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Cap. 1 Primo giorno di scuola




Ieri

Non riesco a lasciare la mano rassicurante di mia madre. Mi ci sto aggrappando come la prima volta che sono stata in acqua senza braccioli. Mi guardo intorno con gli occhi sgranati, le ginocchia mi tremano. C'è tanta confusione, c'è chi ride, chi strilla, chi spinge, alcuni bambini piangono e a me si chiude la gola. Ho paura di unirmi a loro da un momento all'altro e se succedesse morirei di vergogna. Non voglio andare a scuola. Voglio tornare a casa, al sicuro. Gli occhiali mi scivolano sul naso, una delle lenti è coperta da un adesivo multicolore e sento le labbra incresparsi nel mio solito broncio quando sono costretta a fare cose che non voglio.

La mamma ha detto che ho un occhio pigro. In molti mi osservano curiosi ed io mi muovo a disagio, ondeggiando da un piede all'altro, la testa bassa. 
«Mamma, mi scappa la pipì» bisbiglio tirandole la mano per avere la sua attenzione.
Come sempre si abbassa alla mia altezza e mi sorride dolcemente. Vorrei buttarle le braccia al collo e stringerla, annusarle i capelli che hanno quel buon profumo così familiare, ma ho paura di fare la figura della piagnucolosa, quindi tiro su col naso e mi limito a guardarla sconsolata.
Il suo viso così solare e amato è rassicurante, ma so che se ne sta andando e questo mi fa battere forte il cuore, stringere lo stomaco e... scappare la pipì sempre più.

«Tesoro, ora devi metterti seduta. Lo dici alla maestra appena puoi»
Mi sorride e mi sposta dietro l'orecchio una ciocca di capelli. Il suo tono è calmo e gentile. Adoro la mia mamma.
«Stai tranquilla. Andrà tutto bene» mi guarda con un sorriso buffo sulle labbra come a volermi far ridere. Sa perfettamente come mi sento, lo sa sempre e di solito risolve tutto. Ma questa volta non sarò accontentata.
Mi accompagna ad un banco, mi bacia, mi mormora all'orecchio le ultime raccomandazioni, mi scatta una foto e mi saluta con la mano.
Io per tutto il tempo la guardo imbronciata con le braccia lungo i fianchi, l'immagine stessa dello sconforto.

Sono sola in un mondo di piccoli sconosciuti, probabilmente cattivi e pronti a prendermi in giro per gli occhiali... lo so già. Mi viene da piangere.
Mi afferro al banco come ad un'ancora. Non so cosa fare.
«Ciao! Posso sedermi a questo posto?»
La voce, così vicina, mi fa sussultare. Guardo meravigliata la bambina in piedi vicino a me. Ha i capelli scuri, occhi verdi e una pelle chiarissima e aspetta una mia risposta, sorridendo. Indossa un paio di jeans e una t-shirt di Spongebob molto carina.

«Certo...» mormoro stupita.
La osservo affascinata. I capelli leggermente mossi le arrivano alle spalle, il visetto chiaro spicca, così come le labbra rosse.
«Lo sai che sembri Biancaneve?» mi scappa di bocca e subito arrossisco imbarazzata.
Mi sorride ancora e si siede composta, cominciando a sistemare le sue cose sul banco, con calma e metodo.
«Tu invece sembri Cenerentola!» aggiunge all'improvviso.
Sgrano gli occhi. Io Cenerentola?

«Certo! Hai dei bellissimi capelli biondi, gli occhi azzurri e questo vestito è proprio da principessa!»
Mi guardo. Il vestito verde a balze è veramente bello anche se a me non piace, ma la mamma non ha sentito ragioni.
«Ma Cenerentola non ha gli occhiali!» esclamo delusa.

Mi viene in mente così all'improvviso. Per un attimo mi sono sentita davvero una principessa ma poi gli occhiali mi sono scivolati sul naso e me ne sono ricordata.

«Che importa. Tu le somigli lo stesso» dice sorridendo e scrollando le spalle.
Il cuore mi batte forte. Questa bambina mi piace molto.

