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Sotto la pioggia.

[Tw: sangue, morte, major character death.]

vorrei darti i miei respiri
così che tu
ne possa avere il doppio
che tanto a me
se non li hai tu non servono

Il cemento dell'asfalto è freddo contro la sua guancia. Ma è piacevole; gli accarezza il viso, lo sfiora. E contrasta il calore del sangue.

La testa gli pulsa, forse troppo. Le tempie, la fronte, ma specialmente l'osso occipitale. Batte forte, sovrasta il rumore del cuore.

Tum, tum, tum.

Fa male.

Simone prova a stendere un braccio all'indietro, a toccarsi quell'enorme ferita allargata dal sangue. Porta la mano dietro la testa, lentamente, e quasi sfiora il marciapiede dietro la sua schiena ricurva. Quando fissa le sue dita, vede solo sangue. Il collo lo sente immobile, gli fa male qualsiasi osso. Gli occhi invece li sente pesanti, e quasi gli si chiudono. Erano pesanti anche prima della caduta, se ci pensa.

Pesavano di alcol e di sconfitta.

Simone li chiude, e lascia cadere la mano sull'asfalto nero. Rivede se stesso poco prima, in quel locale troppo caldo, troppo stretto per le loro urla. Traccia i contorni del viso di Manuel, piegato in una smorfia rabbiosa, ammazzato dalla furia.

Non gli importa. In quel momento gli basta vederlo, anche se solo in sogno.

È bello lo stesso.

Riascolta le loro urla. Sente di nuovo Manuel gridare, percepisce la sua stanchezza. "La mia vita sarebbe stata molto più facile se non ci fossi stato tu." sibila, a denti stretti.

E Simone ci crede. È già ubriaco abbastanza,
hanno litigato anche prima.

Proprio per questo, dopo l'ennesima discussione, Simone si è rifugiato in un bar, nella speranza di poter dimenticare tutto. Ma poi, a fine serata Manuel lo ha raggiunto, per dargli la batosta finale.

Litigano spesso, ultimamente. Per l'università, per la casa, persino per le cerchie di amici. Perché Simone non riesce a volersi bene, perché Manuel è costretto sempre a dargli troppi pezzi di se stesso.

Perché non stanno più bene insieme, forse.

Perché per Manuel sarebbe tutto più facile, se Simone non ci fosse.

Sussulta a quel graffiante pensiero.
Ricorda come è scappato via, come è barcollato fuori, oscillando su se stesso. Ricorda il gradino troppo alto del marciapiede, la mancanza di terreno sotto i piedi, l'impatto con la testa e l'aria fresca sulla ferita aperta. Le sue dita che strisciano sull'asfalto, il suo corpo disteso a terra.

Che poi, è disteso a terra anche ora.

Il cielo ruggisce forte sulla sua testa sanguinante. Un lampo illumina la notte, accende la tempesta.
Inizia a piovere. Piove su quel rosso, che scorre sulla pece dell'asfalto. Piove su quei ricci sporchi, e su quelle ciglia rilassate. Piove sulla pelle candida, sulle mani congelate, sulla camicia ormai appiccicosa.

Piove su un paio di occhi chiusi, e su un respiro irregolare.

Piove anche su Manuel.

Manuel che si è pentito di ciò che ha detto, ed è uscito a cercarlo.
Manuel che ha ricci bagnati quanto lui, appiccicati alla fronte. Che ha gli occhi lucidi, le labbra cucite in una linea, la vista appannata.Che ha il cuore a mille, e le braccia che gli ricadono lungo i fianchi.

Che urla quando lo vede.

E Simone a malapena lo sente.

Manuel inizia a correre.
Corre veloce, gli tremano le gambe. Si butta sul cemento, si scortica le ginocchia. Ma non gli importa.

"Simò—Simò, apri gli occhi-apri gli occhi." soffoca, scuotendolo un po'. Simone fa un respiro profondo, si bea della mano di lui sulla sua spalla.

"Mh." farfuglia, cercando di stare sveglio.

Felice di quella reazione, Manuel tira un sospiro di sollievo.

"Ok Simò, ok, cerca de sta sveglio," respira affannosamente. Poi fruga con una mano, ancora pulita, nella tasca del jeans. "chiamo un'ambulanza, ok? Te stai sveglio."

Ma Simone sembra avere un piano diverso.
Con uno sforzo disumano allunga apre un po' gli occhi. Allunga un braccio, fa fatica, ma ci riesce. Afferra il polso dell'altro, delicatamente, e lo blocca.

Manuel lo guarda spaesato, il terrore chiaro negli occhi.

"Simò—che cazzo fai?" quasi urla.

"Sh," intima allora Simone, lasciando ricadere il braccio a terra. "non parlare con loro. Parla con me."

La sua ormai è una supplica. È una preghiera al cielo che si lamenta, che crolla su di loro. È una richiesta a Manuel, che vuole sentire vicino.
È egoismo puro, forse, per lui che desidera sentirsi amato per l'ultima volta.

Perché Simone, alla fine, capisce quello che Manuel non vuole accettare. Capisce e accetta, lo fa per lui, lo fa per loro.

Forse è meglio così.

Sente la morte accarezzarlo, e le sorride. Si chiede se sia venuta a salvarli entrambi.

Manuel nel frattempo è spiazzato. Sa che la loro unica possibilità vive in quel telefono, in quell'ambulanza. Ma la voce di Simone è straziata, e la vuole sentire di nuovo.

Ancora e ancora, la vuole sentire echeggiare per sempre.

