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Capitolo 13

Jay pov's

Quando tornai a casa, feci appena in tempo a farmi una doccia che già dovevamo ripartire per la cena.

Ovviamente eravamo seguiti da due macchine della scorta, una ci precedeva l'altra ci seguiva.

Quando questa storia sarebbe finita, sarebbe stato tardi: non avevamo più un momento di privacy. Sempre e solo controllati a vista, Adam non se ne rendeva conto, anzi lui si divertiva con gli agenti, ma io e la mamma stavamo impazzendo.

Indossai una felpa con cappuccio grigia abbinata ad un paio di shorts color militare con delle scarpe Adidas bianche.

Per quanto riguarda Adam, li aveva scelti lui i vestiti, una T-shirt bianca con un giubbino jeans e un paio di pantaloni grigi con dei disegni neri, abbinati ad un paio di scarpe nere con dei calzini bianchi.

Arrivammo in perfetto orario. Alle 20 in punto eravamo davanti al locale, lasciai libera Makita che si accucciò di fianco ad Adam per proteggerlo da chissà quale minaccia.

Era bello vedere il rapporto che avevano instaurato, con un braccio cinsi la vita di Erin portandola ancora più vicino a me baciandole la testa e con la mano libera accarezzarle la pancia.

<Aspetta> disse afferrandomi la mano e portandola in un altro punto <Senti> la bambina stava scalciando e i miei occhi diventarono lucidi.

<Sì, è bellissimo> mi posò un bacio fugace sulle labbra prima di andare a salutare Silvia e Arianna raggiungendoci poco dopo.

<Hello Jay!> esclamò la prima venendomi ad abbracciare mentre il ragazzo restava dietro senza staccare mai le loro mani.

<Ciao Silvia! Come state?>

<Bene. Ma adesso dov'è Adam?> si intromise Arianna. Glielo indicai e corse a prenderlo in braccio. Lui sorrise accettando le sue braccia.

Poco dopo arrivarono anche gli altri e la sensazione che sarebbe successo qualcosa da lì a poco tempo si stava impossessando di me, ma decisi di ricaricarla indietro. Volevo godermi questa serata per quanto possibile.

Erano tutti veramente impeccabili: chi in giacca e cravatta, chi con abiti da sera eleganti e tacchi 12.

<Allora Erin come va il lavoro?> nella frase di Giulia c'era un tono di invidia e sfida. Ci scambiammo uno sguardo e le feci capire di rispondere senza far trasparire alcuna emozione.

Un urlo. Rumori di piatti rotti e lastre per terra e un uomo sconvolto.

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