«Io sono Andrea. Vuoi essere la mia migliore amica?» chiedo titubante.
«Ma certo! Vuol dire che aspetteremo insieme i nostri principi azzurri! Io sono Audrey» 
Non ho capito molto la faccenda di aspettare i principi ma non importa. Ci sorridiamo felici. Alla fine è andata meglio del previsto!

Poi una gomma da cancellare mi centra proprio in fronte facendomi tornare bruscamente alla realtà. Faccio un balzo indietro dallo spavento e sgrano gli occhi per un lungo momento. Poi scoppio a piangere.
Mi ha fatto male, ma soprattutto mi ha colto di sorpresa e in un attimo tutto lo stress represso è esploso in un bel pianto. Davanti a tutta la classe.

«Sembri un pirata con un occhio solo! Ma quanto sei brutta!»
C'è questo bambino che ride e strilla mentre la mia nuova amica mi circonda con le braccia. Lo guardo fra le lacrime, è un biondino con gli occhi azzurri, lo sguardo cattivo mentre mi fissa. Perché? Perché proprio io? Tiro su con il naso mentre la maestra lo rimprovera.
«Connor Walsh! Chiedi subito scusa ad Andrea!»
Mi guarda furioso ed io ricambio lo sguardo impaurita. Spero solo che si dimentichi in fretta di me.

Oggi

«Sul serio Audrey non mi sembra una buona idea»
Sento il broncio sulle labbra e cerco di avere un tono sicuro, mentre attraverso lo specchio guardo la mia migliore amica e contemporaneamente tiro giù la minigonna.
«Fermati per carità o la strapperai!»
Sbuffo e mi volto ad affrontarla. Non posso cedere ora o se ne approfitterà vergognosamente ed io diventerò la sua cavia.

«È il primo giorno di scuola e voglio sentirmi a mio agio. Non mi vestirò come Allyson solo perché durante l'estate... beh hai capito» sventolo una mano in aria.
«Certo! Ti sono cresciute le tette, tante tette, non porti più l'apparecchio ai denti, metti le lenti a contatto al posto degli occhiali e... ah già, sei cresciuta di cinque centimetri e sei... rullo di tamburi... una strafiga pazzesca!»

Ride come una matta, rotolandosi sul mio letto. Strafiga è del tutto inappropriato, esagerato proprio. Ma non posso negare di essere cambiata in questi tre mesi. In meglio per fortuna, ma mi sta creando non pochi problemi, questo cambiamento. Sono io ma non la solita io. Non so come rapportarmi con questo corpo diverso. Le insicurezze però sono sempre le stesse.

Mi tolgo quello scampolo di stoffa che la mia amica chiama gonna e metto i miei adorati jeans con un sospiro di sollievo. E quando dico jeans intendo dei veri jeans, scoloriti, vissuti, larghi, non i superskinny che per infilarli devi soffrire le pene dell'inferno, trattenere il respiro tutto il giorno e a fine serata quando li togli, tutto trabocca fuori, come da una pentola dimenticata sul fuoco!
No grazie.
Le mie adorate Converse a stelle e strisce...

«Questi jeans tesoro sono da buttare. Ti cascano sui fianchi, andavano bene sei chili fa. Alt! Quella canotta la tieni per favore! Ti sta d'incanto!»
Il tono non ammette repliche.
Mi guardo di nuovo e faccio una smorfia. Non butterò mai quei jeans.

Ma la canotta a costine è vero, mi sta d'incanto, ma mette spudoratamente in evidenza il mio seno che da qualche mese a questa parte di tutto ha bisogno tranne che di essere messo in evidenza.
Mi è cresciuto fino ad una ragguardevole quarta misura ed ora che sono più magra si nota molto.
Me ne infilo un'altra più lenta sopra, tanto per smorzare un po' l'effetto aderente ma Audrey si alza di scatto e me la sfila con malagrazia.

La guardo stralunata ma lei si volta senza dire nulla.
Ho creato un mostro. 

«Non tentare neppure di infilare una matita nei capelli!»

