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Cap. 80 Evoluzione



Quel giorno segnò in qualche modo una linea di confine fra prima e dopo.

Prima, era solo uno scherzo.
Dopo, fu tutto dannatamente serio.

Prima, eravamo una scommessa.
Dopo, diventammo una certezza.

Prima, era tutto confuso.
Dopo, fu cristallino.

Prima, Allyson era semplicemente furiosa.
Dopo, divenne una belva assetata di sangue.

Prima, avevo un sano appetito.
Dopo, divenni un pozzo senza fondo.

Eh sì. Non abbiamo migliorato su tutti i fronti.

Non me ne curai. Soprattutto di Allyson.

Del resto a tutti è capitata una delusione d'amore. Si soffre, si piange e poi più o meno lentamente si reagisce. La sera non ti addormenti più pensando a quanto ti è mancata quella persona durante il giorno e la mattina ti svegli con l'idea che sarà una bella giornata.
Allyson evidentemente non rientrava nella categoria di chi reagisce bene alle delusioni.
Anzi.

Nelle settimane che seguirono, come a me cresceva l'appetito a lei cresceva la rabbia e quella voglia di vendetta, tipica di ogni bella ragazza viziata e con poco cervello, abituata ad averla sempre vinta. E ancora non sapeva niente!

Nemmeno me ne accorsi.
Del resto bazzicava ancora con Paul Salinger e lui bazzicava con lei, Moira e alcune altre.

Paul e i suoi amici furono sospesi e si beccarono una bella denuncia.
E questo perché le telecamere rivelarono che furono proprio loro a manomettere il mio armadietto e collocare le lamette all'interno.
Tom e Derek non erano con loro. Ma lo sapevano? Derek mi era sembrato sconvolto, ma non si sa mai! Questa domanda mi tormentò non poco, ma due giorni dopo Audrey ebbe un confronto con Tom e tutto fu chiarito. Non ne sapevano niente, non gliene avevano parlato in virtù del fatto che erano miei conoscenti e non volevano che potessero avvertirmi. E sempre per lo stesso motivo, ultimamente erano stati un po' esclusi dal gruppo.

Noi rimanemmo sconvolti. Io, Connor, la mia famiglia e i miei amici. Perché questo accanimento su di me? Io a Paul nemmeno lo conoscevo! Possibile che Allyson e Moira avessero tutto questo potere su di lui, da fargli fare una cosa del genere?
Furono accusati di lesioni lievi.
Lievi! Perché la ferita alla mano fu dichiarata guaribile in quindici giorni. Quindi lievi.

I genitori di tutti loro, decisero che c'era bisogno di una bella punizione, quindi oltre alla sospensione da scuola e le ore di servizio sociale, da svolgere a scelta fra una casa di cura per anziani e una mensa per i poveri, decisero di eliminare il loro generoso appannaggio mensile.

Adesso, per soddisfare le loro costose voglie, avrebbero dovuto trovare un lavoretto, nientemeno!

Non si resero conto di aver appena creato dei mostri.

Nessuno ci fece caso.

Io vivevo nel mio mondo, dopo più di dieci anni, finalmente dorato. O quasi.
Con Connor, ma anche con i miei amici, vecchi e nuovi e con le rispettive famiglie. Con Lily, il suo vecchio labrador color crema, che aveva trascurato a causa mia, ma che ora stava sempre con noi.

Avevo davvero tanta carne al fuoco.
Nel bene e nel male.

Perché se da una parte ero coccolata da tutti e ne approfittavo vergognosamente ma senza vergognarmene minimamente, dall'altra c'era pur sempre una pancia che cresceva, le nausee, gli sbalzi d'umore, la tensione in casa Walsh, la scuola con i compiti, le interrogazioni, le occhiate invidiose di chi ancora non si era fatto una ragione che io avessi potuto far capitolare il qb dopo anni di odio, la situazione di Audrey con Peter e Tom, la mia "non" situazione con Derek.

E una costante fame.
A tutte le ore, del giorno e della notte. Voglia di dolce e subito dopo salato. Frutta e popcorn. Pancake e uova con bacon. Cioccolato e hamburger. Pizza e yogurt.

Quello che prima era un vezzo sporadico, divenne una ben poco sana abitudine nell'arco dell'intera giornata.
Mi guardavano tutti con orrore e tutti cercavano di mettermi un freno, anche io in realtà, solo che lo toglievo spesso.
Mia madre non acquistò più cibi calorici e poco salutari, ma io uscivo e me li compravo da sola, spesso di nascosto da tutti.

Del resto nonostante questo mio comportamento squilibrato, la gravidanza procedeva a gonfie vele.
In effetti, nello stesso tempo smaltivo. Lunghe passeggiate con Lily e tante sessioni di sesso.

