Wrecking Ball - Mother Mother
Oneshot scritta perché ultimamente ascolto moltissimo i Mother Mother, perché questa canzone arriva dal mio album preferito e perché è lei stessa una delle loro canzoni che amo.
IMPORTANTE: nonostante nella cover c'è Mizuki Akiyama, e nonostante la storia sarà abbastanza simile alla sua, non c'entra niente con Project Sekai e con l'evento Mizu5.
Tw: linguaggio scurrile, violenza, suicidio, autolesionismo, temi sessuali (nessuna scena esplicita, semplicemente il personaggio sta guardando il proprio corpo allo specchio e fa dei commenti sul suo seno ecc).
Copertina:
«Mamma, sono gay e trans.»
Questa fu la frase che segnò l'importante conclusione di un capitolo nella vita di Toby Carlake, e che segnò anche l'inizio di una nuova fase nella sua vita.
Fu troppo tardi quando capì che avrebbe voluto evitarla con tutto il cuore... Ma del resto, povero ragazzo, aveva 17 anni, e entro pochi mesi avrebbe avuto il pieno controllo sulla sua vita.
Avrebbe potuto baciare un ragazzo senza che i suoi genitori gli puntassero una pistola alla tempia, avrebbe potuto smettere di credere in Dio, contrariamente a come gli era stato imposto, e avrebbe potuto liberarsi una volta per tutte da quelle persone tossiche.
E lui pensava che, rivelando tale informazione alla sua famiglia, avrebbe fatto una scelta saggia, che lo avrebbero accettato per quello che era in fin dei conti... "Amatevi l'un l'altro come lui ha amato voi", diceva la Bibbia, no?
Anche se non ci credeva più, dopo le innumerevoli volte in cui era stato costretto ad andare in chiesa, ricordava quante volte fosse stata fatta quell'affermazione, e supponeva di conseguenza che anche gli altri l'avrebbero ricordata e applicata.
E invece...
«Come hai detto, Nadine?» gli chiese sua madre, alzando un sopracciglio, e sfoderando un'espressione decisamente confusa di fronte a quell'inaspettata reazione da parte del figlio.
«Mi piacciono i maschi ma non mi identifico più come una donna, bensì come un uomo» proseguì il ragazzo, riducendo gli occhi a due fessure.
Già di fronte a quella reazione capì che era meglio lasciar perdere, ma un qualche strano istinto lo costrinse a rimanere lì, i piedi ben piantati sul pavimento.
«Non è possibile che tu sia g... ga...» constatò suo padre, faticando a pronunciare la medesima parola detta da suo figlio.
«E perché non è possibile? Sai quante persone queer ci sono al mondo al giorno d'oggi? Che cosa ti cambia, esattamente?» gli chiese Toby, appoggiandosi le mani sui fianchi con fare irritato.
«Appunto, è questo il problema! - intervenne la madre - Stai solo seguendo la mandria con le loro ideologie, ecco cosa!»
Il padre non fece altro, si limitò semplicemente a dare corda alla madre... Corda che, in quel momento, sarebbe stata utile a Toby per fare qualcosa che ai suoi genitori probabilmente sarebbe piaciuto.
Impiccarsi.
In seguito a una lunga serie di urla, sberle ed insulti, i signori Carlake decisero di calmarsi, e spedirono il figlio in camera senza cena.
Le terribili parole che gli erano state sparate addosso come proiettili letali gli risuonavano ancora in testa, era incapace di rimuoverle, e aveva ormai realizzato di aver compiuto una grande, colossale cazzata.
«Frocia del cazzo! Quelli come te dovrebbero bruciare come le streghe nel Medioevo!»
«Vedrai le conseguenze quando scenderai all'inferno e prenderai fuoco lì!»
«Il tuo peccato è talmente grave che nemmeno Dio riuscirebbe a perdonarlo, e finiresti all'inferno assieme ai traditori!»
«Tu e quegli altri ricchioni del cazzo siete la rovina di questo mondo ed è solo a causa vostra se rischiamo di estinguerci!»
E poi i colpi, quanti ne aveva ricevuti, incapace di reagire di fronte ad una provocazione... Prima di infilarsi sotto le coperte si spogliò e si mise in pigiama.
Osservò il suo corpo, pieno di lividi e botte che difficilmente sarebbero spariti in poco tempo.
Spostò lo sguardo sul suo seno abbondante: non aveva nemmeno idea di quante cose avrebbe desiderato fare per farlo sparire e diventare piatto.
Un attimo dopo la sua attenzione era rivolta a tutto il suo corpo il quale, nel complesso, non gli piaceva per niente: era un corpo troppo femminile, con curve troppo visibili, e avrebbe dato di tutto pur di avere un fisico maschile, o quantomeno androgino, così l'avrebbero scambiato per un ragazzo.
Anche la sua voce non funzionava, era troppo acuta, ed era la cosa che gli piaceva di meno: per quanto provasse a parlare con un tono di voce grave, non riusciva a mascherare del tutto il fatto che, ahimè, fosse nato donna.
Aveva distrutto tutto: il rapporto con i genitori, con la sua intera famiglia, la propria autostima, la sua capacità di controllarsi.
Si sentiva... Si sentiva come una palla da demolizione, che con un solo colpo aveva mandato in fumo tutto quello che gli era rimasto nella vita.