Sospiro, guardo la matita sul comodino e lascio i capelli sciolti. Sono bionda, soprattutto dopo aver passato l'estate al sole. Ciocche più chiare si mescolano ad altre più scure creando un bell'effetto. Il tutto senza spendere un dollaro. La chioma mi arriva quasi in vita... una scomodità e un caldo assurdi. Ma chi la sente a quella...

Afferro la borsa di tela colorata che uso per andare a scuola e sono pronta.
«Wow sorella, li stenderai tutti» sospira estasiata.
Le rivolgo un pallido sorriso per non deluderla. Chissà cosa pensa che succederà... Lei è stata sempre molto carina e femminile. Mi domando come mai sia diventata mia amica, in quel lontano primo giorno di scuola elementare. Di solito ogni simile attira il suo simile. Comunque, cambiamento o meno, spero proprio di passare inosservata.

Poi però ci penso meglio. Apple Valley è una piccola comunità. La nostra scuola è ancora più piccola, ci si conosce più o meno tutti, almeno di vista. Quindi è impossibile non suscitare curiosità. Mi si chiude la gola.

«Andiamo o faremo tardi!»
Ora che sto uscendo l'ansia mi divora.
Davvero mi guarderanno? Se fosse, già immagino le occhiate e le risatine e il conseguente mio imbarazzo. Non sono mai stata una ragazza sicura di sè. Ho incassato le prese in giro e gli scherzi senza mai dire una parola, durante tutta la durata della scuola.
Non sono molto socievole, non sono mai andata ad una festa, beh... perché non mi hanno mai invitata.
E tutto questo perché non rientravo nei canoni estetici dei vip della scuola.
Sportivi e cheerleader. Idioti integrali, vero, ma belli e popolari.
Ora che succederà? Ci sto pensando troppo, non succederà niente!

Voglio morire.

In cucina mi aspetta mia madre. Ha gli occhi che brillano di orgoglio. Sembra l'emoticon con gli occhi a cuoricino. Avermi visto sbocciare, parole sue, l'ha resa euforica.
«Perfetta. Semplice ma d'effetto»
Perfetta? D'effetto? Ma che dice? Alzo gli occhi al cielo ma sto zitta. 
Mi abbraccia forte come fa di solito e mi stampa un bacione sulla guancia. Lo stesso trattamento riserva ad Audrey che ricambia ridendo.

Ognuna di noi due è come se fosse un'altra figlia per i nostri genitori. Siamo quasi intercambiabili.
Figlie uniche entrambe, ci siamo adottate a vicenda.
«Madre! Lasciala o faremo tardi!»
«E tu smettila di chiamarmi in quel modo! Figlia!»

Scappiamo via. Per fortuna che la scuola è vicina e non dobbiamo prendere autobus. Ci piace fare questa breve passeggiata qualsiasi sia la stagione o il tempo, perché ci permette di spettegolare senza problemi.

I marciapiedi ampi e curati con i grandi alberi ad ombreggiarci fanno sì che il tragitto sia piacevole. A metà settembre è ancora molto caldo qui ad Apple Valley.
«Lo sai vero che mi devi raccontare tutto per filo e per segno? Senza tralasciare nulla di nulla! Non mi incanti, hai combinato qualcosa in Florida! Sei stata troppo vaga al telefono»
Mi guarda con lo sguardo furbo di chi ha capito tutto e già so che non avrò scampo. Se Audrey si mette in testa di farsi dire i tuoi più reconditi segreti, stai tranquilla che ci riuscirà.

Sospiro.
«Certo che ti racconterò tutto! Ma non ora. Dobbiamo essere sole e non ci devono interrompere»
La guardo saltellare felice e sorrido. È impossibile non adorarla.
Chissà perché durante l'estate ci siamo sentite pochissimo e sempre per pochi minuti. Forse perché è stata la prima che non abbiamo passato insieme e non volendo siamo state così prese dalle rispettive nuove esperienze che ci siamo allontanate. Io in Florida in mezzo a sconosciuti, lei a Monterey con Peter.
Ma ora avremo modo di recuperare.

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