Ebbene sì, gli ormoni mi stavano giocando davvero un brutto scherzo, per la gioia di Connor che continuava a dire, di voler fare tanti figli, se le conseguenze erano queste.
La timida e insicura ragazza si era trasformata in una tigre, prendendo spesso l'iniziativa, in tutto. Conobbi decisamente meglio il mio corpo, quello di Connor e quello che potevamo fare insieme.

Ora.
La gravidanza.

A parte l'euforia iniziale, mi fu subito chiaro che la gravidanza sarebbe stata una seccatura colossale.
La prima visita dalla ginecologa, gli esami del sangue, la dieta, questi furono i primi traumi.

I miei genitori in fibrillazione e sempre a chiedere come stavo. Le chiamate di mio zio a tutte le ore del giorno.

Le chiamate di mia nonna in piena notte.

Persino i signori Walsh e la loro governante pensavano di avere voce in capitolo ed esprimevano senza problemi il loro punto di vista con consigli del tutto non richiesti e soprattutto non necessari.
Insomma una tragedia.

Poi arrivarono le nausee mattutine. Era una perenne corsa in bagno e questo, più di tutto il resto, mise uno stop, o meglio, un leggero freno, al mio divorare qualunque cosa anche lontanamente commestibile. Mi lasciavano spossata e inquieta e le mattine a scuola divennero una tortura con questo umore altalenante.

A scuola nessuno sapeva nulla, a parte ovviamente Audrey e Peter. Volevo aspettare che passassero i fatidici primi tre mesi prima di espormi di nuovo al pubblico ludibrio, cosa inevitabile visto che si trattava di me e Connor, la coppia più improbabile e chiacchierata della storia di Apple Valley.

Connor divenne attento e dolce e io iniziai a non sopportarlo più. Addirittura mi voleva portare lo zaino. Mi faceva sentire un'invalida e ben poco attraente. Se non fosse per le notti in cui stavamo insieme come eravamo sempre stati, non avrei resistito. Ma per fortuna quelle notti c'erano.

Nonostante questo però, in alcuni momenti ero preda dei dubbi e questo mi faceva sentire, una brutta persona. Amavo Connor ma essere passata da vergine ignorata da tutti a futura mamma in un nano secondo, mi aveva alquanto destabilizzato. Mi chiedevo se non avessi sbagliato a seguire il cuore, sentivo di aver bruciato le tappe, che mi sarei preclusa tante possibilità che senza un bambino avrei potuto cogliere.

Connor poi non mi rendeva le cose facili. Geloso, possessivo, immaturo, a volte ero preoccupata per il nostro futuro, avremmo dovuto smussare tanti angoli, trovare dei punti d'incontro. Nei momenti in cui tutto andava bene ero positiva, sicura del nostro amore e convinta che nulla avrebbe potuto dividerci, ma quando stavo con il viso sopra al wc, anche se lui era lì con me a tenermi i capelli, ero preda dello sconforto. Lui era il qb, bello, ricco, popolare. Quanto poteva durare? Quanto ci avrebbe messo a rimpiangere la bella vita senza complicazioni che aveva sempre condotto e lo stuolo perenne di ammiratrici?

E per questi pensieri mi davo della stupida. Perché per quanti difetti potesse avere, Connor dimostrava in ogni momento di amarmi, con parole e fatti.

Per fortuna avevo Audrey, la mia roccia, il mio sostegno da quando avevo sei anni. Mi incoraggiava o si arrabbiava a seconda della situazione. Di solito si arrabbiava, visto che ero diventata piagnucolosa, petulante e insopportabile.

Nonostante fossi molto presa da me stessa, mi accorsi che qualcosa in lei era cambiato, ma quando chiedevo mi rispondeva con una smorfia e scuoteva la testa. Avrei pazientato ancora un po' prima di farle un terzo grado con i fiocchi.

Quindi, in un soffio, due mesi passarono e fu il momento della prima ecografia.

*********

Connor's pov

Ho la tachicardia mentre aspettiamo nella sala d'attesa della ginecologa. Per distrarmi osservo la carta da parati color crema, i quadri moderni, il tavolino basso con libri riguardanti la gravidanza e la salute della donna. Mi sento fuori posto. Cosa ci faccio io qui?

Faccio un respiro profondo per calmarmi e continuo la mia perlustrazione. È una sala d'attesa ampia e confortevole, adeguata alla parcella, senza dubbio e una ulteriore prova ce l'ho quando la segretaria ci chiede se gradiamo qualcosa da bere. Io e Andrea ci guardiamo un attimo e quasi scoppiamo a ridere, poi in sincronia scuotiamo la testa.

"Connor, ma la devo fare per forza? Non ne ho affatto voglia." Mi bisbiglia.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo.
"Smettila di fare la bambina!"

La vedo rabbuiarsi e intristirsi e mi do dello stupido. Se sono agitato e impacciato io, figuriamoci lei che fino all'altro ieri passava tutte le serate a giocare con la Play Station contro altri sfigati senza una vita.
Sono cattivo, me ne rendo conto. Soprattutto perché la colpa è in gran parte mia.
Come anche del fatto che siamo qui.

