Nonostante andassi ad una velocità elevata e avessi i lampeggianti accesi, mi sembrava di non arrivare mai.
Uno sparo riecheggiò nell'aria. Mi si gelò il cuore. "Non era morta, non era morta" continuavo a ripetermi mentre correvo sul luogo dello sparo. Era lì. In piedi tra le braccia di Voight. Sembrava proprio una bambina piccola, l'amavo anche per questo. A terra, più indietro, c'era Charlie con un foro di proiettile in pieno petto. Quando sia Voight sia Erin mi videro, qualcosa dentro di lei sembrò rompersi. Dapprima, alzando la testa, gli occhi le si velarono di lacrime; poi quando toccò la mia spalla scoppiò in un pianto disperato.
<Bimba, shh, calmati. È tutto finito> la rassicuravo stringendola ancora più forte e accarezzandole la testa. <Adesso andiamo a casa. Ok?> annuì ancora in lacrime.
In auto le appoggiai una mano sulla gamba perché continuava ad aver bisogno di contatto.
<Dove vai?> domandò preoccupata tra un singhiozzo e l'altro
<Vado a prendere un bicchiere d'acqua. Torno subito> replicai dolcemente guardandola negli occhi. Non ci volle molto infatti circa due minuti dopo ero di nuovo in camera sul letto. Erin appoggiò la testa sul mio petto abbracciandomi, io la strinsi a me e facendole alzare la testa per guardarmi negli occhi dissi:
<Promettimi una cosa: non andrai mai più da sola quando si tratta di andare ad arrestare qualcuno. Me lo prometti?>
<Promesso> nel suo tono c'era un'enorme quantità di scuse. La baciai dolcemente sulle labbra prima che si addormentasse.