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Cap. 57 Disagi

Allenamenti di football.

Ero certa che mi sarei annoiata a morte, ma Connor ci teneva che fossi presente perciò eccomi seduta su una fredda gradinata in pietra.

È una sensazione strana, non so nemmeno io che diavolo ci faccio qui, mi sembra di recitare un ruolo, ragazza del quarterback e mi viene da ridere.
È tutto molto ironico o paradossale...

Non ho mai assistito ad una partita della nostra scuola ed ora mi toccano pure gli allenamenti.

Mi guardo attorno, ci sono altre dieci ragazze circa, che ad ogni azione, anche la più insignificante, lanciano gridolini entusiastici.
Lanciano anche occhiate curiose nei miei confronti, che me ne sto a gambe incrociate, molto più attenta al libro di matematica che ho aperto davanti a me, che a quello che succede in campo.

I nostri impianti sportivi sono all'avanguardia, non potrebbe essere diversamente in una contea ricca come la San Bernardino ed in particolare qui ad Apple Valley dove vivono parecchie persone famose fra attori, politici e sportivi.

E poi, il football riveste da sempre un ruolo importante, sin dalle elementari, figurarsi ai superiori, quando gli osservatori già cominciano ad adocchiare i futuri campioni.

Io purtroppo non lo so apprezzare a dovere, come fanno tutti. Anzi, ora che ci penso, devo ancora scegliere una disciplina sportiva per i crediti extra. Il problema è che non so proprio cosa fare.

La corsa non fa per me, troppo peso da far sobbalzare.
Il nuoto, per carità! Mi piace tanto ma non da farci le gare, non sono sufficientemente aerodinamica e poi l'ambiente della piscina mi mette a disagio.
Gli sport che prevedono una palla o pallone che sia, abbiamo già appurato da tempo che non sono nelle mie corde.

Quindi? Non voglio iscrivermi al club degli scacchi!
Ci sarà pure qualcosa di adatto a me!
Lo devo solo scoprire.

Abbasso gli occhi verso la mia scollatura, il solco fra i seni pieni sembra prendermi in giro.
Dio mio! Che gran impiccio!

Scuoto la testa frustrata e mi rimetto a studiare e cercare di rendere produttiva questa oretta, ma dopotutto sono figlia di mio padre e mi resta impossibile estraniarmi del tutto da quello che sta succedendo in campo.

A tratti osservo Connor. Sembra Terminator, parte all'attacco schivando tutti, corre veloce, ha un buonissimo gioco di gambe e grazie alla sua altezza riesce a seguire il gioco ben oltre la linea di difesa. Raramente non realizza o fa realizzare una meta.
Magari, è il futuro Tom Brady.

È per questo che rimango stupita quando non si accorge di un'azione avversaria che lo blocca e lo costringe ad un lancio impreciso in direzione di uno dei runningback che ovviamente non riesce a prendere.

Salto in piedi.
"Walsh! Che ti prende? Dove hai la testa?" urlo.
Per buona misura ho messo pure le mani intorno alla bocca, a fare da megafono.

Tutto si blocca, nemmeno avessi urlato stop!
In molti alzano lo sguardo verso di me, qualcuno si toglie il casco ridendo.

"Volevo vedere se stavi attenta Mallory!" ribatte in tono allegro il diretto interessato.
"Pensa per te! A me non sfugge nulla!" urlo di rimando.

Mi rimetto velocemente seduta, trattenendo un sorriso.
Sento riecheggiare altre risate da parte dei compagni e battute ovviamente. Faccio finta di niente, continuando i miei esercizi di matematica, ma ogni tanto sbircio e rimango interdetta quando noto che il coach mi sta fissando serio.

Non posso aver fatto nulla di così grave, quindi prendo un bel respiro e prima di ripensarci gli faccio un sorriso e lo saluto con una mano.

Non mi calcola minimamente e si gira di nuovo verso il campo.
Ah... bene! Un altro con problemi seri?

Accidenti! Dopo le cheerleader mi sono inimicata anche il coach?
Non è sufficiente essere trafitta costantemente dalle occhiate velenose di Allyson e delle sue degne compari? Anche gli sguardi glaciali del coach, devo sorbirmi?

Vengo distratta da un sms di Audrey. È andata a trovare Peter a casa e hanno parlato di nuovo.

Faccio una smorfia e la invito a venire a casa, poi resterà a dormire da me, così mi può aggiornare con calma e senza interruzioni.
Avverto mia madre che Audrey sarà a cena e mi preparo ad andarmene.

Mi sento a disagio, adesso cosa dovrei fare?
Sbracciarmi per attirare la sua attenzione e salutarlo?
No. Neanche morta.

Gli mando un sms di spiegazioni?
Sì. Questo lo posso fare, anche se sotto sotto, mi scoccia doverlo informare.
Sono sempre stata sola, non sono abituata a rendere conto a nessuno che non sia la mia famiglia.
Ok. Mi devo sforzare, devo abituarmi e non essere la solita insofferente.

Fortunatamente, nel mentre che sono in piedi con il telefono in mano, lo vedo alzare la testa nella mia direzione e colgo al volo l'occasione.

