Era una settimana che non ci vedevamo più. Al lavoro non era più venuta. Ero andato a casa sua una volta per prendere quelle poche cose che ci avevo portato, quando lei non c'era. Ero incazzato con lei, ma non credo di averla smessa di amare.
Sarebbe partita a momenti. Mi aveva inviato un messaggio che non avevo letto, ma comparí la notifica. Con la squadra e due agenti di pattuglia eravamo nella scuola dei suoi nipotini, in aula magna, sempre per quel progetto con più classi questa volta.
I due poliziotti stavano parlando, credo che stessero facendo le presentazioni o stavano introducendo il discorso, fatto sta che io vedevo muovere le labbra, ma non sentivo la voce. Ero su un altro pianeta, immerso nei miei pensieri. Voight, che era tornato una settimana fa, quando ha saputo che Erin se ne sarebbe andata mi convocò nel suo ufficio per dirmi, supplicarmi di non farla partire. Mi limitai a rispondere che la scelta era la sua. Non lo pensavo davvero, volevo che romanesse, volevo che costruisse una famiglia con me, volevo che mi sposasse. Sì, insomma, quel dannato giorno in cui trovai la lettera, ero tornato a casa prima per chiederle di sposarmi e di passare il resto della sua vita con me.
Non so di cosa stessero parlando, ma li interruppi.
<So che non c'entra niente con quello che siamo venuti a fare qui oggi, ma devo chiedere una cosa ai bambini. Cosa significa per voi l'amore?>
<Beh... Significa cadere e rialzarsi insieme> rispose un alunno
<Affrontare insieme i momenti difficili>
<A volte si possono prendere decisioni affrettate, ci si arrabbia, ma forse si fa tutto questo per avere certezze>
Questa risposta mi colpì infatti le chiesi di spiegarsi meglio: <Cioé, se per esempio succedesse che la persona che amo dovesse partire o fare qualcos'altro forse lo fa solo per essere sicura che sia la persona giusta. Questo volevo dire> concluse una bambina.
<Voight vieni con me> ordinai mentre rispondevo a Erin:
"Aspetta"
Telefonai a Roman e mi assicurai di bloccare il volo.