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GaiaStrada01

Una giovane fanciulla ha deciso di sottoporsi alla mia sequela di domande...
È una ragazza dai mille hobby e passioni, simpatica e vitale, per non parlare del fatto che, ovviamente, scrive! Quindi vi consiglio di andare a dare un'occhiata alla sua opera o fermarvi a fare due chiacchiere con lei che è davvero simpaticissima!
Lei è GaiaStrada01

Buona lettura gente! E occhio alle frecce!

🎯🎯🎯

La musica a tutto volume rimbomba nell'abitacolo della Range Rover rosso fiammante; gli abeti sfilando al di fuori del finestrino, la strada sfreccia davanti all'auto in corsa. 

Avrei potuto optare per il viaggio più veloce, un'ora e cinquantasette minuti così segnava il navigatore, ma, sarei dovuta andare a Modena per poi salire sui colli... Perché privarsi delle spettacolo della natura? 

Così, ignorando la via indicata da Google Maps, mi sono diretta verso Fanano, Sestola, ammirando da vicino il Cimone, vetta visibile anche da casa mia, ma, non è la stessa cosa che poter alzare il viso al cielo per poterne scorgere la cima innevata. 

La mia meta è proprio sull'Appennino Tosco-Emiliano, è la prima volta che mi capita di fare un'intervista così vicino a casa mia! Prevedendo un viaggio lungo e, approfittando dell'occasione per farmi un giretto, sono partita con largo anticipo, arrivando sul luogo dell'incontro, ovviamente, troppo presto.

Lungi da me attendere in auto con dei boschi a ridosso della strada! Dopo due ore di guida sgranchire le gambe, con una passeggiata nella natura, è quello che ci vuole.

Inspiro avida quell'aria fresca che sa di buono e pulito, l'odore che solo in montagna si può odorare e che già al primo respiro sembra che i problemi, pesanti sulle spalle, appaiono più leggeri. 

Persa nei miei pensieri, lo sguardo rivolto al suolo per evitare di inciampare da qualche parte, avverto come una strana sensazione, il presentimento che da lì a breve possa accadere qualcosa di brutto. Odo uno scricchiolio, come un rametto spezzato e, subito penso a un eventuale cinghiale o ungulato, mi blocco all'istante alzando il viso per identificare l'origine del suono ed è a quel punto che qualcosa mi sfreccia davanti al viso conficcandosi nella corteccia rugosa dell'abete che mi sta accanto. 

Con le palpebre sbarrate osservo quella sottile asticella, a due centimetri dal mio naso, fino a scorgere la punta metallica infissa nel legno; ripercorro con lo sguardo a ritroso: se non mi fossi fermata, ora, avrei un bellissimo diadema, e rosso per giunta! Dato che possiede delle "penne" rosse.

 In effetti il rosso mi dona, appena ho tempo mi rifaccio tingere alcune ciocche di quel colore cremisi.  

«Stai bene!?» mi domanda con voce allarmata una giovane che discende in fretta la lieve pendenza del suolo; la mano destra coperta dal guanto di protezione per il tiro con l'arco, quest'ultimo stretto nella mano sinistra. La feretra fissata con una cinghia sulla schiena.

Saggia lei vestirsi con pantaloni neri attillati e maglia arancione, così da essere visibile ad altri eventuali tiratori.

 Eh, io, pirla, mi sono vestita di azzurro con jeans neri. 

«Non ti ho ferita, vero?» mi domanda ancora, fermandosi a pochi passi da me, passando lo sguardo dal mio viso alla freccia conficcata nel tronco.

È evidente che io stia bene, non mi ha nemmeno sfiorata la freccia, eppure, ella continua a fissarmi con preoccupazione. Le gote lievemente arrossate, probabilmente per la breve corsa per raggiungermi e il timore di aver ferito una persona.  

E per forza è ancora preoccupata! La stai a fissà con la faccia da pesce lesso! Mi fa gentilmente presente la mia vocetta interiore.

Ah, già. Mi duole concordare con lei, e, invece, che rispondere a questa "Ribelle" per rassicurarla sul mio stato di salute... visto che quello mentale è discutibile; me ne esco con un'affermazione: «Tu sei Gaia» non ho dubbi, ho sbirciato il suo profilo e letto gli hobby, tra essi spicca il tiro con l'arco e, per questo, quante ragazze possono esserci proprio qui a Piandelagotti con questa passione?

Per una frazione di secondo mi guarda confusa e sorpresa che sappia il suo nome non avendomi mai vista prima, poi, come se le si fosse accesa una lampadina sulla sua testolina, dalla chioma castana ben stretta in un'alta coda di cavallo: gli occhi le si spalancano come al rallentatore, le punte delle dita della mano sinistra si alzano a celare la bocca aperta dallo stupore nel comprendere chi io sia. «Ho quasi ucciso la mia intervistatrice» sussurra deglutendo a vuoto.