Lo saluto e gli faccio cenno di sentirci al telefono dopo. Annuisce e mi alza il pollice. Sorrido. Sembriamo una coppia affiatata, quando la realtà è ben diversa.

Scendo le gradinate lateralmente fino al cancellino che porta all'uscita e in un attimo sono fuori.
Il sole è quasi calato del tutto, le ombre si sono allungate e l'aria si è fatta più frizzante. Mi stringo nel giacchetto di pelle color caramello, sotto ho solo una t-shirt leggerissima.

Cammino spedita fuori da scuola in direzione di casa mia. Sorrido, mentre rabbrividisco leggermente, perché ripenso allo scambio di battute avute.

Certo, avere Connor come amico piuttosto che come nemico è molto più piacevole.

Lo spintone che ricevo, mi coglie del tutto impreparata.
L'aria mi esce di botto dalla bocca in conseguenza al colpo ricevuto fra le scapole, i libri e il telefono mi volano dalle mani cadendo malamente sul marciapiede.
Io atterro su ginocchia e mani dopo aver incespicato per qualche passo. Il bruciore mi attraversa i palmi serpeggiando su per le braccia e strappandomi un gemito.
Per un attimo mi tornano in mente gli scherzi di Connor, ma spinte e sgambetti sono stati in repertorio fino alla prima media, ora siamo un po' cresciutelli per queste cose.

Eppure qualcuno lo ha fatto, se devo dar retta al dolore che avverto nei punti in cui ho battuto a terra!
Mi giro velocemente ma non c'è nessuno. Non so se esserne felice o meno. Un confronto, forse, sarebbe stato poco salutare, ma di sicuro molto gratificante.

Lentamente mi metto seduta e mi sposto i capelli dal viso. I palmi sono graffiati, i jeans solo sporchi. Il telefono ha la cover rovinata.
Sento qualcuno avvicinarsi e per un attimo trattengo il respiro.

"Andy! Ma che fai? Ti riposi?"
Sorrido.
"Idiota. Aiutami dai, sono caduta"

Aspetto che Alex sia più vicino e che appoggi in terra il borsone del calcio per allungare le mani verso di lui e lasciarmi tirare in piedi.

"Hai i palmi feriti. Stai bene? Sei inciampata? Stavi pensando a Connor e sei caduta a terra dalla tua nuvoletta rosa?" sghignazza.

Mi spolvero i jeans, sto bene ma sono un po' dolorante.

"Veramente mi hanno spinto" borbotto.
La mia testa sta ancora ragionando su questo aspetto.
Possibile? Sarà stato un ragazzino stupido, in vena di scherzi. Un piccolo Connor tornato dal passato a tormentarmi ancora. Mi scappa una risatina.
Alex invece mi si è avvicinato sollecito.

"Ti hanno spinto?" sbotta.
"Già. Che vuoi farci, attirare gli idioti è una mia specialità!"
Lo vedo corrucciato ma non insiste.
"Vieni, ti do un passaggio. Quando lo saprà Connor, andrà su tutte le furie!"

Rifletto su quanto mi sta dicendo. Il passaggio lo accetto perché mi fanno male le gambe, per il resto...

"Connor se ne rimarrà tranquillo, perché noi non gli diremo nulla. Non ho nessuna voglia di gestire i suoi scleri, per una sciocchezza simile! Se si accorge delle sbucciature sulle mani, dirò che sono inciampata e fine della discussione"

Mi guarda come se fossi uscita di senno.

"Beh? Che c'è?" chiedo.
"Se si accorge? Sul serio?"
Sbuffo.
"Ok! Quando si accorgerà... meglio?"

Saliamo su una piccola ma lussuosa BMW Z4 e sorrido.
"Si vede che sei straniero!"
Scoppia a ridere e mi guarda.
"Non starai esagerando? Ho visto centinaia di BMW qui"
"Sì, berline per lo più, mica queste scatolette sportive! Un americano che si rispetti ha una Mustang o una Camaro non questa roba qui! Se devi andare su un marchio europeo sono accettate le Ferrari e le Lamborghini. Ma come ho detto... tu non sei americano, quindi posso sorvolare"

"Sono ufficialmente impressionato" dice guardandomi stupito.

"Ad una ragazza non possono piacere le auto? No. Non rispondere con qualcosa di terribilmente sessista e piuttosto, resti a cena, Alex?"

"Come posso rifiutare una cena dai Mallory? Quando apriranno un ristorante, sarò cliente fisso! E poi, questo farà incazzare terribilmente Connor" conclude ridendo.

A me invece resta cucita addosso la sensazione di disagio provata durante tutto il pomeriggio.
Disagio per non essere ancora entrata nella parte di quella che sta con Connor Walsh.
Disagio per le occhiate che continuo a ricevere.
Disagio perché non mi sento uguale alle altre.
Disagio per lo spintone ricevuto.
Disagio per la situazione di Audrey e Peter.
Disagio perché ancora non riesco a concepire un mondo dove Connor Walsh tenga a me.

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