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Cap. 82 Audrey e Tom

"Che cosa???"

Lo sento respirare pesantemente mentre cerca di controllarsi. Lo conosco bene, ecco perché l'ho chiamato io, in privato. Con Audrey.

Sono passati due giorni dall'ecografia, Audrey e Peter sono stati avvertiti, i miei si sono rassegnati velocemente ed hanno informato i nonni, anche quelli italiani. Non rimane che Brian.

"Zio non sclerare come al solito! Dovresti essere contento per me!"
È in viva voce e il suo vocione rimbomba fra le pareti della mia camera. Audrey si sta contorcendo dalle risate, sul letto a fianco a me.
"Contento che lo pseudo fidanzatino bullo ti ha messa incinta e che poi non ancora soddisfatto ti sposa?? Andrea, per favore! Sono sicuro che anche tu, dalla tua nuvoletta rosa, ti rendi conto che sarà un disastro! Che non è assolutamente la cosa da fare ora! Rifletti! Aspetta! Mica scade una cambiale!"
"No, scade solo il tempo della gravidanza!"
Sento uno sbuffo spazientito e alzo gli occhi al cielo.
"Ti sposi per legittimare il figlio? Ma per favore!"
Ridacchio fra me, ecco l'assist.
"Figli, zio"
"Ah! Non hai sfornato il primo che già pensi al secondo? Ma ti rendi conto! E sì che sei brillante e intelligente! Audrey!! Falla ragionare!"
"Brian, la conosci, non ascolta nessuno quando ha deciso! Però ci ho provato! Comunque ti sei perso un dettaglio e sì che sei brillante e intelligente!"
La voce e gli occhi sono pieni di ilarità mentre risponde, ma è vero, ci ha provato a farmi ragionare e abbiamo litigato furiosamente per poi fare pace subito dopo.
"Che vuoi dire? Che dettaglio?" Borbotta infastidito.

Sorrido mentre rispondo.
"Quando dico figli, intendo dire che nasceranno contemporaneamente, non a distanza di anni!"
Dall'altra parte, silenzio.
"Sono riuscita a farti stare zitto! Wow! Che evento!"
Dopo qualche secondo si sente snocciolare una bestemmia, seguita a ruota da una serie colorita di imprecazioni, più o meno pesanti.
"Zio! Ma dai! Giuro che non te li faccio nemmeno vedere i miei figli! Ma che ti prende?"
"E' un disastro! Suppongo che i tuoi saranno tutti contenti! Ti stai rovinando la vita! Rifletti, per l'amor di Dio!"

Sbraita come una vecchia inacidita, ma sinceramente mi sto stancando dei suoi improperi.
"Basta! Stai esagerando! Connor alla fine si è dimostrato un bravo ragazzo! Pensa che domani mi fa guidare la Mustang!"
Solo questa idea da sola mi risolleva immediatamente l'umore. Tanto lo so che Brian è il classico cane che abbaia ma non morde, almeno in certe occasioni che coinvolgono gli affetti. Per il resto non voglio nemmeno pensarci.
"La Mustang? Oddio! Andy ti prego, stai attenta, ti ricordi tutto quello che ti ho insegnato?"
Mi tiro su seduta, offesa, con la fronte aggrottata.
"Zio! Certo che mi ricordo! Lo sai che sono in gamba"
E comunque devo ancora capire se è preoccupato per me o per l'auto.
Sento un sospiro dall'altra parte.
"A parte gli scherzi, stai attenta. Ma che gli è preso a quello stupido? Deve essere proprio cotto per farti guidare quell'auto. È che poteva aspettare a dopo la nascita del... ma tu guarda che scherzetto, dei bambini!"
Sorrido.
"Invece no, si fida"
"Povero idiota" bofonchia.
Alzo gli occhi al cielo, non ho più voglia di discutere.
"Va bene zio, sei di cattivo umore e io ho da fare! Fatti vedere!"