Un sorriso divertito mi spunta sulle labbra, facendosi sempre più ampio davanti alla sua espressione sconvolta, fino a scoppiare a ridere. «Non sarebbe stata una grave perdita e poi» faccio spallucce indicando la vittima alle mie spalle. «Non l'hai fatto a posta».

A tal opzione non aveva pensato che subito prese a scuotere con veemenza la testa. «Ma certo che no! Solitamente qui non passa mai nessuno e io ho una buonissima mira...» corruga la fronte rendendosi conto che potrebbe anche implicare che se avesse voluto mi avrebbe davvero fatta secca. «Nel senso che ho mirato alla sagoma» precisa indicando una figura animale in gomma posta in uno spiazzo d'erba privo dell'ingombrante presenza degli alberi. «Purtroppo ha rimbalzato, io non ho mai ucciso nessuno!» ribadisce alzando le mani mostrando i palmi, a eccezione di quella occupata dall'arma. «Beh,» un sopracciglio scatta in alto e lo sguardo vaga altrove mentre la mente riporta a galla un ricordo mai dimenticato e con esso i sensi di colpa. «Per essere sincera ho ucciso un coniglio per sbaglio mentre tiravo con l'arco... Mi sento ancora in colpa» la testa ricade sul petto mentre col piede prende a scalciare qualche rametto. «L'ho centrato in pieno perché ha sfrecciato davanti alla sagoma in gomma dura di un animale a cui stavo tirando... Enniende, headshot per il povero leprotto» si stringe nelle spalle consapevole che ormai non c'era proprio nulla da fare. 

Da brava figlia di cacciatore, ed essendo cresciuta in campagna dove si alleva ciò che si mangia, noto il lato positivo della faccenda. «Questa si chiama botta di culo e umido di coniglio è servito» .

«NOOOO, IO MI SENTO ANCORA IN COLPA» ribadisce quasi urlando ma con un lieve cenno di sorriso.

«Mica colpa tua se quello era un coniglio suicida» le faccio notare nel vano tentativo di alleviare un poco il senso di colpa. «Comunque, io sono Letizia» cambio argomento presentandomi, mi dimentico sempre i convenevoli, o meglio, li faccio sempre dopo.

Accettando di buon grado la scappatoia afferra la mano che le porgo. «Piacere mio, Gaia» aggiunge il suo nome pur sapendo essere superfluo.

«Non so tu, ma io ho fame. Andò sta quella pizzeria di cui mi parlavi?» indago rammentando le lodi che ella aveva tessuto su quel posticino particolare ma dalla cucina assai squisita. 

 Ridacchia, forse perché le sembro un po' matta, dopotutto, non ho fatto una piega sul fatto di essere stata quasi uccisa. «Da questa parte» mi comunica precedendomi facendomi da guida.

 «Quella è la sagoma di qui ti parlavo» indica un bersaglio a forma di animale simile a quelle fotografie bianco e nero del mostro di Loch Ness. 

Inclino il viso studiandone la forma. «Mostro di Loch Ness, sei tu?» domando come se quella cosa inanimata possa rispondermi.

Gaia riscoppia a ridere scuotendo la testa. «È una Lontra!» 

Innarco un sopracciglio con fare dubbioso tornando a osservare il bersaglio. «Nah, è Nessi» controbatto in forma definitiva incrementando l'ilarità nella giovane che rinuncia a farmi cambiare idea.

«Però, se è figo tirare con l'arco» commento lasciandomi Nessi alle spalle.

Gaia si ferma porgendomi l'arco.  «Sii! Prova se ti va!» 

Sono quasi tentata di accettare, ma, il non aver mai maneggiato un arco in vita mia, la possibilità di menomarmi o uccidermi da sola, senza aver concluso l'intervista, mi fanno ricacciare indietro le mie parole di assenso. «Magari dopo» mi costringo a dire. «Allora, come mai hai scelto questo posto?» chiedo per curiosità che per lavoro.

«Qui ha sede la casa dei protagonisti del mio romanzo» spiega rallentando il passo per affiancarmi. 

«Interessante. Sai, te l'ho chiesto perché è la prima volta che mi capita di intervistare qualcuno a poca distanza da casa mia».

I suoi occhi si illuminano alle mie parole. «Dove abiti?» 

«Bologna, beh, provincia, sto lì vicino diciamo.»

Adesso i suoi bulbi oculari si fanno a cuore.  «Oddio, beata te! Ho dei cugini a Bologna, sono i fratelli Gianaroli (hanno una carrozzeria)».

Sarà il caso di dirle che io Bologna l'ho visitata tante volte quanto le dita delle mie mani? «Bologna è grande, dipende la zona» potrebbero persino essere dall'altra parte rispetto a me.

Scuote la testa affranta. «Non lo so con precisione, io a Bologna non ci sono mai andata» rivela tristemente. «I miei cugini li vedo su in montagna, io sono di Milano ma studio a Pavia.» 