E siccome questo non gli bastava ancora, tirò un pugno contro lo specchio con il quale stava contemplando quel corpo di merda che si ritrovava ad avere, quel corpo che non gli apparteneva e che serviva solo a metterlo a disagio.
Inutile dire che il vetro dello specchio si frantumò in mille pezzi dai bordi irregolari e dalle dimensioni più svariate.
Toby si chinò e ne prese in mano uno, ignorando il fatto che stava pestando alcuni dei frammenti e che dai suoi piedi stavano uscendo delle gocce di sangue, per poi rigirarselo tra le dita.
"Sì, ecco cosa sono, ecco cosa ho fatto" si disse, mentre osservava la scheggia.
Si sentiva terribilmente sbagliato per aver fatto quelle cose; se fosse potuto tornare indietro ci avrebbe ripensato e avrebbe represso quell'istinto che gli diceva di rimanere lì e di smettere di fare qualunque cosa stesse facendo.
Mentre la punta di un frammento gli trapassava la carne, uno strano sorriso si formò sul suo viso e il viso fu immediatamente bagnato dalle lacrime.
«Che merda, Toby, sei inutile, sai solo piangere.»
Sì, era vero, di fatto: come rispondeva ad una situazione che gli pesava e che lo faceva stare male? Piangeva, versava tutte le lacrime che aveva in corpo, e non riusciva a fare altro, non era capace di reagire di fronte a situazioni del genere, e questo gli dava un altro motivo per odiarsi.
Davvero, cosa ci fosse di sbagliato in lui non riusciva a comprenderlo, però nel profondo sentiva che quel qualcosa c'era, non poteva essere tutta una sua impressione.
Eppure, continuava a ripetersi, la colpa era stata dei suoi genitori che avevano risposto così di fronte al suo coming out, anziché accettarlo.
Il pezzo di vetro cadde per terra quando Toby si concentrò nuovamente nella contemplazione del suo riflesso nello specchio, e quello che vide... Gli piaceva.
C'era riflessa l'immagine di una ragazza afroamericana nel corpo sbagliato, bassa e dalla corporatura normale, con le labbra carnose, il trucco sfatto e i seni prosperosi.
Sporca di sangue, con il viso ancora rigato dalle lacrime, e con un profondo taglio sul braccio che avrebbe faticato moltissimo per rimarginarsi.
Eppure eccolo lì, quello non era una ragazza, era semplicemente un ragazzo che non si sentiva accettato e che per questo motivo si faceva del male, come se già non ne stesse provando abbastanza.
E cazzo, cazzo se gli piaceva vedersi ridotto così male, se l'idea di arrecarsi tutto quel danno risultava essere altamente invitante per lui.
Avrebbe dovuto smettere, ma...
Ma...
«Ci vuole una certa dedizione... Sì, per spezzare il cuore a quelle fottutissime bambole delicate...»
«E bisogna vedere l'arte di distruggere assieme questo posto... assieme...»
Ecco cosa aveva fatto lui assieme ai suoi genitori: aveva mandato in frantumi - certo, oltre che lo specchio - anche la sua stessa vita, e non riusciva a capire se si fosse pentito di quello che aveva commesso.
Andò a letto senza nemmeno ripulirsi dal sangue, e il giorno dopo si presentò a scuola vestito come al solito elegantemente, ma senza aver prima ripulito il sangue dal suo corpo.
La gente che lo guardava passare, vedendo a lui come una persona responsabile, diligente e senza alcun tipo di problema particolare, si chiedeva cosa si fosse fatto per apparire così... E, cosa più importante, perché l'avesse fatto, cosa l'avesse spinto a farlo.
Del resto, Nadine - come lo conoscevano gli altri - era quella ragazza bellissima, di buona famiglia, impeccabile, senza alcun problema particolare, che aiutava tutti.
Che aveva molti amici.
Che era invidiata da tutti per il suo aspetto, per il suo carattere, per la sua vita.
Che tutti amavano, indipendentemente dal fatto che fosse amore romantico o platonico.
Be', Nadine non c'era più adesso, e dovevano farsene una ragione: la ragazza che conoscevano prima non esisteva, non era mai esistita, e soprattutto non era una ragazza.
Adesso si chiama Toby, è un ragazzo e, cosa più importante, non vede più un motivo per continuare a vivere.
...
«15 novembre 2021» esordiva la giornalista dallo schermo della televisione di casa Carlake, che in quel momento era stranamente silenziosa.
«Una settimana fa, da oggi, Toby Carlake, un ragazzo trans, si è tolto la vita in seguito al proprio coming out con i genitori, Mark e Eva Carlake.»
Le immagini a schermo mostravano chiaramente cosa fosse accaduto in quella notte terribile.
«Il ragazzo, come possiamo vedere, si è ucciso utilizzando un'arma contundente, si presume un coltello da cucina, che avrebbe usato per trapassarsi l'addome almeno quattro volte. E quest'oggi, invece, è stata ritrovata l'auto dei genitori di Toby, con i loro corpi. Si presume che abbiamo fatto un incidente, andando a schiantarsi contro un muro...»
La televisione era rimasta accesa da quel giorno, ma nessuno era mai andato a spegnerla.
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