Chiudo senza aspettare una risposta e mi giro verso Audrey.
"Siete proprio uno spasso" Ridacchia.
Mi sdraio sul letto e subito dopo faccio una smorfia. Mi scappa la pipì, di nuovo.
"Audrey? Mi dici cosa sta succedendo?"
Meglio afferrare il toro per le corna. La osservo mentre si irrigidisce e comincia a stropicciare fra le dita il lenzuolo.
"Sono uscita con Tom"
Mi tiro su di scatto con la bocca spalancata.
"Uscita? Dove? Quando? Ma come è successo? Perché non mi hai detto nulla? Giuro che ti uccido lentamente se non mi racconti tutto per filo e per segno!"
Alza le mani ridacchiando ma lo vedo che non è felice. E come potrebbe con un tipo come Tom? Minimo l'ha insultata, con una delle sue battutine al vetriolo. Già me lo immagino, a squadrarla dall'alto in basso, senza l'ombra di un sorriso.
"Ho chiesto a Paul se mi procurava un po' d'erba, tempo fa"
Trattengo il respiro. No, non può essere.
"Avevo bisogno di scaricare la tensione e mi è sembrata una buona idea fare un tentativo"
"Audrey! Bastava andare a correre la mattina per scaricare la tensione! Questa sarebbe stata una buona idea, non farsi una canna!"
Sbuffa infastidita.
"Tu ora vivi il tuo sogno dorato, non ci vediamo più come prima. Peter è freddo con me e questa cosa mi distrugge. Tom mi ignora per la maggior parte del tempo e io sto impazzendo. Perciò sì! Avevo voglia di provare una canna! A quasi diciassette anni penso di poterlo fare senza chiedere il permesso!"
Sto zitta. Ha ragione, l'abbiamo trascurata tutti, per un motivo o l'altro, mentre lei stava affrontando un cambiamento importante nella sua vita. Mi dispiace molto essere stata così egoista da non accorgermi che aveva bisogno di me.
"La sfiga ha voluto che me l'abbia portata lui. Non sapeva per chi fosse, con Paul eravamo rimasti di vederci dietro scuola, sai in quella rientranza del muro, appartata, dove tutti vanno a fare gli affari loro. Mezz'ora dopo la fine delle ultime lezioni, in modo che non ci fosse nessuno in giro. Quindi è stata una casualità"
Sospira.
"Ero lì che aspettavo..."

Audrey 's pov

Sono appoggiata al muro a testa bassa con i capelli che mi cadono intorno al viso, gli occhiali da sole inforcati e gli auricolari alle orecchie.
Non sto ascoltando la canzone, ma mi fa compagnia. Non mi distrae dai miei pensieri, ma meglio del silenzio.
Sono stanca, la notte dormo male e il giorno sono spesso assente. Non vedo l'ora che arrivino le vacanze di Natale. 

L'unico momento buono della giornata è quando sto con la combriccola di gente che si è formata intorno ad Andrea. Ma è giusto un momento perché poi basta un commento o vedere i due piccioncini tubare ed ecco che piombo di nuovo nella tristezza più nera.  Non voglio tornare con Peter ma mi manca averlo accanto, mi manca la nostra sintonia, i baci, gli abbracci. Sapere che siamo tutto l'uno per l'altra. Vorrei avere una possibilità con Tom, ma lui mi ignora. O meglio, fa finta di ignorarmi.

È bravo, non c'è che dire, ma io porto spesso gli occhiali da sole, anche quando non ce n'è bisogno, perché ho spesso gli occhi pesti, così riesco a cogliere dettagli che in condizioni normali mi sarebbero sfuggiti. Da dietro la protezione che le lenti scure mi garantiscono, osservo inevitabilmente il gruppo di Paul e ho notato dinamiche così strane da farmi venire il mal di testa a furia di capirci qualcosa. Sguardi, cenni, irrigidimenti, litigi. Paul comanda su tutti come un re senza corona con i suoi sudditi, ma mi sembra che non tutti siano così leali.

Ed in mezzo a tutto questo, non mi sfuggono le occhiate che casualmente mi rivolge. Ma più che un innamorato, mi sembra un papà severo, che controlla la figlia. Sospiro. No, non mi serve questo. Di padre ne ho uno e fa bene il suo lavoro, grazie.