«Dopo gli studi suppongo che tornerai a Milano o rimarrai a Pavia?» ipotizzo sapendo che è più comune ritornare nella città natale che restare dove si è ultimato gli studi.

«Dopo gli studi vorrei trasferirmi in montagna, perché vorrei diventare fitopatologa forestale: la dottoressa delle piante in pratica, in particolare dei boschi» spiega alzando lo sguardo per ammirare gli alberi che ci circondano, come a voler sottolineare, con quel gesto, le parole appena pronunciate.

Non posso far a meno di ridere davanti a quella sequela di coincidenze, al momento siamo a due, ma, ho il sospetto che ve ne saranno altre. «Grande, io sono Perito Tecnico Agrario, diciamo la dottoressa delle piante agroalimentari» le rivelò spiegando così il motivo della mia ilarità.

Le palpebre di Gaia si spalancano dall'incredulità. «Io ho fatto agraria alle superiori!» 

«Io mi sono fermata al Diploma avendo già un'azienda e il cervello fuso...» la mia memoria non funzionava più tanto bene, non che adesso sia migliorata, ma, resta uno dei motivi perché non ho proseguito con gli studi. «Comunque! Come mai hai scelto questo indirizzo di studi?» 

«L'ho scelto perché la natura mi ha sempre appassionato, in particolare gli insetti. Secondo me sono molto affascinanti».

«So di gente che non sarebbe d'accordo.» Borbotto mentre nella mia mente si raffigura l'immagine di Dream che urla di terrore alla vista di un ragno, okay, quello è un aracnide, ma, insomma, mi avete capito. «Ma cosa ti affascina degli insetti?  Alcuni possono essere carini, ma, altri fanno veramente schifo» e altri velenosi che non vorresti mai incontrare.

Ride consapevole che la sua ammirazione per il mondo degli insetti è incompreso da molti. «Di solito a nessuno piacciono gli insetti, ahimé. Sono piccoli ma nascondono grandi segreti: alcuni spruzzano sostanze repellenti, come le formiche, che attaccano il predatore con l'acido formico. Alcune locuste (le più grandi) sono cannibali, le api danzano per segnalare alle altre dove si trovano i fiori migliori, i bombi hanno il pungiglione, ma il loro veleno è talmente debole da non gonfiarti la pelle... Inoltre sono molto docili, infatti li accarezzo sempre, come le api» rivela sempre ridendo mentre finalmente usciamo dal folto giungendo sulla strada asfaltata. «Ecco, i calabroni mi fanno paura. Porca miseria, quelli lì in tre ammazzano un cavallo». Rabbrividisce al sol pensiero di un possibile incontro ravvicinato.  

«I bombi sono anche usati nei tunnel per l'impollinazione dei pomodori» commento ricordando come mio fratello abbia scoperto la presenza del pungiglione. Sorrido ancora quando ricordo che nel tentativo di riprendere un fuggitivo volante, racchiudendolo nelle mani, l'ha mollato quasi subito cacciando un urlo. 

«Bello, non lo sapevo» confessa lieta di questa piccola informazione. «È molto intrigante anche la loro anatomia, perché, pur essendo semplice (meno evoluta rispetto alla nostra) è articolata e caratteristica» perseguita completamente persa a parlare di ciò che ama. 

Complessa? Era complesso ricordare tutto!! «Oh.... Me lo ricordo bene. Capo prograto, ipognato, metagnato o epignato; nove tipi di apparato boccale, per non parlare di tutto resto...» strabuzzo appena le palpebre rammentando i pomeriggi passati a memorizzare ogni caratteristica di ogni famiglia di insetto, la loro struttura e il ciclo vitale. «O mamma, quante ore di studio». 

«Tante ore» conferma Gaia dandomi un leggero buffetto sulla spalla indicando, al stesso tempo,  con un cenno del capo una casa poco più avanti. «Oh, e le zanzare? Tanto odiate e uccise, il loro apparato boccale è pungente-succhiante. È formato da 7 stiletti, uno dei quali inietta una sostanza anti-coagulante nel capillare dal quale sta prelevando il sangue per evitare che le piastrine del malcapitato, cicatrizzino subito la ferita. È per questo che dopo ci viene una specie di bubbone. AAAAAH ORA LA SMETTO, PROMESSO» .

«E sono solo le femmine che pungono... Bastarde» borbotto con astio memore di tutte le estati passate a grattarmi a sangue per colpa loro. 

Ormai in prossimità della casa indicatemi da Gaia, mi perdo un attimo a studiarla. Ha sul lato destro una porzione eretta in legno della forma simile a un triangolo rettangolo scaleno mentre, il resto della dimora, si innalza di tre piani intonacata di un bel giallo limone dal primo piano in su, mentre il piano terra è color grigio.

L'insegna col nome "Lo Scoiattolo" svetta davanti all'ingresso dove Gaia non esita a entrare come se fosse di casa, nessuno si scandalizza di vederla con arco e freccia.