"Scusa. Sono nervoso."
"Sì, anche io." Borbotta.
"Che c'è? Sei arrabbiata?"
Non riesco ad usare un tono calmo, sono irritato. Ma Andrea non è più la ragazzina che subiva in silenzio. Si tira su diritta scostandosi da me e mi dispiace di essere un tale idiota.
"Puoi anche andare Connor. Me la sbrigo da sola, non preoccuparti. Non ho paura."
La voce è uscita calma e sicura e per un attimo mi sento perso.
Mi fissa negli occhi, l'insicurezza di poco prima completamente scomparsa ed è vero che non è impaurita. Almeno fino a che non si apre la porta. Allora vedo che si morde il labbro inferiore e mi viene naturale afferrarle la mano per farla alzare in piedi.

La ginecologa è una bella donna di circa quarant'anni, con folti capelli neri e una carnagione che tradisce le sue origini messicane. Ha un sorriso gentile sulle labbra mentre ci osserva.
"Ciao Andrea! E tu devi essere Connor. Prego accomodatevi."
La dottoressa Morales è un'amica di Bella Mallory. Andrea non l'ha voluta oggi, perché deve essere un momento solo nostro, ma i suoi ci sono rimasti così male che mi sono intromesso e siamo arrivati ad un accordo. A metà ecografia ci raggiungeranno.
Il piccolo ufficio e ambulatorio è simile alla sala d'aspetto. Rilassante, luce soffusa, profumato, efficiente.

La dottoressa fa una serie di domande ad Andrea sulla sua salute e sulle sue abitudini alimentari. Scuoto spesso la testa e la dottoressa ogni tanto mi sorride.
Il tasto alimentazione è molto delicato e Andrea non sta seguendo le direttive così si deve sorbire una sana ramanzina sui rischi a cui va incontro. Lei, ma anche il bambino.
Mi metterò io d'impegno a farla rigare dritto.

Quando dice che può stendersi sul lettino, io e Andrea ci fissiamo in apprensione.
"Ragazzi, tranquilli! Non è doloroso, sentirai solo il freddo del gel."

La pancia di Andrea non è mai stata completamente piatta e scolpita da addominali ma morbida e burrosa. Ora, mentre si scopre il ventre e l'osservo con attenzione, come non riesco mai a fare quando stiamo insieme, noto che si è leggermente arrotondata. Non ci avevo ancora fatto caso e irrazionalmente sento la gola serrarsi dall'emozione. Lei cerca di non dare a vedere quanto sia agitata e per tranquillizzarla mi sistemo al suo fianco e le prendo la mano. È fredda e umida e gliela stringo leggermente per infonderle un po' di coraggio.

"Allora iniziamo!"
Appena la sonda poggia sulla pancia si cominciano a sentire dei rumori non meglio identificati finché all'improvviso il chiaro suono di un battito cardiaco si spande per la stanza.
I miei occhi si fissano sullo schermo senza peraltro vedere nulla, per un attimo penso che sia il mio cuore a battere così forte perché non è possibile che sia mio figlio a fare tutto questo casino. Poi però guardo Andrea e lei sta piangendo con una mano davanti alla bocca e l'altra che mi sta stritolando.

Mi sento confuso, la testa mi gira.
Sto ascoltando il cuore di mio figlio che mi dice che presto arriverà a sconvolgermi la vita e per un attimo mi sento svenire.
È solo un lieve capogiro perché poi l'adrenalina prende il sopravvento, il mio cuore comincia a correre, quasi a fare da contrappunto a quello di quell'essere minuscolo.

"Connor..."
Provo a rispondere ma mi esce un rantolo che mi graffia la gola e scopro che le mie lacrime stanno cadendo sul braccio di Andrea.
Riporto lo sguardo sul monitor, sono imbarazzato ma non mi importa più di tanto. Lei mi carezza il braccio e io mi abbasso un secondo a lasciarle un breve bacio sulla bocca.

Quando mi rialzo noto che la dottoressa ha lo sguardo corrucciato e manovra la sonda avanti e indietro con una certa velocità, causando strepitii e un battito cardiaco decisamente alterato.
Non è che sta facendo male al piccolo?
Sto per parlare ma mi anticipa.
"Allora...ragazzi..." comincia seria ed io mi sento morire, perché se c'è qualcosa che non va, non potrei sopportarlo, non ora che ho sentito il suo cuore battere, non ora che ho intravisto quelle ombre scure che pare siano lui... o lei!

NdA

😅😅😅 ce l'ho fatta! Ho partorito. Scusate la lunga attesa ma ho avuto anche io un bel blocco. Spero di andare avanti regolarmente ora. Non manca molto alla fine! Ho voglia di iniziare il seguito 🤣.
Commentate!! 😘

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