
Era sigillato con un minuscolo lucchetto. Lo ripose al suo posto.
Aprì l'armadio e si ritrovò a piangere sentendo quel purissimo profumo di cannella e cioccolata che aveva accompagnato tutto l'anno precedente. L'anno in cui si era innamorato di lei.
Tra le camicie che le piaceva tanto indossare, e i jeans, suoi fedeli amici, e quelle giacche che le riscaldavano il corpo nei giorni invernali, quelli più freddi; Michele scovò una propria vecchia felpa.
Rimase sconcertato, non ricordava di averle mai dato una felpa.
La prese e l'indossò. Profumava di lei.
Mise il cappuccio, e per un po' si distese sul letto ad osservare il soffitto e piangere come un bambino.
Poco prima di lasciare la camera si accorse che dentro la tasca della felpa c'era qualcosa che pungeva.
Era una lettera.
"Ehi Toto,
so che molto probabilmente non ti darò questa lettere prima della fine del liceo, e so anche perchè ancora non sei venuto a prendere la tua felpa.
Ricordi quando me la desti?
Molto probabilmente eri troppo innamorato per ricordarlo. L'amore fa cose strane, è per questo che non sei venuto a riprenderla.
L'amore è esattamente come questa felpa: in autunno ti riprometti che l'indosserai qualche volta, arrivati all'inverno però ti rendi conto che forse con la temperatura bassa avrai bisogno di indossarla quotidianamente, e penserai -caspita la terrò per sempre messa- poi però te ne dimentichi e arrivata la primavera la porti di rado, finché l'estate ti porta via persino il ricordo...
Io ho paura di amare, non posso sopportare di essere dimenticata, abbandonata, domata... eppure Toto con te mi passa tutto, è come se tu riuscissi a rendere quella felpa un perfetto costume in estate, una bellissima camicia in autunno, un comodo berretto in inverno, e un bellissimo foulard in primavera.
Tu sei il peggior ladro che avessi mai conosciuto.
Ti odio, eppure... eppure ho paura che questa affermazione non sia vera...
Se mai riuscissi a leggere queste righe io sarò lontana, in qualche università del nord che non mi stressi come il liceo, o forse saremo insieme verso Londra. Ci siamo ripromessi di visitarla insieme, quindi Toto guai se vai da solo. In caso non ci rivedremo più, se succedesse qualcosa, voglio che tu usi questa chiave per leggere l'ultimo diario che ho scritto, avrei voluto essere con voi. Avrei voluto sentirmi ancor più viva con voi, ma il tempo è più Stronzo di Isabella, ed io sono una stupida.
Ciao Toto,
a domani.. o a mai più (spero sia "A domani")
Sofia solo.per.te :* "
Valeva la pena piangere così tanto da ridurre una lettera in quello stato?
Michele non se lo chiese. Per Sofia valeva la pena fare di tutto.
Mise la lettera nella tasca dei jeans e prese l'ultimo diario, il più grosso e pesante.
Lesse il primo capitolo
Avrei dovuto capirlo che aveva bisogno di me
Pensò, poi, asciugandosi di fretta le lacrime, chiuse il diario e si diresse verso la sua auto.
Sofia aveva scritto un'indice speciale:
"Persone da trovare prima di partire:
-Andrea u Picciriddu
-Marianna l'Apatica
-Licia la Stramba
-Lucia la Barbie
-Tommaso il Cicciobello"
"Bene" sussurrò a se il giovane "li troverò e lo faremo per te.."
"Lo farò per te"
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