«Madò mi fanno un sacco arrabbiare quelli che dicono "mi ha punto un'ape". NO, È UNA VESPA, LE API NON TI PUNGONO A CASO COME LE VESPE. Le api si fanno i fatti loro, ti pungono solo se ti avvicini troppo all'alveare perché ti vedono come una minaccia. Io le accarezzo sempre perché sono morbide e pucciosissime e non mi hanno mai punta» termina con occhi grandi da cucciolo bastonato mentre un cameriere è incerto se avviarsi o meno, non credo per l'arco di Gaia ma probabilmente per la precisazione di pochi secondi prima fatta lievemente a voce troppo alta.

«Salve! Un tavolo per due» intervengo in suo soccorso usufruendo del miglior dolce sorriso che ho in repertorio. 

Annuendo, con un sorriso di circostanza, afferra due menù e ci fa strada in quel posto dalle pareti in legno color noce chiaro, appesse a esse una multitudine di cose da sembrare il tutto caotico, ma, allo stesso tempo, in armonia. Diverse foto, teste di animali, gabbie per uccelli vuote... ma quella è una sedia? Corrugo la fronte e mi fermo imbambolata a fissare una sedia in legno fissata alla parete in alto con lo schienale a toccare il soffitto bianco.


 Fortuna non bevo caffè. Mi ritrovo a pensare notando che sopra alla seduta vi è pure una caffettiera.

Sto posto è più strano di me. Scuoto la testa raggiungendo Gaia che ha già preso posto ponendo l'arco contro la parete a lei accanto e la feretra appesa allo schienale della sua sedia, fortuna questa si trova sul pavimento.

Cercando di ignorare le stramberie del posto, riprendo il filo di discorso prima di essere interrotte dal cameriere. «È quello che dico io!! Quando ho i fiori di zucca, almeno l'anno scorso, avevo una cinquantina di api che ci banchettavano e la gente aveva paura e le scacciava... Non so quante volte ho dovuta dire che così facendo, sì, che rischiavano una puntura» schiocco la lingua contro il palato con fare seccato, aprendo il menù per dare un'occhiata.

«Oddiooo io avrei schiacciato le persone» confessa senza trattenersi dal ridere a quella possibilità.

«Quindi, dalla passione per la natura e gli insetti, come sei arrivata alla lettura e scrittura?» domando dando inizio all'intervista, notando con una smorfia divertita che anche il menù non era salvo dalle bizzarrie del posto.



«Ho sempre avuto tanta fantasia. I miei sogni sono sempre stati molto articolati, sembravano dei film! Nei miei sogni potevo volare, ero dotata di poteri e c'era sempre qualcuno in pericolo da salvare, quindi... Perché non prenderci spunto per scrivere un fantasy? Aggiungendo magari qualche accenno sulla natura e sulla musica classica (sì, amo anche quella). Inoltre mi è sempre piaciuto scrivere, per me era uno sfogo. Da piccola scrivevo delle fiabe con protagonisti i miei peluches, adesso al loro posto, ci sono Aurora, Tommaso e le altre fate.» 

«Anche io ho iniziato da un sogno! E scrivevo più che altro, oltre perché mi piace, per scaricare lo stress» dormivo meglio dopo aver scritto qualche pagina. «Parlami di Tommaso e Aurora» la esortò indecisa su quale pietanza far danzare le mie papille gustative.

«Per Tommaso mi sono ispirata a mio cugino Federico perché da bambini giocavamo sempre insieme. È un tassello importante della mia infanzia e mi piace tener vivi quei bei ricordi tramite il mio libro. Tommaso è allegro, chiacchierone, molto socievole e scherzoso come mio cugino.

Aurora... Beh, mi sono ispirata per lo più al lato cupo del mio carattere per dargli sfogo senza danneggiare niente e nessuno; la protagonista è silenziosa, poco affettuosa con tutti (tranne con chi ama), ansiosa e poco irascibile... Ma quando si arrabbia sarebbe capace di far esplodere il mondo.» 

To', non ti ricorda qualcuno? domanda con fare innocente la mia vocetta interiore. 

Non mi arrabbio più così... per ora. Le faccio notare tornando in fretta a concentrarmi sulla mia ospite prima che mi prenda del tutto per pazza.

«Perdonate l'interruzione, avete deciso cosa ordinare?» ci domanda il cameriere con il block notes in mano, il che è gradevole vedere che da qualche parte la tecnologia non predonima sulla vita di tutti e tutto.

«Per me una pizza con cipolla, gorgonzola e pancetta, da bere una coca-cola, per il dolce... Penso un salame al cioccolato!» termina leccandosi le labbra al sol pensiero di quello che a breve avrebbe gustato.

«Per me, lascio a lei, purché non abbia funghi o tartufo. Da bere una Coca-Cola e per dolce un tiramisù, grazie» restituisco il menù e, imitata da Gaia, il cameriere si allontana con un lieve sorriso. «Da qual che ho capito sono personaggi di una storia fantasy, parlaci un po' di questa avventura» le propongo mentre attendiamo le nostre ordinazioni. 