Così appoggia il telefono sulla strada, e lascia che una lacrima si mischi alla pioggia. Un singhiozzo gli scappa dalle labbra, ma non gli importa.
Maneggiandolo con cura, Manuel alza la testa di Simone, e se la porta in grembo. Adesso avrà la t-shirt sporca di sangue, ma non gli importa neanche quello.

Simone abbozza un sorriso.

"Manuel.." soffia, esausto. "starai bene. Starai—meglio senza di me."

Ma Manuel scuote la testa, e la scuote così forte da fargli male. "No," dice. "non dirlo neanche. Neanche per scherzo, Simò."

In tutta risposta, Simone fa un ultimo sforzo, e gli porta una mano sulla guancia sciolta dalle lacrime.

"Lo hai detto tu." sussurra, rotto. "che la tua vita sarebbe più facile se non ci fossi io."

A Manuel si spezzano gli occhi. Gli si frantuma il cuore, l'anima. Riesce a intravedere le pupille spalancate di Simone, a toccare il suo dolore con mano. Ha il suo sangue tra le dita, sui vestiti. E sa perfettamente che una vita senza Simone sarebbe la peggiore di tutte.

"Non dirlo. Non dirlo, per favore. Me dispiace, nemmeno io volevo dirlo."

Simone schiude la bocca, respira il suo ossigeno.
Il battito del suo cuore, intanto, si affievolisce.
Manuel sta sentendo il suo petto morire sulla coscia.

"È tutto okay, Manu. Va bene. Starai bene senza di me, te lo prometto."

Ma Manuel non è d'accordo.
Le stelle senza Simone non splendono; per questo sta piovendo.

"Non ce sta niente senza de te Simò. Piuttosto preferisco l'inferno."

Simone, nonostante tutto, riesce a ridere.

"Poi fai come Dante," constata. "me vieni a cerca nell'aldilà."

Manuel aggrotta le sopracciglia. Ci mette un impegno enorme, ma sorride.
Lo fa per Simone, che non vuole altro se non vedere quella luce che ha negli occhi per l'ultima volta.

"Te vengo a cerca in tutto l'universo," risponde. Infila una mano tra i ricci unti e glieli accarezza, stando attento a non toccare la ferita. "ma non servirà. Tu non muori oggi."

Simone si morde un labbro. Trova quella situazione atroce, insopportabile.
Da un lato, vorrebbe morire e basta.
Gli fa male la testa, la schiena, il cuore.
Dall'altro, sa che il cuore gli farebbe più male se lasciasse Manuel.
E lui non vuole lasciare Manuel.

"Prendimi la mano," gli ordina quindi, a voce bassa. "stringila. Te la stringo finché posso."

Manuel fa come gli viene ordinato. Intreccia le loro dita, le lega indissolubilmente.
In qualche modo, sente Simone stringere più di lui.

"Simò fammi chiama' l'ambulanza. Per favore."

Simone nega con la testa, continua a tenerlo immobile. E Manuel non si oppone.
Vuole che gli stringa la mano.

"È tardi." biascica Simone, consapevole. "Facciamo sempre troppo tardi. È un nostro difetto."

E Manuel lo sa, che è tardi. Ne hanno discusso più volte del loro pessimo tempismo. Sotto le stelle, sui prati, in casa loro.
Sotto la pioggia.

"C'abbiamo sempre un tempismo del cazzo," gli ha detto Simone una volta. "però non importa. Abbiamo tutto il tempo del mondo."

"Abbiamo tutto il tempo del mondo." ripete quindi Manuel.

Lo fa per rassicurarlo, lo fa per rassicurarsi.

La presa sulla sua mano si allenta.

"Allora prenditi tutto il mio. E usalo per stare bene."

Manuel fissa il cielo.
Si distrae per un attimo, dal sangue, dal pianto, dalla voce spezzata di Simone.

Fa male.

Quando il suo sguardo si posa di nuovo su di lui, Simone ha gli occhi chiusi. La presa sulla sua mano si è indebolita troppo, sta stringendo solo lui.

Il tempo si è fermato, il mondo ha smesso di ruotare.

La pioggia non cade più a catinelle, il petto sulla coscia non batte più.

Manuel spalanca occhi e bocca, il cuore a mille nella gabbia toracica. Alza un po' la testa di Simone, cerca una reazione, qualsiasi cosa.

Eppure, nulla.

La mano non stringe.

"No, no, no," singhiozza, affranto. "Simò, stai co' me. Non lo voglio il tempo tuo. Stai con me, stai con me."

Ma non riceve risposta.

La mano di Simone gli scivola lentamente tra le dita insanguinate, cadendo a terra.
Con le braccia prova a sollevarlo un po', per posare la testa di lui sul suo petto, per fargli sentire come il suo cuore batta del loro tempo.

Ma Simone non sente più nulla.

E Manuel lo capisce, che non lo può sentire. Lo sente nell'anima che gli è appena stata strappata via.

Così, piange. Piange nell'incavo di un collo morto, su una pelle troppo fredda. Piange per una vita troncata troppo presto, per una fiaba senza lieto fine.

Piange insieme alla notte. Piangono da soli, per la mancanza delle loro luci.

Un tuono ruggisce severo, rimproverando entrambi.

Ma Manuel non sussulta, non sente più nulla.
Poi, un lampo spacca il cielo nero, illuminando tutto.

E Manuel non lo vede, nemmeno se ne accorge.

Eppure, è comunque luce.

***
*Spazio autrice*

Spazio soltanto per scusarmi. Ero di cattivo umore, avevo bisogno di scrivere qualcosa di triste.

Grazie se siete arrivati fino a qui. Vi voglio bene.💜

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