Controllo l'orologio. Ma dov'è finito Paul? Già sono in ansia a fare questa cosa! Se mi fa pure aspettare, va s finire che ci ripenso.
Appoggio il capo al muro dietro di me, per godermi gli ultimi raggi di sole di questa bella giornata di fine autunno. Il sole mi scalda il viso e mi regala quel tepore che da troppo tempo mi manca. Mi abbraccio il busto e sorrido, sto bene, in questo momento solo mio mi illudo che tutto si risolverà per il meglio.
Vengo strappata brutalmente dal mio sogno ad occhi aperti, da mani che mi scuotono con rabbia. Gli occhiali volano a terra e per un attimo mi prende il panico.
Ma poi quando riesco ad alzare la testa, vedo che è Tom che con le mani sulle mie braccia mi scuote, nemmeno fossi uno di quei distributori automatici con una merendina incastrata e contemporaneamente sbraita qualcosa. Strano.
"Ehi! Falla finita!"
Gli do una manata sul braccio e mi molla, così che riesco a togliermi gli auricolari dalle orecchie.
"Che diavolo ti prende? Tieni a posto le mani! E dov'è Paul? Avevamo un appuntamento!"
Sono scombussolata e lo attacco scocciata. Lui si limita a fissarmi furioso.
"Beh! Che problemi hai? Il gatto ti ha mangiato la lingua?"
"Sei tu che hai chiesto l'erba a Paul? Sul serio?"
È arrabbiato ma sinceramente non capisco il perché. Non è una cosa così strana, lo fanno in tanti.
"Sì e allora? Ha mandato te?"
Fa un cenno d'assenso, rigido come uno stoccafisso. Sul serio, questo ragazzo deve rilassarsi un po' altrimenti gli prende qualcosa!
"Ottima scelta, non c'è che dire. Ora se me la dai, ti pago così mettiamo fine a questo piacevole incontro. Con mio profondo rammarico, ovvio."
Sto blaterando ma mi rende nervosa a livelli assurdi. Sto cercando di apparire fredda come lui, ma ho notevoli margini di miglioramento.
Ho i soldi in mano e glieli porgo, lui li guarda ma non li prende.
"Senti, devo andare a casa, sono stanca, perciò se la smetti di fare il difficile!"
Sbuffo infastidita. Sono in soggezione. Essere squadrata da quegli occhi gelidi, mi mette addosso ansia. La mia testa non riesce a smettere di pensare a quanto sarebbe bello vederlo sorridere, così da sciogliere quel gelo che ha negli occhi, passare le dita fra i corti capelli biondi, sfiorare il filo di barba che gli ricopre la mascella, baciare quelle labbra dure fino ad ammorbidirle.
Mi piacerebbe essere l'artefice di un tale cambiamento. Mi piacerebbe vederlo cambiare per me.
Purtroppo rimarrà una mia fantasia. Se devo giudicare dalla sua espressione. Anche se sono quasi sicura di non essergli indifferente.
Magari è già fidanzato e non vuole tradire. Giusto, può essere questo. Che fortuna!
Se sapesse che mi sono lasciata con il mio primo amore a causa dei pensieri impuri su di lui, sono sicura che finalmente lo vedrei ridere di gusto. Ma vederlo ridere di me non è una mia priorità, quindi chiudiamo questa faccenda e ognuno per la sua strada.
"Dove sei?"
Lo guardo stranita. Che sta dicendo? Mi sono distratta così tanto?
"Qui"
"Ma non con me" bisbiglia.
Abbasso la testa.
"Più di quanto tu creda"
Ora sono io ad aver usato un tono piatto, alzo gli occhi su di lui, è affascinante, così serio. Per un secondo leggo incertezza ma non mi chiedo per cosa. Sono troppo a terra per sforzarmi di capire chi non vuol farsi conoscere. Per correre dietro a chi non vuol farsi raggiungere.
"Per favore! Devo andare!"
"Non ti darò mai quello che vuoi!" Sbotta.
Lo guardo arrabbiata. Sta parlando dell'erba, ricordalo.
"Dovrò lamentarmi con Paul! Non stai svolgendo bene il tuo lavoro! Ed ora mi devo rivolgere ad altri!" Ribatto inviperita. Quasi mi viene da ridere.
Non ho proprio idea di chi possa aiutarmi e men che meno ho voglia di mettere in difficoltà Tom con Paul. Mi stacco dal muro e faccio per andarmene, ma mi afferra per un braccio.
Guardo la sua mano, non sono abituata ad essere agguantata come se fossi una delinquente, non mi piace questo sfoggio di arroganza, ma il mio corpo traditore reagisce per i fatti suoi.
Così, per reazione strattono come un'indemoniata per liberarmi da lui e dalla sua influenza e andarmene finalmente a casa.
"È perché ti sei lasciata con il tuo ragazzo? Per questo vuoi farti una canna?"
"Chi cazzo sei? Mio padre? Se voglio farmi una canna sono solo fatti miei! È una canna per l'amor di Dio! Mica voglio drogarmi pesantemente! Preferisci che vada in discoteca a sfondarmi di alcool? Sì in effetti può essere un'idea! Sai benissimo che mi darebbero da bere senza problemi!"
E magari finisco morta in un vicolo. Rabbrividisco ai miei stessi pensieri.
"Smettila di dire idiozie! Da una canna è un attimo passare oltre. Fidati"
Lo guardo, così freddo e asettico, mentre io vorrei solo corrergli incontro ed abbracciarlo forte. Mi volto prima che possa vedere le lacrime e intuire qualcosa.
"Ciao Tom"
Mi avvio, ma è destino che non faccia più di tre passi. Mi trascina di nuovo nella rientranza del muro e avverto una punta di paura. Mi guarda senza dire nulla, ha degli occhi così belli e così tormentati ora che decido di fare una cosa folle e al diavolo le conseguenze.
Mi avvicino lentamente a lui, se vuole può allontanarsi senza problemi, non lo tocco e non lo trattengo.
Le nostre labbra sono ad un soffio, continuo a guardarlo, ho paura che se ne vada, che mi spezzi il cuore.
"Non farlo"
Il suo fiato mi sfiora il viso, per un attimo mi fermo e smetto di respirare.
"Fermami"
Mi appoggio al suo torace e lo sento irrigidirsi, apro le dita sulla t-shirt, il suo respiro è lievissimo.
"Non... farlo"
Lo guardo e mi sollevo sulle punte dei piedi. Sono quasi alla meta.
"Non ti trattengo" bisbiglio.
Ma rimane fermo ed io appoggio le labbra sulle sue. Finalmente!
Rimango ferma anche io, ad assaporare questo momento, ad occhi chiusi, immaginando chissà cosa. Le sue labbra sono fredde, lui è rigido e a me dopo qualche attimo non rimane che tornare con i piedi per terra, il cuore indeciso se frantumarsi o librarsi in volo.