«Tommaso, a inizio maggio, raggiunge la cugina Aurora in montagna (a Quercello) per passare l'estate con lei. Volevano trascorrere le vacanze in santa pace come tutti gli altri anni, ma qualcosa stravolge i loro piani: i Razzisti, dei delinquenti rinchiusi nelle più grandi prigioni si Aswruz e Grildes (dei mondi paralleli alla Terra) riescono ad evadere, prendendo il possesso di quei 2 mondi. In poco tempo, riescono a fonderli e rischiano di compromettere l'assetto del sistema planetario Terra-Mondi Paralleli, perché il nostro mondo e il loro, si influenzano reciprocamente a causa delle forza di gravità (sono più o meno grandi uguali, il Nuovo Mondo è un poco più espanso rispetto al pianeta Azzurro). Il loro piano è quello di distruggere la Terra e con essa il genere umano, origine dei grandi problemi climatici che stanno affliggendo il nostro mondo! Questo è quello che vogliono mostrare, ma in realtà i loro piani vanno ben oltre: vorrebbero portare il Nuovo Mondo (formatasi dall'unione di Grildes e Aswruz) nella condizione di "Principale". Così facendo, il Consiglio Supremo della Magia dovrebbe trasferirsi necessariamente dalla Terra al Nuovo Mondo, perché i Saggi, per tenere sotto controllo tutti i pianeti del sistema, devono abitare per forza sul mondo principale, perché è da quest'ultimo che si diparte il sistema di Portali Magici che conducono ai singoli pianeti. I Razzisti, costringendo i Saggi a trasferirsi sul Nuovo Mondo, riuscirebbero a occupare il Palazzo della Magia senza troppa fatica» fa schioccare la lingua contro il palato. «Alla fine... C'è sempre di mezzo la sete di potere e ricchezza.» alza un attimo gli occhi al cielo per poi ringraziare il cameriere di ritorno con le nostre bevande. «Il Consiglio ovviamente, non se ne sta con le mani in mano. Obbligano le fate regolari a combattere contro gli innumerevoli Razzisti in giro per il Nuovo Mondo, mentre i Discendenti e i Celestiali devono intraprendere un lungo e faticoso viaggio nel leggendario pianeta di Verdensky per conquistare i suoi poteri, utili per frenare i cambiamenti climatici sul pianeta Azzurro.

Aurora e Tommaso sono dei Discendenti, quindi dovranno addentrarsi in Verdensky insieme alle altre "fate speciali". Non sapendo chi siano, mentre risolvono gli oracoli per scovare le chiavi e le mappe per il pianeta leggendario, devono anche cercare i loro colleghi: l'unione fa la forza!» 

Faccio roteare i cubetti di ghiaccio, presenti nella coca cola, riflettendo sull'uso specifico di un nome. «La scelta del nome Razzisti: è casuale o ha un motivo specifico? Perché a leggere quella parola ti viene in mente un genere di persona» faccio notare sorseggiando la mia bevanda fresca. 

Annuisce più volte con gli occhi luminosi nel parlare della sua creatura. «Sisi, non è casuale, deve proprio venirti in mente quel tipo di persona. I Razzisti, nel mio libro, sono fate che odiano gli umani; li disprezzano fino al midollo e li considerano delle fecce, per loro sono degli inutili esseri viventi che inquinano e basta. Se solo avessero potuto, li avrebbero già eliminati». 

Le mie sopracciglia scanno verso l'alto, come dare torto a quelle fate. «Beh... Non hanno poi tutti i torti anche se sbagliano a fare di un erba un fascio.» Anche se sono in maggior numero i fasci "marci" che quelli "buoni". «Oltre a questo storia hai intenzione di scriverne altre?» 

«Sì, esatto, non hanno tutti i torti ma non tutti gli umani non rispettano l'ambiente. Come dici tu, non bisogna generalizzare; inoltre, loro vogliono distruggere la Terra poiché inquinata e secondo loro irrecuperabile, ma non è così. Il sequel della storia che sto già narrando» aggiunge in risposta al mio ultimo quesito.  «A tempo perso, io e la mia bff vorremmo scrivere un romanzo rosa ispirandoci alle sue piccanti avventure» mi confida a bassa voce per non farsi udire dagli altri clienti.

Alzo le mani in segno di resa, ridacchiando della sua espressione da birbante. «Io purtroppo non sono in grado di descrivere certe scene piccanti.» 

«Io non ci ho mai provato, chissà come andrà a finire».

«Se non sei timida, finisce bene» le preannuncio lasciandomi andare contro lo schienale della sedia per permettere al cameriere di posare, senza ostacoli, il piatto davanti a me.

«Oh, allora non finirà bene» scuote la nuca ridendo di quel progetto futuro che forse le risulterà un po' arduo.

