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Capitolo 4

Ero in mezzo a tutti i poliziotti, ma non per questo non riuscii a vederlo. Mi feci spazio tra la folla, lui era ancora sul pianerottolo che separava i primi quattro scalini dalla seconda rampa che portava alla sede della nostra unità.
<Beh, non dici niente?> domandai impaziente della sua reazione. Mi abbracciò stringendomi forte a sé, ricambiai. Quando ritrovammo le parole finalmente rispose balbettando:
<M-ma non dovevi...?> Risposi no, ci riabbracciammo. Salii l'altra rampa e i ragazzi ebbero la stessa reazione.
<Abbiamo pensato di organizzare una Task Force su come si fa il caffè> affermò Adam Ruzek felicemente
<Non preparerò il caffè!> risposi sorridendo. Abbracciai Dawson, Atwater, Olinsky e l'amato sergente che per me era come un secondo padre. Poco dopo arrivò una chiamata e Halstead fece appena in tempo a dire che finalmente eravamo tornati insieme che Voight aggiunse:
<Tu oggi sei con Burgess> tradotto voleva dire di pattuglia.
<Ma dai...> protestai non troppo convinta perché se si metteva in testa una cosa era difficile persuaderlo. Indossai la divisa e con Burgess perlustrammo da cima a fondo la Roosevelt. Non c'era niente da fare e per come ero abituata io, fremevo per l'impazienza. <Fermiamoci qui> disse lei <Così andiamo a comprare qualcosa da mangiare> accostò la macchina davanti ad un supermarket, entrammo con l'intento di comprare qualche schifezza, ma la nostra sosta non durò a lungo perché Burgess notò due uomini bianchi sospetti entrare in un capannone abbandonato.
<Dovremmo avvertire la centrale> diasi, ma non feci in tempo perché entrò non appena vide un uomo cadere a terra con un proiettile in testa. Provai ad aprire quella dannata porta, ma invano. Cercai un'altra entrata e la trovai con una finestra. Entrai e...

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