...e Burgess era lì a terra, con la testa insanguinata e non riuscivo a capire da così lontano se il proiettile avesse colpito la spalla o qualcosa di più serio. Tirai fuori dalla tasca il mio cellulare ma non c'era campo e le radio non funzionavano. Decisi di avvicinarmi, sussurrando la chiamai, ma non rispondeva, cercai qualcosa per tamponare le ferite, ma non c'era niente. Poi un tizio spuntò da dietro un furgone con una pistola che mi puntava addosso.
<Dammi la tua pistola o vi uccido entrambe> avvisò sparando un colpo poco distante dal corpo di Burgess. Esitai un minuto poi però gliela porsi.
<Come ti chiami?> domandai vedendo che non rispondeva dissi che lo avrei chiamato "Amico". <Ehi amico posso andare ad aiutare la mia collega?> annuì
<Al capannone ci sono due poliziotte, le sto tenendo in ostaggio, ma dobbiamo muoverci potrebbero aver chiamato rinforzi> parlò al telefono. Poco dopo arrivò un altro ragazzo sulla trentina e asiatico come il primo. Dopo diverso tempo rimasta lì da sola a tamponare le ferite con un panno che mi aveva dato "amico" finalmente Burgess diede segno di conoscenza. <Ehi Kim...> fece per alzarsi velocemente ma glielo impedii vedendo che barcollava <Ti aiuto io. Alzati piano piano>
<Mi chiamo Enrique> disse il primo ragazzo <Aprite quella porta e salite sulle scale.> presi sotto braccio Kim e trascinandola corsi dove aveva detto. Il ragazzo scomparii alla chiusura di quella porta. La mia collega continuava a lamentarsi e diceva che dovevo lasciarla lì perché mi stava rallentando, che sarei potuta andare a chiamare aiuto ma le risposi prontamente:
<Non ti lascio qui perché sei una collega molto capace e simpatica anche se a volte non andiamo proprio d'accordo e si da il caso che lavoro con il tuo fidanzato, quindi non me ne importa un fico secco se mi rallenti, usciremo vivi da questo posto.> Facemmo due rampe di scale e ci appoggiamo al muro del pianerottolo tra la seconda e terza rampa.