«Come sei approdata su wattpad?» quasi mi stavo per dimenticare di codesta domanda! Ecco cosa succede a non intervistare per mesi...

«Grazie a un mio amico che lo usava già. Lui sta addirittura scrivendo una storia in inglese ma non so a che punto sia... Mi sa che non ci seguiamo nemmeno perché abbiamo perso i rapporti» termina di rispondere con la voce ridotta a lieve sussurro.

Meglio cambiare argomento. «Ah, peccato... Beh, ti farai altre amicizie! Per quanto riguarda la lettura, quali generi preferisci?» 

«Avventura, storico e fantasy» risponde prontamente con l'attenzione divisa tra me e il trancio di pizza che regge tra le mani.

«Se potessi viaggiare nel tempo e nello spazio, dove vorresti andare e perché?» aah, la mia domanda preferita. 

«Mmmh» mugugna alternando la pizza

a sorso di coca. «Non mi sono mai posta una domanda simile. Lo spazio mi inquieta ma al tempo stesso mi incuriosisce... Se si potesse, un bel giro tra le raffiche e i lampi di Giove non sarebbe poi così male» riflette ridacchiando di tale possibilità. «Mi piacerebbe tornare al tempo dei dinosauri per osservarli e studiarli il più possibile... Senza venir schiacciata e mangiata e mi ispira parecchio anche l'antica Grecia». 

Per quanto istruttivo e affascinate poter vedere dal vivo quelle creature... è che siano anche loro vive, beh, non credo che finirebbe bene. «Jurassic Park insegna che noi e i dinosauri non siamo compatibili... Io eviterei» mi ritrovo a esternare i miei timori.

La vedo pensarci un attimo, rammentare il film e i vari spuntini fatti dai dinosauri. «Allora opto per l'antica Grecia». 

«Parlaci un po' di te, chi sei, cosa fai, hobby ecc....» 

«Tiro con l'arco, suono in 2 bande, sto imparando pianoforte nell'orchestra dove suona il mio fidanzato, creo dei tondini in legno molto colorati e pucciosi.»

Inizia a elencare estraendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni per mostrarmi alcune fotografie. «Ogni tanto dipingo su tela e gioco a Sky, Figli della Luce. È un videogame coinvolgente grazie al quale puoi conoscere persone da tutto il mondo! Ti consiglio vivamente di scaricarlo. Oh, mi piacerebbe anche imparare a sparare con la pistola... Olimpica, così non diventerei troppo pericolosa» aggiunge specialmente a mio beneficio visto l'episodio verificatesi nel momento del nostro incontro. 

«Ma woooow» esclamo alla vista di un dipinto su tela raffigurante un'aquila. «Sei bravissima!» 

«Grazie mille! Nella casa in montagna, ho anche dipinto un murales nella cameretta,

spero ti piaccia!» mi mostra altre fotografie delle sue creazioni. «Personalmente, penso che l'uccellino (un maschio di codirosso) sia venuto molto meglio del capriolo, perché non avevo il pennello giusto per disegnare il pelo» mi rivela con una smorfia di disappunto, insoddisfatta del suo

operato per colpa di quella mancanza. «Però in quella stanza non ci dorme mai nessuno... Diciamo che quella parete era il muro di prova» aggiunge ritornando in fretta allegra. «Il prossimo progetto, è quello di disegnare delle spighe di grano con dei papaveri nella stanza degli ospiti» termina riponendo il cellulare in tasca tornando a dedicarsi alla conclusione di quella bontà cilindrica. 

«Quasi mi batti a numero di hobby. A sparare devi ricordare di trattenere il fiato prima di premere il grilletto, se ti muovi con arma carica mai dito sul grilletto e canna a terra. E, ovviamente, occhio al contraccolpo». Sì, so sparare, sorpresi? «Dicci, hai qualche sogno nel cassetto da rivelarci? Oltre a imparare a sparare... Ma poi... Perché vuoi imparare a sparare?» a te le domande giuste arrivano sempre a effetto ritardato, eh? Mi canzona la mia vocetta interiore che ignoro.

«Interessante, si trattiene il respiro come faccio a tiro con l'arco. Mentre sono in trazione (=in posizione prima di sganciare la freccia) non respiro così mi stabilizzo, il cuore diminuisce di battiti, mi muovo il meno possibile e la freccia va dritta».

«Esattamente per lo stesso motivo, così non rischi di deviare il colpo». 

«Mi ispira come cosa e mia mamma da ragazza sparava con la carabina insieme a suo padre....» già la vedo ridacchiare sotto i baffi. «Mi sa che è nel sangue di famiglia, ma, nessuno ha mai ammazzato animali (più o meno). Mio nonno aveva dei libri sulla caccia ma non ci è mai andato (forse fare il macellaio era sufficiente)» riflette a voce alta prima di urlare : «MIA MAMMA UNA VOLTA HA UCCISO UNA GALLINA PER SBAGLIO AHAHAHAHAHAHAHA» 

L'attenzione generale viene catapultata su di noi, cosa che Gaia non se ne accorge perché piegata in due dalle risate. «Beh, mai capitato di fare un incidente con un animale?» sbottò nella loro direzione fulminandoli con lo sguardo finché non tornano ognuno al proprio pasto.