Quando ormai mi sono rassegnata ad andarmene, ecco che mi afferra e mi abbraccia stretta, il cuore fa un triplo salto carpiato sbattendo sulle costole, si ferma e poi prende a rullare impazzito, le mie mani si insinuano sotto al giubbotto fino alla vita, la mia guancia è sul suo torace, profuma di pulito. Lo stringo forte a me.
La sua mano è sotto ai miei capelli, appoggiata ferma sulla nuca. Mi stringe al cuore. Sto così bene, sono in pace, anche se so che non durerà.
Invece sembra che debba avere il mio momento, perché mi solleva delicatamente il viso e mi bacia.

Un bacio vero, uno che ti arriva e che ti fa attorcigliare ogni organo interno. Uno che ti disseta e ti placa dopo aver corso tanto, uno che ti stupisce perché non sai che può essere così, uno che ti fa fibrillare il cuore e quasi svenire dal piacere. Un bacio profondo, voluto, anelato e finalmente ricevuto. Un bacio adulto, giusto, che spazza via ogni remora.

Io non ne ho.
Ma lui sì.

Mi stacco per respirare, sono in affanno. Ci guardiamo negli occhi.
"Siete due piantagrane" esordisce. Ma il tono non è cattivo, solo rassegnato.

Sorrido e mi tiro indietro.
"Perché mi hai baciata?"
"Perché lo volevo. Da tanto se è per questo"
Si interrompe.
"Ma?"
Perché ovviamente c'è un ma. Mi guarda, mi sposta i capelli all'indietro.
"Non avrei dovuto, non è un buon momento. E non posso darti spiegazioni"
Sbuffo. È diventato uno slogan.
"Tu e il tuo amico avete seri problemi!"
Sorride, ma è un sorriso stanco.
"Sì, è vero, non hai idea! Se lo viene a sapere Derek, sono fottuto"
"Possiamo non farglielo sapere! Sono brava a mantenere i segreti!"
Più che altro sono patetica, oltre che bugiarda!
Non dice nulla e abbasso il capo. Mi sento sconfitta come mai mi sono sentita prima.
Lui continua a non dire nulla ed io comincio a sentire la tristezza afferrarmi alla gola, stringendo fino a soffocarmi.
Bene, devo fare tutto io. Dall'euforia sono passata in un secondo alla disperazione. Al posto del cuore, ora ho una pietra. Perché non può essere semplice? Perché deve esserci sempre un qualche problema insormontabile?
Devo strappare il cerotto in fretta. E tornare a casa a piangere tutte le mie lacrime, di nuovo.

"Quindi? Suppongo mi dirai che non è successo niente e che dovremo continuare ad ignorarci"
Solo a dirle queste parole, mi lacerano. Non oso pensare a come potrò vederlo a scuola e fare finta di niente.
Non dice nulla, mi fissa e basta. Sorrido amaramente, come volevasi dimostrare. Penso sia ora di andarmene per davvero, prima che il fiume rompa gli argini.
"No. Devo parlarti. Ma non posso farmi vedere con te. Ci incontriamo sulle colline. Cercherò di spiegarti, non posso dirti più di tanto quindi dovrai fidarti"
Spalanco la bocca. Come? Cosa?
"È un appuntamento?" Bisbiglio, nemmeno fossi in chiesa.
Sorride appena, mi tiene per le braccia.
"Sì. Ora però devi seguire le mie istruzioni..."
Sintetico, duro, diretto. Un vero tesoro.
Solo a casa mi sono accorta che alla fine non mi ha dato la mia erba. Ma ho avuto molto di più, non posso lamentarmi.
Mi butto sul letto, sognante. Ho un appuntamento!

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