«Io sparo con la carabina, ma a oggetti inanimati. Non ho ucciso nessun animale» e sarebbe il caso di aggiungere che sparavo, una volta, quando avevo del tempo libero.

 Quando mai l'hai avuto? 

Oggi sei proprio insopportabile! «Ma gli animali li avete tutti davanti proprio mentre tirate?» 

«Sisi nemmeno mia mamma e mio nonno miravano agli animali. Avevano costruito una specie di paglione a cui tirare» precisa scostandosi dal piatto ormai vuoto.

«E la gallina era una drogata di adrenalina... Ma ci ha lasciato le penne» lo so... Pessima.

«Io ho avuto sfiga, mia mamma, su ordine di suo padre, doveva mirare alla coda della gallina del vicino....non ammazzarla. Sparare alle piume della coda insomma. Ma proprio nel momento in cui mia mamma ha premuto il grilletto, la gallina si é girata e.... Le ha centrato il collo. Morta sul colpo. Tutto ciò sempre su in montagna, nel paesino sperduto sull'Appennino Tosco-Emiliano dove, nel mio libro, vivono i protagonisti. Nel libro il paesino si chiama Quercello, ma è un nome inventato, in realtà si chiama....non ve lo svelerò mai, MUAHAHAHAH».

«E ci credo che è sperduto.... Vi ammazzate a vicenda» sbotto senza rifletterci ma per mia fortuna Gaia si mette a ridere.

«No dai. Da quanto spari con la carabina?» mi domanda a sua volta mentre il cameriere fa la sua comparsa per portare via i piatti.

«Bah,» prendo il bicchiere tra le mani lasciandomi andare contro lo schienale. «Non sparo da un po', ma mio padre mi ha insegnato che avevo 6/7 anni, ovviamente sempre con la sua supervisione. Lui è cacciatore e sperava che uno dei due figli prendesse la passione per la caccia... Speranza vana» faccio spallucce ultimando la mia bevanda.

«Menomale... Io non la comprendo la caccia al giorno d'oggi. Hai il supermercato per la carne, che cacci a fare. Un tempo ok, si cacciava per mangiare... Ma adesso no». Si rattrista al pensiero e un poco la comprendo, ma, appunto, avendo un padre cacciatore che a volte poi si incantata a guardare l'animale invece di sparare diventando lo zimbello della squadra... Posso dire di averla vista sotto tutti i punti di vista e sfaccettature. «Poi vabbè, ognuno la pensa a modo proprio» aggiunge più che altro forse per timore di avermi offesa.

Le sorrido per rassicurarla. «Serve anche per il controllo della fauna selvatica che altrimenti farebbe danno alle coltivazioni. Noi non compriamo carne, papà caccia e in più alleviamo galline e maiali» sotto il punto di vista alimentare siamo all'80% autosufficienti.

«Aaaah allora ok. Sisì per la fauna selvatica lo comprendo, tipo cacciare quando la popolazione di cinghiali diventa insostenibile» ed ecco che le ritorna quel sorriso contagioso a illuminarle il viso.

«Esatto, anche se purtroppo ci sono anche quelli  che non rispettano le regole...» quelli si che fucilerei volentieri nelle chiappe... «Ma evitiamo va» altrimenti mi faccio venire il nervoso.

«Ecco, a me stanno sulle palle quelli più che altri». Scuote la testa incapace di comprendere tali azioni di bracconaggio. In nostro soccorso arriva il cameriere con i dolci.


I brutti pensieri e il sangue amaro, a parlare di cose odiose e incomprensibili, svaniscono davanti a quelle creazioni dolciose.  «Mmm, mi stavo dimenticando l'ultima domanda, se ho altri sogni. Ricominciare le gare e a suonare in banda visto che con sto covid non si può fare molto. Altro non saprei...» 

«Okay... Mi sono persa» il tiramisù

mi ha troppo distratta. «Che domanda dovrei fare adesso?» domando ad alta voce intingendo il cucchiaino in quel composto cremoso velato da un leggero strato di cacao amaro. «Beh, nel dubbio. Fatti pubblicità, dicci perché la gente deve passare sul tuo profilo e leggere le tue storie!» 

«Oddio AHAHAHAH che dire.... Se alla gente va di perdersi tra mondi sconosciuti, animali strambi e fate particolari... dovrebbe leggere la mia vicenda».

Questo "ordine" mette sempre tutti un po' in crisi, è quasi divertente osservare le loro espressioni mentre vanno nel panico o nella confusione alla ricerca delle parole corrette e amalianti da dire. «Breve concisa e dritta al punto, ottimo! Se potessi parlare con un tuo scrittore preferito, quale sarebbe e perché?» 

«Mmmh non ho uno scrittore preferito, però mi piacciono molto Bernard Cornwell (il suo modo di scrivere mi ha ammaliata) e Ken Follett. Inviterei entrambi a un aperitivo per chiacchierare del più e del meno.»

«Eviterei di portare l'arco, però.» le suggerisco cercando di pulire al meglio la ciotola da ogni traccia di cremosa zuccherina. «Direi di aver ultimato le domande» eppure mi pare di dimenticare qualcosa, a molte di esse ella ha risposto inconsapevolmente quindi pare superfluo e inutile domandare, rischieremo di diventare ripetitive. «Praticamente a molte hai già dato risposta senza che ponessi i quesiti» le confesso arricciando naso e labbra certa che qualche domanda mi sta sfugge. «Meglio così! A volte mi capita che devo tirare fuori le parole a forza dagli intervistati» e allora diventa un supplizzio!

«Rip» commenta Gaia immaginando come possa essere un'intervista con un intervistato che non spiccia parola.

«Però puoi dirmi cinque cose che ami e cinque che odi» propongo sperando che non l'abbia già detto, ma non mi pare.

«Amo la dolcezza nelle persone, il profumo delle rose, la montagna, il mio fidanzato (tantissimo) e gli animali. Odio coloro che giudicano senza sapere, gli arroganti, gli irrispettosi, il freddo, la matematica... ODIO ANCHE IL BLOCCO DELLO SCRITTORE! Mi mette in ansiaaaa».

«Credo che troverai molti a concordare con questo.» Compresa la sottoscritta che è ferma su tutti i fronti ed è deprimenti oltre che frustrante. «Mi piace che hai messo il fidanzato, molti non mettevano la dolce metà nella lista perché "scontato"».

Strabuzza gli occhi incredula che altri abbiano dato per scontato la loro dolce metà. «Ma comeeee che crudeltà non mettere nell'elenco la propria metà !» agita la testa con fare contrariato.

«E quando l'ho fatto notare : beh, ma è scontato!» aggiungo ridendo al ricordo di come si sono ritrovati impacciati e se ne sono usciti con quella scusa. «Se se come no». 


«Ma nuuu che brutto, io lo amo sopra ogni cosa, non potevo non inserirlo» ribatté con occhitti dolci, tipo da cucciolo di panda bisognoso di affetto.

«Infatti sei stata bravissima! Dicci un tuo momento di estrema felicità e uno di estremo imbarazzo.» la domanda preferita della mia collega! Chissà se torneremo a far interviste insieme.

Gaia non ha bisogno di pensarci, sa benissimo cosa rispondere. «Euforia: quando il mio fidanzato mi ha baciata per la prima volta, ero al settimo cielo. Imbarazzo: ero a scuola e durante l'intervallo stavo chiacchierando con una mia compagna di classe. A lei piaceva un tipo della scuola e il ragazzo stava salendo le scale; lei lo indica e mi fa "eccolo eccolo, è lì!" Io ero distratta perché stavo guardando le macchinette, così tra la folla urlo "ma chi? Quello che sta salendo le scale?" LUI SI GIRA, CI OSSERVA. E io muoio dentro. IO SCEMA COME SONO L'HO PURE SALUTATO. La mia amica voleva scomparire. Lui ci ha sorriso e se n'è andato. LA MIA AMICA MI VOLEVA UCCIDERE, ma, non sapeva che io ero già morta dentro... Ennniende.» 


Io ci sto provando davvero a non ridere, ma come fai? C'è, mi sono immaginata tutta la scena! Niente, non ci riesco e scoppio a ridere. «Povera, capisco lei, ma vi ha sorriso! Era il momento buono per attaccare bottone».


Ma se al suo posto saresti andata a seppelliti da qualche parte o avresti cambiato città! 

Sssh, lei mica lo sa! «Ultima domanda, perché hai deciso di farti intervistare, a parte che hai apprezzato il mio stile particolare» adoro che ci sia gente che ami il mio stile, anche se ormai chi si cimenta nelle riviste romanzate stanno uscendo come funghi. 


«Eravamo troppo imbarazzate AHAHAHAH» ribatte al mio commento precedente per poi prendere fiato e trovare la forza di rispondere all'ultima domanda. «Mmmh in realtà solo per quello, ero curiosa di vedere che domande mi avresti posto e sono ancora più eccitata dall'idea che scriverai una "mini storia" su quello che ci siamo raccontate». 


«Felicissima che apprezzi il mio stile! Ora, visto che ci guardano come delle pazze, che dici se lasciamo il tavolo ad altri?» 

«Sì! Ti porto a fare due tiri con l'arco, vedrai, ti piacerà tantissimo!» mi assicura mentre lasciamo il locale, dopo aver pagato, avviandoci nel suo "campo" di allenamento.

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